L’aggravamento di una servitu’ conseguente alla modificazione dello stato dei luoghi o alla sopravvenienza di diverse modalita’ di esercizio non puo’ ritenersi “in re ipsa”, ma deve essere valutato caso per caso, in relazione al complesso delle circostanze in concreto esistenti, tenendo conto degli elementi probatori forniti dalle parti, dovendo in tale ipotesi l’indagine del giudice di merito essere diretta ad accertare se il maggior godimento per il fondo dominante comporti o meno una intensificazione dell’onere gravante sul fondo servente.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 12 giugno 2018, n. 15326

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26043-2013 proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– contfroricorrenti –

avverso la sentenza n. 241/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 06/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/02/2018 dal Consigliere GUIDO FEDERICO.

FATTO

(OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 241/2013, che, in riforma della pronuncia di primo grado, per quanto in questa sede ancora rileva, ha rigettato la negatoria servitutis, proposta dall’odierno ricorrente, sotto specie di aggravamento della servitu’, in merito all’allargamento del sedime di una strada confinante tra la proprieta’ del (OMISSIS) e quella dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed ha conseguentemente rigettato la domanda di riduzione in pristino del livello della strada.

(OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso. Il ricorrente in prossimita’ dell’odierna adunanza ha presentato memorie illustrative.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 950, 2730, 2733 c.c. nonche’ articoli 7, 116, 167, 183 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3) e 5), per aver la Corte territoriale ritenuto che l’appello incidentale, in relazione alla dedotta inattendibilita’ della deposizione del figlio dell’odierno ricorrente, si fosse risolto in una mera difesa e censura altresi’ la statuizione della sentenza impugnata che ha confermato la determinazione del confine individuata dal primo giudice.

Il motivo censura altresi’, nel merito, la statuizione del giudice di appello che ha ritenuto generica ed inammissibile il motivo di impugnazione.

La prima censura e’ inammissibile in quanto non coglie la ratio della statuizione.

La Corte territoriale ha infatti rilevato, con adeguato apprezzamento di merito, che l’appello incidentale proposto dall’odierno ricorrente aveva ad oggetto il capo della sentenza relativo alla determinazione dei confini, mentre la doglianza, circa l’attendibilita’ delle dichiarazioni del proprio figlio costituivano argomentazioni difensive.

Tale ratio decidendi non risulta adeguatamente censurata.

Del pari inammissibile in quanto non coglie la ratio della pronuncia l’ulteriore censura concerne il merito della statuizione sull’accertamento del confine, a fonte di una pronuncia, in rito, di genericita’ dell’impugnazione, che non risulta specificamente censurata.

In ogni caso, la Corte territoriale, con adeguato apprezzamento di merito, che non e’ sindacabile nel presente giudizio, ha affermato come non vi fossero idonei elementi per sostenere una diversa collocazione del confine idonea a confutare le risultanze catastali.

La doglianza in merito alla valutazione delle prove e’ incensurabile in tale sede secondo consolidato orientamento. “La valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilita’ dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale e’ libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga piu’ attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti; tale attivita’ selettiva si estende all’effettiva idoneita’ del teste a riferire la verita’, in quanto determinante a fornire il convincimento sull’efficacia dimostrativa della fonte-mezzo di prova, con la conseguente inammissibilita’ di una tardiva produzione documentale volta a confutarla, salva soltanto l’eventuale “remissione in termini”. (Cass. Ord. 16467/2017).

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 832, 840, 949, 1027, 1061, 1065, 1067, 1158 e 2697 c.c. nonche’ degli articoli 112, 116 c.p.c. e articolo 164 c.p.c., comma 4 in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per avere la Corte deciso sull’allargamento del sedime stradale sul fondo (OMISSIS) in assenza di prova fornita dai contro-ricorrenti, in violazione del principio dell’onere probatorio.

Il motivo e’ inammissibile in quanto esso, nei termini in cui e’ formulato, nonostante l’indicazione del vizio in rubrica (sul carattere non vincolante della rubrica del motivo, cfr. Cass. 7981/2007), si risolve nella richiesta di una rivalutazione dei fatti gia’ oggetto del sindacato del giudice di merito e nella sollecitazione ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie, inammissibile in questa sede, spettando al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, in cui un valore legale e’ assegnato alla prova (ex plurimis Cass. n.6064/08).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha preso specificamente in esame e valutato le risultanze istruttorie, dandone conto in motivazione, ed ha ritenuto, con adeguato apprezzamento di merito, che non risultasse provato alcun aggravamento della servitu’, accertando che non vi era stato alcun ampliamento del sedime, ma unicamente un’asfaltatura dello stesso, che non aveva determinato alcun rilevante intensificazione dell’onere del fondo servente.

Tale statuizione e’ conforme a diritto.

Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, L’aggravamento di una servitu’ conseguente alla modificazione dello stato dei luoghi o alla sopravvenienza di diverse modalita’ di esercizio non puo’ ritenersi “in re ipsa”, ma deve essere valutato caso per caso, in relazione al complesso delle circostanze in concreto esistenti, tenendo conto degli elementi probatori forniti dalle parti, dovendo in tale ipotesi l’indagine del giudice di merito essere diretta ad accertare se il maggior godimento per il fondo dominante comporti o meno una intensificazione dell’onere gravante sul fondo servente.” (Cass. 14472/2011).

Con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione dell’articolo 91 e 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 per aver la Corte condannato l’odierno ricorrente alla refusione delle spese dell’intero giudizio sebbene lo stesso appellante avesse chiesto la compensazione delle spese del giudizio di primo grado.

Il motivo e’ fondato.

Il giudice definendo un procedimento di carattere contenzioso, ha infatti il potere-dovere, ai sensi degli articolo 91 c.p.c. e ss., di statuire sulle spese, anche senza espressa istanza dell’interessato, salvo che lo stesso abbia manifestato la volonta’ di rinunciarvi (Cass. 12542/2003).

Nel caso, dunque, in cui lo stesso appellante, come nel caso di specie, abbia chiesto la compensazione delle spese del giudizio di primo grado, deve ritenersi in contrasto con la disposizione dell’articolo 112 c.p.c. la statuizione di condanna dell’appellato al pagamento delle stesse, posto che, come gia’ evidenziato, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte la condanna alle spese del soccombente, ancorche’ pronuncia consequenziale ed accessoria, puo’ essere oggetto di rinunzia (Cass. Ss.Uu. 6242 del 1988; 6242/1997; 12542/2003).

La statuizione sulle spese della sentenza impugnata va dunque cassata, nella sola parte in cui ha disposto la condanna dell’appellato al pagamento delle spese anche del giudizio di primo grado, e, poiche’ non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, con l’integrale compensazione delle spese del giudizio di primo grado.

In conclusione, respinti il primo e secondo motivo di ricorso, va accolto il terzo motivo.

La sentenza impugnata va dunque cassata, limitatamente al motivo accolto, e, decidendo la causa nel merito, va disposta l’integrale compensazione delle spese del giudizio di primo grado.

(OMISSIS) va invece condannato al pagamento delle spese del grado di appello che si liquidano come da dispositivo.

Quanto al presente giudizio, i limiti dell’accoglimento del ricorso giustificano la compensazione di 1/3 delle spese di lite, che restano a carico del ricorrente per la quota residua, che si liquida come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e secondo motivo.

Accoglie il terzo motivo.

Cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto, e, decidendo la causa nel merito, ferme le altre statuizioni della sentenza impugnata, dispone la compensazione tra le parti delle spese processuali del primo grado di giudizio.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di appello che liquida in 3.100,00 Euro oltre ad accessori di legge.

Condanna il ricorrente alla refusione di 2/3 delle spese del presente giudizio, quota che liquida in complessive 3.200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge, dichiara tali spese compensate per il resto.

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Avv. Umberto Davide

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