il risarcimento in caso di vizi dell’opera appaltata può essere domandato solo se sussistano danni che non possono essere eliminati tramite le tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall’art. 1668, co.2, c.c., rispetto alle quali esso è un rimedio alternativo ed autonomo, che può normalmente consistere nel ristoro delle spese sopportate dall’appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte d’Appello Campobasso, civile Sentenza 2 febbraio 2019, n. 63

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO – Collegio civile – riunita in camera di consiglio, nelle persone dei Magistrati:

dr. Maria Grazia d’ERRICO – Presidente rel.

dr. Gianfranco PLACENTINO – Consigliere

dr. Marco Giacomo FERRUCCI – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di appello n. 263/2016 R.G. avverso la sentenza n. 91/2016 del Tribunale di Isernia in composizione monocratica (nel proc. n. 495/2006 R.G.)

Oggetto : risoluzione contrattuale per inadempimento e risarcimento danni

TRA

(…) spa (p.Iva (…)), in persona del l.r.p.t., con sede in V. (M.), elettivamente domiciliata in Campobasso presso lo studio dell’avv. Gi.Me. che la rappresenta e difende con gli avv.ti Fo.Ta. ed An.Bo., anche disgiuntamente, in virtù di procura in calce alla citazione in appello

APPELLANTE

E

(…) spa – E. spa (p.Iva (…)), in persona del l.r.p.t., con sede in (…) (I.), rappresentata e difesa dall’avv. Re.Pr. in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione in appello – (…)

APPELLATA

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. – Con citazione notificata il 5/06/2006, la (…) spa (in seguito, (…)) ha convenuto dinanzi al Tribunale di Isernia la (…) spa (in seguito, (…)), esponendo che:

– con scrittura del 19/10/2005 era stata transatta la causa promossa da essa (…) nei confronti della (…) per il risarcimento di danni da inadempimento contrattuale pretesi per 705.640,00 Euro: con tale atto, le parti avevano concordato “di giungere a transazione della controversia per un importo di Euro 350.000,00 da riconoscere tramite lavori di ammodernamento degli impianti di estrusione e o fornitura di nuove parti degli stessi”;

– la (…) aveva proposto le prestazioni di ammodernamento (revamping) cui all’offerta di vendita n. 06/2359 rev. 2 del 13/03/2006 relative alle presse 2200/2500 e 1650/1800, prestazioni eseguite solo per la seconda pressa e relativamente alle quali essa (…) aveva contestato diversi difetti -elencati in citazione-;

– la società convenuta aveva inoltre emesso relativamente ai suddetti lavori le fatture n.(…) e (…) dell’importo totale di 35.148,00 Euro, in contrasto con la transazione citata ed applicando comunque prezzi molto superiori a quelli di mercato.

La (…) ha quindi chiesto:

a) l’accertamento dei difetti descritti nelle lavorazioni eseguite in base all’offerta di vendita n. 06/2359 rev. 2 e la dichiarazione della risoluzione per inadempimento di tale contratto con dichiarazione che essa attrice nulla era tenuta a versare alla (…), ovvero, in subordine, con riduzione del prezzo richiesto in ragione dei vizi riscontrati ed in ogni caso con condanna della convenuta al risarcimento del danno nella misura da determinarsi;

b) la condanna della convenuta al pagamento della somma di 350.000,00 Euro, quale controvalore delle prestazioni per le quali la (…) si era impegnata con la scrittura del 19/10/2005, ovvero, in subordine, la dichiarazione della risoluzione della transazione con la condanna della convenuta al risarcimento del danno nella misura di 350.000,00 Euro o nella misura da determinarsi;

con la memoria ex art. 183, co.6, c.p.c., l’attrice ha precisato che la domanda di pagamento di 350.000,00 Euro veniva avanzata a titolo di esecuzione della prestazione dedotta in contratto, ovvero di risarcimento del danno da inadempimento della stessa transazione.

La (…) si è costituita deducendo che il contenuto dell’offerta di vendita n. 06/2359 rev. 2 (ivi comprese le modalità di pagamento) era stato accettato dalla (…), la quale aveva concordato l’esecuzione dei lavori alla pressa 2200/2500 nel dicembre 2006 e quanto alla pressa 1650/1800 non aveva sollevato alcuna eccezione circa gli interventi eseguiti, né in ordine alle fatture ricevute, omettendo tuttavia di pagare il dovuto.

Quanto alla domanda di risoluzione dell’atto del 19/10/’05, la convenuta ha eccepito l’infondatezza della richiesta di risoluzione e del risarcimento del danno, trattandosi di transazione novativa (art. 1976 c.c.).

La (…) ha quindi concluso per:

a) il rigetto delle domande dell’attrice, ed in ogni caso la deduzione, dalla somma di 350.000,00 Euro di cui alla transazione del 19/10/’05, dell’importo di 42.550,00 Euro, pari al corrispettivo per i lavori di cui alla vendita n. 06/2359 rev. 2 scontata a titolo di transazione, con la dichiarazione che la somma residua di 307.450,00 Euro era da riconoscere tramite lavori di ammodernamento degli impianti di estrusione e fornitura di nuove parti degli stessi;

b) in via riconvenzionale, la condanna dell'(…) a versarle l’importo di 35.148,00 Euro (di cui alle fatture n. (…) e (…)), ovvero di quello ritenuto di giustizia, con gli interessi legali dal dovuto al saldo.

Con sentenza n. 91 del 29/01/2016, il Tribunale:

– ha ritenuto la natura non novativa della transazione del 19/10/2005, con conseguente inapplicabilità al caso di specie dell’art. 1976 c.c., a norma del quale “la risoluzione della transazione per inadempimento non può essere richiesta se il rapporto preesistente è stato estinto per novazione, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato “;

– ha qualificato quale appalto il rapporto di revamping di cui all’offerta n. 06/2359 rev. 2 del 13/03/2006, considerando le prestazioni eseguite dalla (…) non conformi a regola d’arte (sulla scorta delle valutazioni del ctu nominato), e tuttavia non affette da vizi tali da rendere il macchinario oggetto di manutenzione inadatto alla sua destinazione, bensì da giustificare la chiesta riduzione del prezzo dell’opera nella misura equitativamente determinata di un quinto del corrispettivo (pari a 7.560,00 Euro rispetto al prezzo della pressa 1650/1800 di 37.800,00 Euro);

– ha riconosciuto in favore dell'(…) il diritto al risarcimento del danno, anch’esso stimato in via equitativa in 7.560,00 Euro;

– ha ritenuto insussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda attorea di condanna della convenuta al pagamento dell’ulteriore importo di 350.000,00 Euro di cui alla transazione, trattandosi di atto tuttora efficace e vincolante per le parti (a tale riguardo sottolineando che la domanda di risoluzione per inadempimento era stata formulata in via subordinata, il cui accertamento risultava assorbito dall’accoglimento, per quanto di ragione, della domanda principale);

– ha rigettato la domanda riconvenzionale, valutando la proposta di revamping di cui all’offerta/conferma di vendita n. 06/2359 rev. 2 del 13/03/2006 rientrante nella prestazione di cui alla transazione del 19/10/2005 e reputando ininfluenti in senso contrario le modalità di pagamento ivi previste (non facenti riferimento alla transazione), ben potendo i relativi importi intendersi da sottrarre dall’importo indicato in transazione;

al riguardo, il Tribunale ha ritenuto non provata (oltre che in contrasto con i criteri di interpretazione dei contratti ex artt. 1362 e 1365 c.c.) la tesi della (…) secondo cui l’importo indicato nella transazione si sarebbe dovuto riferire a meri sconti da applicare via via nei rapporti commerciali fra le parti, non potendo tenersi conto a tal fine del documento tardivamente prodotto dalla convenuta solo con la comparsa conclusionale;

la sentenza ha quindi concluso che l’importo delle lavorazioni effettuate dalla convenuta di 30.240,00 Euro (dato da 37.800,00 Euro – 7.560,00 Euro per la riduzione del quinto applicata) andava detratto dai 350.000,00 Euro di cui all’atto transattivo;

– ha dichiarato compensate per la metà le spese del giudizio e le ha poste per la quota residua a carico della convenuta, in considerazione dell’accoglimento solo parziale della domanda dell’attrice e del rigetto della domanda riconvenzionale, ponendo le spese di ctu integralmente a carico della (…).

2.– Avverso tale sentenza ha proposto appello la (…) con citazione notificata il 26/04/2016, chiedendo (previa ammissione del documento ritenuto tardivamente prodotto dal Tribunale), in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento di tutte le eccezioni e domande proposte al Tribunale, con vittoria delle spese del doppio grado e condanna dell'(…) alla restituzione dell’importo versato in forza della sentenza di primo grado -pari a 17.401,89 Euro-oltre interessi e rivalutazione monetaria.

L’appellata (…) ha chiesto di dichiarare inammissibili e comunque di rigettare le istanze istruttorie dell’appellante e l’appello, con integrale conferma della sentenza appellata e pertanto con riconoscimento dell’esistenza dei vizi contestati da essa appellata, riduzione del prezzo richiesto e compensazione/detrazione/imputazione dell’eventuale importo dovuto alla (…) alle maggiori somme di cui alla transazione del 19/10/’05 e con vittoria delle spese di causa.

3.– Deve in primo luogo ribadirsi il provvedimento con il quale questa Corte, in data 22/02/2017, ha disatteso le istanze istruttorie della parte appellante, la quale le ha reiterate in occasione della precisazione delle conclusioni all’udienza del 19/09/’18.

L’interrogatorio formale e le prove testimoniali articolati nell’interesse della (…) con la memoria depositata in primo grado il 1/02/2007, quanto alle parti già rigettate dal primo giudice, ai capitoli dal n.1 al 5 ed ai nn. 11, 15, 16 e 25 concernevano circostanze risultanti da documentazione prodotta agli atti, mentre il capitolo n. 20 non era demandabile a testimoni, concernendo valutazioni.

Come inoltre correttamente motivato dalla sentenza appellata, è inammissibile il documento (e-mail della (…) datata 5/04/2006) prodotto dall’appellante in prime cure solo con la comparsa conclusionale e nuovamente allegato all’atto introduttivo del presente grado (oltre che riprodotto nel corpo della citazione), in carenza di qualsiasi allegazione e dimostrazione dell’impossibilità di precedente tempestiva produzione nel giudizio di primo grado per causa non imputabile alla medesima parte (art. 345, co.3, c.p.c., nella formulazione applicabile ratione temporis alla presente controversia).

Per analoghe ragioni è tardiva ed inammissibile la richiesta subordinata, avanzata per la prima volta in questa sede dall’appellante, di ordinare alla controparte, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., l’esibizione in giudizio della suddetta e-mail; esplorativa e tendente all’acquisizione di elemento di prova non prodotto ritualmente in giudizio sarebbe poi la ctu invocata dall’appellante per accertare la provenienza e la destinazione della medesima e-mail.

È infine parimenti tardiva ed inammissibile l’offerta di produzione della nota della (…) alla (…) datata 11/04/2006, documento menzionato al punto n. 28 dell’atto di appello e non prodotto in primo grado, il cui contenuto è stato trasfuso nelle memorie conclusionali di appello.

4.– Con il primo motivo di appello, la (…) impugna la sentenza di primo grado nella parte relativa alla qualificazione della transazione del 19/10/’05 come non novativa.

Assume l’appellante che la circostanza della natura novativa di tale atto sarebbe “rilevante come motivo di rigetto, ai sensi dell’art. 1965 secondo comma c.c., della domanda della (…) di risoluzione della transazione per inadempimento “.

Rileva in proposito la Corte che, come già esposto al paragrafo n.1 che precede, il Tribunale, premettendo che la domanda di risoluzione per inadempimento della transazione era stata formulata dalla (…) in via subordinata, ha dichiarato il relativo accertamento “assorbito dall’accoglimento, per quanto di ragione, della domanda principale”, e tale decisione non è stata oggetto di appello incidentale da parte della società appellata.

Da tanto deriva, come eccepito dalla difesa della (…), la carenza di interesse dell’appellante al motivo di impugnazione in questione.

La proposizione di ogni impugnazione deve essere infatti sorretta da idoneo interesse (art. 100 c.p.c.) identificabile nella possibilità di conseguire, attraverso la rimozione della statuizione censurata, un risultato giuridicamente apprezzabile, e non già un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica non avente riflessi pratici sulla decisione adottata: cfr. Cass. n. 18736/2003, che ha dichiarato inammissibile per difetto di interesse l’impugnazione proposta dal terzo chiamato, volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità della chiamata, in quanto nel giudizio di merito la domanda di garanzia nei suoi confronti era stata rigettata.

L’appello incidentale va dunque dichiarato sul punto inammissibile (v. anche Cass. 2015/n. 18160 circa la natura di pronuncia in rito della dichiarazione del difetto di interesse all’impugnazione).

5. — Mediante il secondo motivo di appello, si impugna la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto la domanda della (…) di detrazione dell’importo di 42.550,00 Euro (pari alla parte “scontata” dei lavori eseguiti) dalla somma di 350.000,00 Euro di cui alla transazione, ed ha rigettato la domanda di condanna dell'(…) al pagamento dell’importo residuo di 35.148,00 Euro di cui al contratto n. 06/2359 rev.2 (parte “non scontata” del prezzo).

Il Tribunale ha considerato prive di rilevanza le previsioni di cui alla conferma di vendita del 13/03/’06 (relative al pagamento del 20% all’ordine, del 70% a merce pronta e del 10% ad installazione avvenuta), ben potendo tali importi ritenersi tacitamente da sottrarre dall’importo di cui alla transazione siglata pochi mesi prima, ed ha escluso il fondamento della tesi della parte convenuta circa l’intento delle parti di prevedere meri sconti da applicare sui successivi ordini della (…), tesi non provata dalla documentazione in atti e sconfessata dall’interpretazione del contratto di transazione.

Secondo l’assunto della (…), il primo giudice avrebbe errato nel non considerare che il testo della transazione era lacunoso ed incompleto, e come tale necessitante di etero-integrazione in ordine ad elementi necessari a precisarne i termini e le modalità di attuazione, dimostrabili anche mediante testi e presunzioni.

A fronte pertanto della mera indicazione nell’atto del 19/10/’05 dell’importo di 350.000,00 Euro “da riconoscere tramite lavori di ammodernamento degli impianti di estrusione e o fornitura di nuove parti degli stessi”, si sarebbe dovuto valorizzare il contratto n. 06/2539 rev.2 del 13/03/’06, la sua esecuzione senza contestazioni sul prezzo (in epoca “non sospetta”), la non contestazione (sempre in epoca “non sospetta”) delle fatture nn.(…) e (…) nonché la citata e-mail datata 5/04/2006 la cui produzione è tuttavia inammissibile, per quanto sopra ritenuto al n. 3.

Da tali elementi si desumerebbe che la transazione prevedeva uno sconto di 350.000,00 Euro da “spalmare” sul corrispettivo dei vari accordi esecutivi della transazione da stipulare fra le parti, sconto da applicare sui vari contratti nella misura del 42%, per cui la (…) avrebbe potuto continuare a beneficiare di uno sconto generalizzato, nella suddetta percentuale, sino a raggiungere lo sconto complessivo di 350.000,00 Euro.

L’appello è infondato.

La decisione impugnata merita sul punto piena conferma, in quanto aderente ai principi normativi e giurisprudenziali in tema di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 e ss. c.c. secondo i quali, in particolare, il giudice può determinare la comune intenzione delle parti valutandone il comportamento complessivo, anche posteriore alla conclusione del contratto, il quale va interpretato secondo buona fede.

Nella specie, infatti, l’asserito accordo esplicativo/integrativo della transazione non emerge dalle risultanze istruttorie -documenti ritualmente prodotti in primo grado e non oggetto di contestazione-.

Anzitutto, in data 22/12/2005 l’odierna appellante confermò alla (…) l’Acc. del 19 ottobre 2005 “per Euro 350.000,00 da compensare con gli importi delle fatture che verranno emesse da (…) spa relativi a ordine che la (…) emetterà per lavori di ammodernamento degli impianti di estrusione e/o forniture di nuove parti degli stessi, da effettuarsi nel mese di agosto 2006” (doc. n. 3 del fascicolo attoreo) -nessun riferimento è contenuto in tale lettera ad alcun meccanismo di sconto da “spalmare” nel tempo sino al raggiungimento dell’importo di cui alla transazione-.

La conferma di vendita n. 06/2359 rev.2 del 13/03/’06, prodotta da entrambe le parti, contiene l’indicazione del prezzo complessivo di 101.300,00 Euro (di cui 63.500,00 Euro per la pressa 2200/2500 e 37.800,00 per la pressa 1650/1800 da realizzare entro fine aprile 2006), e dello sconto transazione concordato con sig. (…) di 42.550,00 Euro, pervenendo all’importo complessivo di 58.750,00 Euro.

Allorché, con fax del 5/05/2006 (doc. n. 5 del fascicolo della (…)), l’attuale appellante comunicò all'(…) il completamento dei lavori e l’intenzione di emettere la fattura a saldo di 19.053,00 Euro oltre attività di montaggio, “alla stregua dell’atto di transazione stipulato il 19/10/2005”, la stessa (…) replicò con due fax del 12/05/2006, l’uno (doc. n. 6 del fascicolo attoreo) di contestazione dei difetti delle opere installate e l’altro (doc. n. 8), del seguente tenore: “per quanto concerne il pagamento richiesto, vi invitiamo ad ottemperare a quanto sottoscritto sulla transazione stipulata in data 19/10/2005, con la quale la vs. società si impegnava ad eseguire lavori di ammodernamento degli impianti di estrusione, da voi forniti, per un importo di 350.000,00 Euro. Pertanto, il costo dei lavori va compensato fino a concorrenza di detta somma. Di conseguenza, nulla vi è dovuto a fronte della fattura n. (…) del 20/03/2006 e comunque dei lavori in oggetto”.

La (…) rispose con lettera racc.ta e fax del 17/05/2006 (docc. nn. 7 e 9 del fascicolo della convenuta), replicando in ordine ai difetti contestati e richiamando il contenuto della conferma di vendita n.06/2359 del 13/03/2006, riportante “i valori della nostra fornitura già scontati di una quota a titolo di sconto transazione, come concordato con voi”.

Seguì a tanto la proposizione del giudizio con citazione notificata dall'(…) il 5/06/06.

Ne deriva che l’unico documento dal quale sarebbe possibile desumere l’applicazione di uno sconto pari al 42% sui prezzi delle opere indicate è la conferma di vendita del 13/03/06: tale criterio tuttavia, decisamente smentito dalla controparte già prima del giudizio, non risulta essere stato ribadito in altri atti, né menzionato con la comparsa di costituzione della (…) in primo grado, ma prospettato per la prima volta dalla stessa convenuta in comparsa conclusionale.

Correttamente, pertanto, il primo giudice ha escluso la deducibilità dall’importo di 350.000,00 Euro della somma di 42.550,00 Euro (pari all’assunto sconto del 42% sui lavori pattuiti il 13/03/’06), così come ha rigettato la domanda di condanna dell'(…) al pagamento dell’importo di 35.148,00 Euro (asseritamente “non scontato”) per i lavori eseguiti sulla pressa 1650/1800, decurtando invece dai 350.000,00 Euro di cui alla transazione il corrispettivo di tali lavori, decurtato di 1/5 per i vizi riscontrati (37.800,00 – 7.560,00 = 30.240,00 Euro), per quanto si esporrà.

6. – Con il terzo motivo di appello si censura la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha accolto la domanda dell’attrice di riduzione del prezzo di cui al contratto n.06/2359 del 13/03/2006 per vizi dell’opera, nonché quella di condanna della (…) al risarcimento del danno.

Come già accennato nel n.1, la sentenza appellata ha ritenuto sussistenti i denunciati difetti dell’intervento di revamping posto in essere dalla (…), recependo le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio ing. (…), secondo le quali non erano state rispettate dall’appaltatrice le regole dell’arte.

I vizi riscontrati sono stati tuttavia considerati dal Tribunale non tali da dare luogo alla risoluzione del contratto, dal momento che gli interventi eseguiti sulla pressa non l’avevano resa inadatta al suo utilizzo, comportando piuttosto l’accoglimento della domanda di riduzione del prezzo dell’opera, equitativamente quantificato in misura pari ad un quinto del corrispettivo in considerazione delle risultanze delle prove testimoniali espletate; in pari misura è stato determinato il danno risarcibile alla (…).

L’appellante sostiene l’erroneità della decisione, in quanto non basata sull’esame dei singoli difetti lamentati dall'(…) in relazione ai quali essa (…) aveva mosso specifiche contestazioni, ma piuttosto sulle modalità procedurali dell’intervento manutentivo; aggiunge che l’asserita riduzione di un quinto della produttività della pressa non risulta dalle deposizioni dei testimoni indicati in sentenza, e che il ctu ed il Tribunale non hanno tenuto conto della documentazione prodotta da essa appellante, né di omissioni e difetti manutentivi dell’impianto imputabili alla stessa committente (…); la (…) giudica inoltre apodittiche e prive di fondamento economico e giuridico la riduzione del prezzo e la quantificazione del risarcimento operate dal primo giudice.

L’appello va respinto, quanto alla operata riduzione del corrispettivo dell’appalto per vizi dell’opera.

Deve evidenziarsi che, come anche recentemente precisato dalla S.C. (v. Cass. 2017/n.19019) in tema di appalto opera il principio, che si conforma a quello fondamentale di cui a Cass. sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, per cui le disposizioni speciali dettate dal legislatore attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell’opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all’art. 1667 c.c., ma non derogano al principio generale che governa l’adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, il quale comporta che l’appaltatore abbia l’onere, allorché il committente assuma la difformità o i vizi dell’opera, di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte (cfr. anche Cass. 2019/n.98, ed in precedenza Cass. 20 gennaio 2010, n. 936; Cass. 13 febbraio 2008, n. 3472).

Competeva dunque all’appaltatrice provare di avere adempiuto integralmente ed in modo diligente alla propria obbligazione, ciò che non è avvenuto nella specie.

Come risulta infatti dalla ctu, -ivi compresi i chiarimenti sollecitati a seguito delle osservazioni dei tecnici di parte- espletata tramite l’ing. (…), incaricato di verificare, sulla scorta delle specifiche doglianze elencate dall’attrice, l’esecuzione a regola d’arte dei lavori di revamping e delle forniture dei materiali e componenti necessari alle presse (ed in particolare alla pressa 1650/1800 già fornita dalla stessa (…), per la quale la conferma di vendita n.06/2539 rev. 2 del 13/03/’06 ha avuto esecuzione):

– il contratto conteneva l’elencazione delle problematiche presenti sulla macchina e l’intervento risolutivo proposto, mediante 8 posizioni di lavoro

– in base ai documenti rispettivamente prodotti dalle parti (allegati alla relazione del ctu ed indicati a pag. 5 della relazione suppletiva depositata il 14/03/2010), i lavori di revamping non erano stati eseguiti secondo un progetto definito, partendo cioè da una raccolta di dati e di parametri idonea ad operare secondo una lista di interventi e priorità, ma i tecnici intervenuti disponevano solo di una sommaria descrizione delle opere da compiere, non era stato possibile acquisire uno schema delle opere realizzate e rapporti di lavoro da cui desumere la tipologia dell’intervento realizzato, le fasi di lavoro ed i materiali utilizzati, né infine vi era un rapporto di collaudo, riportante i valori di corretto funzionamento della macchina e, soprattutto, il suo funzionamento in sicurezza in seguito alle modifiche apportate

– la “regola dell’arte” presuppone che nell’esecuzione delle opere di realizzazione di un nuovo impianto e/o modifiche di un impianto esistente vengano impiegati materiali ed eseguite determinate operazioni seguendo schemi predeterminati ed istruzioni indicate dal costruttore o dal fabbricante: il manifestarsi di vizi dell’opera realizzata è contestabile se non è possibile provare che la stessa sia stata compiuta secondo tali criteri, e nella specie l’attrice lamentava gli stessi problemi che la convenuta aveva indicato nella conferma di vendita e che si sarebbero dovuti risolvere a seguito degli interventi

– con particolare riferimento al malfunzionamento delle pompe del gruppo di pressurizzazione principale (pos. 1 del contratto del 13/03/’06), la (…) aveva rilevato che, non essendo possibile aggiungere una servovalvola, incompatibile con le pompe esistenti, l'(…) avrebbe dovuto sostituire tali pompe a proprie spese (soluzione criticata dal ctu, il quale rimarca che vizi del prodotto non riconducibili a cattivo uso del cliente non dovrebbero risolversi suggerendo allo stesso cliente di sostituire importanti componenti della macchina)

– tali difetti non comportavano il fermo della macchina, ma piuttosto ritardi nel suo funzionamento per i necessari interventi di ripristino da parte del personale addetto alla sua regolazione, giacché, in mancanza di documentazione aggiornata sui nuovi parametri di funzionamento derivanti dalle modifiche apportate, gli operatori della pressa non potevano gestire la macchina in maniera ottimale.

La decisione del Tribunale di disporre la riduzione proporzionale del prezzo in ragione dei vizi della prestazione della (…) è dunque conforme ai criteri di distribuzione dell’onere probatorio sopra richiamati ed alle conclusioni della ctu, secondo il quale non era provato il corretto adempimento da parte dell’appaltatrice, benché gli interventi eseguiti sulla pressa non l’avessero resa del tutto inadatta alla sua destinazione (art. 1668, co. 2, c.c.).

Quanto alla quantificazione della riduzione da operare, il Tribunale ha dato atto della conferma da parte dei testi (…) della presenza dei difetti elencati al punto n. 4 dei capitoli di prova della parte attrice di cui alla memoria depositata l’8/01/2007 (tra i quali la ridotta produttività della pressa e la perdita di pressione della pompa di tenuta).

Non è poi esatto che la sentenza abbia attribuito ai testi la quantificazione della perdita di pressione nella misura di un quinto della capacità della macchina: il primo giudice ha invece esplicitamente dichiarato di ricorrere al criterio equitativo, nella specie applicabile e congruamente utilizzato, giacché la riduzione operata si rivela proporzionata all’entità dei difetti riscontrati, stanti le precisazioni del ctu circa:

a) l’impossibilità della comparazione fra il funzionamento iniziale della macchina e quello risultante dagli interventi eseguiti, che non consentiva di rilevare con precisione i difetti di funzionamento della pressa e misurarne i livelli di produttività alle diverse condizioni di funzionamento, accertamento comunque in sé non agevole in quanto espresso in kg/h di prodotto lavorato, con un range variabile in base al prodotto lavorato;

b) la circostanza che gli importi indicati nel contratto del 13/03/06 fossero riferiti esclusivamente ai ricambi, mentre le altre componenti sarebbero state quantificate separatamente, il che non consentiva l’esatta determinazione della consistenza tecnica ed economica della prestazione.

L’appello è invece fondato, nella parte in cui censura l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno avanzata dall'(…), anch’essa accolta dal Tribunale nella stessa misura di un quinto del valore dell’opera, determinato equitativamente “tenuto conto dell’incidenza dei vizi sul corretto funzionamento della pressa”.

Secondo un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 11602/2002; Cass. Sez. II n. 23461/2004; Cass. Sez. II n. 9033/2006; Cass. civ. Sez. II, n. 19103/2012; Cass. civ. Sez. II, n. 4161/2015) il risarcimento in caso di vizi dell’opera appaltata può essere domandato solo se sussistano danni che non possono essere eliminati tramite le tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall’art. 1668, co.2, c.c., rispetto alle quali esso è un rimedio alternativo ed autonomo, che può normalmente consistere nel ristoro delle spese sopportate dall’appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori.

La motivazione adottata dal Tribunale, indotta dalla carenza di prova di un tale danno (che sarebbe stato onere dell'(…) addurre), si risolve pertanto nella mera ripetizione della ragione giustificatrice della già operata riduzione del corrispettivo.

7. – Con l’ultimo motivo di appello si invoca la riforma della pronuncia di primo grado relativamente al regime delle spese processuali, poste dal Tribunale a carico della odierna appellante in ragione della metà e dichiarate compensate fra le parti in ragione della quota residua, con imposizione per intero degli oneri di ctu a carico della convenuta (…).

Sotto tale profilo, anche a seguito del parziale accoglimento dell’appello in ordine alla domanda risarcitoria si ravvisano validi motivi per confermare il criterio di riparto delle spese adottato dalla pronuncia di primo grado.

Il giudice di appello, infatti, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere anche d’ufficio al regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite; nella valutazione, inoltre, delle proporzioni della soccombenza reciproca e nella determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, c.p.c., non deve essere rispettata un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente, dovendo piuttosto valutarsi il risultato finale del giudizio (v. Cass. civ. Sez. II, 31/01/2014, n. 2149).

Nel caso, la presente decisione ha solo in minima parte mutato la soluzione adottata in primo grado, risultandone ribadito l’accoglimento solo parziale delle domande dell'(…) e l’integrale rigetto di quelle della convenuta; si provvede pertanto in dispositivo, in base al D.M. n. 55 del 2014, alla liquidazione delle spese del presente grado -da accollare alla parte appellante in ragione della metà con compensazione fra le parti della residua metà – in base al valore della controversia, parametri medi per fasi di studio, introduttiva e decisionale.

Ritiene invece la Corte che le spese di ctu, disposta al fine di verificare da un lato il corretto adempimento della convenuta e dall’altro la sussistenza dei danni lamentati dall’attrice, e dunque nell’interesse di entrambe le parti, vadano poste a carico di ciascuna di esse in ragione del 50%, in ulteriore parziale riforma della pronuncia di primo grado.

8. – In applicazione del principio di cui all’art. 336, co.2, c.p.c., stante la parziale riforma della pronuncia di primo grado, va accolta per quanto di ragione la richiesta dell’appellante di restituzione delle somme pagate alla società appellata relativamente alle voci riformate, pari a 7.560,00 Euro (per la condanna al risarcimento) ed a 1.377,95 Euro (per 1/2 del compenso al ctu oltre accessori), cui vanno aggiunti i chiesti interessi dal pagamento del 1/04/2006 al saldo.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Campobasso – Collegio civile,

pronunciando definitivamente sull’appello avverso la sentenza n. 91/2016 emessa dal Tribunale di Isernia in composizione monocratica, proposto dalla (…) spa, in persona del l.r.p.t., con citazione notificata il 26/04/2016, nei confronti della (…) spa, in persona del l.r.p.t., così provvede:

a) dichiara l’appello inammissibile per carenza di interesse quanto al primo motivo;

b) accoglie per quanto di ragione il terzo motivo di appello, e per l’effetto revoca la condanna della (…) spa a versare alla (…) spa l’importo di 7.560,00 Euro a titolo di risarcimento del danno;

c) pone le spese della ctu espletata in primo grado a carico di ciascuna parte al 50%;

d) conferma nel resto la sentenza impugnata;

e) dichiara la (…) spa tenuta a restituire alla (…) spa l’importo di 8.937,95 Euro oltre agli interessi legali dal 1/04/’16 al saldo;

f) pone a carico dell’appellante la metà delle spese sostenute dall’appellata per il presente grado, che liquida per tale quota in 6.780,00 Euro per compensi, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e Cpa come per legge, dichiarando compensate fra le parti la residua metà.

Così deciso in Campobasso il 30 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

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