quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso. In altre parole, se è vero che il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita in funzione di prevenzione dai danni prevedibili a chi con quella entri in contatto  è altrettanto vero che l’imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde anch’essa a criteri di ragionevole probabilità e quindi di causalità adeguata.

Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo: La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade

Tribunale Roma, Sezione 13 civile Sentenza 4 gennaio 2019, n. 129

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA – SEZIONE TREDICESIMA CIVILE

La dott.ssa Annalisa Chiarenza ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di II grado, iscritta al n. 23333 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2016, posta in deliberazione all’udienza di precisazione delle conclusioni del 3.10.2018, vertente

TRA

Roma Capitale, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pa.Gi. e Ro.Mu.

APPELLANTE

E

(…), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pa.Gi. e Ro.Mu.

APPELLANTE

E

(…)

APPELLATO CONTUMACE

NONCHE’

(…) S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Ma.De.

APPELLATA

Oggetto: risarcimento danni.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione in appello ritualmente notificato a (…) ed alla (…) S.r.l., Roma Capitale e (…) hanno interposto gravame avverso la sentenza del Giudice di pace n. 37034 emessa in data 25 settembre 2015 che aveva dichiarato esclusiva responsabile del sinistro occorso al (…) Roma Capitale, con le (…) alla rifusione del danno subito dal (…) incappato con la sua vettura in una buca di notevoli dimensioni, sulla base del solo rapporto delle Autorità intervenute dopo circa 40 minuti dal fatto, senza prendere in considerazione la domanda di manleva svolta nei confronti della (…), condannando in solido Roma Capitale e (…), intervenute ad adiuvandum, al risarcimento del danno subito dal (…).

Facevano presente che l’attore, in primo grado, non aveva svolto alcuna attività istruttoria, e che la decisione era stata emessa solo sulla base del verbale delle Autorità intervenute sul luogo del sinistro che non avevano assistito allo stesso; che vi era sufficiente visibilità; che sussistevano condizioni di traffico normale e, di conseguenza, di certo i luoghi non presentavano alcuna situazione di oggettiva pericolosità; che la buca presente sul manto stradale era di notevoli dimensioni e quindi ancora più evidente; che tra la stessa e la posizione dell’autovettura sussisteva una notevole distanza e non vi erano segni di frenata o di altro tipo.

Lamentavano altresì che il primo Giudice avesse omesso la domanda di garanzia svolta nei confronti della (…) S.r.l., tenuta alla sorveglianza del tratto stradale in questione, e che la condanna era stata emessa a carico di Roma Capitale e delle (…) in solido tra loro sebbene l’intervento delle (…) fosse intervenuto ad adiuvandum e Roma Capitale non ne avesse chiesto alcuna condanna in manleva.

Si è costituita la (…) S.r.l. aderendo al primo motivo di appello e contestando l’addebitabilità di ogni pretesa nei propri confronti.

Acquisito agli atti il fascicolo di I grado, la causa è stata in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Giudice che l’appello debba essere accolto.

Invero, il (…), che ha rinunciato alla prova testimoniale, non ha dimostrato che il danno subito si sia verificato a causa della buca presente sul manto stradale, peraltro di notevoli dimensioni, (30 di larghezza x80 di profondità), in condizioni di sufficiente visibilità e di traffico normale, considerata pure la notevole distanza tra la stessa ed il punto in cui è stata rinvenuta la vettura, che non lasciò tracce di frenata.

Di conseguenza, deve ritenersi che l’attore, adottando un comportamento ordinariamente cauto, avrebbe potuto evitare la caduta (cfr. Cass. 2015/20366; riducendosi così la cosa a mera occasione dell’evento (cfr. Cass. 2016/12895); cfr. Cass. 2015/25594; cfr. anche Cass. 2013/23584).

Infatti, “quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso” (espressamente in tali termini: Cass. 06/05/2015, n. 9009; in precedenza, peraltro, già Cass. 10300/07).

In altre parole, se è vero che il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita in funzione di prevenzione dai danni prevedibili a chi con quella entri in contatto (Cass. 17/10/2013, n. 23584, cit.), è altrettanto vero che l’imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde anch’essa a criteri di ragionevole probabilità e quindi di causalità adeguata.

Tale dovere di cautela corrisponde già alla previsione codicistica della limitazione del risarcimento in ragione di un concorso del proprio fatto colposo e può ricondursi – se non all’ormai non più in auge principio di auto responsabilità – almeno ad un dovere di solidarietà, imposto dall’art. 2 Cost., di adozione di condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per gli altri in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile, in adeguata regolazione della propria condotta in rapporto alle diverse contingenze nelle quali si venga a contatto con la cosa.

In tal senso, del resto, già si è statuito che la responsabilità civile per omissione può scaturire non solo dalla violazione di un preciso obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso, ma anche dalla violazione di regole di comune prudenza, le quali impongano il compimento di una determinata attività a tutela di un diritto altrui: principio affermato sia quando si tratti di valutare se sussista la colpa dell’autore dell’illecito, sia quando si tratti di stabilire se sussista un concorso di colpa della vittima nella produzione del danno, ex art. 1227, comma primo, cod. civ. (Cass. Sez. U. 21/11/2011, n. 24406)”.

In definitiva:

“i principi di diritto da applicare alla fattispecie possono così ricostruirsi:

a) l’art. 2051 cod. civ., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;

b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 cod. civ., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;

c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”;

d) “il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227 cod. civ., primo comma; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.

Anche da ultimo la Cassazione ha ribadito che “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale” (cfr. Cass. 2482 del 2018).

La domanda, pertanto, non poteva essere accolta.

L’accoglimento del primo motivo di appello preclude l’approfondito esame degli ulteriori motivi di gravame.

Le spese del primo grado del giudizio tra il (…), Roma Capitale e le (…) ed (…) seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, in considerazione del valore della causa e ridotte considerato il difetto di attività istruttoria, con distrazione, per la (…), in favore dell’Avv. De., dichiaratosi antistatario.

Le spese del presente grado del giudizio seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo considerato il valore della causa e ridotte in difetto di attività istruttoria, tra le appellanti e (…), mentre possono essere compensate tra le appellanti e la (…), attesa la linea difensiva parzialmente comune.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

– In riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda attorea;

– condanna (…) alla rifusione delle spese di lite di I grado anticipate nei suoi confronti da Roma Capitale, da (…) e da (…) S.r.l., spese che liquida in Euro 265,00 oltre rimb. forf., IVA e CPA come per legge ciascuno, che distrae, quanto alla (…), in favore dell’Avv. Ma.De., dichiaratosi antistatario;

– Condanna (…) alla rifusione delle spese di lite del presente grado del giudizio in favore delle appellanti, che liquida in Euro 91,50 per esborsi ed in Euro 440,00 per onorari, oltre rimb. forf., IVA e CPA come per legge;

– compensa le spese di lite tra le appellanti e la (…) S.r.l.

Così deciso in Roma il 27 dicembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 4 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.