Indice dei contenuti

l’azione revocatoria fallimentare, proposta con il rito camerale dalla curatela di un fallimento pronunciato nella vigenza dell’articolo 24, comma 2, L.F. ma dopo la sua avvenuta abrogazione ad opera del Decreto Legislativo n. 169 del 2007, articolo 3, comma 1, e’ inammissibile in applicazione del principio “tempus regit actum”, svolgendosi altrimenti il processo, ancor prima del suo inizio, secondo un rito ormai abrogato, tanto piu’ che l’articolo 22 del cd. decreto correttivo, recante la disciplina transitoria conseguente alla sua entrata in vigore, deve intendersi riferito, alla stregua della sua interpretazione letterale, alla regolamentazione propria delle “procedure concorsuali”, e dunque, sul piano processuale, ai soli procedimenti che tipicamente si innestano nel corso delle stesse, ma non anche alle controversie che, pur originando dal fallimento, sono regolate dalle legge speciale solo quanto all’esclusiva competenza a conoscerle del tribunale che ha emesso la sentenza dichiarativa.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di diritto fallimentare, si consiglia di consultare la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

Per ulteriori approfondimenti in materia di diritto fallimentare si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

La (nuova) revocatoria fallimentare delle rimesse in Conto Corrente: rilevanza o meno della natura solutoria della rimessa?

Revocatoria fallimentare: elementi rilevati ai fini dell’accertamento della scientia decoctionis.

Contratto di assicurazione e dichiarazione di fallimento, con particolare riferimento all’assicurazione R.C.A.

La sorte del contratto di affitto di azienda pendente al momento della dichiarazione di fallimento.

L’estensione di fallimento alle società a responsabilità limitata socie di una “società di fatto”

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 4 maggio 2017, n. 10827

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. in liq., in persona del curatore p.t., rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. in Roma, presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.r.l.;

– intimato –

per la cassazione del decreto App. Ancona 14.7.2011, in R.G. n. 184/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 22 febbraio 2017 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

udito l’avvocato (OMISSIS) per il ricorrente;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. La curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (FALLIMENTO) impugna il decreto App. Ancona 14.11.2011, in R.G. n. 184/2011 con cui e’ stato rigettato il suo reclamo avverso il decreto Tribunale di Fermo 24.2.2011 dichiarativo dell’inammissibilita’ della domanda di revocatoria fallimentare, avente ad oggetto pagamenti nell’anno anteriore, intrapresa con ricorso 12.12.2009 e decisa negando la correttezza del rito camerale esperito.

2. Ritenne anche la corte d’appello che: a) il Decreto Legislativo n. 169 del 2007, articolo 22, comma 2 non comprendeva nella nozione di procedure gia’ aperte in precedenza anche le revocatorie fallimentari esperite dopo la sua entrata in vigore, altra nozione essendo propria delle controversie che si inseriscono in fallimenti gia’ pendenti; b) l’abrogazione dell’articolo 24, comma 2 L.F. implicava il ripristino del rito ordinario per le controversie ivi previste e dunque anche con riguardo alle procedure concorsuali aperte anteriormente al 1.1.2008 e dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 5 del 2006, come l’attuale; c) trattandosi di controversie derivanti dal fallimento ma concernenti diritti soggettivi e con il coinvolgimento di terzi, appariva piu’ conforme al testo l’adesione ad una volonta’ di legge gia’ presente nella relazione al decreto correttivo, con il ritorno al principio del tempus regit actum; d) non poteva attribuirsi alla sopravvivenza dell’articolo 24, comma 2 L. Fall., per come scrutinato da Corte cost. n. 170 del 2009, un significato di proroga di vigenza oltre la piu’ chiara e netta volonta’ abrogativa espressa dal legislatore, che aveva nel frattempo condiviso le critiche ai limiti di tutela del rito camerale; e) nessuna influenza esercitava l’interpretazione del Decreto Legislativo n. 5 del 2006, articolo 150, ne’ alcun dubbio di costituzionalita’ poteva porsi con riguardo alla possibile coesistenza, nella medesima procedura, di azioni revocatorie disciplinate dai due riti, in quanto regolate dal principio di temporalita’ della regola processuale.

3. Il ricorso e’ su unico complesso motivo, ad esso resistendo con controricorso la banca.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo viene dedotta la violazione di legge, quanto al Decreto Legislativo n. 169 del 2007, articolo 22, comma 2, articolo 3, comma 1 sull’applicabilita’, erroneamente negata, del rito camerale all’azione introdotta da fallimento gia’ aperto all’epoca del decreto correttivo, dunque soggiacente alle regole della procedura concorsuale in cui essa si inseriva, dovendosi riservare la nuova disciplina solo alle procedure aperte dopo la sua entrata in vigore ed invece quella del Decreto Legislativo n. 5 del 2006 al caso di specie.

2. Il motivo e’ infondato. La vicenda risulta gia’ affrontata ex professo da questa Corte, rispondendo negativamente alla richiesta di rimeditazione del principio tempus regit actum, quale applicato dal giudice di merito. Invero Cass. 13165/2016 ha affermato il principio, che va qui mantenuto, per cui “l’azione revocatoria fallimentare, proposta con il rito camerale dalla curatela di un fallimento pronunciato nella vigenza dell’articolo 24, comma 2, L.F. ma dopo la sua avvenuta abrogazione ad opera del Decreto Legislativo n. 169 del 2007, articolo 3, comma 1, e’ inammissibile in applicazione del principio “tempus regit actum”, svolgendosi altrimenti il processo, ancor prima del suo inizio, secondo un rito ormai abrogato, tanto piu’ che l’articolo 22 del cd. decreto correttivo, recante la disciplina transitoria conseguente alla sua entrata in vigore, deve intendersi riferito, alla stregua della sua interpretazione letterale, alla regolamentazione propria delle “procedure concorsuali”, e dunque, sul piano processuale, ai soli procedimenti che tipicamente si innestano nel corso delle stesse, ma non anche alle controversie che, pur originando dal fallimento, sono regolate dalle legge speciale solo quanto all’esclusiva competenza a conoscerle del tribunale che ha emesso la sentenza dichiarativa.”.

3. Trattandosi di precedente specifico, originato da ricorso promosso dalla medesima parte, possono cosi’ esserne riportate parti essenziali della motivazione, del tutto condivisa perche’ riflettente le stesse obiezioni. Per vero “gli atti processuali sono regolati dalla legge sotto il cui imperio sono posti in essere (Corte Cost. sent. n. 155/90).”. Ed e’ altrettanto vero che “il principio puo’ trovare eccezioni, nel caso di disposizioni transitorie che prevedano che “i processi gia’ in corso” continuano ad essere disciplinati dal rito vigente alla data di proposizione della domanda, ma nel caso di specie l’interpretazione della lettura della disposizione transitoria offerta dal ricorrente condurrebbe al paradossale risultato di veder regolato il processo secondo il rito previsto da una norma abrogata ancor prima che il processo abbia avuto inizio. Non puo’, d’altro canto, concordarsi col Fallimento laddove sostiene che l’espressione “procedure concorsuali” e’ nozione talmente ampia da ricomprendere anche le azioni di cui all’articolo 24: al contrario, secondo l’interpretazione letterale la norma transitoria non puo’ che intendersi riferita alla disciplina propria di tali procedure e percio’, sul piano processuale, ai soli procedimenti interni che tipicamente si innestano nel corso delle stesse (quali ad es., quello per l’accertamento del passivo), ma non anche alle controversie che, pur originando dal fallimento, non sono regolate dalla legge speciale se non per quanto riguarda l’esclusiva competenza a conoscerle del tribunale che ha emesso la sentenza dichiarativa.”. Ed ancora: “va escluso, poi, che l’assunto del ricorrente trovi conforto nell’ordinanza n. 170/09 della Corte Costituzionale, che ha respinto la q.l. c. dell’articolo 24, comma 2 sulla scorta dell’esegesi di una proposizione assai piu’ specifica (“procedure applicabili alle controversie in materia di fallimento”) – comunque contenuta nella (diversa) L. Delega n. 80 del 2005 – o nella sentenza n. 2692/07 delle S.U. di questa Corte, emessa in sede di regolamento di giurisdizione, la quale si e’ limitata ad accertare qual e’ la lex loci sostanziale da applicare nel caso di domanda revocatoria proposta, dal Fallimento dichiarato in Italia, contro un soggetto straniero.”.

4. Osserva ulteriormente il Collegio che Corte cost. ord. n. 19/2010 ha ulteriormente “escluso che la norma impugnata fosse stata adottata in violazione della delega legislativa conferita con la L. 14 maggio 2005, n. 80, articolo 1, comma 6, lettera a), (Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonche’ per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali)”. Va d’altro canto considerato che il remittente tribunale aveva altresi’ addotto che “la scelta del legislatore delegato sarebbe viziata anche per disparita’ di trattamento fra situazioni analoghe, determinata solo dal fatto che la azione sia connessa ad un fallimento pronunciato prima o dopo il 1 gennaio 2008, ovvero che essa sia stata o meno proposta prima di tale data”, dandosi dunque carico di un profilo di violazione dell’articolo 3 Cost. piu’ generale rispetto alla fattispecie di causa (nella quale il rito camerale era stato seguito perche’ la domanda appariva introdotta prima della vigenza del Decreto Legislativo n. 169 del 2007). Orbene, anche tale censura e’ stata respinta dal Giudice delle Leggi, esplicitamente negandosi la sussistenza dei presupposti per mutare la statuizione di manifesta infondatezza gia’ assunta con l’ordinanza n.170 del 2009.

Il ricorso va dunque rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.