Occorre specificare che il contratto d’appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, nè ad substantiam, nè ad probationem, potendo dunque essere concluso anche per facta concludentia; ne consegue la rilevanza della prova testimoniale, dedotta con riguardo alla quantificazione del corrispettivo.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.
Tribunale Milano, Sezione 7 civile Sentenza 1 marzo 2019, n. 2095
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
Sezione Settima Civile
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Stefania Novelli, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nelle cause civili di I grado riunite al n. r.g. 77045/2014 promosse da:
(…) S.R.L. (P.IVA (…)) rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Zi. e dall’avv. El.D’O. ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli stessi in Milano, viale (…), come da delega agli atti;
– attore opponente –
contro
(…) (P.IVA (…)) rappresentata e difesa dall’avv. Ka.Bo. ed elettivamente domiciliata presso lo studio della stessa in Milano, viale (…), come da delega agli atti;
– convenuto opposto –
Motivi della decisione
Con distinti atti di citazione in opposizione regolarmente notificati, (…) Srl Trasporti Internazionali ha proposto opposizione: – al decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo n. 3244/2014, emesso dal Tribunale di Milano, per la somma di Euro 33.641,32 oltre interessi e spese, quale saldo del corrispettivo – oggetto di riconoscimento di debito da parte dell’opponente – dovuto per le attività di manutenzione e fornitura di materiale di ricambio di autoveicoli svolte da (…) Snc; – al decreto ingiuntivo n. 33868/2014 emesso dal Tribunale di Milano, per la somma di Euro 12.155,76 oltre interessi e spese, quale ulteriore saldo del corrispettivo dovuto a (…) Snc e non oggetto di espresso riconoscimento di debito.
Quali motivi di opposizione, in entrambi gli atti di citazione, ha dedotto:
a) l’assenza di riconoscimento di debito;
b) l’assenza di accordi circa la quantificazione del corrispettivo;
c) l’inadempimento della società opposta rispetto alle attività descritte nelle fatture prodotte in fase monitoria;
d) il patimento di un danno da fermo tecnico, conseguente alla protratta e ingiustificata permanenza del veicolo targato (…) nell’officina della (…) per lo svolgimento della revisione periodica. Ha concluso chiedendo, in via preliminare, la sospensione della provvisoria esecutorietà di entrambi i decreti ingiuntivi; in via principale, ha chiesto la revoca dei decreti ingiuntivi opposti.
Nella causa n. r.g. 77045/2014 ha avanzato, altresì, domanda riconvenzionale di condanna della (…) al pagamento della somma di Euro 84.200,00 a titolo di risarcimento del danno da fermo tecnico.
Nella causa n. r.g. 77087/2014 ha formulato eccezione di compensazione per il medesimo importo di Euro 84.200,00. Ha, infine, chiesto la riunione dei procedimenti.
In entrambi i procedimenti si è tempestivamente costituita in giudizio (…) snc, la quale ha eccepito: a) la decadenza dalla domanda di garanzia e la prescrizione della relativa azione ex art. 2226 c.c.; b) la genericità delle contestazioni svolte da T.; c) l’infondatezza della domanda riconvenzionale stante la non configurabilità, nel caso di specie, del danno da fermo tecnico.
Ha concluso, rispettivamente, nel procedimento n. r.g. 77045/2014, opponendosi alla richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 32443/2014 – in quanto il credito è stato oggetto di procedimento esecutivo e l’esecuzione è già avvenuta (doc.13) – e chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto oltre che il rigetto delle domande avversarie.
Nel procedimento n. r.g. 77087/2014 ha chiesto la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 33868/2014, nonché la conferma dello stesso e il rigetto delle eccezioni di controparte. Con ordinanza del 5/11/2015, il Giudice dell’epoca ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo n. 3244/2014, in quanto l’esecuzione, al momento della domanda dell’opponente, era già stata eseguita.
Con ordinanza del 18/06/2015, il Got delegato ha concesso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 33868/2014.
Le cause sono state riunite all’esito delle rispettive udienze fissate ex art. 184 c.p.c. onde consentire l’unitario svolgimento della fase istruttoria.
La causa è stata rinviata per precisazione delle conclusioni all’udienza dell’11/10/2018, dinanzi all’odierno giudicante, ove, concessi i termini ex art. 190 c.p.c., è stata trattenuta in decisione.
La controversia trae origine da un unico contratto di appalto di servizi avente a oggetto l’attività di manutenzione di veicoli, con fornitura di materiale di ricambio, dietro pagamento di un corrispettivo.
Nello specifico, la società opposta, in qualità di appaltatrice, ha allegato di essere creditrice, nei confronti dell’opponente, della somma complessiva di Euro 45.746,08, a titolo di saldo del corrispettivo.
Di tale importo, una parte, pari a Euro 33.641,32 – oggetto del primo ricorso depositato da (…) ex art. 633 e 642 c.p.c. – è oggetto di un piano di rientro proposto da T. a (…), in data 20/12/2013 (doc. 12); l’altra parte, pari a Euro 12.155,76, – oggetto del secondo ricorso depositato da (…) ex art. 633 c.p.c. – esula dal suddetto piano di rientro, ma sarebbe comunque riferibile al medesimo contratto.
I motivi di opposizione sollevati da T. negli odierni procedimenti ordinari riuniti ineriscono, sia all’inadempimento dell’opposta rispetto alle attività descritte nelle fatture prodotte in fase monitoria (doc. 2-10), sia al mancato accordo circa i prezzi applicati dalla stessa.
Di converso, non è oggetto di contestazione l’effettiva esistenza di un rapporto obbligatorio tra le parti.
Tale rapporto si desume, in primo luogo, dalla scrittura privata, del 20/12/2013, sottoscritta da T., prodotta da (…) già in fase monitoria, avente ad oggetto un piano di rientro per la somma di Euro 74.931,00, rispetto al quale le contestazioni di parte opponente appaiono assolutamente generiche, essendo limitate a negare il valore di riconoscimento di debito attribuito dall’opposta al documento summenzionato.
Sul punto, si riporta quanto statuito dalla Corte di Cassazione,
“la ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha solo effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando, ex art. 1988 c.c., un’astrazione meramente processuale della “causa debendi”, da cui deriva una semplice “relevatio ab onere probandi” che dispensa il destinatario della dichiarazione dall’onere di provare quel rapporto, che si presume fino a prova contraria, ma dalla cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, venendo, così, meno ogni effetto vincolante della ricognizione stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto suddetto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento ad esso attinente che possa comunque incidere sull’obbligazione derivante dal riconoscimento.” (Cass.Sez. 1, Sentenza n. 20689 del 13/10/2016).
In secondo luogo, l’esistenza del rapporto obbligatorio tra le parti si desume dalla domanda riconvenzionale avanzata dall’opponente nella causa r.g. 77045/2014 e dall’eccezione di compensazione sollevata nella causa r.g. 77087/2014. Sia la domanda riconvenzionale che l’eccezione di compensazione, infatti, hanno ad oggetto il risarcimento del c.d. danno da fermo tecnico che T. ha qualificato come conseguenza della ingiustificata permanenza del veicolo targato (…) presso l’officina della (…), dopo che era stato consegnato a quest’ultima per lo svolgimento della revisione periodica. Pertanto, la circostanza narrata dalla stessa società opponente riguardante la consegna di un veicolo alla (…) per svolgere le attività manutentive, è ulteriore prova dell’esistenza di un rapporto tra le odierne parti in causa.
Proseguendo nell’esame delle eccezioni sollevate dall’opponente, si evidenzia come l’eccezione di inadempimento non meriti accoglimento per la genericità della stessa. Parte opponente si è, infatti, limitata a dedurre un generale inadempimento, imputabile alla società opposta, riferito indistintamente a tutte le attività descritte nelle fatture prodotte, senza uno specifico riferimento a singole voci, attività, o veicoli oggetto del contratto.
La mancata presa di posizione specifica ex art. 115 c.p.c. sui fatti costitutivi del diritto preteso comporta, di per sé, una linea di difesa incompatibile con la negazione o modifica della pretesa, rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsiasi controllo probatorio. Pertanto, tenendo pur sempre presente che il grado di specificità della contestazione deve essere valutato in concreto in relazione alle singole controversie – potendo variare a seconda del livello di conoscenza del fatto da parte del soggetto nei cui confronti è allegato e a seconda della precisione del fatto allegato dalla controparte – una contestazione generica non può che produrre l’effetto, proprio per la sua genericità, di determinare, come nel caso in esame, una “relevatio ab onere probandi” e di rendere i fatti allegati del tutto pacifici.
Parimenti, non merita accoglimento l’eccezione sulla mancanza di un accordo sul corrispettivo contrattuale.
Occorre specificare che il contratto d’appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, nè ad substantiam, nè ad probationem, potendo dunque essere concluso anche per facta concludentia; ne consegue la rilevanza della prova testimoniale, dedotta con riguardo alla quantificazione del corrispettivo.
E’ dunque palese che la prova testimoniale non incontrasse alcun ostacolo, quanto ad ammissibilità, in dipendenza della natura del rapporto intercorso tra le odierne parti processuali.
Ancora, l’art. 1657 c.c. costituisce una deroga ai principi generali posti dall’art. 1346 c.c., nel senso che il contratto di appalto non è nullo qualora il prezzo, non determinato, non sia determinabile per l’assenza di idonei criteri inseriti nel contratto: la determinazione può infatti avvenire a posteriori in base alle tariffe esistenti, ovvero agli usi; e, in mancanza, ad opera del giudice ( Cass. n. 17386/2004).
Sul punto, il testimone escusso G.P. ha confermato l’applicazione della tariffe esistenti, documentate dai listini prezzi (“il loro prezzo viene calcolato sulla base dei listini prezzi (…) ed i DDT della mercedes (…) dove sono indicati codice ricambio, la descrizione del ricambio, la quantità e il prezzo”); ha precisato che T. era solita riconoscere il compenso orario di Euro 34,00 nel 2011 ed Euro 35,00 nel 2012, un compenso forfetario per materiali di consumo (Euro 10,00-15,00) nonché un “diritto di chiamata” di Euro 50,00. Tali circostante sono state confermate anche dal testimone P.B..
Tutte le fatture, inoltre, sono accompagnate dalle schede di lavoro, listini prezzi, d.d.t., ricevute fiscali, riferibili ai ventidue veicoli di parte opponente. Trattasi di documentazione analitica, che riporta la tipologia di interventi e le forniture eseguite, trasmessa alla committente già prima della fatturazione e mai contestata prima della notifica dei decreti ingiuntivi (cfr. docc. da 15 a 304 del fasc. RG 77045/2014 e docc. da 17 a 117 del fasc. 77087/2014).
A ciò deve aggiungersi che:
– con riferimento al credito di Euro 33.641,32 oggetto del riconoscimento, parte opponente non ha fornito la prova contraria, richiesta ex art. 1988 c.c., su una diversa quantificazione dell’importo dovuto. Nondimeno, non ha neppure allegato e provato di aver effettuato le “verifiche” che si era riservata di eseguire in sede di riconoscimento di debito; né, tanto meno, che queste ultime avessero portato ad un risultato differente da quello originario;
– con riferimento al credito di Euro 12.155,76, parte opponente non ha neppure contestato, ex art. 115 c.p.c., quali prestazioni fossero “sovrafatturare” rispetto alle tariffe esistenti e alle prassi, con indicazione dell’eventuale prezzo congruo, ex art. 1657 c.c.
Da ultimo, la domanda riconvenzionale non possono trovare accoglimento.
La Suprema Corte insegna che (Sez. 3, Sentenza n. 20620 del 14/10/2015 (Rv. 637581 – 01)
“Il danno da “fermo tecnico” di veicolo incidentato deve essere allegato e dimostrato e la relativa prova non può avere ad oggetto la mera indisponibilità del veicolo, ma deve sostanziarsi nella dimostrazione o della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo, ovvero della perdita subita per la rinuncia forzata ai proventi ricavabili dall’uso del mezzo”.
L’onere della prova, gravante sul danneggiato, non è stato assolto, atteso che non può riconoscersi un danno in re ipsa determinato dalla mera inutilizzabilità del veicolo, essendo necessario fornire la prova delle eventuali conseguenza dannose ex art. 1223 c.c.. L’irrilevanza dei capitoli di prova orali e l’assenza di documentazione (oltre che di allegazione) a sostegno dei costi e spese sostenuti per l’utilizzo di un altro mezzo sostitutivo precludono di liquidare un pregiudizio patrimoniale.
In relazione alle richieste di rifusione dei canoni di noleggio corrisposti per il periodo di non utilizzabilità del bene mobile e del risarcimento dal danno da lucro cessante (senza tralasciare la mancanza di prova delle commesse e dell’impossibilità di eseguirle con altri veicoli), non è comunque ravvisabile una condotta inadempiente, ex art. 1218 c.c., in capo a (…) snc.
Infatti, (…) snc ha provato – mediante le dichiarazioni dei testi (…) ed altri (i quali hanno confermato le prove precostituite depositate dall’opposta cfr. docc. 6, 9, 11, 12) – di aver sollecitato la committente al ritiro del veicolo ricoverato, senza, tuttavia, ottenere da quest’ultima alcuna risposta.
In conclusione, devono rigettarsi le opposizioni e confermarsi i decreti ingiuntivi.
Venendo alle spese processuali, la Suprema Corte insegna (Sez. 1, Sentenza n. 15860 del 10/07/2014 (Rv. 632117 – 01) che
“Il provvedimento discrezionale di riunione di più cause lascia immutata l’autonomia dei singoli giudizi e non pregiudica la sorte delle singole azioni.
Ne consegue che la congiunta trattazione lascia integra la loro identità, tanto che la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise, mentre la liquidazione delle spese giudiziali va operata in relazione a ciascun giudizio, atteso che solo in riferimento alle singole domande è possibile accertare la soccombenza, non potendo essere coinvolti in quest’ultima soggetti che non sono parti in causa”.
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, sulla scorta del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della controversia (valori medi dello scaglione di riferimento dei due decreti ingiuntivi).
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano ogni altra istanza, eccezione o deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, così decide:
1) rigetta le opposizioni di (…) SRL;
2) rigetta la domanda riconvenzionale di (…) SRL;
3) conferma il decreto ingiuntivo opposto n. 3244/2014, emesso dal Tribunale di Milano che acquista definitivamente efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653 c.p.c.;
4) conferma il decreto ingiuntivo opposto n. 33868/2014 emesso dal Tribunale di Milano che acquista definitivamente efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653 c.p.c.;
5) condanna (…) SRL alla rifusione delle spese di lite, di entrambi i giudizi, in favore di parte opposta, che si liquidano in Euro 10.469,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario spese generali al 15%, oltre IVA se e in quanto dovuta e CPA come per legge, nonché oltre alle spese documentate per la procedura di mediazione.
Così deciso in Milano l’1 marzo 2019.
Depositata in Cancelleria l’1 marzo 2019.