Ad ulteriore specificazione del posto principio generale d’ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, il legislatore ha, inoltre, attribuito, nell’ambito della stessa prima categoria, assorbente rilevanza al criterio indicato dell’articolo 1362 c.c., comma 1 – eventualmente integrato da quello posto dal successivo articolo 1363 c.c., per il caso di concorrenza d’una pluralita’ di clausole nella determinazione del pattuito – onde, qualora il giudice del merito abbia ritenuto il senso letterale delle espressioni utilizzate dagli stipulanti, eventualmente confrontato con la ratio complessiva d’una pluralita’ di clausole, idoneo a rivelare con chiarezza ed univocita’ la comune volonta’ degli stessi, cosicche’ non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti cio’ che e’ stato fatto nella specie dalla corte territoriale, con considerazioni sintetiche ma esaustive – detta operazione deve ritenersi utilmente compiuta, anche senza che si sia fatto ricorso al criterio sussidiario dell’articolo 1362 c.c., comma 2, che attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti successivo alla stipulazione (Cass. 4.8.00 n. 10250, 18.7.00 n. 9438, 19.5.00 n. 6482, 11.8.99 n. 8590, 23.11.98 n. 11878, 23.2.98 n. 1940. 26.6.97 n. 5715, 16.6.97 n. 5389); non senza considerare. altresi’, come detto comportamento, ove trattisi d’interpretare, come nella specie, atti soggetti alla forma scritta ad substantiam, non possa, in ogni caso, evidenziare una formazione del consenso al di fitori dell’atto scritto medesimo

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 31 marzo 2017, n. 8516

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5506/2013 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), deceduta, a sua volta erede di (OMISSIS), nato l'(OMISSIS) e deceduto, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) nata a (OMISSIS) e (OMISSIS) nata ad (OMISSIS) entrambe in proprio e quali eredi di (OMISSIS) nato l'(OMISSIS) e deceduto, elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS);

(OMISSIS) (OMISSIS), in proprio e quale erede di (OMISSIS) nato l'(OMISSIS) e deceduto elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1340/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 22/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della controricorrente (OMISSIS), che si e’ riportato alle difese in atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilita’ o, in subordine, per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 2.9.2004 il Tribunale di Siracusa rigetto’ la domanda di riversione del bene donato con atto pubblico (OMISSIS) (nuda proprieta’ di un fondo e fabbricati) proposta dal donante (OMISSIS) per premorienza del donatario ex articolo 791 c.c., nei confronti degli eredi di quest’ultimo e la domanda subordinata di risoluzione per inadempimento dell’obbligo di coabitazione, parimenti previsto in contratto, trasmessosi secondo l’attore ai discendenti del donatario, statuendo che la condizione di reversibilita’ non si era verificata perche’ il donatario aveva discendenti e la clausola non poteva intendesi stipulata per l’ipotesi di premorienza del solo donatario (OMISSIS) ma anche dei suoi discendenti mentre l’obbligo di coabitazione, in quanto personale non era trasmissibile agli eredi.

Dichiaro’ inammissibile l’intervento adesivo di (OMISSIS), figlia del donante.

La Corte di appello, a seguito di gravame del (OMISSIS), di incidentale di (OMISSIS) per l’ammissibilita’ dell’intervento, di riassunzione da parte di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS) e di costituzione per le parti appellate di (OMISSIS) in proprio e quale erede di (OMISSIS) Junior, di (OMISSIS) ed (OMISSIS) in proprio e quali eredi di (OMISSIS) Junior, rigetto’ l’appello di (OMISSIS), con condanna alle spese, richiamando l’articolo 791 c.c. e condividendo l’assunto del primo giudice secondo il quale i due patti previsti avevano autonome finalita’ (assicurarsi la convivenza del donatario ed evitare la successione nella titolarita’ di soggetti diversi dal donatario o suoi discendenti) e l’obbligo aveva natura personale.

Ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS), con due motivi, vi sono distinti controricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno anche presentato memoria, e di (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si deducono violazione degli articoli 791, 1362, 1363. 1369 e 1371 c.c., in ordine all’interpretazione della clausola.

Col secondo motivo si lamentano vizi di motivazione sul rigetto del secondo motivo di appello in ordine all’intrasmissibilita’ agli eredi dell’obbligo di coabitazione.

Le censure non meritano accoglimento.

In ordine alla prima, va osservato che la Corte di appello ha fatto riferimento ad una interpretazione non solo letterale ma anche sistematica, secondo la quale i due patti previsti avevano autonome finalita’ (assicurarsi la convivenza del donatario ed evitare la successione nella titolarita’ di soggetti diversi dal donatario o suoi discendenti) e l’obbligo aveva natura personale.

L’opera dell’interprete, mirando a determinare una realta’ storica ed obiettiva, qual e’ la volonta’ delle parti espressa nel contratto, e’ tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli articoli 1362 c.c. e segg., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi; pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma e’ tenuto, altresi’, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti.

Di conseguenza, ai tini dell’ammissibilita’ del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non puo’ essere considerata idonea – anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia. il cui riesame non e’ consentito in sede di legittimita’ (e pluribus, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359. 19.1.04 n. 753).

Ne’ puo’ utilmente invocarsi, come sembra dai ricorrenti, la mancata considerazione del comportamento delle parti.

Ad ulteriore specificazione del posto principio generale d’ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, il legislatore ha, inoltre, attribuito, nell’ambito della stessa prima categoria, assorbente rilevanza al criterio indicato dell’articolo 1362 c.c., comma 1 – eventualmente integrato da quello posto dal successivo articolo 1363 c.c., per il caso di concorrenza d’una pluralita’ di clausole nella determinazione del pattuito – onde, qualora il giudice del merito abbia ritenuto il senso letterale delle espressioni utilizzate dagli stipulanti, eventualmente confrontato con la ratio complessiva d’una pluralita’ di clausole, idoneo a rivelare con chiarezza ed univocita’ la comune volonta’ degli stessi, cosicche’ non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti cio’ che e’ stato fatto nella specie dalla corte territoriale, con considerazioni sintetiche ma esaustive – detta operazione deve ritenersi utilmente compiuta, anche senza che si sia fatto ricorso al criterio sussidiario dell’articolo 1362 c.c., comma 2, che attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti successivo alla stipulazione (Cass. 4.8.00 n. 10250, 18.7.00 n. 9438, 19.5.00 n. 6482, 11.8.99 n. 8590, 23.11.98 n. 11878, 23.2.98 n. 1940. 26.6.97 n. 5715, 16.6.97 n. 5389); non senza considerare. altresi’, come detto comportamento, ove trattisi d’interpretare, come nella specie, atti soggetti alla forma scritta ad substantiam, non possa, in ogni caso, evidenziare una formazione del consenso al di fitori dell’atto scritto medesimo (Cass. 20.6.00 n. 7416. 21.6.99 n. 6214, 20.6.95 n. 6201, 11.4.92 n. 4474).

Il ricorso difetta, peraltro, di autosufficienza non riportando nemmeno in sintesi e per brani il contenuto della pattuizione.

Il secondo motivo non supera l’apprezzamento dei giudici di merito sulla natura personale dell’obbligo e manifesta mero dissenso rispetto a quanto statuito.

In definitiva il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna alle spese. dando atto dell’esistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro 3200 di cui Euro 3000 per compensi, oltre accessori e spese forfettizzate nella misura del 15% in favore di ciascun gruppo di controricorrenti, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.