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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 14 giugno 2017, n. 14796

E’ risaputo che tutto cio’ che si costruisce sul suolo, in virtu’ del principio dell’accessione (articolo 934 c.c. e ss.), si acquista dal proprietario di esso. Quindi, il proprietario del suolo, che costruisce un edificio composto da piu’, piani o porzioni di piano, per effetto dell’accessione acquista la proprieta’ esclusiva dell’intero fabbricato. Il condominio, che si sostituisce alla proprieta’ solitaria, nasce come conseguenza della vendita della proprieta’ separata dei singoli piani o porzioni di piano, a far tempo dalla prima alienazione. Quale effetto accessorio del trasferimento ad altri soggetti delle singole unita’ immobiliari, ha origine il diritto di proprieta’ comune sulle cose, sui servizi e sugli impianti necessari per l’esistenza o per l’uso, ovvero destinati all’uso o al servizio dei piani o delle porzioni di piano. La necessita’ per l’esistenza dell’intero edificio e per l’uso comune di talune cose (il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i cortili etc.) non puo’ revocarsi in dubbio: avuto riguardo alla loro unica ed univoca funzione strumentale al servizio dei piani o delle porzioni di piano siti nel fabbricato, non puo’ contestarsi che esse, una volta istituito il condominio, formino oggetto di proprieta’ comune e costituiscano beni comuni. Per contro, i locali dell’edificio contemplati dall’articolo 1117 n. 2 cit., raffigurano beni ontologicamente suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome: per diventare beni comuni, essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune. In difetto di espressa disciplina negoziale, affinche’ un locale sito nell’edificio – che, per la sua collocazione, puo’ essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unita’ abitativa – diventi una parte comune ai sensi dell’articolo 1117 n. 2 cit., occorre che, all’atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune. Se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, il locale non puo’ considerarsi come bene comune.

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 14 giugno 2017, n. 14796

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26103/2013 proposto da:

I.N.P.S., (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) c.f. (OMISSIS), quale successore ex lege dell’INPDAP (Istituto nazionale di previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica), anche quale successore di (OMISSIS) S.r.l. L. 27 febbraio 2009, n. 14, ex articolo 43 bis, comma 12, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

avverso la sentenza n. 3316/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente, che si riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega dell’Avvocato (OMISSIS) e l’Avv. (OMISSIS) con delega difensori dei controricorrenti, che si riportano agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 11444 del 2009, pronunciandosi nella causa tra il Condominio di via (OMISSIS) ed i condomini Avv. (OMISSIS) piu’ altri attori e convenuti, l’INPDAP attore e convenuta la (OMISSIS) srl: (OMISSIS) e (OMISSIS) convenuti (OMISSIS) e altri, riuniva due cause introdotte rispettivamente dall’Inpdap con atto di citazione del 22 marzo 2006 e dal Condominio con atto di citazione del 25 giugno 2006 aventi ad oggetto l’accertamento che i locali adibiti ad alloggio delle due portinerie dello stabile condominiale fossero oggetti di proprieta’ comune pro quota tra i condomini, oppure pro quota fra i condomini, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1117 c.c., con tutte le conseguenze in ordine alla riserva di proprieta’ dell’ente che ha ceduto detti immobili (alloggio ex casa del portiere); rigettava la domanda dei condomini tesa ad accertare la proprieta’ comune degli alloggi gia’ adibiti a portineria, cosi’ come ogni ulteriore domanda conseguente, rigettava le domande dell’INPDAP in merito alla validita’ o invalidita’ delle delibere impugnate, non essendo sussistenti elementi tali da determinare l’invalidita’ delle stesse ed, in ogni caso, la questione restava superata dal rigetto della domanda dei condomini. Compensava le spese del giudizio.

La Corte di Appello di Milano, pronunciandosi su appello proposto dal Condominio di via (OMISSIS) ed i condomini Avv. (OMISSIS) piu’ altri, e su appello incidentale dell’INPDAP e di (OMISSIS) srl e di (OMISSIS) e (OMISSIS) accoglieva l’appello proposto dal Condominio e dai Condomini e, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la condominialita’ degli alloggi dei portieri e la comproprieta’ degli stessi pro quota dei condomini. Condannava gli appellati in solido alla rifusione delle spese del giudizio con dispositivo articolato/tenuto conto delle diverse posizioni giudiziali. Secondo la Corte di Milano in virtu’ del principio di presunzione di condominialita’ espresso dall’articolo 1117 c.c., l’appartenenza dei beni controversi al condominio quali parti comuni in difetto di titolo idoneo resta, determinata dalla destinazione ad essi impressa dall’originario proprietario dell’intero stabile non mutata da elementi significativi che fossero conosciuti o conoscibili dagli acquirenti al momento dell’atto notarile di compravendita collettiva e di contestuale costituzione del condominio.

La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta dall’INPS, dall’INPDAP e dalla societa’ (OMISSIS) srl con ricorso affidato a tre motivi. L’avv. (OMISSIS) e altri meglio identificati in epigrafe hanno resistito con controricorso, illustrato con memoria. Hanno resistito con controricorso anche i sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Preliminarmente va dichiarato inammissibile il controricorso proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) poiche’ con esso non si contraddice al ricorso principale ma si aderisce alle censure che con lo stesso ricorso principale si muovono alla decisione della Corte di Appello. Per vero, come questa Corte ha avuto modo di precisare, poiche’ la funzione del controricorso e’ quella di resistere al gravame avversario, se si intenda non contraddire, ma esprimere adesione al gravame, e’ necessario proporre ricorso incidentale (sentenze 29/11/2002 n. 16970; 2/9/2003 n. 12764; 13/9/1990 n. 9470).

Lo stesso controricorso laddove insiste per il riconoscimento dei danni subiti non puo’ assumere la veste di un ricorso incidentale perche’ avrebbero dovuto proporre un autonomo ricorso incidentale ex articolo 370 c.p.c..

2.- Con il primo motivo l’INPS, l’INPDAP e la societa’ (OMISSIS) srl. lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 100, 102 e 110 cod. proc. civ. rilevante ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. I ricorrenti eccepiscono la nullita’ della sentenza impugnata nonche’ la nullita’ di tutto il procedimento di appello perche’ l’appello proposto il 29 ottobre 2010 risulterebbe proposto a nome di (OMISSIS) deceduto il 1 agosto 2006 in forza di procura rilasciata dal (OMISSIS) in primo grado. La circostanza della morte non era stata rilevata nel corso del giudizio di appello in quanto non denunciata dal difensore degli appellanti e non conosciuta dall’odierna ricorrente fino alla proposizione del ricorso per cassazione. La mancata proposizione di regolare appello da parte del (OMISSIS), trattandosi di litisconsorzio necessario avrebbe travolto, secondo i ricorrenti, l’intero processo di appello.

1.1.- Il motivo e’ infondato, in quanto il mandato fu conferito anche al Condominio che avrebbe anche potuto stare in giudizio da solo dal momento che si trattava di contrastare una mera azione di accertamento negativo di condominialita’ dei beni e la conseguente impugnazione delle delibere adottate in sede cautelare. Come e’ stato affermato da questa Corte a SU. (Cass. 25454 del 2013) in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la proprieta’ esclusiva, senza formulare, tuttavia, un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione – con finalita’ di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la comproprieta’ degli altri soggetti.

3.- Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 104 del 1996, articolo 3, comma 5, e Decreto Legge 25 settembre 2001, n. 351, articolo 3, comma 6, convertito in legge con modificazione, dalla L. 23 novembre 2001, n. 410, articolo 1. Violazione della L. 23 dicembre 2001, n. 388, articolo 43, comma 19, (rilevanti ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3). I ricorrenti sostengono che il vincolo di destinazione comune degli alloggi del portiere non vi sarebbe mai stato anzi al contrario gli immobili rivendicati dagli appellanti erano stati esplicitamente sottratti alla destinazione comune e sarebbero stati fatti oggetto di un atto di alienazione autonomo e separato. La Corte di appello secondo i ricorrenti non avrebbe considerato che l’INPDAP, ai sensi della L. n. 388 del 2001, articolo 43, comma 19, (legge finanziaria 2001) non avrebbe potuto fare altro che sopprimere il servizio di portineria in tutti gli immobili da alienare sottraendo in tal modo gli alloggi dei portieri alla loro destinazione al servizio della cosa comune.

2.1.- Il motivo e’ fondato.

Al fine della corretta valutazione della sentenza impugnata, conviene premettere il richiamo dei principi di diritto in tema di beni condominiali, cosi’ come sono stati elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte.

E’ risaputo che tutto cio’ che si costruisce sul suolo, in virtu’ del principio dell’accessione (articolo 934 c.c. e ss.), si acquista dal proprietario di esso. Quindi, il proprietario del suolo, che costruisce un edificio composto da piu’, piani o porzioni di piano, per effetto dell’accessione acquista la proprieta’ esclusiva dell’intero fabbricato. Il condominio, che si sostituisce alla proprieta’ solitaria, nasce come conseguenza della vendita della proprieta’ separata dei singoli piani o porzioni di piano, a far tempo dalla prima alienazione. Quale effetto accessorio del trasferimento ad altri soggetti delle singole unita’ immobiliari, ha origine il diritto di proprieta’ comune sulle cose, sui servizi e sugli impianti necessari per l’esistenza o per l’uso, ovvero destinati all’uso o al servizio dei piani o delle porzioni di piano. La necessita’ per l’esistenza dell’intero edificio e per l’uso comune di talune cose (il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i cortili etc.) non puo’ revocarsi in dubbio: avuto riguardo alla loro unica ed univoca funzione strumentale al servizio dei piani o delle porzioni di piano siti nel fabbricato, non puo’ contestarsi che esse, una volta istituito il condominio, formino oggetto di proprieta’ comune e costituiscano beni comuni. Per contro, i locali dell’edificio contemplati dall’articolo 1117 n. 2 cit., raffigurano beni ontologicamente suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome: per diventare beni comuni, essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune. In difetto di espressa disciplina negoziale, affinche’ un locale sito nell’edificio – che, per la sua collocazione, puo’ essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unita’ abitativa – diventi una parte comune ai sensi dell’articolo 1117 n. 2 cit., occorre che, all’atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune. Se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, il locale non puo’ considerarsi come bene comune.

2.2.- Ora nel caso in esame i dati processuali di fatto e di diritto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte Distrettuale, escludono che i locali degli ex portieri avessero assunto la qualifica di condominialita’ e/o in buona sostanza fossero mai divenuti beni condominiali. Appare rilevante il fatto che prima dell’alienazione del settembre 2005 non vi era un Condominio e quindi la precedente destinazione dei locali non assumeva rilevanza, posto che l’unico proprietario poteva imprimere ai propri beni la destinazione che riteneva opportuna. Il fatto poi che per 17 anni vi fosse stato un servizio di portierato era circostanza irrilevante dal momento che il proprietario, vale la pena ribadirlo, puo’ organizzare i suoi beni come crede senza per cio’ solo imprimere loro alcun vincolo di destinazione (che nella fattispecie sarebbe diventato il presupposto della condominialita’) Non solo, ma se gia’ nel 2004 vi fu un’offerta dei locali agli ex portieri da parte dell’unica proprietaria cio’ impediva la presunzione di condominialita’. Piuttosto, per effetto della L. n. 388 del 2001, L’INPDAP aveva soppresso il servizio di portineria in tutti gli immobili da alienare sottraendo in tal modo gli ex alloggi dei portieri alla loro destinazione al sevizio della cosa comune, effettuando un’offerta di acquisto agli stessi portieri che per legge ne avevano diritto preferenziale. E, comunque, la Corte distrettuale non ha tenuto conto che l’atto di compravendita collettivo, che pure ha richiamato, nell’ambito delle premesse (parti anche gli acquirenti degli immobili detenuti in locazione) e’ detto che la vendita degli appartamenti a (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) veniva rinviata come da determinazione del direttore regionale dell’INPDAP in data odierna. Pertanto, appare del tutto evidente che la condominialita’ dei locali dei portieri fu eliminata dalla messa in vendita dei locali in questione contemporaneamente alla vendita degli altri alloggi (giusto contratto collettivo di vendita).

3.- Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano vizio della motivazione per contraddittorieta’ e per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (rilevante ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5). I ricorrenti sostengono che la Corte distrettuale nel ritenere condominiale l’alloggio del portiere di cui si dice non avrebbe tenuto conto della presenza del nominativo dell’ex portiere nell’elenco di raccolta firme degli aderenti alla proposta di acquisto da cui si sarebbe dovuto desumere che era intenzione dell’Istituto far venir meno il servizio di portinierato.

3.1.- Il motivo rimane assorbito dall’accoglimento del motivo precedente.

In definitiva, va accolto il secondo motivo del ricorso, dichiarato assorbito il terzo e rigettato il primo. La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiarato assorbito il terzo e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.