Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 1 febbraio 2018, n. 2477

In merito alla responsabilità ex art. 2051 cc la Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto:
a)”l’articolo 2051 c.c., nell’affermare la responsabilita’ del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa, ma opera sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso e della ricorrenza del caso fortuito, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale”;
b)”il caso fortuito rappresentato da fatto naturale o del terzo e’ connotato da imprevedibilita’ ed inevitabilita’, da intendersi pero’ dal punto di vista oggettivo e della regolarita’ causale (o della causalita’ adeguata), senza che possa riconoscersi alcuna rilevanza alla diligenza o meno del custode”;
c)”le modifiche della struttura della cosa o le situazioni di pericolo determinate da fattori imprevedibili sono suscettibili di divenire, se non rimosse tempestivamente, nuove condizioni intrinseche della cosa, idonee a comportare la responsabilita’ del custode”.

 

Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo:

La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 1 febbraio 2018, n. 2477

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10291/2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona dell’institore Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 358/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 04/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/11/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio l'(OMISSIS) – Ente Nazionale per le Strade per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro – avvenuto nella strada a scorrimento veloce (OMISSIS) – provocato dalla presenza di un bovino sulla carreggiata; nel giudizio venne chiamata in causa la (OMISSIS) s.p.a., quale impresa designata dal F.G.V.S. (essendo stato prospettato che alla determinazione del sinistro aveva concorso l’abbagliamento da parte di un veicolo rimasto non identificato).

La Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda, ritenendo che non fosse configurabile la responsabilita’ dell'(OMISSIS) (sia ex articolo 2051 c.c., che ex articolo 2043 c.c.) e che non fosse stata fornita alcuna prova circa la presenza di un veicolo antagonista i cui fari avessero abbagliato il conducente della vettura occupata dagli attori.

Gli (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui ha resistito l'(OMISSIS) s.p.a..

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo (che deduce violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2051 e 1175 c.c., articolo 14 C.d.S., Decreto Legislativo n. 143 del 1994, articolo 2, articolo 39 C.d.S. e articolo 95 del relativo Regolamento di Attuazione, articolo 2 Cost. e L. n. 2248 del 1865, articolo 16, all. F), i ricorrenti censurano la Corte per avere escluso la responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., dell'(OMISSIS): assumono che, quale soggetto chiamato ad esercitare i diritti ed i poteri attribuiti all’ente proprietario, l'(OMISSIS) era custode della strada; che tale custodia comportava la necessita’ di adottare, a prescindere dall’esistenza di specifiche prescrizioni normative, “quelle misure che (fossero) effettivamente idonee ed adeguate per escludere ogni ipotesi di pericolo”, in relazione alle specifiche caratteristiche della strada; che, in particolare, doveva essere prevista ed impedita la possibilita’ di attraversamento di animali nei tratti che costeggiavano campi e, laddove era stata apposta una recinzione, doveva esserne curata la manutenzione; concludono che la Corte non aveva considerato che l'(OMISSIS), che ne era onerata, non aveva fornito la prova (liberatoria) del caso fortuito, non avendo dimostrato che l’animale fosse sbucato all’improvviso sulla sede stradale e che non vi fosse stata la possibilita’ di accertarne la presenza e di allontanarlo dalla carreggiata.

2. Il secondo motivo – che ribadisce la sussistenza della responsabilita’ ex articolo 2051 c.c. o, in subordine, ex articolo 2043 c.c. – denuncia l’omesso esame o l’esame meramente apparente e il travisamento delle risultanze istruttorie circa un punto decisivo: i ricorrenti censurano la Corte per non avere ritenuto che, in relazione alla specifiche caratteristiche della strada, sussistesse l’obbligo di dotarla di recinzione, nonche’ per non avere adeguatamente motivato circa l’impossibilita’ di vigilanza e di tempestivo intervento per rimuovere l’animale e, altresi’, per non avere riconosciuto la dovuta rilevanza al fatto che, in prossimita’ del luogo del sinistro, la strada presentava una rete in parte divelta;

3. Il terzo motivo censura la Corte (per “omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia”) per non avere liquidato i danni patrimoniali e non patrimoniali e gli interessi compensativi spettanti ai ricorrenti.

4. L’ultimo motivo denuncia la violazione dell’articolo 91 c.p.c., per la mancata condanna degli appellati al pagamento delle spese di lite.

5. La Corte ha motivato la decisione di rigetto rilevando (anche con testuale richiamo a quanto affermato dal primo giudice) che “nessun obbligo gravava sull'(OMISSIS), ne’ per leggi, ne’ per regolamenti” di procedere alla recinzione di una semplice strada statale “e neppure alla sua vigilanza per l’eventuale attraversamento di animali”; che non era ascrivibile all'(OMISSIS) “la mancanza di un intervento straordinario tempestivo diretto ad allontanare l’animale dalla sede stradale” e che non poteva “rilevare la mancata apposizione di segnaletica di pericolo per il passaggio di animali”; che neppure poteva attribuirsi rilievo al fatto “che in prossimita’ del punto in cui (era) avvenuto lo scontro col bovino il bordo della strada presentasse una recinzione in parte divelta” giacche’ la presenza di tale recinzione non poteva “essere interpretata come assunzione sua sponte da parte del predetto Ente di un obbligo in realta’ inesistente e quindi come violazione, per la parte di recinzione divelta, dell’obbligo stesso”, o “come riconoscimento da parte dell'(OMISSIS) della pericolosita’ in quel tratto della strada stessa”.

6. A fronte di un siffatto percorso argomentativo, risulta evidente che la Corte di merito e’ incorsa in un errore di impostazione giuridica per aver apprezzato il profilo della responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., secondo criteri ad essa estranei: piu’ precisamente, per essersi limitata a valutare (escludendolo) il profilo soggettivo della colpa del custode, che e’ pero’ estraneo al paradigma della responsabilita’ custodiale, incentrata unicamente – su un piano prettamente oggettivo – sul rapporto causale intercorrente fra la cosa in custodia e il danno subito dal terzo, con esclusione della possibilita’ di riconoscere una qualunque rilevanza al profilo della condotta del custode.

7. Si impone, al riguardo, una puntualizzazione dei principi in materia di responsabilita’ per danni da cose in custodia, come via via espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, con attenzione specifica alla custodia dei beni demaniali e, tra questi, di quelli di grande estensione, come strade e loro accessori e pertinenze; il tutto premettendo che incombe al danneggiato l’onere di un’opzione chiara (anche in termini di alternativita’ o reciproca subordinazione) tra l’azione generale di responsabilita’ extracontrattuale, ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e quella di responsabilita’ per fatto della cosa, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., visto che le due domande presentano tratti caratteristici, presupposti, funzioni ed oneri processuali assai diversificati (ex multis, Cass. n. 18609/2013 e Cass. n. 18463/2015).

7.1. La formulazione dell’articolo 2051 c.c. (“ciascuno e’ responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”) evidenzia chiaramente che:

– “la responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa” (Cass. n. 15761/2016);

– ad integrare la responsabilita’ e’ necessario (e sufficiente) che il danno sia stato “cagionato” dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, mentre non occorre accertare se il custode sia stato o meno diligente nell’esercizio del suo potere sul bene, giacche’ il profilo della condotta del custode e’ – come detto – del tutto estraneo al paradigma della responsabilita’ delineata dall’articolo 2051 c.c. (ex multis, Cass. n. 4476/2011);

– ne consegue che il danneggiato ha il solo onere di provare l’esistenza di un idoneo nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre al custode spetta di provare che il danno non e’ stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, nel cui ambito possono essere compresi, oltre al fatto naturale, anche quello del terzo e quello dello stesso danneggiato;

– si tratta, dunque, di un’ipotesi di responsabilita’ oggettiva (per tutte, Cass. n. 12027/2017) con possibilita’ di prova liberatoria, nel cui ambito il caso fortuito interviene come elemento idoneo ad elidere il nesso causale altrimenti esistente fra la cosa e il danno;

– non puo’ escludersi, invero, che un’eventuale colpa venga fatta specificamente valere dal danneggiato, ma, trattandosi di azione ex articolo 2051 c.c., la deduzione di omissioni o violazioni di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode puo’ essere diretta soltanto a rafforzare la prova dello stato della cosa e della sua attitudine a recare danno, sempre ai fini dell’allegazione e della prova del rapporto causale tra la prima e il secondo; ne’ e’ da escludere che, viceversa, sia il custode a dedurre la conformita’ della cosa agli obblighi di legge o a prescrizioni tecniche o a criteri di comune prudenza al fine di escludere l’attitudine della cosa a produrre il danno: in entrambi i casi – va ribadito – si tratta di deduzioni volte a sostenere oppure a negare la derivazione del danno dalla cosa e non, invece, a riconoscere rilevanza al profilo della condotta del custode.

– resta dunque fermo che, prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l’assenza di colpa del custode rimane del tutto irrilevante ai fini dell’affermazione della sua responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2051 c.c..

7.2. Quanto ai criteri di accertamento del nesso causale, va richiamato il consolidato orientamento di legittimita’ (cfr., per tutte, Cass., S.U. n. 576/2008) secondo cui:

– ai fini dell’apprezzamento della causalita’ materiale nell’ambito della responsabilita’ extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli articoli 40 e 41 c.p., sicche’ un evento e’ da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non);

– tuttavia, il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, posto dall’articolo 41 c.p. (in base al quale, se la produzione di un evento dannoso e’ riferibile a piu’ azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale), trova il suo temperamento nel principio di causalita’ efficiente – desumibile dal capoverso della medesima disposizione – in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale gia’ in atto;

– al contempo, neppure e’ sufficiente tale relazione causale per determinare una causalita’ giuridicamente rilevante, dovendosi, all’interno delle serie causali cosi’ determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l’evento secondo il principio della c.d. causalita’ adeguata o quello similare della c.d. regolarita’ causale, che individua come conseguenza normale imputabile quella che – secondo l’id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarita’ statistica o ad una probabilita’ apprezzabile ex ante (ancorche’ riscontrata con una prognosi postuma)- integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale (sia esso una condotta umana oppure no), che ne costituisce l’antecedente necessario.

7.3. Ne deriva che tutto cio’ che non e’ prevedibile oggettivamente ovvero tutto cio’ che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneita’ causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa e elidendone l’efficacia condizionante.

Ovviamente, anche l’imprevedibilita’ che vale a connotare il fortuito deve essere oggettiva – dal punto di vista probabilistico o della causalita’ adeguata – senza che possa riconoscersi alcuna rilevanza dell’assenza o meno di colpa del custode.

7.4. Deve peraltro considerarsi che l’oggettiva imprevedibilita’ di un fattore esterno e’ suscettibile di esaurirsi col tempo: infatti, una modifica improvvisa delle condizioni della cosa (quali la macchia d’olio lasciata sull’asfalto da un veicolo in transito o l’accumulo di materiali sulla carreggiata determinato da perdita di carico o da eventi meteorici intensi) e’ destinata a perdere, col trascorrere del tempo dal suo accadimento e avuto riguardo alle concrete possibilita’ di estrinsecazione della signoria di fatto sulla cosa, la sua natura eccezionale, finendo col fare corpo con la cosa stessa, sicche’ e’ a questa, come modificata dall’evento originariamente improvviso, che correttamente va ascritto il fatto dannoso che ne deriva.

7.5. E’ pacifico – come detto – che il caso fortuito puo’ essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato (che abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera occasione o “teatro” della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell’evento lesivo, cosi’ da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente.

Quando, poi, la condotta del danneggiato non assuma i caratteri del fortuito, si’ da elidere il rapporto causale fra cosa e danno, residua comunque la possibilita’ di configurare un concorso causale colposo, ai sensi del primo comma dell’articolo 1227 c.c. (applicabile anche in ambito di responsabilita’ extracontrattuale, in virtu’ del richiamo compiuto dall’articolo 2056 c.c.), che potra’ essere apprezzato – al pari del fortuito – anche sulla base di una valutazione officiosa (per tutte, Cass. n. 20619/2014).

Va sottolineato che, quanto piu’ la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.

Se e’ vero, infatti, che il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilita’ custodiale si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita, in funzione di prevenzione dei danni che da essa possono derivare, e’ altrettanto vero che l’imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarieta’ (ex articolo 2 Cost.), che comporta la necessita’ di adottare condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocita’ degli obblighi derivanti dalla convivenza civile.

8. Tanto premesso, deve ritenersi che la corretta disamina della vicenda oggetto della sentenza impugnata avrebbe richiesto di accertare (essendo pacifica la derivazione del danno dalla presenza del bovino sulla sede stradale) se ricorressero o meno gli estremi del caso fortuito, ossia dell’obiettiva imprevedibilita’ ex ante dell’ingombro della carreggiata (secondo i criteri sopra delineati) e, in ipotesi, se tale ingombro conservasse, al momento del sinistro, i connotati di eccezionalita’ ed inevitabilita’ propri del fortuito.

Del tutto inconferente risulta, per contro, l’affermazione dell’inesistenza di violazioni di norme di precauzione da parte del custode, in cui si e’ sostanzialmente esaurita la decisione della Corte territoriale, trattandosi di accertamento volto ad escludere la colpa del custode, che tuttavia non rileva in ambito di responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., richiedendosi – viceversa – un accertamento incentrato sul profilo oggettivo della sussistenza o meno del nesso di causa e della ricorrenza del fortuito.

9. La sentenza va dunque cassata in accoglimento – per quanto di ragione e nei termini di cui sopra – del primo motivo, assorbiti gli altri, con rinvio alla Corte territoriale, che dovra’ rivalutare la vicenda alla luce dei seguenti principi di diritto:

“l’articolo 2051 c.c., nell’affermare la responsabilita’ del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa, ma opera sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso e della ricorrenza del caso fortuito, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale”;

“il caso fortuito rappresentato da fatto naturale o del terzo e’ connotato da imprevedibilita’ ed inevitabilita’, da intendersi pero’ dal punto di vista oggettivo e della regolarita’ causale (o della causalita’ adeguata), senza che possa riconoscersi alcuna rilevanza alla diligenza o meno del custode”;

“le modifiche della struttura della cosa o le situazioni di pericolo determinate da fattori imprevedibili sono suscettibili di divenire, se non rimosse tempestivamente, nuove condizioni intrinseche della cosa, idonee a comportare la responsabilita’ del custode”.

10. La Corte di rinvio provvedera’ anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiarando assorbiti gli altri, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione.

Per ulteriore giurisprudenza in merito alla responsabilità da cose in custiodia si segnalano le seguenti sentenze:

Cassazione n. 7926/2018Cassazione n. 10154/2018Cassazione n. 7527/2018

Cassazione n. 8393/2018Cassazione n. 4495/2018Cassazione n. 6703/2018

Cassazione n. 6141/2018Cassazione n. 6034/2018Cassazione n. 5957/2018 

Cassazione n. 3305/2018Cassazione n. 2478/2018

Cassazione n. 2479/2018Cassazione n. 2481/2018  Cassazione n. 1561/2018

Cassazione n. 2480/2018Cassazione n. 861/2018Cassazione n. 1064/2018

Cassazione n. 2483/2018Cassazione n. 2482/2018Cassazione n. 1257/2018

Cassazione n. 29891/2017Cassazione n. 22839/2017Cassazione n. 25856/2017

Cassazione n. 25837/2017Cassazione n. 22419/2017Cassazione n. 18954/2017

Cassazione n. 18856/2017Cassazione n. 12027/2018 Cassazione n. 11785/2017

Cassazione n. 11526/2017Cassazione n. 11225/2017Cassazione n. 10916/2017

Cassazione n. 10520/2017Cassazione n. 7805/2017Cassazione n. 13262/2016

Cassazione n. 18317/2015Cassazione n. 999/2014

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.