Ai fini della accettazione tacita dell’eredità sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attesa la loro natura e finalita’, non sono idonei ad esprimere, in modo certo, l’intenzione univoca di assunzione della qualita’ di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione, infatti, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, legittimamente, puo’ essere esclusa dal giudice del merito, a cui compete il relativo accertamento, il proposito di accettare l’eredita’. Peraltro, siffatto accertamento non puo’ limitarsi all’esecuzione di tali incombenze, ma deve estendersi al complessivo comportamento dell’erede potenziale, ed all’eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell’eredita.

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Eredità e successione ereditaria

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 19 febbraio 2019, n. 4843

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9536/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza emessa il n.2599/15 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 03/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2018 dal Consigliere ANTONINO SCALISI.

FATTI DI CAUSA

Con due diversi atti di appello, proposti contro le sentenze del. Giudice di Pace Roma, nn. 525/11 e 1026/2011, le sig.re (OMISSIS) e (OMISSIS) ne chiedevano la riforma in danno del sig. (OMISSIS). Questi, a sua volta, proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 29396/2011, nei confronti del sig. (OMISSIS).

Le tre impugnazioni davano luogo, rispettivamente, ai proc. nn. 46116/2011, 46118/2011 e 18394/2012, assegnati a diversi Giudici di questa sezione, procedimenti che erano poi riuniti a quello piu’ vecchio per essere tra loro connessi.

Trattasi di opposizioni sia ex articolo 615 c.p.c., contestandosi da parte degli (OMISSIS)- (OMISSIS) il diritto del creditore procedente sig. (OMISSIS) a pretendere l’adempimento dell’obbligazione gia’ gravante sul sig. (OMISSIS), in forza del D.I. n. 527/1999, sia ex articolo 617 c.p.c., in quanto i (OMISSIS)- (OMISSIS) contestavano la validita’ della costituzione in giudizio dell’originario difensore del (OMISSIS), asserendone la carenza di potere per mancanza di valida procura alle liti, sicche’ l’appellato/appellante avrebbe dovuto essere dichiarato contumace dal Giudice di Pace.

Eccepiva, altresi’ il difensore dei (OMISSIS)- (OMISSIS) l’illeggibilita’ della procura alle liti conferita dal (OMISSIS), in margine al ricorso per decreto ingiuntivo, prodotto in fotocopia e, conseguentemente, la impossibilita’ di riconoscerne la validita’.

Costituitosi nei giudizi conseguenti le sentenze nn. 525 e 1026 del 2011 che gli davano ragione, il (OMISSIS) chiedeva il rigetto degli appelli proposti dalle sig.re (OMISSIS) e (OMISSIS) mentre, con l’appello proposto contro la sentenza 29396/2011 del G.d.P. che aveva accolto l’opposizione proposta dal sig. (OMISSIS), ne chiedeva la riforma.

Correttamente, quindi, i giudizi sono stati riuniti, perche’, trattandosi della medesima questione, richiedono decisione univoca.

Il giudizio e’ stato interrotto, a seguito di vicende riguardanti il difensore del (OMISSIS), in data 19.3.2014, e riassunto dalle sig.re (OMISSIS) e (OMISSIS), con atto del 25.3.14, atto a seguito del quale il Giudice assegnava termine per la notifica all’appellato (OMISSIS) sino al 5.11.2014, fissando udienza per la precisazione delle conclusioni. A sua volta, il (OMISSIS), munitosi di nuovi difensori, riassumeva il giudizio contro (OMISSIS), con atto dell’11.6.2014.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2599 del 2015, accoglieva, parzialmente, l’appello, riconoscendo valida la procura conferita dal (OMISSIS) all’avv. (OMISSIS), rigettava, nel merito, l’appello riconoscendo che il sig. (OMISSIS) era privo della qualita’ di erede di (OMISSIS), per cui non poteva essere destinatario del precetto intimatogli.

Accoglieva gli appelli spiegati dalle sigg.re (OMISSIS) e (OMISSIS) e, in riforma delle relative sentenze, annullava i precetti azionati, riconoscendo gli appellanti carenti di legittimazione passiva per non essere eredi di (OMISSIS). Compensava, integralmente, le spese del giudizio.

La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS) con ricorso affidato a tre motivi. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso. In prossimita’ della Camera di Consiglio le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso, (OMISSIS) lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, con riguardo agli articoli 115 e 116 c.p.c., e articolo 476 c.p.c. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale, nel ritener che (OMISSIS) (oggi eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) avesse rinunciato all’eredita’ (11 settembre 2003), non avrebbe tenuto conto che la trascrizione della denuncia di successione (del 7 ottobre 2004) attestava l’avvenuta valutazione pro quota dell’immobile oggetto di successione e la valutazione integrava gli estremi di un’accettazione tacita dell’eredita’.

1.1.- Il motivo e’ infondato.

Va qui premesso che le censure poste a fondamento del ricorso non possono risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito.

Nel caso in esame, il Tribunale di Roma ha correttamente valutato e validamente motivato la decisione tenendo conto dei dati processuali nonche’ dei fatti allegati e provati nel corso del giudizio.

Infatti come afferma la sentenza impugnata “(…) a fronte della rinuncia all’eredita’ di (OMISSIS) dell’11 settembre 2003 la trascrizione della denuncia della successione in data 7 ottobre 2004 non ha alcuna valenza contraria (….), si tratta, per l’appunto, soltanto, di trascrizione e non di diversa e piu’ pregnante ai fini dell’accettazione dell’eredita’) richiesta di voltura (…)”.

Come appare evidente, il Tribunale ha valutato non solo la diversita’ delle date e, cioe’, che la rinuncia all’eredita’ e’ stata posta in essere l’11 settembre 2003, mentre la trascrizione della successione risale al 7 ottobre 2004, ma, ha considerato, che risultava dai documenti acquisiti al processo, una richiesta di trascrizione e non gia’ una richiesta di voltura dei beni.

Inconferente e’, poi, la tesi sostenuta dal ricorrente secondo la quale la voltura emergerebbe dalla stessa trascrizione della denuncia di successione, perche’, non tiene conto che la voltura, essendo una richiesta documentale, va provata non per presunzione, ma, con il documento con cui e’ stata chiesta, da dove puo’ risultare quando, come e, soprattutto, da chi e’ stata chiesta.

2.- Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, con riguardo agli articoli 115, 116 e 2697 c.c., e articolo 214 c.p.c..

Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe errato nel considerare rilevante ai fini del decidere l’omessa presentazione di un’istanza di verificazione e la non utilizzabilita’ per difetto di sottoscrizione di un documento (modello 311), perche’ non avrebbe considerato che il documento era, totalmente, irrilevante al fine di decidere (in ordine all’accettazione o meno dell’eredita’) costituendo una mera richiesta di copie.

2.1.- Il motivo e’ inammissibile, per mancanza di interesse, posto che, ai fini assiologici pratici, non vi e’ differenza tra un documento irrilevante ai fini del decidere (in ordine all’accettazione o meno dell’eredita’), trattandosi di una richiesta di copie, e un documento inutilizzabile ai fini del decidere, per mancata verificazione a seguito di disconoscimento della sottoscrizione da parte di (OMISSIS).

3.- Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo agli articoli 460 e 476 c.p.c., vizio di motivazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente, avrebbe errato il Tribunale nell’escludere l’accettazione tacita dell’eredita’ non avendo considerato che l’attuale ricorrente aveva eccepito un’accettazione tacita dell’eredita’ non semplicemente con riguardo all’istanza ex articolo 495 c.p.c., ma, anche, con riguardo ad una serie di atti processuali, posti in essere dai resistenti, e che sono stati allegati al fascicolo.

3.1.- Anche questo motivo non ha ragion d’essere e non puo’ essere accolto.

La normativa di cui all’articolo 475 c.c. e ss., prevede l’ipotesi di accettazione espressa dell’eredita’ quando la volonta’ di essere erede viene manifestata in modo diretto, con un atto formale, e l’ipotesi di accettazione tacita (di eredita’) che si verifica quando la persona chiamata all’eredita’ compie un atto che implica, necessariamente, la volonta’ di accettare, e che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualita’ di erede.

La dottrina e la giurisprudenza concordano nel ritenere che presupposti fondamentali e indispensabili ai fini di una accettazione tacita sono: la presenza della consapevolezza, da parte del chiamato, dell’esistenza di una delazione in suo favore; che il chiamato assuma un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l’elemento intenzionale di carattere soggettivo (c.d. animus), sia l’elemento oggettivo attinente all’atto, tale che solo chi si trovi nella qualita’ di erede avrebbe il diritto di compiere.

Di norma, poi, vengono considerate forme di accettazione tacita di eredita’:

a) la proposizione da parte del chiamato dell’azione di rivendicazione, oppure, l’esperire l’azione di riduzione, l’azione, cioe’, volta a far valere la qualita’ di legittimario leso o, comunque, pretermesso dalla sua quota;

b) l’azione di risoluzione o di rescissione di un contratto;

c) l’azione di divisione ereditaria, posto che puo’ essere proposta solo da chi ha gia’ assunto la qualita’ di erede;

d) la riassunzione di un giudizio gia’ intrapreso dal de cuius o la rinuncia agli effetti di una pronuncia in grado di appello;

e) il pagamento da parte del chiamato dei debiti lasciati dal de cuius col patrimonio dell’eredita’;

f) ed infine, secondo la dottrina piu’ attenta, anche, la voltura catastale determinerebbe un’accettazione tacita dell’eredita’, nella considerazione che solo chi intenda accettare l’eredita’ assumerebbe l’onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio legale della proprieta’ dell’immobile dal de cuius a se’ stesso.

Ora, nel caso in esame, il Tribunale ha, correttamente escluso che agli atti del processo vi fosse uno di quegli atti che abbiamo appena richiamato.

Piuttosto, come correttamente ha affermato il Tribunale:

“Ai fini della accettazione tacita dell’eredita’ sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attesa la loro natura e finalita’, non sono idonei ad esprimere, in modo certo, l’intenzione univoca di assunzione della qualita’ di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione, infatti, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, legittimamente, puo’ essere esclusa dal giudice del merito, a cui compete il relativo accertamento, il proposito di accettare l’eredita’. Peraltro, siffatto accertamento non puo’ limitarsi all’esecuzione di tali incombenze, ma deve estendersi al complessivo comportamento dell’erede potenziale, ed all’eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell’eredita’”. (Cass. 5275/1986, tra le altre).

Chiarissimo questo autorevole supporto a quanto sostenuto, va aggiunto che, il 18.4.2011 fu proprio il (OMISSIS) a ricorrere al Presidente del Tribunale per ottenere la nomina di un curatore dell’eredita’ giacente del sig. (OMISSIS). Ottenuto tale curatore, il (OMISSIS) ha chiesto e ottenuto contro di lui un decreto ingiuntivo, sicche’ appare del tutto contraddittoria la sua posizione laddove insiste nel considerare, contro ogni ragione, la sig.ra (OMISSIS) e i sig.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) eredi del predetto de cuius.

A chiusura, va ricordato che la sig.ra (OMISSIS) era comproprietaria con il marito defunto della casa di via (OMISSIS), sicche’ quand’anche la occupi con i figli, cio’ non comporta accettazione di eredita’.

Nessun pregio ha la circostanza che nella procedura esecutiva n. 197/2010 sia stata richiesta la conversione del debito, ai sensi dell’articolo 495 c.p.c., atteso che l’istanza, com’e’ noto, non comporta alcun riconoscimento di esso – meno che mai comporta accettazione di eredita’, servendo solo a evitare le nefaste conseguenze dell’esecuzione (…)”.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex articolo 91 c.p.c., condannato a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio da’ atto che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alle parti ricorrenti le spese del presente giudizio che liquida per ciascuna parte controricorrente, in Euro 1.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali pari al 15% dei compensi ed accessori nella misura di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.