Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 8 marzo 2018, n. 5565

L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articolo 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, sicche’ grava sulla parte interessata l’onere di provare non solo l’an debeatur del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi in re ipsa, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficolta’, si’ da consentire al giudice il concreto esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, che ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso.

 

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 8 marzo 2018, n. 5565

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angela – Consigliere

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16144/2014 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio del dott. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1553/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 01/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2017 dal cons. LOREDANA NAZZICONE;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale LUIGI SALVATO che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 1 agosto 2013, la Corte d’appello di Catania ha respinto la domanda di condanna al risarcimento del danno, proposta dalla (OMISSIS) s.r.l. contro l’Agenzia del territorio per abuso di posizione dominante, con riguardo alla introduzione di una nuova disciplina tariffaria dell’elenco dei soggetti (dal 3 ottobre 2006) ed alla perdita di opportunita’ per la temporanea uscita dal mercato, causata dall’avvio della sperimentazione e commercializzazione del servizio di monitoraggio, nonche’ la domanda di inibitoria del servizio di ricerca continuativa in via telematica con modalita’ diverse da quelle ex L. n. 287 del 1990, con divieto di praticare alla societa’ condizioni economiche incompatibili con un adeguato livello di concorrenzialita’ e non conformi alla direttiva 2003/98/CE.

La corte territoriale – dopo avere premesso che la societa’ lamenta due condotte ad opera dell’Agenzia, l’una riguardante gli aumenti tariffari per l’acquisto dell’elenco dei soggetti in forma cartacea, l’altra l’offerta di un nuovo servizio telematico di monitoraggio in diretta concorrenza con quelli resi dalla odierna ricorrente – ha ritenuto insussistente la prova del danno lamentato: infatti, come accertato anche a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio, il servizio telematico di monitoraggio non e’ mai stato commercializzato dall’Agenzia del territorio, ma solo avviato in forma sperimentale per trenta giorni; inoltre, l’inibitoria concessa con provvedimento del luglio 2007, confermato in sede di reclamo nel dicembre successivo, ha impedito la concretizzazione del rischio di sviamento di clientela paventato.

La corte ha anche accertato come, nel periodo ottobre 2006-dicembre 2007, in concomitanza con la nuova tariffazione introdotta dall’Agenzia, non vi sia stata sospensione o riduzione del servizio di monitoraggio espletato da (OMISSIS) s.r.l., circostanza dimostrata dalle prove in atti e dalla espletata c.t.u. Pertanto, non sussiste il pregiudizio per la temuta compromissione del valore commerciale dell’originaria banca dati; in ogni caso, la (OMISSIS) s.p.a. non ha provato la consistenza iniziale di quest’ultima. Quanto alla domanda di inibitoria, la sopravvenuta modifica di cui al Decreto Legge n. 70 del 2011, convertito nella L. n. 106 del 2011, ha reso inattuale la pretesa, che si fondava sul precedente sistema normativo.

Avverso questa sentenza propone ricorso la soccombente, affidato a due motivi e depositando anche la memoria.

Non svolge difese l’intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente propone avverso la sentenza impugnata due motivi di censura, che possono essere come di seguito riassunti:

1) omesso esame di fatto decisivo, nonche’ insufficienza, illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione, perche’ la corte territoriale ha omesso di considerare, fra le denunziate condotte anticoncorrenziali, quella dell’aumento ingente delle tariffe per l’acquisto dell’elenco dei soggetti in forma cartacea; inoltre, con riguardo all’avvio di un servizio di monitoraggio telematico, la sentenza impugnata ha escluso il danno per non essere mai stato in concreto attivato detto servizio dall’Agenzia, mentre cio’ non corrisponde al vero e, comunque, anche la mera predisposizione del servizio incide sulla concorrenza;

2) violazione degli articoli 106, 109 e 120 TUE, articoli 6 e 13 Cedu, articoli 1226, 2697, 2727 e 2729 c.c. e articolo 115 c.p.c., per non avere la sentenza impugnata ritenuto provata una sospensione o una riduzione del servizio di monitoraggio da parte della ricorrente, laddove, in presenza di un’alterazione della concorrenza, conseguenza logica e necessitata e’ il danno per le altre imprese; nella specie, la ricorrente ha allegato e provato le ripercussioni negative subite, ben potendo il giudice procedere pure ad una liquidazione equitativa del danno.

2. – Il primo motivo e’ in parte inammissibile ed in parte infondato.

Esso e’ inammissibile, laddove censura il vizio motivazionale, secondo le sue caratteristiche come configurate dal precedente testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anteriore alle modificazioni apportate dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.

Come hanno chiarito le Sezioni unite, il vizio motivazionale, residuato dopo l’introduzione del nuovo n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., va ristretto alla “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, alla “motivazione apparente”, al “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” ed alla “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053): tutte ipotesi nella specie neppure prospettate.

Quanto al dedotto omesso esame di fatto decisivo, le citate Sezioni unite hanno ancora chiarito che esso attiene, sulla base della nuova disposizione, all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo: onde l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (Cass., sez. un., n. 8053 del 2014, cit.) e pure se questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 417 del 1015, n. 19881 del 2014); mentre il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ne’ in quello del n. 4, disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 10 giugno 2016, n. 11892).

Orbene, nella specie la corte del merito non ha affatto pretermesso la considerazione della condotta dell’Agenzia, lamentata dalla societa’ attrice e consistita nell’ingiustificato incremento tariffario, avendo al contrario la corte territoriale esaminato la circostanza, escludendone tuttavia la rilevanza, perche’ non vi e’ prova di una sospensione o riduzione del servizio di monitoraggio ad opera della odierna ricorrente (cfr. pag. 12), concludendo che esso non ha allora in nessun modo inciso sul servizio reso dalla ricorrente ed escludendone correttamente la rilevanza ai fini risarcitori.

La pretesa, infine, di contrastare in questa sede accertamenti in fatto compiuti dal giudice di merito si scontra con la natura del giudizio di legittimita’ e, dunque, e’ palesemente inammissibile.

3. – I rilievi esposti sono largamente estensibili al secondo motivo.

Ed invero, se rientra nel giudizio di fatto, riservato all’apprezzamento insindacabile del giudice del merito, la questione della mancata prova della sospensione o riduzione del servizio di monitoraggio da parte della ricorrente, come pure del danno, e’ invece infondato in diritto il motivo, laddove esso pretende di affermare un danno in re ipsa: al contrario, questa Corte ha da tempo chiarito che “Il danno cagionato mediante abuso di posizione dominante non e’ in re ipsa, ma, in quanto conseguenza diversa ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, deve autonomamente provarsi secondo i principi generali in tema di responsabilita’ aquiliana” (Cass. 10 settembre 2013, n. 20695; 31 marzo 2016, n. 6284).

Mentre e’ noto che la liquidazione equitativa del danno presuppone la prova della sua esistenza nell’an: posto che “L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articolo 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, sicche’ grava sulla parte interessata l’onere di provare non solo l’an debeatur del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi in re ipsa, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficolta’, si’ da consentire al giudice il concreto esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, che ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso” (e multis, Cass. 8 gennaio 2016, n. 127).

4. – Nulla sulle spese, non svolgendo difese l’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

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