la clausola contenuta in un contratto di assicurazione, in virtu’ della quale venga prevista la non operativita’ dell’assicurazione della responsabilita’ a determinate condizioni, non impossibili per l’assicurato, non ha carattere ne’ di clausola vessatoria, ne’ di clausola limitativa di responsabilita’ dell’assicuratore, in quanto essa tende solo a delimitare l’oggetto della garanzia prestata, nonche’ i precisi termini dell’obbligazione assunta dall’assicuratore; delimitazione che – in quanto tale – non e’ percio’ soggetta – a fini di validita’ – ad approvazione per iscritto. In linea generale, per clausole limitative della responsabilita’ si intendono quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto le clausole che riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita (c.d. Polizza vita)

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24562

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5303-2017 proposto da:

(OMISSIS) SAS in persona socio accomandatario e legale rappresentante in carica, Prof. (OMISSIS), considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO MANCO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA;

– intimate –

Nonche’ da:

(OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, in persona dei propri rappresentanti legali, elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende giuste procure in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

(OMISSIS) SAS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 786/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 23/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO IN FATTO

1. Con ricorso notificato il 10 febbraio 2017, affidato a quattro motivi, (OMISSIS) S.a.S. (OMISSIS) chiede la cassazione della sentenza numero 786/2016 emessa dalla Corte d’appello di Lecce, depositata il 23 agosto 2016 (corretta dell’errore materiale con ordinanza del 14/12/2016). La societa’ (OMISSIS) S.p.A. e la societa’ (OMISSIS) S.p.A. (in qualita’ di coassicuratrici), intimate dal ricorrente, partecipano al giudizio con controricorso e svolgono a loro volta ricorso incidentale, notificato per via telematica il 21/3/2017, affidato a due motivi.

2. La Corte d’appello, in accoglimento del primo motivo di impugnazione dedotto dalle compagnie assicuratrici avverso la sentenza di primo grado del tribunale di Lecce, adita dalla societa’ assicurata, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda di indennizzo della societa’ assicurata, chiesto con rito monitorio dopo l’esperimento di una perizia contrattuale, ritenendo che la clausola n. 13 delle condizioni generali del contratto di assicurazione, nella parte in cui prevede la corresponsione dell’indennizzo degli stampi industriali “soltanto dopo che le cose distrutte o danneggiate saranno riparate o ricostruite”, non ponesse in essere una condizione impossibile a carico dell’assicurato, bensi’ una decadenza “di fatto” che si e’ verificata, ex articolo 2965 c.c., per fatto imputabile all’assicurato. Inoltre, in rigetto di altro motivo di appello delle societa’ assicuratrici, la Corte di merito riteneva che la perizia contrattuale compiuta dal collegio peritale fosse valida in quanto conforme all’incarico dato dalle societa’ assicuratrici che hanno dato mandato ai periti di valutare i beni danneggiati in base alla clausola n. 20 del contratto che prevede “la valutazione a nuovo dei macchinari, attrezzature, arredamento”, e non secondo la clausola n. 13 che prevede specificamente “la valutazione degli stampi al costo di riparazione di ricostruzione, in relazione allo stato, uso e utilizzabilita’ delle cose medesime” ritenendo che per la valutazione di detti beni strumentali, nel dubbio sull’interpretazione da darsi alle clausole tra loro connesse, prevalga l’interpretazione a favore del contraente ex articolo 1370 c.c.. L’impugnazione in cassazione coinvolge tutti i punti della sentenza sopra indicati.

RITENUTO IN DIRITTO

1. RICORSO PRINCIPALE. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1354 e 1419 c.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 3, in quanto la condizione sospensiva apposta nella clausola n. 13 in questione deve ritenersi illecita ovvero impossibile. L’assunto del ricorrente e’ che la clausola pospone la corresponsione dell’indennizzo all’attuazione della riparazione delle cose oggetto dell’assicurazione e, cosi’ operando, snatura l’elemento strutturale della negoziazione svilendo il nesso di corrispettivita’ tra le contrapposte prestazioni, posto che la condizione va a gravare sull’assicurato e sul rischio d’impresa oggetto di copertura assicurativa che lo stesso contratto avrebbe dovuto trasferire in capo all’assicuratore, ponendo all’assicurato un onere di preventivo esborso di un’ ingente somma necessaria per la prosecuzione dell’attivita’ aziendale, con inevitabili conseguenze sulla stessa solvibilita’ della societa’, data l’entita’ delle poste monetarie in gioco. La Corte territoriale avrebbe dovuto pertanto ritenere nulla la clausola, escludendo che gli effetti di tale clausola si potessero ripercuotere sull’intero contratto, in quanto si tratta di una clausola che non si riferisce a un elemento essenziale del contratto e non e’ in rapporto inscindibile con le altre pattuizioni.

1.1. Il motivo e’ inammissibile e infondato per quanto di ragione. 1.2. Giova richiamare che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo ritenuto che la clausola contenuta in un contratto di assicurazione, in virtu’ della quale venga prevista la non operativita’ dell’assicurazione della responsabilita’ a determinate condizioni, non impossibili per l’assicurato, non ha carattere ne’ di clausola vessatoria, ne’ di clausola limitativa di responsabilita’ dell’assicuratore, in quanto essa tende solo a delimitare l’oggetto della garanzia prestata, nonche’ i precisi termini dell’obbligazione assunta dall’assicuratore; delimitazione che – in quanto tale – non e’ percio’ soggetta – a fini di validita’ – ad approvazione per iscritto. In linea generale, per clausole limitative della responsabilita’ si intendono quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto le clausole che riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9140 del 06/05/2016; Cass. civ. 7 agosto 2014, n. 17783; Cass. civ. 7 aprile 2010, n. 8235; Cass. civ. 10 novembre 2009, n. 23741).

1.3. In siffatta prospettiva si predica che si ha delimitazione dell’oggetto quando la clausola negoziale ha lo scopo di stabilire gli obblighi concretamente assunti dalle parti, laddove e’ delimitativa della responsabilita’ quella che ha l’effetto di escludere una responsabilita’ che, rientrando, in tesi, nell’oggetto del contratto, sarebbe altrimenti insorta. In quest’ultimo caso, la clausola puo’ essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero – ove applicabile la disciplina del Decreto Legislativo n. 206 del 2005 – per il fatto di determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e obblighi contrattuali. La relativa valutazione va effettuata dal giudice di merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ quando congruamente motivata (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9140 del 06/05/2016, in relazione alla clausola claims made).

1.4. Orbene, la tesi dell’apposizione di una condizione che, se non realizzata, faccia venir meno la pretesa contrattuale, dal giudice del merito e’ stata ritenuta non delimitativa della responsabilita’, in quanto riferita a un diritto di indennizzo, derivante da un contratto di assicurazione contro il rischio di incendio, ove l’onere di preventivo esborso a carico dell’assicurato non ha snaturato il rischio oggetto dell’assicurazione, ma ha limitato l’oggetto della prestazione al rimborso delle spese di riparazione di stampi industriali di cui non e’ stata neanche dimostrata la obiettiva irrealizzabilita’.

1.5. La clausola, che sul piano formale e’ risultata essere specificamente sottoscritta, e’ stata ritenuta meritevole di tutela perche’ non impone una delimitazione di responsabilita’ sull’assicuratore, ma pone una condizione lecita e possibile, delimitante l’ oggetto della prestazione assicurativa, che e’ stata preventivamente accettata dall’assicurato e, pertanto, non e’ in grado di snaturare la ripartizione del rischio di incendio indicato nel contratto di assicurazione. Pertanto, anche volendo valutare l’interpretazione data sotto lo spettro di un’interpretazione complessiva che attribuisce a ciascuna clausola il senso che risulta dal complesso dell’atto (1363 c.c.), e che comunque assicura un’interpretazione a favore del contraente piu’ debole (articolo 1370 c.c.), e’ il caso di sottolineare che l’indennizzo che “verra’ corrisposto dalla societa’ soltanto dopo che le cose distrutte o danneggiate saranno state riparate” dalla Corte di merito e’ stato ritenuto essere frutto di un bilanciamento di interessi preventivamente valutati al tempo della stipula del contratto, e cio’ al fine di determinare il premio assicurativo corrispondente al rischio assicurato. La pattuizione, pertanto, nell’economia del contratto di assicurazione, e’ stata intesa nel senso di circoscrivere l’adempimento della prestazione all’esborso, per sua natura non inesigibile, che l’assicurato deve affrontare per la riparazione.

1.6. Un giudizio di tal tenore, pertanto, appare del tutto congruente con i criteri indicati da questa Corte di legittimita’ per scrutinare la validita’ delle condizioni apposte nel contratto di assicurazione. Esso, dunque, e’ incensurabile in tale sede.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1341 e 2965 c.c. nella parte in cui la Corte di merito, dopo avere rilevato che si trattava di una clausola vessatoria valida, in quanto specificamente sottoscritta dalla parte, ha rilevato che si fosse verificata una “decadenza” dal diritto dell’assicurato di ricevere il pagamento per mancato avveramento della condizione sospensiva per fatto a lui imputabile, senza avere considerato la nullita’ del patto con cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l’esercizio del diritto, ex articolo 2965 c.c..

2.1. Il motivo e’ infondato alla luce di quanto sopra riferito in merito al corretto inquadramento giuridico da darsi alla fattispecie in esame. Il contratto di assicurazione infatti consente di apporre condizioni al diritto di indennizzo, potendo la prestazione assicurativa dipendere da una “condizione di avveramento”, ove giudicata meritevole di tutela dalla Corte di merito.

2.2. Per quanto riguarda il carattere vessatorio o meno di detta clausola che impone una decadenza contrattuale, la censura e’ inammissibile per le ragioni di seguito espresse con riferimento al terzo motivo.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 1341 e 1342 c.c. e ex articolo 360 c.p.c., n. 3.

3.1. Il motivo e’ inammissibile.

3.2. La ricorrente svolge considerazioni in ordine alla nullita’ della clausola, da considerarsi vessatoria nella parte in cui nei fatti ha comportato una decadenza contrattuale a carico dell’assicurato, ai sensi dell’articolo 2965 c.c., muovendo da un presupposto di fatto, vale a dire che la clausola n. 13 non sia stata specificamente sottoscritta. Il giudice di merito, nell’ambito della sua attivita’ di valutazione del fatto, ha rilevato che la clausola in questione e’ stata specificamente approvata per iscritto, ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c. e, dunque, la censura in ordine alla nullita’ della clausola vessatoria per carenza del requisito formale di specifica sottoscrizione non si pone in linea con quanto affermato dalla Corte di merito.

3.3. Inoltre, il motivo, con riferimento a quest’ultimo punto, manca di specificita’ e autosufficienza perche’ l’atto de quo non e’ stato allegato al ricorso, con indicazione della fonte di provenienza, in modo da rendere possibile un suo esame diretto ex articolo 366 c.p.c., n. 6 e pertanto tale omissione rende impossibile ogni ulteriore valutazione in sede di giudizio di legittimita’ (v. Cass.S.U. n. 24282/2014).

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia omessa pronuncia su fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in relazione al “patto aggiunto” che riguarda l’aumento del premio in considerazione del valore degli stampi in questione, non specificamente sottoscritto, allegato all’appendice della polizza.

4.1. Il motivo e’ inammissibile. Anche in tal caso manca ogni allegazione idonea a far ritenere integrato il requisito di autosufficienza dei requisiti ex articolo 366 c.p.c., n. 6, per potere scrutinare se vi sia stata una siffatta omissione, data la mancata produzione in allegato del documento, come sopra riferito al punto 3.

5. Conclusivamente il ricorso va rigettato per quanto di ragione.

6. RICORSO INCIDENTALE. Le controricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli articoli 1905, 1908 e 1362 c.c. in quanto gli stampi, che erano assicurati con un indennizzo commisurato al solo costo di riparazione o di ricostruzione, ridotto in relazione allo stato d’uso ed utilizzabilita’, sono stati valutati come “macchinari e attrezzature” la cui perdita era da valutare “al nuovo”, senza considerare che l’articolo 13 costituisce una deroga sia in relazione ai beni oggetto di assicurazione che in relazione ai criteri per la valutazione del danno, essendo beni soggetti a obsolescenza tecnica e a variazioni di mercato. In tal modo censurano il ragionamento del giudice di merito che ha ritenuto valida la perizia contrattuale che, invece, si sarebbe discostata dal contenuto del contratto. Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali deducono l’omesso esame di una circostanza ex articolo 360 c.p.c., n. 5, rilevabile nel fatto che se nel mandato assegnato congiuntamente ai periti era stato richiamato l’articolo 20 delle condizioni generali del contratto, questo non significava che le parti avessero inteso derogare agli altri criteri di indennizzo, come ha inteso la corte d’appello.

6.1. L’impugnazione posta in siffatti termini e senza subordinazione dell’esame all’esito del ricorso principale, e’ inammissibile. La “ratio” della disciplina del ricorso incidentale subordinato e’ di consentire alla parte, che avrebbe di per se’ accettato la decisione, di contrastare l’iniziativa della controparte, ove la stessa rimetta in discussione l’assetto degli interessi derivante dalla pronuncia impugnata (v. da ultimo, Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 13651 del 30/05/2018).

6.2. La censura riguarda un capo della decisione della Corte d’appello su cui la parte ha perduto ogni interesse concreto a ottenere una decisione, in ragione dell’accoglimento della tesi principale dell’intervenuta decadenza del diritto all’indennizzo da parte dell’assicurato. Non vi e’ ragione, pertanto, di mettere in discussione la validita’ di una perizia contrattuale non piu’ utile a regolare il rapporto contrattuale che e’ venuto meno per altra causa. Il ricorso incidentale, pertanto, per come e’ stato proposto, risulta preliminarmente inammissibile in quanto non sorretto da un interesse concreto a ottenere, del tutto autonomamente dall’esito dell’impugnazione principale, una decisione della Corte di legittimita’, su una questione che era passibile di rimanere assorbita dal rigetto del ricorso principale, ex articolo 100 c.p.c..

7. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale, compensando le spese tra le parti reciprocamente soccombenti. Conseguentemente, condanna entrambe le parti al versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

1. Rigetta il ricorso principale;

2. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

3. Compensa le spese tra le parti;

4. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.