e’ consentita, sia in base all’articolo 2055, sia in base all’articolo 1916 c.c., la precostituzione del titolo nei riguardi dell’obbligato in via di regresso o in surroga, in via preventiva e in previsione dell’esito positivo dell’azione intrapresa dal danneggiato contestualmente all’accertamento del presupposto di responsabilita’; in particolare l’assicuratore, convenuto in giudizio dall’assicurato per il pagamento dell’indennita’ assicurativa, in virtu’ del principio di economia processuale, puo’ agire nella medesima sede a tutela del proprio diritto di surrogazione, anche in difetto del previo pagamento di detta indennita’, chiamando in causa il terzo responsabile (o anche corresponsabile) del danno, al fine di ottenere, nei confronti di questo, una sentenza condizionale di condanna alla rivalsa di quanto sara’ condannato a pagare all’assicurato a titolo di indennita’.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita (c.d. Polizza vita)

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 19 luglio 2018, n. 19320

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13445/2014 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.p.a., gia’ denominata (OMISSIS) s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Comune di Gerenzano, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS) Coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS) Public Limited Company, gia’ (OMISSIS) S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1643/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2018 dal cons. TERRUSI FRANCESCO.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la (OMISSIS) s.r.l. (hinc solo societa’ o (OMISSIS)) ricorre per cassazione avverso la sentenza della corte d’appello di Milano pubblicata in data 16-42013, che ha confermato la statuizione con la quale erano state rigettate: (i) le domande avanzate dalla societa’ contro il comune di Gerenzano, dirette a far valere l’inadempimento di un contratto di appalto per la costruzione di un edificio pubblico multifunzionale e le correlate pretese creditorie, (ii) la domanda di risarcimento dei danni da illecito extracontrattuale avanzata dalla medesima societa’ contro l’arch. (OMISSIS), direttore dei lavori;

invero la sentenza, accogliendo l’appello principale della (OMISSIS) s.p.a., ha inoltre condannato la (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali sostenute dalle parti ulteriormente chiamate in giudizio;

hanno replicato con separati controricorsi il comune di Gerenzano, i professionisti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e le compagnie assicuratrici (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);

gli altri intimati non hanno svolto difese;

hanno depositato memorie la ricorrente e i controricorrenti comune di Gerenzano, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a..

Considerato che:

1. – il ricorso si compone di quattordici motivi, variamente articolati al loro interno;

1.1. – coi primi due motivi la ricorrente denunzia la nullita’ della sentenza per violazione di norme processuali;

segnatamente: (i) col primo mezzo denunzia la violazione del principio del contraddittorio e della parita’ della parti (articolo 111 Cost.), del principio dispositivo (articolo 2697 c.c., e articolo 115 c.p.c.), nonche’ degli articoli 183 e 194 c.p.c., e anche l’insufficiente motivazione della sentenza e la motivazione apparente, perche’ la corte d’appello si sarebbe basata su una c.t.u. a sua volta fondata su documenti progettuali e su una relazione riservata del collaudatore non prodotti in giudizio, non acquisiti in contraddittorio tra le parti e non allegati alla consulenza; (ii) col secondo mezzo denunzia la violazione del principio del contraddittorio (articolo 111 Cost.) e dell’articolo 354 c.p.c., poiche’ il giudice di primo grado si era avvalso dell’articolo 281 sexies c.p.c., ma aveva rinviato la causa concedendo termine per deposito di note conclusive;

si assume che la relativa ordinanza era stata comunicata a (OMISSIS) in periodo feriale (7 settembre), solo nove giorni prima della data di udienza, che l’istanza di concessione di un rinvio per sanare tale situazione non era stata accolta e che la doglianza formulata in appello relativamente a tale procedere era stata a sua volta respinta;

1.2. – i motivi sono manifestamente infondati;

emerge dall’impugnata sentenza che i documenti progettuali esaminati dal c.t.u. erano stati oggetto di specifica istanza di esibizione formulata dalla stessa societa’ (OMISSIS), donde si trattava di documentazione il cui esame l’attrice aveva esplicitamente sollecitato;

su tale punto non v’e’ censura;

e’ dunque corretta la conclusione della corte territoriale – invero assorbente – per cui la parte non aveva titolo a dolersi dell’acquisizione che essa stessa aveva chiesto, ne’ ovviamente della successiva disamina in sede di c.t.u.; quanto alla relazione del collaudatore, sempre la sentenza riferisce – anche in tal caso senza specifica contestazione in punto di fatto – che il c.t.u. aveva operato su esplicita autorizzazione del giudice istruttore, dal medesimo c.t.u. richiesta su sollecitazione dei consulenti di parte allo specifico fine di verificare la fondatezza delle riserve iscritte ancora una volta dall’attrice;

non puo’ dunque sostenersi che il documento sia stato acquisito senza rispettare il contraddittorio;

la corte d’appello ha sottolineato che la relazione cosi’ acquisita era stata infine compiutamente esaminata da tutti i consulenti di parte e che il c.t.u. aveva a sua volta eseguito un supplemento proprio allo scopo di rispondere ai rilievi critici dell’attrice;

secondo un consolidato orientamento, il consulente tecnico d’ ufficio puo’ tener conto di documenti non ritualmente prodotti in causa ove cio’ avvenga col consenso delle parti (v. Cass. n. 12231-02); solo in mancanza del consenso la suddetta attivita’ dell’ausiliare e’ causa di nullita’, la quale peraltro, al pari di ogni altro vizio della consulenza tecnica, ha carattere relativo ed e’ soggetta al regime di cui all’articolo 157 cod. proc. civ., con la conseguenza che il difetto deve ritenersi sanato se non e’ fatto valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione peritale (cfr. Cass. n. 2251-13): in particolare ogni questione di nullita’ della consulenza tecnica d’ufficio, per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, ha carattere relativo e resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito (per tutte Cass. n. 22843-06, Cass. n. 834710, Cass. n. 1744-13);

egualmente infondata e’ la doglianza relativa al termine per le note conclusive nell’ambito dell’articolo 281 sexies c.p.c.;

dallo stesso ricorso si desume che l’ordinanza era stata comunicata in tempo utile per predisporre delle semplici note (il 7 settembre a fronte del termine concesso fino al 16, rispetto all’udienza fissata il 22 successivo);

a ogni modo e’ risolutivo considerare che dalla sentenza d’appello risulta che l’udienza di cui all’articolo 281-sexies era stata infine rinviata al 1 ottobre 2009 proprio a seguito della contestazione sollevata dall’attrice, cosi’ da consentirle il deposito di memorie: difatti a verbale della detta ulteriore udienza la difesa di (OMISSIS) – pag. 16 del ricorso – dice avvenuta la lettura della sentenza;

2. – col terzo motivo la ricorrente censura la sentenza in ragione della reiezione della domanda avente base nelle sollevate riserve nn. 1, 7, 12, 13, 17, 18, 19, 20, 24, 25, 26 e 27;

il motivo si compone di una censura di violazione o falsa applicazione di norme di diritto (punto 3.1.: L. n. 109 del 1994, articolo 16, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articoli 15 e 45) e di tre censure di insufficienza motivazionale (punti 3.2, 3.3, 3.4);

tutte le censure sono inammissibili;

2.1. – la sentenza di merito e’ soggetta all’articolo 360 c.p.c., n. 5, nel testo conseguente al Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. con modificazioni in L. n. 134 del 2012; donde la deduzione del vizio di insufficiente motivazione non e’ piu’ consentita (v. Cass. Sez. U n. 8053-14);

2.2. – l’impugnata sentenza ha stabilito in fatto che l’impresa appaltatrice, sottoscrivendo un verbale di accordo bonario del 15-2-2002, aveva rinunciato a ogni precedente contestazione e accettato la variante progettuale approvata dalla committenza, con determinazione di nuovi prezzi e nuovo termine di fine lavori;

l’accertamento di fatto non e’ in questa sede sindacabile e rende sterile il coacervo di argomenti dalla ricorrente riproposti nel contesto del motivo;

3. – col quarto mezzo si impugna la sentenza in relazione alla riserva n. 33, afferente la disapplicazione delle penali da ritardo in ragione della quale era stata chiesta la rideterminazione delle poste a credito;

in proposito la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 117, il contrasto tra motivazione e risultanze probatoria per omesso esame di documenti prodotti in giudizio e insufficiente motivazione della sentenza, la nullita’ per omissione di pronuncia (articolo 112 c.p.c.);

3.1. – per la prima parte il motivo e’ inammissibile e comunque infondato; e’ inammissibile in ordine ai rilievi formulati con riguardo al fondamento della penale contrattuale, avendo la corte d’appello confermato, con valutazione in fatto, l’imputabilita’ esclusiva del ritardo all’appaltatrice per 196 giorni;

contrariamente a quanto sostenuto dalle parti controricorrenti, l’impugnata sentenza non e’ ratione temporis soggetta al principio di doppia conforme (articolo 348 ter c.p.c., comma 5), che resta applicabile in base alla litispendenza del giudizio d’appello. nella specie instaurato nel 2009; tuttavia il vizio di motivazione e’ dalla ricorrente dedotto in modo generico, senza esplicitazione di veri e propri fatti (storici) non considerati; mentre e’ pacifico che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. nuovamente Cass. Sez. U n. 8053-14);

dinanzi alla ritenuta (e insindacabile) imputabilita’ del ritardo e’ corretto il diniego di disapplicazione della penale;

3.2. – il motivo e’ invece fondato con riguardo all’eccepita omissione di pronuncia;

infatti dalla trascrizione delle conclusioni che si riscontra anche nella parte iniziale della sentenza d’appello emerge che la (OMISSIS) aveva altresi’ sollevato in quella sede la questione relativa all’eccessivita’ della penale, chiedendo di conseguenza la condanna del comune a riaccreditare l’importo di Euro 139.443,66, con accessori;

la domanda di riduzione della penale puo’ essere proposta anche per la prima volta in appello, poiche’ il giudice puo’ provvedervi d’ufficio (v. ex allis Cass. n. 21297-11, Cass. 23273-10);

su tale domanda la corte d’appello ha mancato di pronunciare;

4. – col quinto motivo la ricorrente censura la sentenza nel capo afferente la riserva n. 2, relativa agli oneri di sicurezza;

si denunzia la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 17, e l’insufficiente motivazione della sentenza;

il motivo e’ nel complesso inammissibile poiche’, sotto parvenza di censura in iure, e’ inteso a sindacare la ricostruzione del fatto storico, avendo la sentenza evinto dalla c.t.u. che i pretesi oneri erano gia’ compresi nell’importo contrattuale;

5. – col sesto motivo la ricorrente denunzia la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ la violazione del Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articoli 29 e 30, ovvero del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articoli 33 e 35;

lamenta che la corte d’appello abbia motivato il proprio convincimento rinviando alle norme contrattuali e al contenuto del capitolato speciale d’appalto, quando invece l’applicazione di tali norme non era stata invocata dal comune ma rilevata solo dalla c.t.u.; in ogni caso assume che la sentenza abbia violato le disposizioni suddette in ordine alle prescritte modalita’ e ai termini per l’emissione dei certificati di pagamento dell’acconto e del saldo, e al riguardo denunzia nuovamente un’insufficienza motivazionale e un’omissione di pronuncia;

il motivo e’ inammissibile nella prima parte per difetto di specificita’, non essendo comprensibile a quale statuizione in concreto esso si riferisca;

e’ appena il caso di precisare che sulla questione di diritto non opera il principio dispositivo, essendo compito del giudice stabilire, in base al canone iura novit curia, da quali norme sia presidiata la fattispecie;

l’omissione di pronuncia, dedotta in relazione al conteggio degli interessi, non sussiste, avendo la corte d’appello rigettato la domanda per infondatezza di quel conteggio come evinta dalla c.t.u.;

6. – col settimo motivo la ricorrente censura la sentenza nel capo relativo alle riserve 4, 12 e 28, relativi ai maggiori compensi rispetto ai prezzi contabilizzati dal direttore dei lavori;

si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 136, e l’insufficiente motivazione della sentenza;

il motivo, che si riferisce alle opere in economia, e’ inammissibile perche’ postula un sindacato di fatto: la corte d’appello, nel condividere la tesi del primo giudice secondo la quale la parte avrebbe dovuto, prima di effettuare le opere, concordare “un altro corrispettivo”, ha implicitamente accertato che i prezzi erano stati commisurati al corrispettivo gia’ previamente concordato; l’assunto della ricorrente, per cui l’importo calcolato dalla direzione dei lavori era stato si’ accettato, ma come acconto, e’ del tutto assertivo e suppone un distinto accertamento di fatto non consentito in sede di legittimita’;

7. – sono egualmente inammissibili l’ottavo, il nono, il decimo e l’undicesimo mezzo: l’ottavo riguarda la riserva n. 6, avente a oggetto il pagamento di opere indicate negli ordini di servizio nn. 4 e 5 (ed e’ volto a denunziare la falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articolo 31); il nono riguarda la riserva n. 21, avente a oggetto il pagamento del corrispettivo per lavori contabilizzati parzialmente col Sal n. 9 (e denunzia l’insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza e la falsa applicazione, parimenti, dell’articolo 31 del d.m. n. 145 del 2000); il decimo riguarda la riserva n. 23, relativa al riconoscimento del maggior importo per l’esecuzione di opere in variante (e denunzia l’insufficiente motivazione della sentenza); l’undicesimo riguarda le riserve nn. 22 e 29, relative al prezzo di lavori non previsti nel contratto (e denunzia l’insufficiente motivazione della sentenza e la violazione del principio di imparzialita’ del giudice);

7.1. – l’inammissibilita’ dei motivi deriva dal fatto che in tutti i casi la corte d’appello, condividendo l’identica valutazione del tribunale, evinta da quanto rappresentato dal c.t.u., ha rigettato la pretesa perche’ le riserve suddette erano generiche e rispettivamente riferite (i) a compensi chiesti con unico importo a corpo relativo a differenti categorie di lavorazione, (ii) a lavori non ultimati, (iii) a somme gia’ liquidate in base a contabilizzazione della direzione dei lavori, (iv) a somme per lavorazioni che, seppur definite come varianti, erano in realta’ gia’ previste nel progetto ed erano state compensate a corpo;

le doglianze dei parte ricorrente – tutte sostanzialmente incentrate sulla pretesa esistenza di lacune della c.t.u. (ben vero non specificamente indicate salvo che per la generica affermazione che il convincimento del consulente sarebbe stata basato su mere dichiarazioni del direttore dei lavori) – si infrangono contro l’accertamento di fatto;

l’accertamento di fatto non e’ sindacabile in cassazione neppure sul versante della motivazione della sentenza;

il complesso delle censure contraddice nuovamente, infatti, l’attuale testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, al quale e’ soggetto il ricorso; testo che non consente in nessun caso di veicolare la doglianza sulla motivazione in termini di mera asserita insufficienza dell’argomentazione rinvenuta in sentenza, essendo l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, interpretabile come inteso alla riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione; tanto che – si e’ detto – resta denunciabile in cassazione “solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali”, e tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. Cass. Sez. U n. 8053-14);

8. – e’ invece fondato, da tal punto di vista, il dodicesimo mezzo, col quale la ricorrente censura la sentenza in relazione alla riserva n. 15, relativa al corrispettivo per l’esecuzione di opere di assistenza muraria inerente all’impianto elettrico dell’edificio pluriuso;

vero e’ che nella rubrica si deduce “l’insufficiente e contraddittoria motivazione” della sentenza, ma vi e’ che nel concreto il mezzo e’ volto a rappresentare la radicale incomprensibilita’ di siffatta motivazione; e il motivo e’ fondato poiche’ la corte d’appello ha esaurito la questione considerando che la suddetta riserva n. 15 era stata “accolta dal collaudatore e quindi dovevasi ritenersi superata”;

l’affermazione, nella sua laconicita’, rende incomprensibile il nesso tra l’accertamento e la conseguenza, giacche’ niente e’ dato evincere dal minimale rilievo della corte territoriale circa il fatto se all’accoglimento della riserva sia infine conseguito anche il pagamento del corrispettivo; pagamento che la ricorrente ha negato e della cui prova era onerata la committenza;

9. – col tredicesimo motivo la societa’ censura la decisione nel capo relativo alla domanda di danni proposta direttamente contro il direttore dei lavori arch. (OMISSIS), avente base nell’atteggiamento ostruzionistico e ostile del predetto, cui sarebbero conseguite la ridotta produzione dei lavori e la maggior durata degli stessi rispetto alla produzione media prevista in sede di gara;

la ricorrente lamenta l’omessa motivazione della sentenza, stante l’assunto esplicitato dalla corte del merito a pag. 14, per cui l’appello incidentale di (OMISSIS) doveva essere “integralmente respinto”;

il motivo e’ infondato, poiche’ la motivazione si rinviene nel rilievo preliminare della corte d’appello (pag. 11) secondo cui il ritardo nell’ultimazione dei lavori era dipeso “esclusivamente” dalla responsabilita’ dell’appaltatrice “nell’esecuzione e nell’organizzazione del lavoro”; e cio’ in considerazione delle manchevolezze riconducibili all’omissione della nomina del responsabile di cantiere e all’irregolare andamento dei lavori stessi, motivato dall’alto livello di litigiosita’ conseguente al continuo tentativo di ottenere pagamenti non dovuti;

a fronte di tale specifico rilievo, associato alla considerazione non censurata – per cui dalla c.t.u. non erano emersi ordini di sospensione ascrivibili alla direzione dei lavori per modifiche consistenti e rilevanti, tali da causare ritardi alla base di una perdita produttiva, la ricorrente non ha specificato alcun fatto storico – controverso e decisivo – sul quale la sentenza si sarebbe dovuto invece soffermare;

10. – infine va esaminato il quattordicesimo motivo di ricorso, col quale la societa’ censura il capo della decisione relativo alle spese processuali;

occorre osservare che tale capo e’ stato censurato nei limiti della condanna al pagamento delle spese sostenute dai soggetti chiamati in regresso e in surroga (ex articolo 2055 c.c., comma 2, e articolo 1916 c.c., comma 1) dall’assicuratrice del convenuto (OMISSIS) (la (OMISSIS) s.p.a.);

da questo punto di vista la sorte del motivo non e’ incisa dalla cassazione della sentenza nei sopra detti capi direttamente riferibili al rapporto tra l’attrice e il comune;

10.1. – il motivo e’ infondato;

dalla sentenza si evince che la chiamata era stata occasionata dalla domanda di danni direttamente proposta dall’attrice contro l’arch. (OMISSIS), il quale aveva chiamato in causa la propria assicuratrice (OMISSIS); la (OMISSIS), in relazione alle pretese avanzate contro il proprio assicurato, aveva quindi a sua volta ottenuto di poter chiamare in giudizio gli altri tecnici a vario titolo coinvolti nell’appalto, con la specificazione degli eventuali profili di corresponsabilita’ a ciascuno ascrivibili ove fosse stata ritenuta fondata la domanda verso l’assicurato;

l’impugnata sentenza ha quindi esattamente ritenuto che il diritto di chiamata era stato esercitato nella sussistenza dei presupposti di legge;

10.2 – contrariamente a quanto sostenuto dall’attrice, e’ consentita, sia in base all’articolo 2055, sia in base all’articolo 1916 c.c., la precostituzione del titolo nei riguardi dell’obbligato in via di regresso (per il quale v. Cass. n. 15930-02) o in surroga, in via preventiva e in previsione dell’esito positivo dell’azione intrapresa dal danneggiato contestualmente all’accertamento del presupposto di responsabilita’;

in particolare l’assicuratore, convenuto in giudizio dall’assicurato per il pagamento dell’indennita’ assicurativa, in virtu’ del principio di economia processuale, puo’ agire nella medesima sede a tutela del proprio diritto di surrogazione, anche in difetto del previo pagamento di detta indennita’, chiamando in causa il terzo responsabile (o anche corresponsabile) del danno, al fine di ottenere, nei confronti di questo, una sentenza condizionale di condanna alla rivalsa di quanto sara’ condannato a pagare all’assicurato a titolo di indennita’ (cfr. Cass. n. 13342-04);

correttamente, dunque, l’impugnata sentenza, rigettando la domanda nei confronti dell’arch. (OMISSIS), ha posto a carico dell’attrice le spese processuali sostenuti da tutti i soggetti chiamati in giudizio in relazione a siffatta domanda;

in particolare la corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi di causalita’ e di soccombenza, che postulano che il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto debba essere posto a carico dell’attore, ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate;

il principio vale anche in relazione alle chiamate successive, giacche’ nel rapporto di chiamata il rimborso rimane a carico della parte chiamante solo qualora la sua iniziativa si sia rivelata palesemente arbitraria (v. Cass. n. 10070-17, Cass. n. 8363-10); il che nella specie la corte d’appello ha giustamente escluso;

11. – in conclusione, il ricorso di (OMISSIS) va accolto in relazione ai soli motivi quarto (nella parte specificamente indicata) e dodicesimo, con correlata cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla medesima corte d’appello di Milano, in diversa composizione, per nuovo esame degli afferenti punti;

di contro il ricorso va rigettato con riferimento alle restanti censure;

le cause, involgenti da un lato il rapporto contrattuale d’appalto e dall’altro la responsabilita’ extracontrattuale del direttore dei lavori arch. (OMISSIS) e, di poi, dei soggetti chiamati in sequenza a iniziativa della di lui compagnia assicuratrice, sono tra lo scindibili;

di conseguenza il giudizio relativo all’azione extracontrattuale e a quelle dipendenti di manleva resta definito all’esito del rigetto del ricorso per cassazione nelle corrispondenti parti, con conseguente condanna della (OMISSIS) – soccombente – al pagamento delle spese processuali inerenti;

la corte d’appello provvedera’ invece anche sulle spese del giudizio di cassazione quanto al rapporto ancora sub iudice, tra l’attrice e il comune di Gerenzano.

P.Q.M.

La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il quarto e il dodicesimo motivo di ricorso, rigetta i restanti, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla corte d’appello di Milano anche per le spese del giudizio di cassazione relative al rapporto processuale tra l’attrice e il comune di Gerenzano; condanna la ricorrente alle spese processuali sostenute da tutte le altre parti costituite, liquidando dette spese in Euro 7.200,00 ciascuno (di cui Euro 200,00 per esborsi), quanto ai controricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a., e in Euro 6.200,00 ciascuno (di cui Euro 200,00 per esborsi), quanto ai restanti controricorrenti, oltre per tutti agli accessori e al rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.