Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 722

l’assoggettamento di una strada privata a servitu’ di uso pubblico, in relazione all’interesse della collettivita’ di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta comunque la facolta’ dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi, implicando cio’ un’utilizzazione di essa piu’ intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 722
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15367/2013 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1361/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 18/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/11/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in due complessi motivi contro la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1361/2012, depositata il 18/12/2012. Rimane intimata, senza svolgere attivita’ difensive, (OMISSIS).

Gli attuali ricorrenti, tutti condomini delle tre palazzine site in (OMISSIS), con citazione del 19 febbraio 2004 convennero (OMISSIS), proprietaria di altro immobile in (OMISSIS), davanti al Tribunale di Trani, per sentirla condannare a chiudere il varco munito di cancello avente accesso sull’area privata scoperta destinata a parcheggio al servizio delle predette palazzine, opera autorizzata dal Comune di Bisceglie. Con sentenza del 10 dicembre 2008 il Tribunale di Trani accerto’ l’inesistenza di un diritto di servitu’ in favore della (OMISSIS) sull’area privata e le ordino’ la riduzione in pristino dello stato dei luoghi con la chiusura del varco cancello. Il Tribunale ritenne altresi’ superflua la chiamata in causa del Comune di Bisceglie, richiesta dagli attori all’udienza di prima comparizione, essendosi lo stesso limitato a rilasciare un’autorizzazione “salvo il diritto dei terzi”. Il Tribunale affermo’ inoltre che la destinazione dell’area controversa a parcheggio emergesse dall’atto d’obbligo del 17 maggio 1994. Propose appello (OMISSIS), ma tale impugnazione venne rigettata dalla Corte d’Appello di Bari, ritenendo integro il contraddittorio, essendo unica legittimata passiva la medesima (OMISSIS), negando il carattere pubblicistico dei diritti nascenti dall’atto di impegno del 1974, e comunque precisando che l’area oggetto di lite di (OMISSIS), ancorche’ privata, fosse aperta all’uso pubblico, gravata da servitu’ in tal senso, come emergente da provvedimenti e certificazioni comunali citati. Pur, dunque, ravvisando l’assoggettamento a servitu’ di uso pubblico dell’area privata pertinenziale alle tre palazzine di (OMISSIS), la Corte d’Appello di Bari escluse la facolta’ di (OMISSIS), proprietaria frontista, di aprirvi un accesso diretto, cio’ implicando una piu’ intensa e diversa utilizzazione di essa, in tal modo comunque pervenendo, sebbene in base a motivazione parzialmente diversa, al rigetto dell’impugnazione e quindi all’accoglimento dell’iniziale domanda degli attori.

Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Gianfranco Servello, ha depositato le sue conclusioni scritte, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1, chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 1.

2. Il primo motivo di ricorso denuncia la motivazione insufficiente in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c., la violazione della L. 7 agosto 1967, n. 765, articolo 18, in relazione agli articoli 817, 818 e 819 c.c., nonche’ in relazione agli articoli 1027 c.c. e segg., la violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1967, n. 765, articolo 10, comma 5, per aver la Corte d’Appello di Bari, pur rigettando l’impugnazione di (OMISSIS), dopo aver negato il litisconsorzio con il Comune ed accertato l’esclusiva comproprieta’ dei ricorrenti sull’area privata in questione, comunque riconosciuto su di essa la servitu’ di pubblico parcheggio.

Il secondo motivo di ricorso censura poi la motivazione insufficiente sotto il profilo dei requisiti costitutivi della servitu’ pubblica, la violazione del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 2, commi 8 e 9 e la violazione dell’articolo 829 c.c., contestando la presunzione di uso pubblico argomentata a pagina 8 dell’impugnata sentenza.

2.1. I due motivi vanno esaminati congiuntamente, imponendosi un rilievo pregiudiziale di inammissibilita’ del ricorso, conformemente alle conclusioni presentate dal pubblico ministero.

La Corte d’Appello di Bari ha, infatti, rigettato l’appello di (OMISSIS) contro la sentenza del 10 dicembre 2008 del Tribunale di Trani. Il Tribunale aveva accolto la domanda degli attuali ricorrenti ed accertato percio’ l’inesistenza di un diritto di servitu’ in favore dell’immobile di (OMISSIS), di proprieta’ (OMISSIS), sull’area privata destinata a parcheggio al servizio delle tre palazzine di (OMISSIS), di proprieta’ degli attori, ordinando alla convenuta la chiusura del varco cancello realizzato. Pur supponendo l’assoggettamento a servitu’ di uso pubblico dell’area per cui e’ causa, la Corte d’Appello ha negato comunque il diritto di (OMISSIS) di aprirvi un accesso diretto, come fatto con il cancello realizzato su autorizzazione del Comune di Bisceglie, sicche’ e’ stato respinto il gravame della (OMISSIS), soltanto modificando in parte la motivazione del Tribunale in punto di fondatezza della pretesa attorea.

Ora, e’ consolidato orientamento di questa Corte quello secondo cui, nel caso in cui il dispositivo della sentenza di primo grado sia confermato dal giudice di appello in forza di una diversa motivazione, la portata della decisione va interpretata – anche ai fini della valutazione dell’interesse ad impugnare – secondo i criteri e i limiti della nuova motivazione della sentenza di appello (che assorbe e sostituisce, anche se confermativa, quella di primo grado). In ogni modo, in tema di impugnazioni, l’interesse ad agire di cui all’articolo 100 c.p.c., postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione, e va apprezzato in relazione all’utilita’ giuridica che puo’ derivare al proponente dall’eventuale accoglimento del gravame. L’interesse all’impugnazione costituisce, infatti, manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire, e va percio’ individuato in un interesse giuridicamente tutelato a conseguire la rimozione della statuizione censurata, non prospettandosi, percio’, sufficiente al riguardo la configurabilita’ di un mero interesse astratto ad una piu’ corretta soluzione di una questione giuridica non suscettibile di produrre riflessi pratici sulla soluzione adottata (Cass. Sez. 1, 12/04/2013, n. 8934; Cass., Sez. 3, 04/06/2007, n. 12952; Cass. Sez. L, 08/07/1995, n. 7525).

Piu’ in generale, deve negarsi l’interesse all’impugnazione della parte integralmente vittoriosa nel precedente giudizio, ove la stessa sia volta al solo fine di ottenere una modificazione della motivazione della sentenza, salvo il caso che da quest’ultima possa dedursi un’implicita statuizione contraria all’interesse della parte medesima, nel senso che a questa possa derivare pregiudizio da motivi che, quale premessa necessaria della decisione, siano suscettibili di formare giudicato, in quanto presupposti necessari della decisione (Cass. Sez. L, 10/11/2008, n. 26921; Cass. Sez. 1, 09/10/2012, n. 17193). La Corte d’Appello di Bari, nella sentenza impugnata, ha deciso la causa ad essa sottoposta secondo il consolidato principio giurisprudenziale per cui l’assoggettamento di una strada privata a servitu’ di uso pubblico, in relazione all’interesse della collettivita’ di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta comunque la facolta’ dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi, implicando cio’ un’utilizzazione di essa piu’ intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa (da ultimo, cosi’ Cass. Sez. 2, 25/09/2013, n. 21953). Il conseguente giudicato di questa sentenza, intesa come affermazione oggettiva di verita’ avente efficacia nei limiti soggettivi ed oggettivi dettati dall’articolo 2909 c.c., e’ percio’ quello che consegue ad una causa tra privati nella quale l’attore chieda che, accertato il suo diritto di proprieta’ su una strada, venga interdetto al convenuto il passaggio su di essa praticato mediante un accesso diretto appositamente creato dal proprio fondo, laddove il convenuto pretenda di esercitare il relativo diritto assumendo la natura pubblica della stessa, causa nella quale non ricorre la necessita’ di integrare il contraddittorio nei confronti del Comune (vedi Cass. Sez. 2, 06/12/1988, n. 6632). La questione dell’esistenza di una servitu’ di uso pubblico e’ stata cosi’ dedotta nella controversia in esame solo incidenter tantum, al fine, cioe’, di contestare la fondatezza della domanda avversa e non di ottenere sul punto una statuizione suscettibile di acquistare l’efficacia di giudicato (in tal senso Cass. Sez. 2, 29/10/1974, n. 3285; Cass. Sez. 2, 16/07/1964, n. 1936). Non sussiste quindi l’interesse dei privati proprietari dell’area ad impugnare la decisione che, pur dando per accertata incidentalmente la servitu’ di uso pubblico, abbia accolto la domanda dei proprietari ed abbia ordinato al convenuto di cessare tale forma di utilizzazione del bene, in quanto comunque non riconducibile al contenuto dell’indicata servitu’, atteso che tale sentenza non comporta modificazioni di proposte situazioni giuridiche in danno degli attori, lasciando impregiudicato l’esito dell’apposita azione che i proprietari possono promuovere nei confronti del Comune per negare che il loro fondo sia gravato da servitu’ di pubblico transito (cfr. Cass. Sez. U, 17/03/2010, n. 6406; Cass. Sez. U, 27/01/2010, n. 1624).

3. Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile. Non occorre regolare le spese del giudizio di legittimita’, in quanto l’intimata (OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

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