In tema di appalto di opere pubbliche, il termine di sessanta giorni, previsto dal Decreto Ministeriale 19 aprile, n. 145, articolo 33 per l’inizio dell’azione giurisdizionale da parte dell’appaltatore, decorre dalla determinazione definitiva dell’Amministrazione in ordine alle riserve formulate e non dall’atto di collaudo, poiche’ solo la determinazione in questione si configura quale atto negoziale avverso il quale l’appaltatore puo’ ricorrere al giudice ordinario (o al procedimento arbitrale) al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto e la condanna della P.A. al pagamento delle somme dovute.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 11 settembre 2018, n. 22110
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere
Dott. MUCCI Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 21862/14, proposto da:
(OMISSIS) – (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS) che la rappres. e difende, con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Premariacco, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS) che lo rappres. e difende unitamente all’avv. (OMISSIS), con procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 156/2014 emessa dalla Corte d’appello di Trieste, pubblicata in data 4.2.2014;
udita la relazione del consigliere, dott. Rosario Caiazzo, nella camera di consiglio del 18 aprile 2018.
RILEVATO
CHE:
Il Tribunale di Udine accolse la domanda proposta dalla (OMISSIS) s.r.l. nei confronti del comune di Premariacco, e pronuncio’ la risoluzione del contratto d’appalto stipulato nel 2001 per colpa del comune, dichiarando invece improponibile la domanda di pagamento per le riserve iscritte in contabilita’, per intervenuta decadenza Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, ex articolo 33, comma 1, e rigettando la domanda d’indebito arricchimento.
La (OMISSIS) s.r.l. propose appello; si costitui’ il comune, proponendo appello incidentale.
La Corte d’appello di Trieste ha respinto l’appello principale, accogliendo parzialmente l’incidentale in ordine alle spese della c.t.u. poste a carico di entrambe le parti.
Al riguardo, la Corte territoriale, dichiarata inammissibile la domanda di nullita’ contrattuale, ha rilevato la tardivita’ della domanda di risarcimento di varie voci di danno (perche’ proposta in sede di precisazione delle conclusioni) e che la domanda di pagamento per le riserve iscritte in contabilita’ era stata proposta oltre il termine di 60 gg. dalla comunicazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 149, comma 3, ritenendo non condivisibile l’assunto per cui tale termine di decadenza decorreva dall’approvazione del certificato di collaudo della Giunta Municipale.
La societa’ ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato con memoria. Si e’ costituito il comune con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
Con il primo motivo e’ stata denunziata violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articolo 33, comma 1, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 149, comma 3, e al Decreto Ministeriale n. 145, articolo 42 avendo la Corte d’appello ritenuto che il termine decadenziale di 60 gg. relativo alla domanda di pagamento delle somme iscritte a riserva, decorresse dal 27.10.05, cioe’ dalla data in cui la (OMISSIS) aveva avuto contezza della deliberazione della Giunta comunale di non accoglimento della proposta di accordo bonario avanzata dal RUP, e non gia’ dall’approvazione della certificazione del collaudo quale atto idoneo ad esprimere la volonta’ definitiva dell’ente sulle riserve iscritte tempestivamente. Con il secondo motivo e’ stata denunziata la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte d’appello compensato le spese del giudizio e specificamente della c.t.u., ritenendo la stessa espletata nell’interesse reciproco delle parti, mentre, secondo la ricorrente, la consulenza ha dimostrato la fondatezza delle ragioni del comune.
Il ricorso e’ infondato.
Il primo motivo non ha pregio. La societa’ ricorrente ha lamentato la violazione o falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articolo 33, comma 1, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 149, comma 3, e del Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articolo 32 laddove si e’ fatto decorrere il termine di decadenza dal 27/10/05, data in cui la (OMISSIS) s.r.l. ha avuto contezza del non accoglimento della proposta di accordo bonario avanzata dal RUP e non dall’approvazione del certificato di collaudo intervenuta con la Deib. giuntale 9 ottobre 2006, comunicata alla ricorrente il 28/8/2006 (azione giudiziale introdotta con citazione del 17/10/2006).
L’interpretazione della Corte d’appello e’ da ritenere corretta, stante la modificazione del sistema precedente apportata dalla L. n. 109 del 1994 e dal regolamento che vede la procedura immediata sulle riserve, Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, ex articolo 33.
Invero, ai sensi di quest’ultima norma, recante il capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici, “l’appaltatore che intenda far valere le proprie pretese nel giudizio ordinario o arbitrale deve proporre la domanda entro il termine di decadenza di sessanta giorni, decorrente dal ricevimento della comunicazione di cui al regolamento approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, articolo 149, comma 3, o della determinazione prevista dai commi primo e secondo dell’articolo 32 del capitolato, oppure dalla scadenza dei termini previsti dai predetti due commi. La prima decorrenza si riferisce all’ipotesi, disciplinata dall’articolo 149 cit., in cui, avendo l’appaltatore iscritto nei registri contabili riserve il cui importo complessivo superi i limiti indicati dalla L. 11 febbraio 1994, n. 109, articolo 31bis il responsabile del procedimento abbia promosso la procedura di accordo bonario prevista da tale disposizione, formulando una proposta di soluzione transattiva in ordine alla quale la stazione appaltante e’ tenuta ad assumere le proprie determinazioni entro sessanta giorni, dandone sollecita comunicazione all’appaltatore. La seconda decorrenza riguarda invece l’ipotesi, contemplata dall’articolo 32 del capitolato, in cui, non sussistendo i presupposti della procedura di accordo bonario, la valutazione delle pretese dell’appaltatore abbia avuto luogo all’esito del collaudo o, su apposita istanza dell’appaltatore, dopo la scadenza dei relativi termini, con determinazione da adottarsi entro novanta giorni”(in tali termini, Cass., n. 20722/2014).
Ora, nella fattispecie, ricorre la prima ipotesi sopra indicata, atteso che la Giunta comunale si era espressa negativamente sulla proposta di accordo bonario formulata dal RUP, con determinazione da ritenere definitiva, comunicata all’appaltatore, di talche’ da tale data ha iniziato a decorrere il termine decadenziale di cui all’articolo 33 cit.
In tal senso, si e’ gia’ espressa questa Corte, nella pronuncia del 23.3.2017 n. 7479, in senso conforme alla sentenza n. 20722/2014 sopra citata (mentre il precedente citato dal ricorrente, di cui alla sentenza 25.9.2007, n. 19917, si riferisce ad un appalto regolato dalla normativa precedente di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962), affermando che in tema di appalto di opere pubbliche, il termine di sessanta giorni, previsto dal Decreto Ministeriale 19 aprile, n. 145, articolo 33 per l’inizio dell’azione giurisdizionale da parte dell’appaltatore, decorre dalla determinazione definitiva dell’Amministrazione in ordine alle riserve formulate e non dall’atto di collaudo, poiche’ solo la determinazione in questione si configura quale atto negoziale avverso il quale l’appaltatore puo’ ricorrere al giudice ordinario (o al procedimento arbitrale) al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto e la condanna della P.A. al pagamento delle somme dovute.
E’ infine infondato il secondo motivo.
Al riguardo, posto che la ricorrente si duole sostanzialmente della compensazione delle spese di c.t.u., va rilevato che correttamente e’ stato applicato dalla Corte d’appello il principio della soccombenza reciproca, ex articolo 92 c.p.c., comma 2, idoneo a sorreggere la statuizione delle spese del giudizio nel complesso, ivi comprese le spese della c.t.u. che rientrano nella globalita’ delle spese (in tal senso, la recente pronuncia del 31.10.2017, n. 25817), ne’ in ogni caso e’ censurabile lo specifico rilievo addotto dalla Corte d’appello, considerato che, per quanto affermato dalla stessa ricorrente, la c.t.u. si era espressa anche sulle riserve.
Il riferimento alla soccombenza reciproca, in ogni caso, giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio di merito.
Conclusivamente, va rigettato il ricorso; le spese del grado seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese che liquida nella somma di Euro 5200,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Riferimenti: Legge(6)