con riguardo all’aggravamento del rischio la norma dell’art. 1898 c. c. non esige una rigida ed assoluta immodificabilità della situazione di fatto esistente al tempo della conclusione del contratto di assicurazione, sicché non qualsiasi mutamento sopravvenuto nello stato delle cose obbliga l’assicurato a darne notizia all’assicuratore, ma soltanto quello che sia caratterizzato da una incidenza, sulla gravità e sull’intensità del rischio assicurativo, tale da alterare l’equilibrio tra il rischio stesso ed il premio oltre il limite della normale alea contrattuale; dalla novità della situazione venutasi a creare, nel senso che essa non sia stata prevista e non fosse, quanto meno, prevedibile dalle parti contraenti all’atto della conclusione del contratto; e dalla permanenza, o quanto meno, da una certa stabilità o persistenza della situazione sopravvenuta, restando invece privo di rilevanza ogni mutamento che sia meramente episodico e transitorio.

Tribunale|Latina|Sezione 2|Civile|Sentenza|10 aprile 2020| n. 708

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA

SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Giudice, dott. Gaetano Negro, ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 201078/2012 R.Gen.Aff.Cont. assegnata in decisione all’udienza del 05/11/2019 con la fissazione dei termini previsti dagli artt. 190 e 281quinquies, co. I, c.p.c. l’ultimo dei quali è scaduto il 19.2.2020

TRA

(…), c.f. (…),

(…), c.f. (…),

ENTRAMBI in proprio e quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore (…), c.f. (…), ex lege domiciliati presso l’indirizzo digitale (cd. domicilio telematico) dei difensori avv.ti Sa.Ca. e Ma.Pi. del foro di Roma, giusta procura a margine dell’atto di citazione;

– attori –

e

(…), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Terracina, piazza (…), presso lo studio dell’avv. Fa.Be., rappresentata e difesa dall’Avv. Gu.De. in virtù di procura apposta in calce alla copia notificata della citazione;

– convenuta –

e

(…), c.f. (…), elettivamente domiciliato in Fondi alla via (…) presso lo studio dell’avv. La.Pi., dal quale è rappresentato e difeso per procura apposta in margine alla comparsa di costituzione e risposta,

– convenuto –

e

(…), c.f. (…), elettivamente domiciliata in Fondi alla via (…) presso lo studio dell’avv. La.Pi., dal quale è rappresentata e difesa per procura apposta in margine alla comparsa di costituzione e risposta,

– chiamata in causa –

e

SOCIETA’ (…) COOP. A R.L., in persona del legale rappresentante p.t., P. IVA (…), elettivamente domiciliata in Latina, Via (…), presso l’Avv. Gi.Pe., che la rappresenta e difende, per delega in calce alla copia notificata della citazione,

– chiamata in garanzia –

E

(…) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., P. IVA (…), elettivamente domiciliata in Priverno alla via (…), presso l’avv. An.Ga., come da procura a margine della comparsa di costituzione,

– Chiamata in garanzia –

E

(…) PLC, (…), in persona del legale rappresentante p.t., c.f. (…), ex lege domiciliata presso il domicilio digitale del difensore avv. Gi.Pi., del foro di Roma, giusta procura in atti

– Chiamata in garanzia –

OGGETTO: risarcimento danni da malpractice medica

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, deve darsi atto che la presente sentenza viene estesa senza la concisa esposizione dello “svolgimento del processo” e, dunque, ai sensi delle indicazioni di cui al secondo comma dell’art. 132 c.p.c., come modificato per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 45, comma 17, della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Devono, pertanto, considerarsi integralmente richiamati dalla presente pronuncia, sia gli atti introduttivi e di costituzione delle parti, sia i verbali di causa.

2. (…) e (…), in proprio e nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore (…), hanno convenuto in giudizio il dott. (…) e la (…) di (…) assumendo che addì 18 aprile 2007 la (…), in stato di gravidanza, veniva ricoverata presso il pronto soccorso dell’Ospedale di Gaeta su sollecitazione del dott. (…), medico ginecologo che aveva seguito la gravidanza della donna, in servizio presso l’ospedale stesso.

Deducevano che solo dopo 1 ora e 30 minuti dall’accettazione la donna veniva fatta partorire, nonostante le prescrizioni e gli esami predisposti dal ginecologo.; che alle ore 21,50 veniva alla luce il piccolo (…) in evidente sofferenza, con un peso ponderale di appena 1850 grammi, con indice apgar pari ad 1 al primo minuto, poi salito a sei al quinto minuto; che per tali motivi il neonato veniva posto in incubatrice fino al successivo 12.5.2007, quando veniva dimesso con diagnosi di tetraplegia distonica con assenza di postura eretta e comunicazione verbale.

Sulla base di tali premesse hanno chiesto la condanna delle convenute al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal minore e dai genitori.

Nel costituirsi in giudizio tanto il dott. (…), quanto la (…) di (…) hanno contestato le allegazioni attoree chiedendone il rigetto, deducendo la seconda il difetto di legittimazione passiva per essersi verificata la malpractice durante le visite pre-ospedaliere del ginecologo presso la propria clinica, quindi nell’esercizio di attività libero professionale, ragion per cui evocava in giudizio la dott.ssa (…), quale medico esercente l’attività libero professionale presso la clinica “Nerva Medica” in Formia, alla via (…).

Il (…), nel contestare gli assunti difensivi della (…), deduceva di essere stato autorizzato alla attività intramoenia allargata presso il proprio studio, deduceva il difetto di legittimazione passiva della (…), i quali, costituiti con il medesimo difensore, hanno chiamato in causa i propri assicuratori, rispettivamente (…) e (…) il primo e (…) PLC la seconda, al fine di essere tenute indenni.

Le assicurazioni chiamate in causa hanno, a vario titolo, eccepito la nullità della citazione introduttiva di giudizio e della chiamata in causa, chiedendo, comunque, il rigetto della domanda principale, ed eccependo, in via ulteriormente subordinata, il limite di massimale di polizza. In particolare la (…), società assicuratrice del secondo rischio, sollevava il comportamento scorretto della (…) per aver rinnovato le condizioni di polizza con la (…) in violazione di legge, di fatto esponendo il proprio sanitario a vuoto di tutela e allegando infine la inoperatività della polizza per la mancata comunicazione da parte del proprio assicurato della modifica in pejus del rischio assicurato presso la (…).

3. Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di nullità della citazione di terzo della (…) dovendosi ritenere sufficientemente giustificata, in punto di allegazioni in fatto ed in diritto, la domanda di garanzia in esame; questa è sufficientemente specificata, postulando la copertura assicurativa richiamata e allegando copiosa documentazione assicurativa nel fascicolo di parte ( cfr. all. 3 seguenti).

Si ritiene, pertanto, che, in conformità al disposto di cui all’art. 163 c. 2 n. 3) e 4), è chiaramente contenuta la determinazione della cosa oggetto della domanda ed una esaustiva esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della stessa.

3.2 Del pari deve essere rigettata la deduzione sollevata dalla (…) ex art. 182 c.p.c.. in ordine alla mancata autorizzazione dei genitori attori ad agire nel presente giudizio, senza autorizzazione del giudice tutelare.

Sul punto invero non è stato dedotto che le spese legali del presente giudizio sarebbero state affrontate con il patrimonio personale del minore, di talchè non si vede alcun pericolo di deminutio patrimonii del predetto. In ogni caso in tema di autorizzazione ad agire in giudizio per far valere diritti del minore non è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare per le azioni conservative o tese al miglioramento o all’ampliamento del patrimonio del minore ( cfr. ex multis Cass. civ. 2708/60, Cass. civ. Sezioni Unite 1812/69, Cass. 2869/88). Ed anzi proprio nella fattispecie in esame la giurisprudenza pressochè unanime ha negato l’esigenza di siffatta autorizzazione (cfr. Cass. civ. 1079/74, Cass. 6503/80, Cass. 294/81, Cass. 3977/83, Cass. 59/89.

3.3. Quanto alla dedotta nullità della procura difensiva degli attori nella parte in cui conferiscono al difensore la facoltà di transigere anche nell’interesse del minore, trattasi di eventualità non verificatasi nel giudizio. In ogni caso la mancata autorizzazione del giudice tutelare alle transazioni concretamente stipulate espone l’atto all’annullamento e non anche alla nullità in diritto sostanziale. A ben diverso rilievo si sarebbe pervenuti, invece, se si fosse verificata la cessazione della materia del contendere o la rinuncia alla domanda, in quanto in tal caso la autorizzazione sarebbe stata verificata d’ufficio ex art. 182 c.p.c. predetto.

4. A sostegno della domanda risarcitoria gli attori deducono la riconducibilità causale del danno neuromotorio subito dal minore (…) per effetto dell’operato dei medici del pronto soccorso del nosocomio di Gaeta ed altresì del dott. (…), quale ginecologo che aveva monitorato la gravidanza della attrice.

Tale prospettazione è sufficiente ad inquadrare l’ipotizzata responsabilità entro il paradigma contrattuale.

La responsabilità del sanitario e, ai sensi dell’art. 1228 c.c., della struttura di appartenenza, viene, infatti, ricondotta entro lo schema della responsabilità c.d. da contatto, la quale, pur connotandosi dal punto di vista strutturale alla stregua della responsabilità extracontrattuale – attesa l’insussistenza della pattuizione di precise obbligazioni e l’assunzione di generici obblighi di protezione della persona del paziente – viene unanimemente equiparata, per lo meno quoad effectum, alla responsabilità contrattuale.

In particolare secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità l’accettazione del paziente in ospedale o nella clinica privata, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto (Cass., n. 589/1999; Cass., n. 1698/2006; Cass., n. 9085/2006; Cass., n. 28.5.2004, n. 10297; Cass., 11 marzo 2002, n. 3492; Cass., 14 luglio 2003, n. 11001; Cass., 21 luglio 2003, n. 11316).

Identica natura viene attribuita alla responsabilità del medico operante all’interno della struttura sanitaria in conseguenza del semplice contatto instaurato con il paziente.

La tesi muove dalla premessa per cui le obbligazioni possono sorgere da rapporti contrattuali di fatto, tra cui va annoverato, appunto, il contatto, al quale si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a pericolo in occasione dello stesso.

Tale situazione si riscontra nei confronti dell’operatore di una professione c.d. protetta integrante un servizio di pubblica necessità, che non può svolgersi senza una speciale abilitazione dello Stato, da parte di soggetti di cui il “pubblico è obbligato per legge a valersi” (art. 359 c.p.) e, in particolare, quando la professione abbia ad oggetto beni costituzionalmente garantiti come la salute, tutelata dall’art. 32 Cost.

Rispetto al professionista la coscienza sociale, prima ancora che l’ordinamento giuridico, non si limita a chiedere un non facere e, cioè, il puro rispetto della sfera giuridica di colui che gli si rivolge fidando nella sua professionalità, ma in un facere nel quale si manifesta la perizia che ne deve contrassegnare l’attività in ogni momento.

In altre parole il medico – anche quando non sia legato da alcun rapporto contrattuale di prestazione d’opera professionale nei confronti del paziente – è libero di scegliere se intervenire o meno, ma, se decide di farlo, acquista i diritti ed assume gli obblighi che sarebbero scaturiti dalla conclusione di un ordinario contratto di prestazione d’opera professionale.

4.2. Con riguardo al contenuto delle obbligazioni scaturenti, rispettivamente, in capo alla struttura sanitaria e al medico, si registra in giurisprudenza un nuovo indirizzo che ha superato la tradizionale riconduzione analogica del legame contrattuale tra il paziente e la struttura alle norme in materia di contratto di prestazione d’opera intellettuale vigenti nel rapporto medico-paziente, con il conseguente e riduttivo appiattimento della responsabilità della struttura su quella del medico, da cui derivava, tra l’altro, che il presupposto per l’affermazione della responsabilità contrattuale della prima fosse l’accertamento di un comportamento colposo del sanitario operante al suo interno.

Nel tempo si è, infatti, assistito ad una riconsiderazione del suddetto rapporto in termini autonomi rispetto al rapporto paziente-medico, e riqualificato come un autonomo ed atipico contratto a prestazioni corrispettive (da taluni definito contratto di spedalità, da altri come contratto di assistenza sanitaria) al quale si applicano le regole ordinarie sull’inadempimento fissate dall’art. 1218 c.c..

Da ciò consegue l’apertura a forme di responsabilità autonome dell’ente che prescindono dall’accertamento di una condotta negligente dei singoli operatori e trovano, invece, la propria fonte nell’inadempimento delle obbligazioni direttamente riferibili all’ente medesimo.

Questo percorso interpretativo, anticipato dalla giurisprudenza di merito, ha trovato conferma in una sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte (1.7.2002, n. 9556, seguita poi da altre delle sezioni semplici, Cass. n. 571 del 2005; Cass. n. 1698 del 2006) che si è espressa in favore di una lettura del rapporto tra paziente e struttura che valorizzi la complessità e l’atipicità del legame che si instaura, che va ben oltre la fornitura di prestazioni alberghiere, comprendendo anche la messa a disposizione di personale medico ausiliario, paramedico, l’apprestamento di medicinali e di tutte le attrezzature necessarie anche per eventuali complicazioni.

In virtù del contratto, la struttura deve, quindi, fornire al paziente una prestazione articolata, definita genericamente di assistenza sanitaria, che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi c.d. di protezione ed accessori.

Così ricondotta la responsabilità della struttura ad un autonomo contratto – contratto di spedalità – la sua responsabilità per inadempimento si muove sulle linee tracciate dall’art. 1218 c.c., mentre, per quanto concerne le obbligazioni mediche che essa svolge per il tramite dei medici propri ausiliari, l’individuazione del fondamento di responsabilità dell’ente nell’inadempimento di obblighi propri della struttura consente, quindi, di abbandonare il richiamo, alquanto artificioso, alla disciplina del contratto d’opera professionale e di fondare la responsabilità dell’ente per fatto del dipendente sulla base dell’art. 1228 c.c. (cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 11.1.2008, n. 577).

5. Occorre a questo punto verificare la eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla (…) di (…) per avere il dott. (…) esercitato la sua attività in regime libero professionale.

Sul punto la difesa del (…) e per vero gli stessi attori hanno invece dedotto la attività professionale intramuraria del professionista sanitario. Tale ultima situazione è emersa sin dall’inizio del giudizio, avendo infatti documentato parte attrice la fatturazione delle prestazioni svolte dal (…), seppure nello studio NERVA MEDICA, in favore della (…) di (…) (cfr. all. 47 dell’atto di citazione). Ed inoltre, nel corso del giudizio, su sollecitazione probatoria della chiamata (…), in data 30.5.2018 in ottemperanza all’ordine ex art. 210 c.p.c. del giudice onorario che ha istruito il presente procedimento è stata depositata l’autorizzazione del Direttore S. Aziendale al dott. (…) ad esercitare l’attività intramoenia presso lo studio privato sito in (…) alla via (…).

A tale indirizzo corrisponde il centro NERVA MEDICA dalle missive prodotte dalla difesa attorea ( cfr. all. 51 alla citazione). Sul punto, tuttavia, la difesa della chiamata (…) ha eccepito la mancata sottoscrizione dell’organo autorizzativo. Dall’esame del documento alla voce della sottoscrizione appare un timbro recante la dicitura F.TO senza la sottoscrizione. Cionondimeno la (…) di (…), che sin dall’inizio ha eccepito la estraneità della prestazione oggetto di giudizio alla (…) nulla ha obiettato. Deve pertanto ritenersi provata per mancata specifica contestazione l’intervenuta autorizzazione del (…) a svolgere attività intramoenia, in quanto non contestata dalla (…) che aveva promosso la relativa eccezione.

Quanto al difetto di sottoscrizione eccepito dalla chiamata (…), trattasi di contestazione tardiva in quanto formulata per la prima volta oltre la precisazione delle conclusioni, che come noto determina il momento finale per la deduzione e contestazione delle sopravvenienze fattuali come quella in esame. Lo stesso deve osservarsi con riferimento alla eccepita contestazione in ordine alla limitazione temporanea di tale autorizzazione, peraltro non evidente dall’esame del documento.

IN ogni caso la disciplina della professione sanitaria intramoenia prevede:

D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502

Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. (GU n.305 del 30-12-1992 – Suppl. Ordinario n. 137 )

Art. 15-quinquies (Caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari) 1. Il rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari comporta la totale disponibilità nello svolgimento delle funzioni dirigenziali attribuite dall’azienda, nell’ambito della posizione ricoperta e della competenza professionale posseduta e della disciplina di appartenenza, con impegno orario contrattualmente definito.

OMISSIS

L’azienda disciplina i casi in cui l’assistito può chiedere all’azienda medesima che la prestazione sanitaria sia resa direttamente dal dirigente scelto dall’assistito ed erogata al domicilio dell’assistito medesimo, in relazione alle particolari prestazioni sanitarie richieste o al carattere occasionale o straordinario delle prestazioni stesse o al rapporto fiduciario già esistente fra il medico e l’assistito con riferimento all’attività libero professionale intramuraria già svolta individualmente o in equipe nell’ambito dell’azienda, fuori dell’orario di lavoro.

3. Per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e al fine anche di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa, l’attività libero professionale non può comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i compiti istituzionali. OMISSIS l’attività libero professionale e’ soggetta a verifica da parte di appositi organismi e sono individuate penalizzazioni consistenti anche nella sospensione del diritto all’attività stessa, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente comma o di quelle contrattuali.

Dall’esame di tale disciplina, ratione temporis vigente, e della disciplina di complemento, che non può essere riportata per economia di giudizio, emerge che la attività intramoenia, di solito esercitata presso gli spazi messi a disposizione dell'(…) può essere esercitata presso studi privati previa specifica autorizzazione, all’esito tra l’altro di apposita istruttoria di cui il provvedimento autorizzativo agli atti dà conto.

Nè può costituire ragione contraria il mancato deposito della prova dell’accreditamento degli onorari percepiti per le prestazioni espletate dal (…) nello studio NERVA MEDICA alla (…) di riferimento, in quanto tale lacuna probatoria non è di per sé idonea a scongiurare la prova della riconducibilità di tali prestazioni alla (…) di (…), ma semmai fonte di danno erariale.

Sulla responsabilità della (…) anche per le attività professionali svolte dai medici autorizzati in regime intramurario è sufficiente rammentare che la (…) risponde ai sensi dell’art. 1228 c.c. non solo per i medici dipendenti ma anche di tutti gli eventuali terzi di cui si avvale per l’erogazione delle prestazioni di legge ( cfr. Cass. civ. 1855/89) in considerazione del principio eius commoda et eius incommoda.

6. Inquadrata, sia pure con le differenziazioni appena illustrate, nell’ambito contrattuale la responsabilità tanto della struttura sanitaria che ha autorizzato le prestazioni intramurarie e, per essa, della (…) di (…), quanto del dott. (…) in quanto inserito nella sua struttura organizzativa, occorre passare ad esaminare gli elementi probatori acquisiti.

A tal fine è necessario premettere che il riparto dell’onere probatorio deve seguire, nella materia che ci occupa, i criteri fissati in materia contrattuale, alla luce del principio enunciato in termini generali dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533, in tema di onere della prova dell’inadempimento e dell’inesatto adempimento.

E’ noto come le Sezioni Unite, nel risolvere un contrasto di giurisprudenza tra le sezioni semplici, hanno enunciato il principio secondo cui il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo, costituito dall’avvenuto adempimento.

Analogo principio è stato stabilito con riguardo all’inesatto adempimento, rilevando che al creditore istante è sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento – consistente nella violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero nell’inosservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni – gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento.

Orbene le stesse Sezioni Unite, nella pronuncia n. 577 del 11.1.2008, hanno risolto un contrasto interpretativo insorto tra le sezioni semplici in merito all’applicazione di siffatto principio alla responsabilità medica superando la posizione in forza della quale grava sul paziente danneggiato che agisca in giudizio deducendo l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, oltre alla prova del contratto, anche quella dell’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie, nonché la prova del nesso di causalità tra l’azione o l’omissione del debitore e tale evento dannoso, mentre rimane a carico del debitore l’onere di provare l’esatto adempimento, cioè di aver tenuto un comportamento diligente (Cass. n. 12362/2006; Cass. 11.11.2005, n. 22894; Cass. 28.5.2004, n. 10297; Cass. 3.8.2004, n. 14812).

E’ stata sottoposata a revisione la questione della prova del nesso di causalità, attraverso il superamento delle conclusioni affermate dalle anzidette pronunce in merito alla distribuzione del relativo onere, poiché condizionate implicitamente dalla superata distinzione tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato.

Prestando piena adesione al principio espresso dalla pronunzia n. 13533/2001 delle Sezioni Unite della Suprema Corte, le stesse Sezioni Unite nella sentenza n. 577/2008 hanno ritenuto che l’inadempimento rilevante nell’ambito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni cosiddette di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno.

Ciò comporta che ove l’allegazione del creditore attenga ad un inadempimento, per così dire, qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno, grava, invece, sul debitore l’onere di dimostrare o che tale inadempimento non vi è proprio stato ovvero che, pur esistendo, non è stato in concreto causa del danno.

6.1. Applicando gli anzidetti principi al caso di specie, si rileva innanzitutto come parte attrice abbia ampiamente documentato sia il rapporto terapeutico instaurato con l'(…) convenuta per effetto delle prestazioni intramurarie rese dal (…), sia il danno residuato al minore, alla puerpera e ai familiari conviventi.

In ossequio al proprio onere assertorio gli attori hanno, inoltre, attribuito al medico convenuto una condotta, consistita nel grave ritardo nella diagnosi del pericolo imminente alla salute del feto in gestazione.

Tale condotta risulta astrattamente efficiente alla produzione della lesione concretamente occorsa al minore (…), consistita nella tetraplegia distonica con assenza di postura eretta e comunicazione verbale.

Tanto si apprende dalle spiegazioni fornite sul punto dal c.t.u. attraverso un’accurata descrizione, con ampi richiami alla letteratura medica, dei protocolli e delle linee guida ratione temporis vigenti e delle conseguenze da esse derivanti (cfr. in particolare pagg. 10-27- 43 della c.t.u.).

Ritenendo che gli attori abbiano, così, assolto al proprio onere assertorio e probatorio e che, quindi, possano reputarsi esonerati dalla prova dell’inadempienza del dott. (…) e della concreta efficienza causale di questa rispetto ai danni lamentati, occorre verificare se le convenute abbiano dimostrato: a) che il suddetto inadempimento in concreto non sia sussistito; b) che lo stesso non sia stato nella fattispecie causa del danno (cfr. Cass., sez. un., n. 577/2008 in motivazione).

Con riguardo al primo profilo, risulta incontroverso, oltre che documentato, che il dott. (…) sia incorso già dalla 26 settimana di gravidanza della attrice alla sottovalutazione dell’esito dei dati flussimetrici ed in più omettendo di effettuare esami fondamentali quali la circonferenza addominale. La dovuta e omessa anzi imperita analisi dei dati di crescita del feto emerge chiaramente da quanto annotato dallo stesso sanitario allorquando in occasione del referto ecografico rileva “tale condizione denota una situazione di iniziale centralizzazione del flusso omissis il reperto pertanto merita attenta valutazione clinica” per poi concludere “buona salute fetale con regolare apporto ematico ed adeguata ossigenazione del prodotto del concepimento con sviluppo somatico e funzioni fetali ottimali”.

A tale fondamentale rilievo si aggiunge il controllo successivo ormai tardivo del 21.3.2007 che delinea un peggioramento delle condizioni di salute del feto, accertate solo il 18.4.2007 quando viene disposto il ricovero della puerpera.

6.2 Per quanto concerne, invece, i tempi di risposta del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Gaeta, la relativa allegazione di responsabilità non ha trovato adeguato riscontro causale; sotto tale profilo è infondata la doglianza sollevata dallo stesso (…) e dalla (…) in quanto tra l’accettazione della paziente in pronto soccorso e il parto sono decorsi meno di 90 minuti, inclusi gli esami necessari. Tale tipo di prestazione è stata ritenuta congrua dalla ctu in atti in considerazione della tipologia del reparto di ostetricia presente in quell’ospedale (DEA di primo livello) e delle dotazioni assicurate dalla regione per quel tipo di struttura, ben diverse da quelle a disposizione di strutture più attrezzate come le DEA di secondo o terzo livello. Dalla sottovalutazione degli allarmi evidenziati o evindenziandi dagli esami omessi sono in definitiva derivate le lesioni al piccolo (…).

Quanto alla posizione della dott.ssa (…) non è emersa la prova della diretta corresponsabilità nella causazione del danno. Sul punto sono valutabili dal punto di vista documentale unicamente le fatture emesse dalla predetta attestanti prestazioni di amniocentesi ed ecografia fetale del 20.11.2006 e del febbraio 2007 ( cfr all. 48 della citazione). Trattasi di esami di laboratorio che per data e tipologia non sono in grado di avallare il nesso di causalità postulato dalla (…), in quanto la mera esecuzione di esami preliminari, non accompagnati da attenta valutazione clinica, invece riferibile all’attività del (…), costituisce mero antecedente logico in considerazione del noto principio propter hoc post hoc, come noto inidoneo a sorreggere un valido rapporto di causalità.

Sono pertanto interamente assorbite le questioni assicurative sollevate dalla (…).

Aderendo alle conclusioni cui è pervenuto il c.t.u. in quanto sorrette da adeguata motivazione suffragata tanto dalla documentazione in atti, quanto da esaustiva spiegazione scientifica, e non convincentemente confutata dai rilievi di parte, devono ritenersi sussistenti i presupposti per attribuire al dott. (…) e, ai sensi dell’art. 1228 c.c., alla (…) di (…), la responsabilità per i danni occorsi agli attori. L’elaborato peritale, nella versione integrata ha anche escluso con indagine controfattuale che un eventuale parto eseguito prima dei tempi impiegati dal pronto soccorso dell’ospedale di Gaeta avrebbe comunque scongiurato o diminuito la patologia del neonato proprio perché il danno si è accresciuto progressivamente dalla seconda metà del parto e alcun aggravamento ulteriore è imputabile alla sinergia tra il pronto soccorso e il reparto di ginecologia nosocomiale che eseguì il parto.

6.3. Il c.t.u. ha accertato che al minore è residuata un’invalidità permanente in misura pari al 100%, segnalando come il bambino è totalmente dipendente da terze persone per la normale esplicazione delle funzioni psico-fisiche, a causa dell’assenza di postura eretta e di comunicazione verbale conseguenti alla tetraplegia distonica.

Ha, inoltre, rilevato, che tale danno incide negativamente su qualsiasi attività lavorativa.

Le conclusioni cui è pervenuto il perito sono congruamente motivate e pienamente condivisibili, né risultano inficiate dalle considerazioni medico legali dei consulenti di parte i quali, lungi dall’offrire una motivata spiegazione degli errori tecnici o logici in cui sarebbe incorsa la c.t.u., si sono limitati a contrapporre una propria ricostruzione a quella da quest’ultima illustrata.

In realtà la percentuale di invalidità stabilita dal consulente d’ufficio in misura del 100% non può essere riconosciuta al minore in quanto la stessa è concepibile solo con riferimento alla perdita della capacità di lavoro, ma non è concepibile con riferimento al danno biologico, perché essa equivarrebbe alla soppressione totale delle funzioni vitali e, dunque, alla morte della vittima. Ne deriva che la percentuale di invalidità nella specie ravvisabile è necessariamente pari al 99%.

Correttamente, invece, il consulente ha riconosciuto un’inabilità temporanea assoluta nel periodo di tempo intercorso tra il parto eucitico e il tempo di ricovero di (…).

7. Ciò posto, ai fini della liquidazione del ristoro di tali danni, si ritiene necessario, alla luce delle indicazioni offerte dalla recente pronuncia della Suprema Corte n. 12408 del 7.6.2011, far riferimento alle tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all’integrità psico-fisica e dalla perdita del rapporto parentale elaborate dall’Osservatorio per la Giustizia civile di Milano ed aggiornate al 2018, le quali, facendo applicazione dei principi enunciati dalle sezioni Unite della Suprema Corte nella pronuncia n. 26792 dell’11.11.2008, propongono una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente a lesione permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico legale, sia nei suoi risvolti anatomo funzionali sia relazionali, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di dolore o sofferenza soggettiva, in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione, vale a dire la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di c.d. danno biologico standard, di c.d. personalizzazione per particolari condizioni soggettive del danno biologico, di c.d. danno morale.

Sul punto devono essere rigettate in parte qua le voci di danno evidenziate nella precisazione delle conclusioni degli attori.

Il danno esistenziale, infatti, costituisce componente del danno biologico, afferente alla componente dinamico-relazionale della lesione al diritto alla integrità psicofisica del danneggiato e non può essere valutato autonomamente ma ne costituisce parte integrante.

Riguardo al danno morale, invece, dopo un orientamento giurisprudenziale che ne negava autonoma risarcibilità, di recente se ne è riaffermata la autonoma risarcibilità, da liquidare tuttavia come correttivo personalizzante degli importi risultanti dalle tabelle di Milano.

Priva di autonomia è inoltre la pretesa liquidazione del danno morale riflesso che altro non è che il danno jure proprio subìto dai familiari conviventi per effetto delle gravissime lesioni subìte dal piccolo (…). Tale istituto appare per vero menzionato dalla giurisprudenza quando vigeva il cd. sistema tripolare del danno al fine di giustificare la risarcibilità dei danni non patrimoniali occorsi ai familiari conviventi non direttamente interessati dalla lesione psico-fisica

Sul punto infatti si riteneva: “in tema di risarcimento del danno morale da fatto illecito configurato dalla legge come reato, il ristoro non può infatti essere limitato al solo soggetto passivo, come nella specie hanno invece ritenuto i giudici del merito con decisione che si pone in contrasto con l’affermazione che anche ai prossimi congiunti, ed in particolare ai genitori della vittima di lesioni colpose, spetta detto risarcimento (Cass. 23.4.1998 n. 4186 e 1.12.1999 n. 13358). Tale condivisibile indirizzo è basato sulla nozione di danno riflesso, cui questa Corte è pervenuta sulla base della teoria della causalità adeguata, che è a fondamento del nesso causale configurato dal legislatore, nozione della quale è stata fatta applicazione anche in altre fattispecie (quella, ad es., di cui alla sent. 1.12.1998 n. 12195) (così Cass. civ. 10291/01).

Con l’affermazione del sistema bipolare del danno non patrimoniale invece ne consegue, come sostenuto dalla Corte di Cassazione, che “va per altro verso ribadito che il danno non patrimoniale iure proprio del congiunto (che la ricorrente indica come danno morale riflesso e danno esistenziale), è ristorabile non solo in caso di perdita ma anche di mera lesione del rapporto parentale (cfr., con riferimento al danno morale in favore dei prossimi congiunti della vittima di lesioni colpose, v. Cass., 3/4/2008, n. 8546; Cass., 14/6/2006, n. 13754; Cass., 31/5/2003, n. 8827; Cass., Sez. Un., 1/7/2002, n. 9556; Cass., 1/12/1999, n. 13358 ( CFR. CASS. CIV. 7844/11).

La sofferenza provata per la lesione all’integrità psico fisica del figlio minore pertanto non cagiona un danno riflesso, ma un vero e proprio danno jure proprio e va adeguatamente computata al suo interno.

8. Adesso si pone il delicato problema di valutare il danno biologico autonomamente refertato dalla difesa attorea, al fine di valutarne la separata risarcibilità rispetto al cd. danno parentale usualmente applicato alla fattispecie in esame.

Sul punto occorre brevemente accennare al contenuto del danno parentale, che secondo le statuizioni della Corte di Legittimità sussiste non solo nel caso di morte del congiunto ma anche di lesioni personali non mortali. Afferma sul punto la Corte: “I prossimi congiunti di persona che abbia subìto lesioni personali a causa di fatto illecito costituente reato hanno la possibilità di conseguire il risarcimento del danno non patrimoniale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell’art. 1225 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso, con conseguente legittimazione del congiunto ad agire jure proprio contro il responsabile, ferma restando la necessità di allegazione dell’atto introduttivo e con la liquidazione da effettuare in via equitativa” (così Cass. civ. 26.3.2015 n. 6096).

Secondo la Cassazione, dunque, il danno evocato nella fattispecie in esame va liquidato unitariamente secondo criteri equitativi, tuttavia ricomprendendovi anche il danno morale, da considerarsi separatamente, come componente individuale e non dinamico relazionale del danno in questione ( cfr. Cass. civ. 4.2.2014 n. 2413).

Partendo da tale fondamentale insegnamento ne è derivato che il danno parentale va esaminato sotto un duplice profilo, sia statico-individuale che dinamico-relazionale ( cos’ infatti Cass. civ. sez. III, 28 novembre 2008, n. 28407, Cass. civ. sez. III, 12 dicembre 2008, n. 29191, Cass. civ. n. 479/2009, Cass. civ. 12 settembre 2011, n. 18641, Cass. civ. 16 febbraio 2012, n. 2228, Cass. civ. 20 novembre 12, n. 20292, Cass. civ. 3 novembre 2013, n. 22585, Cass. civ. 22 agosto 2013, n. 19402, Cass. civ. n. 19611/2015, Cass. civ. n. 930/2015, Cass. civ. n. 12594/2015, Cass. civ. 9 giugno 2015, n. 11851, Cass. civ. 20 aprile 2016, n. 7766, Cass. civ. sez. III, sentenza 31 gennaio 2019, n. 2788- vedi da ultimo Cass. civ. 8442/19.

Tutto ciò premesso occorre valutare se è risarcibile il danno biologico nella misura indicata dalla parte attrice, e cioè se devono essere utilizzate le tabelle del danno biologico o quelle del danno parentale.

Sul problema si è soffermata funditus Cass. civ. 9320/15 che ne ha postulato la sommatoria interrogandosi sul problema del divieto di duplicazione del medesimo danno e concludendo che “la nozione di “unitarietà” della liquidazione del danno non patrimoniale vuol dunque dire che lo stesso danno non può essere liquidato due volte sol perché lo si chiami con nomi diversi; ma non vuol certo dire che quando l’illecito produca perdite non patrimoniali eterogenee, la liquidazione dell’una assorba tutte le altre. È l’omogeneità delle perdite concrete derivate dall’illecito che impone la liquidazione unitaria, e non la natura non patrimoniale dell’interesse leso”.

Secondo la prefata decisione quindi il danno parentale e il danno biologico costituiscono danni diversi perché il primo afferente alla lesione della serenità familiare e il secondo alla integrità psicofisica dei singoli componenti del nucleo familiare.

Tale decisione non è condivisibile posto che la lesione subìta dal figlio minore di una famiglia non cagiona solo danni alla integrità psico-fisica del singolo congiunto ma anche danni di natura diversa come il danno consistito nella lesione della serena conduzione della vita familiare, o il danno non patrimoniale alla progressione di carriera professionale individuale, o il danno alla percezione esterna della unità familiare (danno relazionale dell’intera famiglia) e così via una serie indeterminata di danni conseguenza, che presentano dubbi profili di risarcibilità autonoma, secondo il criterio della causalità adeguata cui risponde il danno-conseguenza (cd. danni risarcibili).

Appare pertanto preferibile una valutazione unitaria del danno in esame, in modo da ricomprendervi tutti i profili evidenziati in citazione, trattandosi di credito etero – determinato.

Sul punto la premessa metodologica che ha portato alla redazione delle famose tabelle del Tribunale di Milano prevede, tra i vari punti, la necessità di disancorare il danno biologico riportato dalla vittima primaria, nel nostro caso il piccolo (…), da quello riportato dai genitori, i quali ultimi in definitiva vanno risarciti secondo la forbice risarcitoria prevista dalle tabelle del danno parentale, recante range molto ampio, la cui concreta quantificazione dipende dal peso delle variabili concrete.

Sul punto occorre dire che i “criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita – grave lesione del rapporto parentale – Tabelle aggiornate “Edizione 2018″” del Tribunale di Milano prevedono per ogni genitore un importo variabile da Euro 165.960 a 331.920. A rigore tali importi riguardano l’ipotesi di premorienza del figlio, nel caso di specie non presente, e vanno adattati al caso di specie, sempre in ogni caso escludendo il cumulo del danno biologico dal cd. danno parentale.

Sul punto le numerose testimonianze acquisite nel corso del giudizio hanno, a vario titolo, dimostrato che sono radicalmente cambiate le abitudini di vita degli attori a seguito della nascita del figlio ed altresì che la madre del piccolo ha dovuto rinunciare a importanti progressioni di carriera nell’ambito dell’insegnamento.

E’ stato altresì identificato e quantificato con apposita ctu un disagio psichico vero e proprio della (…) a seguito delle gravissime lesioni procurate al figlio minore.

Tutto ciò premesso, poiché, come si è già evidenziato, è emersa la prova della sofferenza fetale del neonato sin dalla nascita, della sua giovane età, della convivenza prolungata con gli attori e di tutti gli altri fattori rilevanti ai fini della personalizzazione del danno non patrimoniale, occorre quindi procedere alla quantificazione dei danni parentali, nella ampia accezione prima esaminata, secondo gli importi previsti ed elaborati dal Tribunale di Milano, la cui generale applicazione nella versione aggiornata è stata più volte chiarita dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. 33770/19, Cass. n. 10263/2015; Cass. n. 20895/15; Cass. n. 2167/16; Cass. n. 4025/16 ; Cass. n. 8045/16; Cass 9367/16; Cass. n. 9556/16).

Si ritiene equo riconoscere, considerato il gravissimo pregiudizio emerso dagli atti di causa, cui deve aggiungersi la lesione dell’aspettativa genitoriale di entrambi i coniugi ad una vita sana del nascituro:

in favore di (…), padre del piccolo (…), l’importo di Euro 300.000,00 attuali;

in favore di (…) l’importo massimo di Euro 331.920,00 attuali, in considerazione dell’ulteriore danno alla progressione di carriera e del danno psichico individuato dal ctu.

Il danno occorso al minore è invece esclusivamente biologico, nella già vista accezione statico-individuale e dinamico relazionale, e va quantificato secondo le predette tabelle del danno biologico (diverse da quelle finora esaminate).

Spetta pertanto al minore (…) l’importo di Euro 1.510.560,00 in considerazione dello straordinario stravolgimento di tutte le componenti del danno evidenziate.

Tali importi devono essere decurtati della provvisionale già corrisposta, pari ad Euro 700.000,00, per il piccolo (…) ed Euro 108.445,00 per ciascun genitore.

Gli importi finali devono così essere rideterminati:

in favore di (…), l’importo finale di Euro 191.550,00 attuali;

in favore di (…), l’importo finale di Euro 810.560,00 attuali

in favore di (…) l’importo finale di Euro 223.475,00 attuali;

Tale ultima liquidazione risente di una personalizzazione massima anche in considerazione dell’esito della ctu psichiatrica in atti che ha rilevato i seguenti parametri:

danno da macro-permanente pari al 10%, con un importo autonomamente considerato pari ad Euro 23.464 personalizzabile fino ad Euro 34.963. Tale voce di danno tuttavia non può essere cumulata a quella del danno parentale, costituendone parte integrante assorbente.

Sui predetti importi non è dovuta la rivalutazione automatica in quanto crediti di valore liquidata all’attualità. Nulla può essere inoltre riconosciuto a titolo di interessi compensativi.

Quanto al danno da lucro cessante di cui parte attrice chiede ristoro attraverso la richiesta di interessi compensativi, si ritiene, infatti, di aderire all’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, nei debiti di valore, i cosiddetti interessi compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno causato dal ritardato pagamento dell’equivalente monetario attuale della somma dovuta all’epoca dell’evento lesivo.

Tale danno sussiste solo quando, dal confronto comparativo in unità di pezzi monetari tra la somma rivalutata riconosciuta al creditore al momento della liquidazione e quella di cui egli disporrebbe se (in ipotesi tempestivamente soddisfatto) avesse potuto utilizzare l’importo allora dovutogli secondo le forme considerate ordinarie nella comune esperienza ovvero in impieghi più remunerativi, la seconda ipotetica somma sia maggiore della prima, solo in tal caso potendosi ravvisare un danno da ritardo, indennizzabile in vario modo, anche mediante il meccanismo degli interessi, mentre in ogni altro caso il danno va escluso. E’ appena il caso di evidenziare che, come espressamente chiarito dalla Suprema Corte, il giudice è tenuto a motivare il mancato riconoscimento degli interessi compensativi solo quando sia stato espressamente sollecitato mediante l’allegazione della insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo secondo il criterio sopra precisato (Cass., n. 22347/2007; Cass., n. 3355/2010).

9. Venendo al danno patrimoniale presente e futuro, da danno emergente e da lucro cessante, occorre inquadrare metodologicamente l’istituto del danno futuro. Questo è stato inquadrato dalla celebre sentenza FR. (Cass. 30328/02) ed esaminato sotto il profilo del mancato guadagno. Cionondimeno può evidenziarsi che il danno patrimoniale deve essere sorretto dal criterio della causalità adeguata, potendo essere risarciti non solo danni prevedibili ma anche quelli mediati e indiretti, purché rientranti tra le conseguenze normali del fatto illecito ( cfr. Cass. civ. 2009/97, Cass. 6607/86). Sul punto più di recente la Corte di Cassazione ha chiarito che “la rilevante probabilità di conseguenze pregiudizievoli è configurabile come danno futuro immediatamente risarcibile quante volte l’effettiva diminuzione patrimoniale appaia come il naturale sviluppo di fatti concretamente accertati ed inequivocamente sintomatici di quella probabilità, secondo un criterio di normalità fondato sulle circostanze del caso concreto” (Cass. 10072/2010).

Ciò premesso, partendo dai danni già occorsi, sotto il versante del danno emergente, come allegati nel corso del giudizio rispondono al predetto requisito le spese mediche pari ad euro 12.026,40 di cui al punto 5.10 della citazione, non anche le spese relative alle prestazioni svolte dalla (…) per quanto detto prima. Non possono essere risarcite le spese mediche ulteriori rispetto a quelle indicate in citazione siccome effettuate prima del decorso del primo termine ex art. 183 comma 6 n.1 c.p.c. e ivi non dedotte.

Con riferimento alle spese per amminoacidi ( Euro 1080) le nozioni di comune esperienza ne consentono la refusione, mentre il prezzo dell’acquisto della nuova casa, seppure sorretto da validi riscontri testimoniali, può essere riconosciuto nella misura della metà in considerazione del fatto che non è stato sufficientemente escluso che le ragioni di tali acquisto fossero anche solo in parte derivate da altre necessità (ad es. perché la precedente abitazione non rispondeva più alle esigenze familiari dei coniugi a prescindere da (…) oppure perché troppo vecchia o presentante vizi strutturali propri). Si precisa che le deduzioni in ordine a tali questioni per la prima volta in comparsa conclusionale sono tardive, perché rese in violazione dell’art. 183 comma 6 c.p.c..

In ogni caso emerge che la nuova abitazione consta di 11 vani per un nucleo familiare di 3 persone e che seppure il giudice tutelare ne ha autorizzato l’acquisto, ciò riguarda unicamente la convenienza economica per il minore anche in termini di investimento patrimoniale, considerato che il prezzo è stato per lo più attinto dal patrimonio personale del minore stesso. Non appare pertanto rispondente al principio di causalità adeguata condannare il danneggiante alla refusione del prezzo integrale di tale acquisto che pertanto deve essere prudentemente accordato nella misura della metà ( Euro 175.000). Nella stessa misura può essere accordata la refusione delle spese di adeguamento del nuovo immobile alle esigenze di (…), considerata la ampiezza della abitazione ( Euro 10.500).

Nulla può, infine, essere riconosciuto a titolo di interessi compensativi come detto in precedenza, trattandosi di debito di valore, mentre sulle spese affrontate va accordata la rivalutazione automatica.

Quanto alle spese future deve trovare applicazione l’art. 2057 c.c., che nel caso di danni permanenti consente l’applicazione dell’istituto della rendita vitalizia ( cfr. Cass. CIV. 24451/05). Orbene, essendo emerso dagli atti di causa che gli attori hanno speso nel 2011 Euro 4542.50 per prestazioni specialistiche presso il centro Ad. in Slovacchia ed Euro 1464,50 per spese di alloggio, mentre nel 2012 le spese per le prestazioni sono state di euro 8.707,90 ed Euro 439,40 per spese di viaggio, appare congruo assicurare la maggior somma documentata come spesa per il 2012 per ciascuno degli anni avvenire.

Non è stato richiesto il danno patrimoniale da lucro cessante per la perdita della capacità di produrre reddito del piccolo (…), come evidenziata dalla ctu in atti.

Quanto al danno emergente futuro per le spese di assistenza personale del minore i calcoli individuati dalla difesa attorea rispondono in astratto al criterio di causalità adeguata. I parametri base indicati per il costo della retribuzione di 2 assistenti va tuttavia corrisposto sotto forma di rendita vitalizia a favore del minore (…), con indicizzazione automatica, previa rivalutazione all’attualità.

Spetta pertanto a (…) il danno patrimoniale futuro annuo pari ad Euro 9.146,90 per visite e trattamenti specialistici oltre ad Euro 44.688,70 per assistenza domiciliare per un totale di euro 53.835,60 da corrispondersi tramite rendita vitalizia con frequenza annua. L’importo annuo deve inoltre essere indicizzato nel corso del tempo futuro.

In definitiva al piccolo (…) deve essere riconosciuto il complessivo importo di Euro 198.606,40 per danno emergente, ed Euro 53.865,60 annui per spese future. Sul primo importo va riconosciuta la rivalutazione automatica dalla data dell’esborso alla presente decisione, mentre per il secondo occorre aggiungere l’indicizzazione automatica secondo i criteri forniti dall’Istat, trattandosi di emolumento futuro.

10. In definitiva, (…) e la (…) di (…), ex art. 1228 c.c., devono essere condannati, in solido tra loro, alla corresponsione:

– in favore di (…) e (…), nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore (…), dell’importo rispettivamente di Euro 191.550 ed Euro 223.475 a titolo di danno non patrimoniale.

– in favore del minore (…) dell’importo di Euro 810.560,00 per danno non patrimoniale ed, a titolo di danno patrimoniale, Euro 198.606,40 oltre una rendita annua dell’importo di Euro 53.865,60 attuali e successiva indicizzazione automatica.

La compagnia (…) s.p.a. deve essere condannata a tenere indenne il dott. (…) di tutte le somme che dovesse pagare agli attori in esecuzione della presente sentenza.

L’obbligazione indennitaria di (…) s.p.a. andrà, tuttavia, contenuta nei limiti del massimale di polizza, di cui all’art. 20 pari a Euro 3.000.000,00, decurtata della somma già corrisposta ai danneggiati in via transattiva, per un residuo complessivo di Euro 2.083.110.

Da rigettare sono le eccezioni di inoperatività della polizza assicurativa del sanitario dedotte da (…), in quanto la corresponsione volontaria dell’anticipo sulla minor somma richiesta dai danneggiati ha valore contrattuale ex art. 1965 c.c. solo tra la predetta e i danneggiati odierni attori e non anche verso il chiamante in causa dott. (…).

La condotta precedentemente descritta integra la previsione normativa ex art. 1917 comma 2 c.c. e risulta tempestivamente denunciato alla predetta (…) anche il sinistro di causa dal (…) (cfr. all. 5 fascicolo di parte della (…))..

Il sinistro de quo è, inoltre, stato denunciato, anche dalla (…), in costanza di polizza, ragion per cui la chiamata in causa nel predetto giudizio appare corretta anche in relazione alla clausola claims made invocata dalla (…) (cfr. art. 24/A della polizza).

11. Quanto all’operatività della polizza a secondo rischio, invece, occorre precisare quanto segue.

La (…) ha eccepito, tra le altre cose, la mancata denuncia dell’aggravamento del rischio da parte del (…) in considerazione dell’art. 20 della polizza stipulata tra la (…) e la (…). Sostiene, infatti, la chiamata che pur avendo la polizza del primo rischio garantito l’indennizzo relativo ai sinistri avvenuti prima della durata temporale della polizza, purché entro il limite massimo del 2002, cionondimeno il massimale da considerare non è quello della polizza vigente alla data del verificarsi del sinistro ma quello relativo alla denuncia. Sostiene, ancora, che, alla data della stipula della copertura a secondo rischio, la polizza del primo rischio con (…) prevedeva un massimale di Euro 5.200.000 anche per i sinistri verificatisi nel range temporale prima indicato, mentre la nuova polizza a primo rischio oggetto del presente giudizio prevede, invece, un massimale per i sinistri antecedenti, pari a 3.000.000 di Euro.

Deduce che tale variazione costituisce aggravamento del rischio di cui il (…) doveva fare espressa dichiarazione alla (…), in forza della previsione integrativa della polizza a secondo rischio di cui all. 3 del fascicolo della stessa chiamata.

Una eccezione di tal fatta si appalesa fondata in considerazione del fatto che la polizza a secondo rischio reca la data del 5.7.2005 (cfr. doc. 5 del fascicolo del dott. (…)) mentre la polizza a primo rischio n. (…) è stata modificata nel senso indicato dall’eccipiente dalla successiva polizza (…) dal 31.1.2010.

Incombeva pertanto in capo all’assicurato la comunicazione ex art. 1898 c.c.

Sul punto la Suprema Corte ha enunciato, in contrasto con la dottrina prevalente, che “con riguardo all’aggravamento del rischio la norma dell’art. 1898 c. c. non esige una rigida ed assoluta immodificabilità della situazione di fatto esistente al tempo della conclusione del contratto di assicurazione, sicché non qualsiasi mutamento sopravvenuto nello stato delle cose obbliga l’assicurato a darne notizia all’assicuratore, ma soltanto quello che sia caratterizzato da una incidenza, sulla gravità e sull’intensità del rischio assicurativo, tale da alterare l’equilibrio tra il rischio stesso ed il premio oltre il limite della normale alea contrattuale; dalla novità della situazione venutasi a creare, nel senso che essa non sia stata prevista e non fosse, quanto meno, prevedibile dalle parti contraenti all’atto della conclusione del contratto; e dalla permanenza, o quanto meno, da una certa stabilità o persistenza della situazione sopravvenuta, restando invece privo di rilevanza ogni mutamento che sia meramente episodico e transitorio” (Cass. civ. 3563/87)( così anche Cass. civ. 500/00).

Ne consegue la mancata copertura del rischio in esame.

12. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza della (…) di (…) e di (…).

Le spese di chiamata in causa della dott.ssa (…) e della (…) devono invece restare a carico della (…) di (…) in considerazione del difetto di legittimazione passiva della prima, così come metà delle spese di lite sostenute dal (…) per il rigetto dell’eccezione del difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Azienda.

La (…) deve, invece, rifondere le spese di lite del solo chiamante (…), in quanto rispetto a lui soccombente.

La (…) ha diritto alla refusione del 40% delle spese di lite dal chiamante (…) in considerazione del fatto che l’elevato ammontare della causa deve far ritenere non ingiustificata la sua chiamata, considerando inoltre la soccombenza del chiamante per sole questioni preliminari di merito ed altresì considerando il rigetto delle eccezioni di rito svolte nei confronti della difesa degli attori.

Le spese di entrambe le ctu devono essere poste definitivamente a carico solidale delle convenute, in ragione di metà ciascuna, escluse tutte le chiamate in causa.

Le spese di lite tengono conto del valore della causa, della estrema complessità delle questioni trattate, anche in considerazione della quantità e tipologia delle richieste. La commisurazione delle spese legali del (…) e della (…) devono prevedere l’aumento previsto dall’art. 4 comma 2 D.M. n. 55 del 2014, mentre quelle sostenute da (…) devono essere liquidate secondo i valori medi in considerazione del ristretto ambito delle difese svolte (unicamente nei confronti della (…)) e comunque nei limiti quantitativi indicati in nota spese. Le spese di lite degli attori sono liquidate nella misura del 85% per il notevole ridimensionamento delle richieste risarcitorie avanzate.

13. Deve infine darsi atto della applicazione dell’art. 8 comma 4 bis D.Lgs. n. 28 del 2010 per ingiustificata assenza della (…) e del (…) ai vari incontri di mediazione esperiti da parte attrice.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così provvede:

1. condanna la (…) di (…) e (…), in solido tra loro, alla corresponsione: a) in favore di (…) e (…), rispettivamente dell’importo di euro 191.550,00 e di Euro 223.475,00: su tali importi, liquidati all’attualità, vanno aggiunti gli interessi legali dalla data della presente decisione al saldo;

2. condanna la (…) di (…) e (…), in solido tra loro, alla corresponsione di euro 810.560,00 e dell’ulteriore somma pari ad Euro 198.606,40 in favore del minore (…) ma in persona dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale indicati al n.1, dopo la prescritta autorizzazione del giudice tutelare. Ai predetti importi vanno aggiunti gli interessi legali come sub (…) ed altresì la rivalutazione automatica sulla seconda somma, come previsto in motivazione;

3. dispone a favore del minore (…) una rendita vitalizia con corresponsione annuale di euro 53.865,00 da devolvere entro il 2 gennaio di ogni anno, somma alla quale condanna in solido la (…) di (…) e (…), i quali saranno tenuti a versarla in persona dei genitori indicati al punto 1, secondo le modalità indicate dal giudice tutelare che sarà cura dei genitori predetti adire ex art. 320 c.c., fino alla maggiore età del figlio e/o fino alla cessazione della tutela o dell’amministrazione di sostegno dello stesso. Il suddetto importo deve essere indicizzato anno per anno in avvenire;

4. condanna (…) s.c.a.r.l. a tenere indenne (…) di tutte le somme che dovesse pagare agli attori in esecuzione della presente sentenza, sino alla concorrenza di euro 2.083.110,00;

5. dichiara il difetto di legittimazione passiva di (…);

6. condanna le convenute, in solido tra loro, alla rifusione, in favore degli attori, delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 85.000,00 per onorari, oltre spese generali, iva e cpa;

7. condanna in solido la (…) e la (…) di (…) alla refusione delle spese di lite sostenute da (…) e (…), entro il limite di 2/3 per la (…), per l’intero la (…), spese che liquida in complessivi Euro 79.410,50 oltre spese generali, iva e cpa;

8. condanna (…) alla refusione del 40% delle spese di lite in favore di (…) s.p.a., che quantifica in complessivi Euro 32.000,00 oltre spese generali, iva e c.p.a, con compensazione della quota residua;

9. condanna la (…) di (…) alla refusione delle spese di lite sostenute da (…) PLC, che quantifica in complessivi Euro 27.804,00 oltre accessori di legge;

10. pone definitivamente a carico delle convenute, in regime di solidarietà passiva, le spese di entrambe le c.t.u. svolte, con il limite interno di metà ciascuna;

11. condanna ciascuna delle convenute alla corresponsione dell’importo del contributo unificato dovuto per il presente giudizio da versare all’entrata del bilancio dello Stato.

Così deciso in Latina il 6 aprile 2020.

Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.