Con riferimento ai criteri di accertamento del nesso causale, va richiamato il consolidato orientamento di legittimita’ secondo cui:
– ai fini dell’apprezzamento della causalita’ materiale nell’ambito della responsabilita’ extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli articoli 40 e 41 c.p., sicche’ un evento e’ da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non);
– tuttavia, il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, posto dall’articolo 41 c.p. (in base al quale, se la produzione di un evento dannoso e’ riferibile a piu’ azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale), trova il suo temperamento nel principio di causalita’ efficiente – desumibile dal capoverso della medesima disposizione – in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale gia’ in atto;
– al contempo, neppure e’ sufficiente tale relazione causale per determinare una causalita’ giuridicamente rilevante, dovendosi, all’interno delle serie causali cosi’ determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l’evento secondo il principio della c.d. causalita’ adeguata o quello similare della c.d. regolarita’ causale, che individua come conseguenza normale imputabile quella che – secondo l’id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarita’ statistica o ad una probabilita’ apprezzabile ex ante (ancorche’ riscontrata con una prognosi postuma) – integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale (sia esso una condotta umana oppure no), che ne costituisce l’antecedente necessario.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 27 settembre 2018, n. 23190

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 883/2016 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati ex lege in (OMISSIS), presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI PRATO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1514/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 31/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

RILEVATO

che:

Nel 2000, (OMISSIS), in proprio ed in qualita’ di esercente la potesta’ genitoriale sul figlio minore (OMISSIS), convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Prato il Comune di Prato, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni derivanti agli attori stessi, iure proprio e iure hereditario, dalla morte di (OMISSIS), coniuge della (OMISSIS) e padre del (OMISSIS).

Espose che (OMISSIS) era morto a seguito delle ferite riportate in un sinistro stradale avvenuto a (OMISSIS), mentre era alla guida del proprio ciclomotore; che la perdita dell’equilibrio con successiva caduta dal motociclo, con effetti letali, era stata causata da insidie (buche, avvallamenti e solchi del tratto stradale, che presentava anche del ghiaino sulla carreggiata), non segnalate da alcun cartello di pericolo; che inoltre la strada era priva di illuminazione e presentava un innaturale tracciato con una pericolosa doppia curva a S, anch’essa non segnalata; che pertanto la responsabilita’ del sinistro andava ascritta alla incuria nella manutenzione della sede stradale da parte del Comune di Prato, il quale aveva altresi’ omesso di segnalare le insidie presenti.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Prato contesto’ la domanda in fatto ed in diritto, chiedendone il rigetto.

Il Tribunale di Prato, con sentenza n. 1348/2007, respinse la domanda, per mancanza di prova circa l’incidenza causale delle cattive condizioni della strada comunale sull’evento mortale.

Il giudice di primo grado osservo’ in particolare che la cm espletata in ordine alla dinamica del sinistro – nella quale era stato ritenuto sussistente un concorso causale delle condizioni ambientali pari al 40%, alla luce della sicura pericolosita’ di tali condizioni – aveva rilevato la pericolosita’ in astratto della strada, non accertando invece l’effettiva causa del sinistro.

2. La decisione e’ stata confermata dalla Corte di Appello di Firenze, con la sentenza n. 1514/2015 depositata il 31 agosto 2015, notificata il 5 novembre 2015.

La Corte ha osservato che la nuova CTU, disposta in rinnovazione di quella eseguita nel corso del giudizio di primo grado, aveva in sostanza corroborato quanto affermato nella sentenza impugnata in ordine alla mancanza di prova certa circa il nesso di causalita’ tra le anomalie della strada e l’infortunio.

Secondo la Corte, tale infortunio, tenuto conto della sua singolare dinamica, risultava piu’ probabilmente verificatosi a causa di una momentanea distrazione del (OMISSIS).

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso in Cassazione, sulla base di quattro motivi, (OMISSIS) e (OMISSIS), nelle more divenuto maggiorenne.

3.1. L’intimato Comune di Prato non ha svolto difese.

RILEVATO

che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti si dolgono della “mancata applicazione degli articoli 2727 e segg.” e dell’omesso esame di un fatto decisivo prospettato dalle parti”.

Non essendo possibile nel caso di specie acquisire certezza del nesso eziologico con prova diretta, la Corte avrebbe dovuto dedurre tale prova ex articoli 2727 e segg., dagli elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, accertati nei giudizi di merito.

In base ad un giudizio di probabilita’ logica, alla luce dello stato dei luoghi e dell’assenza di altri mezzi coinvolti, il sinistro avrebbe dovuto essere attribuito non ad una indimostrata distrazione, bensi’ alle oggettive condizioni della strada e alla mancanza di segnalazione.

La Corte di appello, invece, avrebbe omesso di esaminare quegli elementi che avrebbero permesso di considerare raggiunta in via presuntiva la prova dell’esistenza del nesso di causalita’ tra le condizioni della strada ed il sinistro.

In particolare, non avrebbe tenuto conto: che l’illuminazione della strada, nel punto dove si era verificato il sinistro, era assente; che la sede stradale era oggettivamente pericolosa per un illogico andamento ad S del tracciato, tanto che successivamente al sinistro il Comune di Prato aveva provveduto a modificare la strada, realizzando un percorso rettilineo; che la strada, nella curva ad S, mancava della linea centrale di demarcazione, linea la cui funzione e’ proprio quella di consentire l’orientamento al fine di seguire il tracciato stradale, specie nel caso di strada tortuosa non illuminata; che era assente qualsiasi segnale di pericolo o altra segnalazione obbligatoria ai sensi del Regolamento Codice della Strada; che la strada era dissestata; che il muretto su cui il (OMISSIS) aveva urtato non era segnalato come prescritto.

La Corte di appello, peraltro, non interpreterebbe correttamente le conclusioni della CTU espletata in appello, poiche’ in tale elaborato, al punto 14, si specificherebbe che l’errata percezione dell’andamento ad S da parte del (OMISSIS) era dovuta alla scarsa illuminazione ed alla mancanza della linea centrale di demarcazione.

4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la “falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c.”, nonche’ la “mancata applicazione dell’articolo 2051 c.c”. Erroneamente la Corte d’appello, di fronte ad uno stato dei luoghi oggettivamente pericoloso, nonche’ all’assenza di segnalazioni del pericolo, avrebbe affermato che la causa piu’ probabile del sinistro sarebbe da individuarsi in una distrazione del defunto, la cui esistenza sarebbe frutto di una valutazione meramente ipotetica.

La Corte, inoltre, non terrebbe conto del fatto che il Comune di Prato non ha fornito alcuna prova liberatoria dell’esistenza di un fatto colposo del danneggiato tale da escludere la responsabilita’ del custode, ex articolo 2051 c.c..

Sarebbe al contrario provata la condotta omissiva del Comune nella cura della strada e nell’apposizione della dovuta segnaletica.

4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la “mancata applicazione degli articoli 40 e 41 c.p. e del principio della preponderanza dell’evidenza”.

A fronte della totale incuria del Comune di Prato, che aveva omesso di dotare la strada di cui era proprietario di ogni segnaletica, la cui apposizione era invece prescritta come doverosa dal Codice della strada, non potrebbe che giungersi ad un giudizio di responsabilita’ del medesimo Comune.

Anche laddove la presunta distrazione del (OMISSIS) risultasse provata, tale disattenzione – peraltro imputabile, secondo la ctu, proprio all’assenza di illuminazione e all’assenza di segnaletica – costituirebbe una causa concorrente, che non esclude il rapporto causale tra l’omissione del Comune e l’evento.

Il nesso causale tra una condotta illecita ed un evento di danno puo’ essere affermato anche in base ad una prova che lo renda solo probabile, a nulla rilevando che tale prova non possa essere fornita con certezza.

4.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la “violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4 – motivazione apparente ed irriducibilmente contraddittoria”.

Le ragioni della decisione sarebbero esposte in modo solo apparente. La Corte di appello, infatti, pur affermando di voler condividere e far proprie le conclusioni della ctu di secondo grado, le travisa completamente.

Il ctu, infatti, aveva ritenuto che il piu’ probabile motivo per il quale il (OMISSIS) non aveva seguito correttamente l’andamento della sede stradale era rappresentato dall’errata percezione dell’andamento della sede stradale, a cui avevano contribuito anche le condizioni della strada (la scarsa visibilita’ del luogo per l’assenza di illuminazione) e l’assenza di segnaletica.

Non si comprenderebbe poi in che cosa consista la singolarita’ della dinamica del sinistro affettnata dalla sentenza impugnata, ne’ comprende sulla base di quali elementi la Corte addebiti la totale responsabilita’ dell’accaduto alla distrazione della vittima.

Anche a voler ammettere un’insufficiente attenzione del conducente, o un’andatura non moderata, si avrebbe un concorso colposo ex articolo 1227 c.c. e non un’ipotesi di caso fortuito.

Inoltre, la Corte territoriale avrebbe frainteso il significato del punto 15 delle conclusioni della ctu, che non rappresenterebbe la conclusione finale rispetto alla causalita’ del sinistro, enunciata ai punti 13 e 14, ma si riferisce alla mancanza di prova del nesso causale tra il sinistro medesimo e le anomalie del fondo stradale (ghiaino, buche ed imperfezioni del manto asfaltato) segnalate dai ricorrenti come concause dell’evento, ed alle quali il ctu, nel paragrafo dedicato alle “anomalie della sede stradale e della loro posizione” (pp. 21 e ss.) avrebbe invece ritenuto di non poter riconoscere incidenza, in quanto le stesse si trovavano al di fuori della traiettoria del ciclomotore.

5. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, avendo tutti ad oggetto la statuizione che ha escluso la ricorrenza della “prova certa” del nesso causale tra le condizioni della strada e l’infortunio de quo, e sono tutti inammissibili.

Con riferimento ai criteri di accertamento del nesso causale, va richiamato il consolidato orientamento di legittimita’ (cfr., per tutte, Cass., S.U. n. 576/2008) secondo cui:

– ai fini dell’apprezzamento della causalita’ materiale nell’ambito della responsabilita’ extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli articoli 40 e 41 c.p., sicche’ un evento e’ da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non);

– tuttavia, il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, posto dall’articolo 41 c.p. (in base al quale, se la produzione di un evento dannoso e’ riferibile a piu’ azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale), trova il suo temperamento nel principio di causalita’ efficiente – desumibile dal capoverso della medesima disposizione – in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale gia’ in atto;

– al contempo, neppure e’ sufficiente tale relazione causale per determinare una causalita’ giuridicamente rilevante, dovendosi, all’interno delle serie causali cosi’ determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l’evento secondo il principio della c.d. causalita’ adeguata o quello similare della c.d. regolarita’ causale, che individua come conseguenza normale imputabile quella che – secondo l’id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarita’ statistica o ad una probabilita’ apprezzabile ex ante (ancorche’ riscontrata con una prognosi postuma) – integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale (sia esso una condotta umana oppure no), che ne costituisce l’antecedente necessario.

Ne deriva che tutto cio’ che non e’ prevedibile oggettivamente ovvero tutto cio’ che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneita’ causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa ed elidendone l’efficacia condizionante.

E’ pacifico – come detto – che il caso fortuito puo’ essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato (che abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera occasione o “teatro” della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell’evento lesivo, cosi’ da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente.

Quando, poi, la condotta del danneggiato non assuma i caratteri del fortuito, si’ da elidere il rapporto causale fra cosa e danno, residua comunque la possibilita’ di configurare un concorso causale colposo, ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1 (applicabile anche in ambito di responsabilita’ extracontrattuale, in virtu’ del richiamo compiuto dall’articolo 2056 c.c.), che potra’ essere apprezzato – al pari del fortuito – anche sulla base di una valutazione officiosa (per tutte, Cass. n. 20619/2014).

Va sottolineato che, quanto piu’ la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.

Nel caso di specie, la Corte ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi giacche’ ha considerato sufficiente ad integrare il caso fortuito la condotta colposa del danneggiato di per se’ sola e sufficiente ad escludere qualunque nesso condizionante fra la situazione di pericolosita’ del tratto di strada in cui avvenne il sinistro e la perdita di controllo del ciclomotore da parte del (OMISSIS).

E come sopradetto, il caso fortuito puo’ essere integrato dal fatto colposo dello stesso danneggiato individuandone la causa esclusiva nella condotta del danneggiato al punto da far recedere la condizione della cosa in custodia a mera occasione o “teatro” della vicenda produttiva di danno.

Ora nel caso in esame la Corte d’Appello ha accertato che l’evento dannoso si e’ verificato “all’interno” di una situazione di macroscopica insidiosita’ della cosa (cfr. pag. 11, 12 e 13 della sentenza impugnata) ma ha anche accertato che il sinistro si sarebbe verificato egualmente, quale effetto della imprudente condotta di guida, anche se la strada si fosse presentata in condizioni di normalita’ (cfr. pag. 13 sentenza).

6. In considerazione del fatto che l’intimato non ha svolto attivita’ difensiva non occorre disporre sulle spese.

7. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.