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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 14 maggio 2013, n. 11552

nella responsabilita’ civile obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, mentre nel caso di rapporto assicurativo con impresa assicuratrice in bonis la sussistenza e l’entita’ del massimale, sia pure nel rispetto dei limiti minimi di legge, dipende dalla libera volonta’ negoziale delle parti, sicche’ e’ l’assicuratore stesso che ha l’onere di provare, mediante esibizione della polizza, quale fosse il massimale pattuito tra le parti del contratto di assicurazione all’epoca del sinistro (v., di recente, Cass. n. 10811/2011), nella fattispecie disciplinata dalla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articoli 19 e 21, il diritto del danneggiato al risarcimento nasce invece, per volonta’ di legge, limitato (Cass. n. 27566/2011, in motivazione; 21057/2009, in motivazione; 9243/07, in motivazione; 4016/06; 2991/01). Inoltre, i decreti ministeriali con i quali sono stati modificati i limiti dei massimali di legge indicati nella allegata tabella “A”, richiamata dall’articolo 21 della legge medesima, hanno natura di atti normativi, sebbene non di rango primario, e, quindi, sono conoscibili ex officio dal giudice e non hanno bisogno di essere provati dalla parte interessata.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 14 maggio 2013, n. 11552
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29422-2010 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS) che si costituisce a mezzo della (OMISSIS) soggetta alla direzione ed al coordinamento di (OMISSIS) S.P.A. rappresentata dall’Amministratore Delegato Sig. (OMISSIS)e dal Direttore generale e Legale Rappresentante Sig. (OMISSIS), nella qualita’ di procuratrice delle societa’ mandanti del GRUPPO (OMISSIS) tra cui l’ (OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

(OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA (OMISSIS) in persona del Commissario Liquidatore Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

nonche’ da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS) che si costituisce a mezzo della (OMISSIS) soggetta alla direzione ed al coordinamento di (OMISSIS) S.P.A. rappresentata dall’Amministratore Delegato Sig. (OMISSIS) e dal Direttore generale e Legale Rappresentante Sig. (OMISSIS), nella qualita’ di procuratrice delle societa’ mandanti del GRUPPO (OMISSIS) tra cui l’ (OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

(OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA (OMISSIS) in persona del Commissario Liquidatore Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 4414/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/11/2009, R.G.N. 6199 e 8880/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale.

IN FATTO E IN DIRITTO

1. – (OMISSIS) citava davanti al Tribunale di Roma la s.p.a. (OMISSIS) (d’ora in poi: (OMISSIS)), (OMISSIS) e (OMISSIS), per sentirli condannare al risarcimento dei danni, che assumeva di avere subito per le conseguenze di un sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS) sulla via (OMISSIS), all’altezza del km. 10,700, a seguito dell’impatto contro un albero dell’auto Ford Fiesta targata (OMISSIS) (OMISSIS) (di proprieta’ del (OMISSIS) e condotta dal (OMISSIS)), su cui viaggiava come trasportato, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS). Esponeva che l’incidente si era verificato perche’ il (OMISSIS), che procedeva a velocita’ sostenuta, aveva, dopo un azzardato tentativo di sorpasso, perso il controllo dell’autovettura, che per questo si era schiantata contro un platano che si trovava al limite della carreggiata; che a causa dell’urto, la (OMISSIS) e il (OMISSIS) erano deceduti, mentre esso (OMISSIS) aveva riportato lesioni gravissime, che ne avevano imposto il ricovero all’ospedale (OMISSIS) e determinavano postumi permanenti di rilevantissima entita’; che inutilmente aveva cercato di ottenere dall’assicuratore della Fiesta, la s.p.a. (OMISSIS), l’accantonamento e la messa a disposizione di una parte del massimale di polizza per fronteggiare le ingenti spese sanitarie giustificate dalle sua gravi condizioni. Si costituivano in giudizio (OMISSIS), contestando genericamente la fondatezza della domanda, e la (OMISSIS), a cui l’attore chiedeva la liquidazione di una provvisionale. Il (OMISSIS) non si costituiva. Venivano richieste ed accordate due provvisionali immediatamente esecutive (il cui pagamento veniva posto a carico della s.p.a. (OMISSIS)), rispettivamente di lire 20.000.000 (con ordinanza del 9.6.1994) e di lire 15.000.000 (con ordinanza del 28.3.1995). Veniva riunito al presente il giudizio nel frattempo instaurato, nei confronti della (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS), da (OMISSIS) e (OMISSIS), per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della morte del loro figlio (OMISSIS). La causa, interrotta per la sopravvenuta liquidazione coatta della (OMISSIS), veniva riassunta dal (OMISSIS) e, a seguito di provvedimento di rimessione nei termini dell’8.11.1994, dai coniugi (OMISSIS), nei confronti della (OMISSIS) in l.c.a., dell’ (OMISSIS) quale impresa designata dal (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS). All’udienza del 10.2.1995 si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), al fine di chiedere il risarcimento dei danni morali e patrimoniali asseritamente subiti a causa del sinistro. Veniva espletata una C.T.U. medico-legale sul (OMISSIS) ed il C.T.U. concludeva valutando un danno biologico del 98% (comprensivo di una grave menomazione all’integrita’ fisiognomica), una incapacita’ lavorativa del 100%, una I.T.T. di gg. 260 e una I.T.P. di gg. 120, nonche’ accertando spese documentate per lire 28.062.116. Interveniva in causa, (OMISSIS), sorella di (OMISSIS), invocando anch’essa la liquidazione dei danni subiti.

1.1. – Il giudice di primo grado dichiarava il (OMISSIS) unico responsabile del sinistro, e lo condannava unitamente al (OMISSIS) ed alla (OMISSIS) in l.c.a. in solido a pagare le seguenti somme: a) euro 1.415.016,00 al (OMISSIS) (con detrazione degli acconti gia’ ricevuti), oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo; b) euro 90.685,00 ciascuno a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza ai saldo; c) euro 40.274,00 ciascuno a (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo; dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria proposta da (OMISSIS), e opponibile alla s.p.a. (OMISSIS) la sentenza di condanna emessa nei confronti della (OMISSIS) in l.c.a..

2. – Con la sentenza oggetto delle presenti impugnazioni, depositata il 10.11.2009, la Corte di Appello di Roma riformava parzialmente la sentenza di primo grado, limitando la condanna della (OMISSIS) in l.c.a. in favore del (OMISSIS) a euro 493.378,65, con opponibilita’ della sentenza nei confronti dell’ (OMISSIS), osservando, per quanto qui rileva:

2.1. – l’eccezione proposta dal (OMISSIS), circa l’inammissibilita’ dell’appello proposto dall’ (OMISSIS), era infondata. L’azione diretta Legge n. 990 del 1969, ex articolo 18 e quella extracontrattuale ex articolo 2054 c.c. nei confronti del proprietario del veicolo danneggiante instaurano rapporti processuali reciprocamente interdipendenti (in quanto l’affermazione della responsabilita’ del proprietario costituisce l’imprescindibile presupposto logico della decisione richiesta con l’esercizio dell’azione diretta), che determinano un litisconsorzio necessario processuale. Questo va mantenuto anche nelle fasi di gravame, per evitare la possibilita’ di giudicati contrastanti sul medesimo oggetto nei confronti di quei soggetti che siano stati parti in causa nello stesso giudizio in primo grado (Cass. 15624/02). Ne deriva che la notifica dell’impugnazione relativa a cause inscindibili eseguita nei confronti di uno solo dei litisconsorti nei termini di legge introduce validamente il giudizio di gravame anche nei confronti di tutte le altre parti, ancorche’ l’atto di impugnazione sia stato, a queste, tardivamente notificato, e cio’ ai sensi dell’articolo 331 c.p.c., comma 1, (Cass. 1512/03). Inoltre, la notificazione della sentenza destinata a far decorrere il termine breve di impugnazione e’ quella fatta alla parte ai sensi dell’articolo 170 c.p.c., commi 1 e 3, mentre, nel caso in esame, la s.p.a. (OMISSIS) non poteva essere considerata parte del giudizio di primo grado, ancorche’ della pendenza del giudizio la stessa fosse stata informata con la notifica del ricorso per riassunzione dopo l’interruzione seguita alla declaratoria della liquidazione coatta della s.p.a. (OMISSIS), perche’ dalla Legge n. 990 del 1969, articolo 25, comma 2, si desume che il processo interrotto per fa (declaratoria della) liquidazione coatta puo’ essere legittimamente riassunto e proseguito nei confronti delle parti originarie (e, in particolare, della impresa in liquidazione), salva la possibilita’ di opporre la condanna dell’assicuratore in liquidazione all’impresa designata che abbia nelle more ricevuto notifica di un atto di pendenza della lite. In sostanza, la posizione processuale dell’Impresa Designata puo’ essere assimilata a quella del successore a titolo particolare ex articolo 111 c.p.c. (in particolare, del Fondo di Garanzia, e per esso dell’Impresa Designata, all’impresa decotta), cio’ che spiega, da un lato, il mantenimento della qualita’ di parte in capo solo all’impresa in l.c.a. (secondo l’articolo 111 c.p.c. il processo deve continuare tra le parti originarie), e, dall’altro, la facolta’ dell’Impresa Designata di intervenire nel giudizio e di impugnare la sentenza eventualmente emessa (come nella fattispecie), senza la sua partecipazione al giudizio, senza tuttavia conferire a tale Impresa, prima dell’intervento o dell’impugnazione in via autonoma, una mai prima assunta qualita’ di parte processuale;

2.2. – nel caso in esame, la responsabilita’ solidale puo’ operare per l’assicuratore solo fino alla concorrenza del massimale di legge rivalutato vigente “per ogni persona danneggiata”;

2.3. – il lucro cessante in questione era stato liquidato dal Tribunale in modo ineccepibile, e il coacervo “capitale rivalutato – lucro cessante” ammontava effettivamente (alla data della decisione di primo grado) ad euro 1.415.016,00 (= 951.416,00 + 463.600,00), che rappresentava la somma fino alla concorrenza della quale (salvi gli ulteriori interessi legali dalla pubblicazione della sentenza) era lecito emanare la condanna a favore dei (OMISSIS) nei confronti dei responsabili civili (OMISSIS) e (OMISSIS), non anche della s.p.a. (OMISSIS), che poteva rispondere unicamente nei limiti dei massimale “per persona danneggiata” rivalutato alla data della decisione (4.2.2003), pari ad euro 493,378,65 (segue il calcolo che non e’ oggetto d’impugnazione).

3.- Il (OMISSIS) ricorre per cassazione sulla base di due motivi, illustrati con memoria; resiste con controricorso il (OMISSIS), che propone anche ricorso incidentale basato su cinque motivi. Ad entrambe le impugnazioni resistono, con rispettivi controricorsi, l’ (OMISSIS), nella predetta qualita’, e la (OMISSIS) in l.c.a., chiedendo entrambe dichiararsi inammissibili e, comunque, rigettarsi i ricorsi. Anche la (OMISSIS) ha presentato memoria ex articolo 378 c.p.c..

La pronuncia riguarda i ricorsi riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza (articolo 335 c.p.c.).

3.1. – Col primo motivo, il (OMISSIS) lamenta violazione degli articoli 102, 111, 324, 325, 326 e 332 c.p.c., falsa applicazione dell’articolo 331 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4). Omessa motivazione (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Sostiene che, costituendosi nel giudizio di appello, aveva sollevato la questione di inammissibilita’ dell’appello proposto da (OMISSIS), perche’ tardivamente notificato: l’atto di citazione di appello della Compagnia gli era stato notificato il 28/10/2003, mentre la sentenza di primo grado era stata notificata all’appellante (unitamente al precetto) in data 11/9/2003. Entrambe le ragioni in base alle quali la Corte territoriale ha respinto l’eccezione sarebbero errate.

3.1.1. – Quanto alla prima, secondo il ricorrente principale, nella vigenza della Legge n. 990 del 1969, in caso di esperimento da parte del danneggiato dell’azione diretta contro l’assicuratore del proprietario del veicolo danneggiante ai sensi dell’articolo 18, era certamente ritenuto sussistente il litisconsorzio necessario con il proprietario stesso ai sensi dell’articolo 23, ma in caso di sinistro unico con pluralita’ di danneggiati, come nella specie, certamente non sussisteva alcun litisconsorzio necessario tra assicuratore e la pluralita’ delle persone danneggiate. La sussistenza del litisconsorzio necessario tra l’impresa di assicurazione e le persone danneggiate, con conseguente applicazione dell’articolo 102 c.p.c., e’ stata stabilita per legge dall’articolo 140 codice delle assicurazioni private (Decreto Legislativo n. 209 del 2005), certamente non applicabile nella specie. La regula iuris deducibile dall’articolo 331 c.p.c. sarebbe stata, dunque, falsamente applicata nella specie, in cui non esiste alcun litisconsorzio necessario tra (OMISSIS), nei cui confronti l’appello era stato tardivamente notificato, e le altre persone danneggiate che avevano proposto l’azione risarcitoria diretta contro l’impresa di assicurazione e alle quali – in tesi – l’impugnazione di (OMISSIS) sarebbe stata tempestivamente notificata (nella sentenza impugnata, sottolinea il (OMISSIS), non e’ specificato a quale litisconsorte necessario l’impugnazione sarebbe stata notificata tempestivamente, donde il denunciato vizio di omessa motivazione).

3.1.2. – Quanto alla seconda, come afferma la sentenza impugnata, la posizione processuale di (OMISSIS) puo’ essere assimilata a quella di successore a titolo particolare, ex articolo 111 c.p.c., della (OMISSIS) posta in liquidazione coatta amministrativa. L’impugnazione che il successore a titolo particolare nel diritto controverso e’ legittimato a proporre autonomamente avverso la sentenza – che ai sensi dell’articolo 111 c.p.c., comma 4 spiega effetto anche nei suoi confronti, pur se non partecipi al giudizio – deve considerarsi soggetta agli stessi limiti temporali ed oggettivi cui e’ sottoposta quella del proprio dante causa. La notificazione della sentenza al successore a titolo particolare ex articolo 111 c.p.c. e’, dunque, idonea a far decorrere il termine previsto dall’articolo 325 c.p.c. per l’esercizio del suo autonomo diritto di impugnazione. Rafforzerebbe tale conclusione il rilievo che la notificazione della sentenza fatta al dante causa, dopo che sia intervenuta la successione a titolo particolare nel diritto controverso, e’ idonea a far decorrere i termini brevi di impugnazione di cui agli articoli 325 e 326 c.p.c. anche nei confronti del successore – che non e’ terzo in senso sostanziale ed assume la stessa posizione del dante causa – in relazione all’impugnazione che quest’ultimo e’ legittimato a proporre autonomamente ai sensi dell’articolo 111 c.p.c., comma 4. A maggior ragione, dunque, avrebbe dovuto ritenersi che la notificazione della sentenza, effettuata direttamente al successore a titolo particolare nel diritto controverso, fosse idonea a far decorrere nei confronti di questo i termini brevi di impugnazione. Nella specie, dunque, la notificazione della sentenza fatta ad (OMISSIS) in data 111912003 sarebbe stata certamente idonea a far decorrere il termine breve di trenta giorni per la proposizione da parte sua dell’appello, che di conseguenza avrebbe dovuto essere proposto (tenuto conto della sospensione dei termini nel periodo feriale) entro la data ultima del 16/10/2003. L’impugnazione di (OMISSIS), invece, era stata proposta con atto notificato a (OMISSIS) soltanto in data 28/1012003.

3.2. – Nel secondo motivo, il (OMISSIS) lamenta violazione dell’articolo 2697 c.c., comma 2 e articolo 115 c.p.c. in relazione alla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 21, u.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). In tema di assicurazione obbligatoria RCA, qualora l’assicuratore sia sottoposto a l.c.a., il danno risarcibile dal (OMISSIS), per il tramite dell’impresa designata (o cessionaria), resta assoggettato al limite fissato dalla Legge n. 990 del 1969, articolo 21, u.c., vigente per la fattispecie che ne occupa, e, cioe’, ai cosiddetti “massimali minimi di legge” indicati nella tabella A allegata alla stessa I. n. 99011969, con gli adeguamenti disposti dai decreti emanati con il procedimento di cui all’articolo 9, comma 2, citata legge, fino alla data di verificazione del sinistro e a quella data vigenti. Nella sentenza impugnata, la Corte di Appello di Roma ha correttamente indicato la normativa che regola la materia, esponendo che “il massimale cui occorre in questa sede fare riferimento – quanto al diritto dei danneggiati nei confronti del Fondo di Garanzia e dunque dell’Impresa designata – e’ quello previsto dalla legge”, con l’eventuale superamento nel caso di mala gestio o di ingiustificato ritardo nell’adempimento dell’obbligo risarcitorio gravante sul Fondo di Garanzia, con riferimento a quanto risulti dovuto per interessi legali e rivalutazione monetaria. Peraltro, la Corte di Appello avrebbe affermato apoditticamente che il limite del massimale minimo di legge nel caso in esame ammontava, all’epoca del sinistro a lire 1.500.000.000 (pari a euro 774.685,35) quanto al cd. massimale catastrofale e a lire 700.000.000 (pari a euro 361.519,73) quanto al massimale vigente per ogni persona danneggiata.

Secondo il (OMISSIS), invece, il limite del massimale avrebbe dovuto essere provato dall’assicuratore che lo eccepisce, e cio’ sarebbe valso anche per i massimali minimi di legge di cui alla Legge n. 990 del 1969, articolo 21, comma 3, in quanto al decreto che periodicamente aggiorna i predetti massimali non puo’ essere riconosciuta natura di atto normativo, e quindi per esso non vige il principio iura novit curia.. Aggiunge che ne’ (OMISSIS) in l.c.a., ne’ (OMISSIS), impresa designata dal (OMISSIS) cui era opponibile la sentenza di primo grado, avevano provato – limitandosi al riguardo a una mera enunciazione – che il decreto di cui al procedimento indicato nella Legge n. 990 del 1969, articolo 9, comma 2, emanato fino alla data di verificazione del sinistro e a quella data vigente, avrebbe fissato i limiti massimali minimi di legge nella misura di lire 1.500.000.000 quale massimale catastrofale e di lire 700.000.000, quale massimale per persona danneggiata.

4.1.1. – Col primo motivo, formulato ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, il (OMISSIS) deduce: violazione degli articoli 170 – 330 e 331 c.p.c.; nullita’ della sentenza e del giudizio innanzi la Corte di appello di Roma, per tardivita’, inammissibilita’ ed improcedibilita’ dell’appello dell’ (OMISSIS), perche’ questa non avrebbe notificato l’atto di appello proprio nei confronti del litisconsorte necessario (OMISSIS) nel termine perentorio di legge, avendo effettuato l’unica tempestiva notifica al (OMISSIS) (in data 18.6.2003) senza rispettare il tassativo disposto di legge, che impone la notifica dell’appello all’avvocato costituito in primo grado e presso il domicilio dello stesso. In data 11.9.2003 il (OMISSIS) ha notificato all’ (OMISSIS) la sentenza di primo grado. In seguito, all’udienza del 20.10.2003, l’ (OMISSIS) ha chiesto di poter effettuare una seconda notifica; tuttavia al momento di detta richiesta il termine dell’appello era pero’ gia’ ampiamente decorso e si era maturata la decadenza per tardivita’ dell’appello, a nulla rilevando l’errato provvedimento di autorizzazione reso in contrasto con la normativa, che autorizza la concessione di un nuovo termine solo nell’ipotesi di “errore scusabile”.

4.1.2. – Erroneamente la Corte avrebbe ritenuto di applicare l’articolo 331 c.p.c. laddove: 1) per un verso, non si sarebbe avveduta che il (OMISSIS) era il diretto “contraddittore” dell’appello dell’ (OMISSIS) in quanto nei suoi confronti la stessa aveva svolta le domanda di riduzione degli importi liquidati in primo grado; 2) per altro, avrebbe analogicamente esteso il concetto di mancata impugnazione nei confronti di tutte le parti a quello di impugnazione errata ed in contrasto con gli articoli 170 e 330 c.p.c.. Ne’ assumerebbe rilievo al riguardo il riunito appello promosso dall’altra assicurazione, (OMISSIS), avendo quest’ultima svolto domande proprie su cui si e’ pronunciata la Corte di Appello.

4.2. – Col secondo motivo, formulato ex articolo 360 c.p.c., n. 3, il (OMISSIS) deduce che la sentenza impugnata, emessa a seguito del provvedimento di autorizzazione all’integrazione del contraddittorio assunto dal Consigliere istruttore il 20.10.2003, sarebbe viziata sotto il profilo dell’errata applicazione dell’articolo 184 bis c.p.c. all’epoca vigente: poiche’ l’ (OMISSIS) era ben a conoscenza, risultando dagli atti della causa di primo grado, del nominativo e dell’indirizzo dell’Avvocato costituito per il (OMISSIS) (Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS)), il giudice di appello avrebbe errato nell’applicare l’indicata norma, permettendo una nuova notifica nonostante l’ (OMISSIS) non potesse invocare l’errore scusabile.

4.3. – In subordine, col terzo motivo, formulato ex articolo 360 c.p.c., n., il ricorrente incidentale deduce l’errata interpretazione della Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 21, relativamente al capo della sentenza riguardante il pagamento quantificato complessivamente per l’ (OMISSIS) nel massimale legale di cui alla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 21, senza alcuna distinzione tra danno patrimoniale e non patrimoniale (riconosciuto nella sentenza di primo grado in euro 311.700,00). Invoca la giurisprudenza di questa Corte sull’interpretazione del richiamato articolo 21, secondo cui “i limiti di risarcibilita’ dei danni alla persona cagionati da veicolo o natante non identificato, posti, con particolare riguardo alla qualifica di vivente a carico, dalla Legge n. 990 del 1969, articolo 21 mediante il rinvio alle norme del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965 (disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro) operano solo per i danni patrimoniali ma non per i danni morali, i quali, pur rientrando tra quelli che il Fondo di garanzia per le vittime della strada e’ obbligato a risarcire, sono, quindi, risarcibili secondo la disciplina ordinaria (Cass. n. 1742 del 1992). Inoltre, la Corte territoriale avrebbe errato nell’interpretare la Legge n. 990 del 1969, stesso articolo 21, che limita la risarcibilita’ del danno da parte del (OMISSIS) ai massimali stabiliti nella tabella allegata alla stessa legge, nell’ipotesi di cd. mala gestio della compagnia assicuratrice: come riconosciuto da questa Corte (Cass. 24.7.1998 n. 7298; Cass. 14.10.1997 n. 10026 e Cass. civ. Sez. 3, 13-07-2000, n. 9277) il detto limite opererebbe infatti solo nelle ipotesi normali e non pure in quelle di mala gestio, nelle quali varrebbe il massimale di polizza, sicche’ e’ a questo che avrebbe dovuto essere rapportata la responsabilita’ ultramassimale per rivalutazione monetaria ed interessi.

4.4. – Col quarto motivo, formulato ex articolo 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente incidentale lamenta violazione dell’articolo 1173 c.c., relativamente al capo di condanna che ha ridotto l’ammontare del risarcimento ad euro 493.378,65 anche per la (OMISSIS), non avendo la Corte territoriale considerato che le disposizioni di legge, relativamente al rapporto (OMISSIS) – (OMISSIS), avrebbero dovuto integrarsi con le previsioni contrattuali. Queste prevedevano espressamente un massimale di lire 1.500.000,00, importo peraltro mai contestato dalla (OMISSIS) stessa ne’ dall’ (OMISSIS) e quantomeno in detto importo avrebbe dovuto quantificarsi il massimale cui dovevano essere tenute a rispondere le assicurazioni (oltre ovviamente alla mala gestio, alla rivalutazione monetaria ed agli interessi).

4.5. – Col quinto motivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, il (OMISSIS) deduce contraddittoria motivazione, errata relativamente al capo di condanna ridotto ad lire 493.378,65 per la (OMISSIS) in L.C.A. e per (OMISSIS) n.q., perche’ la Corte territoriale, pur ritenendo che il Tribunale avesse liquidato, al (OMISSIS), in modo ineccepibile il lucro cessante (lire 463.600,00), ha ritenuto che non fosse opponibile ne’ alla (OMISSIS) in L.C.A. ne’ alla (OMISSIS), in tal modo non considerando che il lucro cessante e’ conseguenza della mala gestio e come tale non puo’ che essere posto a carico delle compagnie.

5. – I ricorsi si rivelano entrambi non meritevoli di accoglimento.

6.1. – Vanno esaminati congiuntamente il primo motivo del ricorso principale ed i primi due motivi di quello incidentale, avendo ad oggetto tutti la medesima questione, relativa all’eccezione d’inammissibilita’ dell’appello proposto dall’ (OMISSIS), quale impresa “designata”, nei confronti del (OMISSIS). Essi non colgono nel segno.

6.2. – Invero, la Corte territoriale, con congrua e corretta motivazione, non ha ritenuto la sussistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra l’impresa di assicurazione e le persone danneggiate, bensi’ tra il proprietario del veicolo danneggiante e la Compagnia di assicurazione per la R.C.A. dello stesso. Pertanto, il (OMISSIS), nel formulare la censura in esame, non ha considerato l’effettiva ratio decidendi del capo della sentenza impugnata, ritenendo che la Corte territoriale avesse affermato l’esistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra parti diverse.

Inoltre, con specifico riferimento a quanto dedotto dal ricorrente incidentale, si osserva, che, dalla sentenza impugnata e da quanto dedotto da entrambi i ricorrenti, si evince che: 1) la sentenza di primo grado fu depositata il 21 marzo 2003; 2) la sentenza medesima era stata notificata all’appellante (unitamente al precetto) in data 11 settembre 2003; 3) l’atto di appello era gia’ stato notificato a (OMISSIS), conducente, (OMISSIS), proprietario del veicolo, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), altri danneggiati, e (OMISSIS) s.p.a. in l.c.a. in data 17-18 giugno 2003. Pertanto, la notifica della sentenza che avrebbe dovuto, secondo i ricorrenti principali ed incidentali, far decorrere il termine breve per l’impugnazione e’ intervenuta quando il giudizio di appello era gia’ pendente.

6.3. – In ogni caso, il principio ribadito dalla Corte territoriale sulla questione costituisce ormai ius receptum nella giurisprudenza di questa S.C. e non sono emerse ragioni per discostarsene. Va, pertanto, ancora una volta, affermato che “nelle cause inscindibili o dipendenti – ipotesi ricorrente sia nel caso di litisconsorzio necessario originario, di diritto sostanziale o processuale (sulla ricorrenza di tale ipotesi, nella fattispecie, cfr., di recente, Cass. 11053/2009; 2707/2005), sia nel caso di cause tra loro dipendenti, le quali, essendo state decise in un unico processo, devono rimanere unite anche nella fase di gravame in quanto la pronuncia sull’una si estende, in via logica e necessaria, anche all’altra ovvero ne forma il presupposto logico e giuridico imprescindibile – la parte i cui interessi giuridici sono oggetto dell’impugnazione principale, e’ legittimata a proporre impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., anche contro una parte diversa da quella che ha introdotto 1 impugnazione principale e su un capo di sentenza diverso da quello oggetto di questa impugnazione” (Cass. n. 12714/2010; 11333/2009; 5074/2007; 24372/2006; 12826/2004; 15624/2002). Con la conseguenza che la notifica dell’impugnazione relativa a cause inscindibili – sia nell’ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale che processuale – eseguita nei confronti di uno solo dei litisconsorti nei termini di legge, introduce validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutte le altre parti, ancorche’ l’atto di impugnazione sia stato, a queste, tardivamente notificato; in tal caso, infatti, l’atto tardivo riveste la funzione di notificazione per integrazione del contraddittorio ex articolo 331 cod. proc. civ., e l’iniziativa della parte, sopravvenuta prima ancora dell’ordine del giudice, assolve alla medesima funzione (Cass. n. 3071/2011, 21431/2010; ord.; 13753/2009; 2133/2006; 1512/2003).

6.4. – Priva di pregio si rivela anche la doglianza del (OMISSIS), secondo cui l’appello proposto nei suoi confronti dall’Impresa designata dal fondo di garanzia ai sensi della Legge n. 990 del 1969, articolo 20, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile in quanto la notifica della sentenza di primo grado alla predetta impresa era avvenuta in data 11 settembre 2003 e l’atto di appello dell’ (OMISSIS) era stato notificato il 28 ottobre 2003, quindi, oltre i termini di cui all’articolo 325 c.p.c. Secondo il ricorrente principale, la notificazione della sentenza al successore a titolo particolare ex articolo 111 c.p.c. sarebbe stata idonea a far decorrere il termine previsto dall’articolo 325 c.p.c. per l’esercizio del suo autonomo diritto di impugnazione, in quanto la notificazione della sentenza fatta al dante causa, dopo che sia intervenuta la successione a titolo particolare nel diritto controverso, sarebbe idonea a far decorrere i termini brevi di impugnazione di cui agli articoli 325 e 326 c.p.c. anche nei confronti del successore in relazione all’impugnazione che quest’ultimo sarebbe legittimato a proporre autonomamente ai sensi dell’articolo 111 c.p.c., comma 4.

Invece, secondo il consolidato orientamento di questa S.C., “il principio secondo cui la notificazione della sentenza, effettuata dalla parte vittoriosa nei confronti di quella soccombente, fa decorrere anche nei confronti di tutte le altre il termine breve per impugnare di cui all’articolo 325 c.p.c., trova applicazione quando tale notifica abbia luogo nei confronti di soggetti che rivestano la qualita’ di parte del processo, di tale qualita’ e’ priva l’impresa designata di cui alla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 20, alla quale la vittima di un sinistro stradale, dopo la messa in liquidazione coatta amministrativa dell’assicuratore in bonis originariamente convenuto con l’azione diretta, abbia notificato l’atto di pendenza della lite previsto dall’articolo 25 stessa legge, non seguito da un intervento volontario in causa della suddetta impresa designata; in tal caso, pertanto, l’eventuale notificazione della sentenza all’impresa designata non fa decorrere per il danneggiato il termine breve per impugnare la decisione nei confronti delle altre parti” (Cass., 10 marzo 2009, n. 5761).

Se, dunque, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, “la S.p.A. (OMISSIS) non poteva e non puo’ essere considerata parte del giudizio di primo grado, ancorche’ della pendenza del giudizio la stessa fosse stata informata con la notifica del ricorso per riassunzione dopo l’interruzione seguita alla declaratoria della liquidazione coatta della s.p.a. (OMISSIS), perche’ dalla Legge n. 990 del 1969, articolo 25, comma 2, si desume che il processo interrotto per la (declaratoria della) liquidazione coatta puo’ essere legittimamente riassunto e proseguito nei confronti delle parti originarie (e, in particolare, della impresa in liquidazione), salva (la possibilita’ di opporre la condanna dell’ assicuratore in liquidazione all’impresa designata che abbia nelle more ricevuto notifica di un atto di pendenza della lite”, l’ (OMISSIS), quale Impresa Designata, prima dell’intervento o dell’impugnazione in via autonoma, non aveva assunto la qualita’ di parte processuale con conseguente inoperativita’ dell’articolo 325 c.p.c., che presuppone che la notifica della sentenza sia avvenuta nei confronti di una parte del processo di primo grado.

6.5. – Sulla base di tali considerazioni, va respinto il primo motivo di ciascun ricorso, restando assorbita ogni decisione in ordine al secondo di quello incidentale, stante la non necessita’, alla luce dei riferiti principi, della rinnovazione della notifica dell’impugnazione nei confronti del (OMISSIS) (sicche’ non vi e’ ragione, in questa sede, di esaminare la relativa doglianza).

7. – Vanno esaminati congiuntamente anche il secondo motivo del ricorso principale ed il quarto di quello incidentale, avendo entrambi ad oggetto, sia pure sotto diversi profili, la questione del limite del massimale operante nella specie e della parte onerata alla sua deduzione e prova.

7.1. – La censura del (OMISSIS) si rivela manifestamente infondata, perche’, diversamente da quanto egli ritiene, il limite del massimale di legge non va provato dall’assicuratore che ne invochi l’operativita’, come avviene, invece, nel caso di controversia con impresa assicuratrice in bonis.

7.2. Va, infatti, ribadito che, nella responsabilita’ civile obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, mentre nel caso di rapporto assicurativo con impresa assicuratrice in bonis la sussistenza e l’entita’ del massimale, sia pure nel rispetto dei limiti minimi di legge, dipende dalla libera volonta’ negoziale delle parti, sicche’ e’ l’assicuratore stesso che ha l’onere di provare, mediante esibizione della polizza, quale fosse il massimale pattuito tra le parti del contratto di assicurazione all’epoca del sinistro (v., di recente, Cass. n. 10811/2011), nella fattispecie disciplinata dalla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articoli 19 e 21, il diritto del danneggiato al risarcimento nasce invece, per volonta’ di legge, limitato (Cass. n. 27566/2011, in motivazione; 21057/2009, in motivazione; 9243/07, in motivazione; 4016/06; 2991/01). Inoltre, i decreti ministeriali con i quali sono stati modificati i limiti dei massimali di legge indicati nella allegata tabella “A”, richiamata dall’articolo 21 della legge medesima, hanno natura di atti normativi, sebbene non di rango primario, e, quindi, sono conoscibili ex officio dal giudice e non hanno bisogno di essere provati dalla parte interessata (Cass. n. 4016/2006, cit.; 10479/2004; 3807/2004; 4485/2003; 2991/2001, che inducono a ritenere superato il precedente divergente orientamento di cui a Cass. n. 10765 e 6933/1999).

7.3. – Nel caso in esame, la (OMISSIS) eccepi’, sia in primo che in secondo grado, il limite del massimale di legge precisando che esso ammontava a lire 1.500.000.000 quale massimale catastrofale e a lire 700.000.000 quale massimale per persona danneggiata. La Corte territoriale, quindi, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, ha accolto l’eccezione della predetta, facendo corretta applicazione dei consolidati principi ora richiamati.

7.4. – Anche il quarto motivo di ricorso incidentale si rivela privo di pregio.

In primo luogo, il (OMISSIS) non precisa in cosa consisterebbe la violazione dell’articolo 1173 c.c., disposizione che elenca le fonti delle obbligazioni ed in tal senso il motivo si rivela inammissibile. Infatti, quando – come nella specie – e’ denunziata violazione e falsa applicazione della legge e non risultano adeguatamente indicate anche le argomentazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le medesime o con l’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina, il motivo e’ inammissibile, in quanto non consente alla Corte di cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione. Non e’, infatti, sufficiente un’affermazione apodittica (nella specie, la semplice e generica invocazione della predetta disposizione sulle fonti delle obbligazioni, senza alcun effettivo aggancio al contenuto dell’impugnata sentenza) e non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (Cass. 31 maggio 2006 n. 12984; 16 gennaio 2007 n. 828).

Peraltro, mentre il ricorrente principale lamenta (nel secondo motivo di ricorso) che la sentenza impugnata sarebbe errata perche’ l’odierna resistente non avrebbe fornito la prova della misura del massimale di legge in lire 1.500.000.000 quale massimale catastrofale e di lire 700.000.000 quale massimale per persona danneggiata, il ricorrente incidentale afferma che nel caso di specie dovrebbe operare, non il massimale di legge, ma quello di polizza, e che tale massimale sarebbe provato in atti dal “contratto assicurativo”, documento non meglio precisato ne’ riportato nel ricorso, neanche nel suo contenuto asserito come rilevante e decisivo (in violazione del criterio di specificita’ dei motivi di ricorso di cui all’articolo 366 c.p.c., nn. 4 e 6 e del limite dell’esame da parte della Suprema Corte degli atti del giudizio di merito: Cass., sez. un., 5 giugno 2008, n. 14824; sez. 6 (lav.), 30 luglio 2010, n. 17915, ord.; sez. 3, 24 marzo 2007, n. 7767; sez. 3, 28 giugno 2006, n. 14973).

Ancora, il ricorrente incidentale non precisa se e come abbia dedotto o provato nei gradi di merito l’esistenza di un massimale di polizza diverso da quello di legge; non consentendo quindi alla Corte di verificare se la censura sia affetta da novita’, in quanto proposta per la prima volta nella presente sede, e, come tale inammissibile, trattandosi – nei termini in cui e’ prospettata, come violazione di massimale contrattuale – di eccezione di parte soggetta al corrispondente regime preclusivo (v. innanzi, punto 7.2. e Cass. n. 10811/2011).

Si deve, invero, ribadire che nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione il ricorrente, il quale introduca temi di indagine non affrontati nei precedenti gradi di giudizio ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione di tali questioni nel giudizio, di merito, ma anche di indicare in quali atti sia avvenuta la relativa deduzione (Cass. n. 18440/2007; 1474/2007). Invero, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita’, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’, per novita’ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 14599/2005; 724/2001). In difetto di tali indicazione, infatti, i motivi del ricorso per cassazione non possono sfuggire alla sanzione d’inammissibilita’ per novita’, dato che essi devono investire, a pena di inammissibilita’, questioni gia’ comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, non potendo prospettarsi per la prima volta in sede di legittimita’ questioni nuove o nuove contestazioni non trattate nella precedente fase di merito e non rilevabili d’ufficio (Cass. 23 magio 2002 n. 7543, in motivazione; Cass. 4 giugno 2001 n. 7321; Cass. 31 marzo 2000 n. 3028; Cass. 12 giugno 1999 n. 5809 19 maggio 1999 n. 4852).

Senza contare, infine, che quello cui fa riferimento il (OMISSIS) e’ il massimale catastrofale di lire 1.500.000.000, che la Corte d’Appello ha tenuto in considerazione nel valutare se la complessiva liquidazione in favore di tutti gli aventi diritto eccedesse il limite massimo dell’obbligazione indennitaria. Mentre nulla deduce o argomenta il ricorrente incidentale con riguardo al massimale per persona, che invece viene in rilievo nel caso in esame e che non e’ stato da alcuno mai contestato che coincida con quello di legge.

8. Anche il terzo motivo del ricorso incidentale si rivela infondato. Non sussiste, infatti, l’indicata violazione della Legge n. 990 del 1969, articolo 21 e il precedente giurisprudenziale citato e’ inconferente, dato che riguarda l’ipotesi di danno causato da veicolo o natante non identificato (caso previsto per l’intervento del Fondo di Garanzia dalla Legge n. 990 del 1969, articolo 19, lettera a) e disciplinato dall’articolo 21, commi 1 e 2, medesima legge), quale non e’ certo il caso di specie: in ipotesi di sottoposizione dell’impresa a liquidazione coatta, trovano, infatti, applicazione la Legge n. 990 del 1969, articolo 19, lettera c) e articolo 21, u.c..

Secondo il ricorrente, inoltre, vertendosi in ipotesi di mala gestio delle Compagnie assicuratrici, dovrebbe valere non il massimale di legge previsto dalla Legge n. 990 del 1969, citato articolo 21, u.c., ma quello di polizza, al quale si dovrebbe rapportare la responsabilita’ relativamente agli interessi ed alla rivalutazione. Anche qui, la giurisprudenza citata (Cass., 13 luglio 2000, n. 9277; Cass., 24 luglio 1998, n. 7298; Cass., 14 ottobre 1997, n. 10026) non si rivela direttamente pertinente ed e’ da ritenersi ormai superata. Infatti, la giurisprudenza successiva e consolidata di questa Corte ha ribadito, che, in applicazione della Legge n. 990 del 1969, articolo 21, u.c., il danno risarcibile e’ ope legis limitato al massimale di legge e, in caso di mala gestio, tale massimale puo’ essere superato soltanto per rivalutazione ed interessi (Cass., sez. 3, 14 giugno 2012, n. 9727; 9 luglio 2009, n. 16131: in caso di liquidazione coatta amministrativa dell’assicuratore della RCA, l’eventuale danno da mala gestio o da colpevole ritardo (al cui risarcimento sia tenuta l’impresa cessionaria o designata) va calcolato sulla base del massimale minimo legale di cui alla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 21, e non sul massimale (eventualmente superiore) previsto dalla polizza, anche con riferimento al danno causato dall’assicuratore allorche’ era in bonis, atteso che detto danno costituisce un’obbligazione accessoria rispetto al debito principale da indennizzo e che e’ cosi’ rispettata la ratio della previsione dei massimali minimi di legge, posti a tutela non solo del danneggiato, ma anche del fondo di garanzia; in tal senso v. anche: Cass., 29 marzo 2006, n. 7247; Cass. 10 marzo 2006, n. 5233; Cass, 18 febbraio 2005, n. 3380, in motivazione; Cass., 10 dicembre 2003, n. 18833; Cass., 29 settembre 1999, n. 10765). L’articolata e convincente motivazione delle sentenze del 2003 e 2005 consente di ritenere ormai superato il divergente orientamento invocato dal ricorrente principale.

9. – Infine, anche il quinto ed ultimo motivo del ricorso incidentale e’ infondato, non sussistendo l’assunta contraddittorieta’ della motivazione. La Corte territoriale, nell’esaminare il motivo di gravame delle Compagnie, volto a contestare il difetto di motivazione della sentenza di primo grado, in punto di determinazione del danno da lucro cessante in favore del (OMISSIS), ha ritenuto di rigettare tale censura ritenendo corretto il calcolo effettuato dal Tribunale, ancorche’ non esplicitato in motivazione. Applicando poi il limite del massimale di legge per persona, ha ritenuto che l’obbligazione della (OMISSIS), nei confronti del (OMISSIS), dovesse essere limitata all’importo di euro 493.378,65 (con effetto di mero accertamento, ancorche’ formulata in termini di condanna), con detrazione degli acconti gia’ versati, adeguatamente attualizzati, con applicazione di rivalutazione ed interessi nella medesima misura, mentre l’obbligazione dei responsabili civili (OMISSIS) e (OMISSIS) in favore del medesimo (OMISSIS) si estende fino alla concorrenza dell’intera somma liquidata. L’assunta contraddittorieta’ della motivazione e’, quindi, del tutto insussistente, dato che, invece, la Corte territoriale ha formulato un giudizio sorretto da un percorso motivazionale logico e coerente.

5. – Le spese del presente giudizio vanno interamente compensate tra le parti costituite, tenuto conto della reciproca soccombenza nel rapporto tra ricorrente principale ed incidentale e sussistendo, rispetto alle altre parti costituite, giusti motivi, considerato, tra l’altro, che gli orientamenti giurisprudenziali si sono consolidati solo di recente in senso opposto a quello invocato dai ricorrenti.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi riuniti. Compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2013

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.