La nullita’ comminata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 46, e dalla L. n. 47 del 1985, articoli 17 e 40, va ricondotta nell’ambito dell’articolo 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullita’ “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullita’ che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite civile Sentenza 22 marzo 2019, n. 8230

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sezione

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di Sezione

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6932/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3253/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/09/2013;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/01/2019 dal Consigliere MARIA GIOVANNA SAMBITO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale;

uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per delega degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato nelle date 27.7.2005 e 9.9.2005, (OMISSIS), premettendo che:

– con atto in Notar (OMISSIS) del 23.10.2001, aveva acquistato due distinti appezzamenti di terreno, intestandone fittiziamente la nuda proprieta’ alla moglie (OMISSIS) e l’usufrutto alla suocera (OMISSIS), ed aveva, poi, curato la ristrutturazione totale del fatiscente fabbricato rurale insistente su uno di detti fondi, sostenendo, da solo, l’intera spesa;

– andato in crisi il matrimonio ed in pendenza di giudizio di separazione personale, aveva agito nei confronti della (OMISSIS) e della (OMISSIS) per ottenere, tra l’altro, la declaratoria della simulazione dei suddetti acquisti, ed aveva appreso, in sede di trascrizione di tale domanda, che le convenute avevano venduto i predetti immobili a (OMISSIS) e (OMISSIS), per atto in notar (OMISSIS) dell’1.6.2005;

conveniva in giudizio innanzi davanti al Tribunale di Nola venditrici, compratori e notaio rogante per sentir dichiarare che l’atto di compravendita dell’1.6.2005 era nullo, perche’ il fabbricato ceduto era stato interessato da vari e consistenti lavori, non regolarmente assentiti, ovvero inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., in quanto compiuto in pregiudizio delle sue ragioni creditorie.

Il Tribunale adito rigettava ogni domanda e la decisione veniva integralmente confermata, con sentenza n. 3253 del 2013, dalla Corte di appello di Napoli, che, ribadita l’infondatezza dell’azione revocatoria, escludeva, per quanto ancora interessa, la dedotta nullita’ del contratto impugnato, nonostante la difformita’ del fabbricato rispetto al progetto assentito, e cio’ in quanto gli estremi della concessione edilizia risultavano menzionati nel contratto stesso, avendo ivi le venditrici reso le dichiarazioni previste dalla L. n. 47 del 1985, articoli 17 e 40.

Tali articoli, rilevava la Corte distrettuale, non riguardavano, infatti, la regolarita’ urbanistica sostanziale dell’immobile dedotto in contratto (ossia l’effettiva conformita’ dell’opera edilizia allo strumento concessorio menzionato nell’atto di trasferimento), ma sanzionavano la sola violazione dell’obbligo, di natura meramente formale, di indicare nel contratto gli estremi della concessione o della domanda di sanatoria, al fine di disincentivare l’abusivismo e di tutelare l’affidamento della parte acquirente.

Per la cassazione di tale sentenza, (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di due motivi, con cui ha dedotto la violazione di legge (L. n. 47 del 1985, articoli 17 e 40) ed il vizio di omesso esame del fatto decisivo per il giudizio. relativo all’abusivita’ degli immobili oggetto del contratto di compravendita.

Il notaio (OMISSIS) ed coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) hanno resistito con controricorso, gli ultimi due proponendo, a loro volta, ricorso incidentale con tre motivi concernenti, rispettivamente, l’omessa pronuncia sul motivo dell’appello incidentale con cui avevano dedotto la carenza di interesse ad agire dell’ (OMISSIS), che non aveva dimostrato la pendenza o l’esito della lite relativa alla domanda di simulazione dell’atto di acquisto delle loro danti causa, o, nel caso in cui si fosse ritenuta implicita una statuizione di rigetto di tale motivo, la violazione di legge (articoli 81 e 100 c.p.c., e articolo 1421 c.c.) e l’omesso esame di un fatto decisivo.

(OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno spiegato attivita’ difensiva in questa sede. All’esito della discussione avvenuta alla pubblica udienza del 9.1.18, in vista della quale il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa, la Seconda Sezione di questa Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria, con la quale, dopo aver rilevato che il ricorso incidentale era stato espressamente qualificato condizionato, sicche’ i relativi motivi, pur attenendo a questione preliminare di rito dovevano essere esaminati all’esito dell’accoglimento del ricorso principale, anche perche’ riguardavano una questione implicitamente decisa col rigetto nel merito, ha ravvisato un contrasto nella giurisprudenza della Sezione in relazione alla natura formale (in quanto derivante dalla mera assenza nel contratto delle dichiarazioni del venditore) o sostanziale (in quanto riferita alla difformita’ tra bene venduto e progetto assentito) della comminata nullita’, ed ha disposto trasmettersi gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite civili, auspicando, anche, un chiarimento sulla portata della nozione di irregolarita’ urbanistica, e sulla possibilita’ di applicare, in tema di validita’ degli atti traslativi, la distinzione – elaborata in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre – tra variazione essenziale e variazione non essenziale dell’immobile dedotto in contratto rispetto al progetto approvato dall’autorita’ amministrativa.

Il PG ha depositato requisitoria scritta. Il ricorrente ed il Notaio (OMISSIS) hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il contrasto nella giurisprudenza della seconda Sezione di questa Corte, che queste Sezioni Unite sono chiamate a dirimere, riguarda l’interpretazione della sanzione di nullita’ prevista dala L. n. 47 del 1985, articoli 17 e 40, e articolo 46 del TU n. 380 del 2001 entrato in vigore il 30.6.2003 (l’originaria data del 30.6.2001, disposta dall’articolo 138 del TU, e’ stata prorogata di un anno dal Decreto Legge n. 411 del 2001, articolo 5 bis, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 463 del 2001, e di un ulteriore anno dal Decreto Legge n. 122 del 2002, articolo 2, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 185 del 2002). Va precisato che il caso in esame e’ disciplinato dall’articolo 46 del TU del 2001, dato che la nullita’ riguarda, in tesi, la vendita immobiliare in data 1.6.2005, ai rogiti (OMISSIS), da potere di (OMISSIS) e di (OMISSIS), per i rispettivi diritti, in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS); mentre l’abuso edilizio, che il ricorrente afferma aver compiuto nei beni oggetto di tale negozio, ricade nella disciplina della L. n. 47 del 1985, essendo intervenuto dopo l’acquisto, asseritamente simulato, delle venditrici avvenuto il 23.10.2001 ed a seguito della concessione edilizia n. 98 del 17.12.2001, titolo che, com’e’ incontroverso, e’ stato menzionato nell’atto impugnato.

Per il resto, la precisazione e’ priva di rilevanza, come pure sottolinea il PG, trattandosi di disposizioni sostanzialmente analoghe.

2. La disciplina urbanistica.

2.1. La questione sottoposta impone, per le sue sfaccettature, di premettere sinteticamente quanto segue. L’esercizio dello jus aedificandi, pur atteggiandosi come una concreta e peculiare manifestazione del diritto di proprieta’ fondiaria, soggiace all’osservanza di molteplici limitazioni e prescrizioni connesse a determinazioni della pubblica autorita’, previste gia’ in nuce nella L. n. 2359 del 1865, articoli 86 – 92, e poi codificate, in via generale, dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150 – legge urbanistica – che, all’articolo 31, ha, appunto, imposto di richiedere apposita licenza per l’esecuzione di nuove costruzioni, l’ampliamento di quelle esistenti, la modifica di struttura o dell’aspetto dei centri abitati ed in presenza di piano regolatore comunale, anche nelle zone di espansione.

2.2. La L. 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. legge Ponte) articolo 10, nel sostituire il menzionato articolo 31 della Legge Urbanistica, ha esteso l’obbligo della licenza edilizia a tutto il territorio comunale (nel centro abitato e fuori).

2.3. La successiva L. 28 gennaio 1977, n. 10 (c.d. legge Bucalossi) ha posto il principio secondo cui ogni attivita’ comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la relativa esecuzione e’ subordinata a concessione da parte del sindaco (articolo 1).

La sostituzione della licenza con la concessione edilizia (cfr. articolo 21) non ha, peraltro, comportato modifiche sostanziali dal punto di vista giuridico, in quanto la nuova concessione a edificare non ha attribuito nuovi diritti, ma ha svolto una funzione sostanzialmente analoga all’antica licenza: accertare la ricorrenza delle condizioni previste dall’ordinamento per l’esercizio dello jus aedificandi (cfr. Corte Cost. n. 5 del 1980).

2.4. Col testo unico dell’edilizia di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono stati definiti i tipi d’intervento edilizio (articolo 3), e’ stato previsto uno specifico titolo abilitativo per ciascuna tipologia di intervento, ed individuati casi di attivita’ completamente libere. In particolare, la concessione e’ stata sostituita dal permesso di costruire (articolo 10), sono stati indicati gli interventi realizzabili mediante la segnalazione certificata di inizio di attivita’ (gia’ denuncia di inizio attivita’) (articolo 22) anche in sostituzione del permesso (articolo 23, quale modificato dal Decreto Legislativo n. 222 del 2016, articolo 3, comma 1 lettera g)), sono stati codificati i lavori che si reputano eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformita’ o con variazioni essenziali (articolo 31), enunciate le condizioni in presenza delle quali ricorre “l’essenzialita’” della variazione al progetto approvato, che deve essere stabilita dalle Regioni (articolo 32).

3. La comminatoria della nullita’.

3.1. L’inosservanza dei precetti posti dalla normativa urbanistica, da sempre variamente sanzionata sotto un profilo amministrativo, con la distruzione, o la sospensione dei lavori, o la demolizione del manufatto contrario al PRG o al titolo abilitativo o con l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale (L. n. 2359 del 1865, articolo 90; articolo 26 Legge Urbanistica; L. n. 765 del 1967, articolo 6; L. n. 10 del 1977, articolo 15; L. n. 47 del 1985, articolo 7, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 40) e penale, con fattispecie contravvenzionali (articolo 41 Legge Urbanistica; L. n. 765 del 1967, articolo 13; L. n. 10 del 1977, articolo 17; L. n. 47 del 1985, articolo 20; Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44), ha avuto la sua prima disciplina in riferimento alla sorte degli atti tra privati aventi ad oggetto diritti reali su fabbricati irregolari sotto il profilo urbanistico con la L. n. 10 del 1977, il cui articolo 15, comma 7, ha previsto, per quanto interessa in questa sede, che:

“Gli atti giuridici aventi per oggetto unita’ edilizie costruite in assenza di concessione sono nulli ove da essi non risulti che l’acquirente era a conoscenza della mancanza della concessione”, disposizione che era stata preceduta dalla L. n. 765 del 1967, articolo 10, che, nel modificare l’articolo 31 della Legge Urbanistica, aveva disposto la nullita’ delle compravendite di terreni abusivamente lottizzati a scopo residenziale nel medesimo caso in cui “da essi non risulti che l’acquirente era a conoscenza della mancanza” di una lottizzazione autorizzata.

3.2. La L. 28 febbraio 1985, n. 47, denominata “Norme in materia di controllo dell’attivita’ urbanistico – edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie” ed emanata appunto al duplice scopo di reprimere il fenomeno dell’abusivismo e di sanare il pregresso, ha rimodulato la sanzione di nullita’, disponendo all’articolo 17, comma 1, che: “gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione e’ iniziata dopo l’entrata in vigore della presente legge, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell’articolo 13.

Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitu'”.

Analogamente ha disposto il successivo articolo 40, comma 2, che, in relazione agli atti aventi per oggetto diritti reali (esclusi diritti di garanzia e servitu’) riferiti a costruzioni realizzate prima dell’entrata in vigore della legge stessa, ha previsto quali titoli abilitativi oggetto di dichiarazione dell’alienante la licenza e la concessione in sanatoria (che la legge introduceva), la domanda di concessione corredata dalla prova del versamento delle prime due rate dell’oblazione o la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che l’opera era stata iniziata prima del 2 settembre 1967.

Entrambe tali disposizioni hanno previsto (articolo 17, comma 4, e articolo 40, comma 3) la possibilita’ della “conferma” delle comminate nullita’, nel caso in cui la mancata indicazione della concessione edilizia, ovvero la mancanza di dichiarazione o il mancato deposito di documenti, non fossero dipesi dall’inesistenza, al tempo della stipula, della concessione, o della domanda di concessione in sanatoria, o, ancora dal fatto che la costruzione sia stata iniziata dopo il 2 settembre 1967: in tal caso, e’ stata prevista la possibilita’ della conferma degli atti, anche da una sola delle parti, mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, contenente la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda di concessione in sanatoria.

3.3. La menzionata L. n. 47 del 1985, articolo 17, e’ stato abrogato (l’articolo 40 e’ invece rimasto in vigore) dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 136, a far data dalla sua entrata in vigore, ma e’ stato sostanzialmente riprodotto dal medesimo Decreto del Presidente della Repubblica n. 380, articolo 46, intitolato “Nullita’ degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985 (L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 17; Decreto Legge n. 23 aprile 1985, n. 146, articolo 8)” secondo cui:

“Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione e’ iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.

Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitu'”.

Il comma 4, della norma in esame prevede, anch’esso, la possibilita’ di conferma nell’ipotesi in cui la mancata indicazione nell’atto degli estremi del titolo non sia dipesa dall’inesistenza del titolo stesso.

3.4. Va aggiunto che il discrimen temporale tra la L. n. 47 del 1985, ed il TU sull’edilizia (costruzioni realizzate prima e dopo il 17.3.1985) e’ stato superato per effetto di due successivi condoni, introdotti con L. n. 724 del 1994 (articolo 39) e col Decreto Legge n. 269 del 2003, convertito dalla L. n. 326 del 2003 (articolo 32, comma 25) per alcune tipologie di fabbricati ed irregolarita’ edilizie in riferimento ad abusi, rispettivamente, commessi fino al 31 dicembre 1993 e fino al 31 marzo 2003.

4. La giurisprudenza sulla legge Bucalossi.

4.1. Val bene rilevare che, nonostante la realizzazione di lavori senza licenza costituisse, come si e’ visto, un illecito sanzionato penalmente dalla L. 17 agosto del 1942, n. 1150, articolo 41, (anche prima delle sue modifiche da parte della L. n. 765 del 1967 articolo 13), la giurisprudenza di questa Corte ha escluso l’invalidita’ dei rapporti che avevano ad oggetto edifici realizzati in assenza di licenza, o la relativa incommerciabilita’, reputando che, in assenza di espressa comminatoria, la nullita’ della compravendita non poteva ritenersi integrata sotto il profilo della illiceita’ dell’oggetto del contratto, per essere oggetto di tale negozio il trasferimento della proprieta’ della cosa, insuscettibile, nella sua essenza, in termini di valutazione di illiceita’, attenendo tale qualificazione all’attivita’ della sua produzione, in se’ estranea al contenuto tipico delle prestazioni oggetto della compravendita (cfr. Cass. n. 2631 del 1984; n. 6466 del 1990), sicche’ la costruzione di un immobile senza licenza edilizia comportava unicamente l’illiceita’ dell’attivita’ del costruttore, e poteva dar luogo ai rimedi civilisti della risoluzione per inadempimento, dell’actio quanti minoris o della garanzia per evizione, (in ipotesi di sanzione pecuniaria o di demolizione del bene, Cass. n. 6399 del 1984; n. 11218 del 1991; n. 4786 del 2007), ma non impediva che il proprietario del suolo acquistasse il diritto dominicale dell’edificio costruito e ne potesse liberamente disporre nei confronti dei terzi (Cass. n. 4096 del 1980; n. 6063 del 1995).

4.2. In tale contesto, la disposizione di cui alla L. n. 10 del 1977, articolo 15, che, come si e’ sopra esposto, ha introdotto la comminatoria di nullita’ degli atti aventi ad oggetto unita’ edilizie costruite in assenza di concessione, semprecche’ dagli stessi non risultasse che l’acquirente era a conoscenza della mancanza della concessione, e’ stata valutata, come pure rammenta l’ordinanza di rimessione, in termini di invalidita’ relativa, deducibile solo dal contraente in buona fede ignaro dell’abuso edilizio, e volto a tutelarne, ulteriormente, le ragioni e cosi’ consentirgli di ripetere il corrispettivo pagato, o di evitarne, comunque, il pagamento qualora non fosse stato ancora versato (cfr. Cass. n. 3350 del 1992; n. 4926 del 1993; n. 8685 del 1999).

5. La giurisprudenza sulla L. n. 47 del 1985 e sul TU n. 380 del 2001.

Teoria c.d. formale.

5.1. In riferimento alle disposizioni della L. n. 47 del 1985, articoli 17 e 40, la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 8685 del 1999) nel rimarcare la differenza col pregresso regime, ha sottolineato che dette norme mirano a reprimere e a scoraggiare gli abusi edilizi e, derivando dalla mancata indicazione nell’atto, da parte dell’alienante, degli estremi della concessione (ad edificare o in sanatoria), non hanno alcun riguardo allo stato di buona o mala fede dell’acquirente.

La nuova sanzione, da esse prevista, costituisce un’ipotesi di nullita’ assoluta, come tale suscettibile di esser fatta valere da chiunque vi abbia interesse, rilevabile d’ufficio dal giudice ex articolo 1421 c.c., e riconducibile all’articolo 1418 c.c., u.c., quale ipotesi di nullita’ formale e non virtuale, conclusione che non e’ smentita dalla possibilita’ di successiva conferma degli atti viziati mediante la redazione di altro atto, reputato un semplice rimedio convalidante, “consentito soltanto nel caso che le carenze della precedente stipulazione siano meramente formali e non siano dipese, quindi, dall’insussistenza, all’epoca di essa, dei requisiti sostanziali per la commerciabilita’ del bene”.

La natura formale della nullita’ e’ stata confermata da Cass. n. 8147 del 2000, che, dopo averne posto in evidenza il duplice obiettivo di soddisfare l’esigenza di tutela dell’affidamento dell’acquirente e l’esigenza di prevenzione degli abusi, ha osservato che le prescritte dichiarazioni costituiscono requisito formale del contratto, sicche’ e’ la loro assenza “che di per se’ comporta la nullita’ dell’atto, a prescindere cioe’ dalla regolarita’ dell’immobile che ne costituisce l’oggetto”, in altri termini: “l’irregolarita’ del bene non rileva di per se’, ma solo in quanto preclude la conferma dell’atto. Simmetricamente, la regolarita’ del bene sotto il profilo urbanistico non rileva in se’, ma solo in quanto consente la conferma dell’atto”.

In tale arresto, e’ stata, in particolare, esclusa la fondatezza della tesi, secondo cui accanto a tale nullita’ avrebbe dovuto ravvisarsi una nullita’ sostanziale (per la difformita’ della costruzione rispetto al titolo abilitativo), sul rilevo che ove “il legislatore avesse voluto attribuire diretta rilevanza alla non conformita’ dei beni alla normativa urbanistica, con o senza il “filtro” della prescrizione di forma, si dovrebbe finire per considerare valido, al di la’ delle indicazioni, l’atto che riguardi beni comunque in regola con le norme urbanistiche”, evidenziando che, in tal modo, si sarebbe svuotata la portata precettiva della previsione della conferma degli atti e cosi’ vanificato “l’apprezzabile tentativo operato dal legislatore di trovare una soluzione che non solo costituisca uno strumento di lotta contro l’abusivismo, ma che soddisfi anche l’interesse dell’acquirente alla (esatta) conoscenza delle condizioni del bene oggetto del contratto”.

5.2. Tale ricostruzione sistematica e’ stata poi seguita dalla giurisprudenza successiva, tra le altre: la sentenza n. 5068 del 2001 (rigettando il motivo di ricorso avverso una sentenza emessa ex articolo 2932 c.c.) ha riaffermato il principio della natura formale delle nullita’ in esame; la sentenza n. 5898 del 2004, ne ha ribadito la riconducibilita’ all’articolo 1418 c.c., u.c., e la sua configurabilita’ nella mancata indicazione nell’atto degli estremi della concessione, confermando che la sanzione non prende in considerazione l’ipotesi della conformita’ o meno dell’edificio rispetto al titolo urbanistico, e che la nullita’ del contratto di compravendita e’ prevista a prescindere dalla regolarita’ dell’immobile che ne costituisce l’oggetto; la sentenza n. 26970 del 2005 ha aggiunto che tale conclusione consegue alla rigidita’ della previsione normativa;

la sentenza n. 7534 del 2004 ha sottolineato il principio secondo cui le norme che sanciscono la nullita’ degli atti sia in base alla L. n. 10 del 1977, articolo 15, che in base alla L. n. 47 del 1985, articolo 40, ponendo limiti all’autonomia privata e divieti alla libera circolazione dei beni, debbono ritenersi di stretta interpretazione, sicche’ esse non possono applicate ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste; la sentenza n. 16876 del 2013, pur ritenendo interessante la tesi della c.d. nullita’ sostanziale, ha confermato che i canoni normativi dell’interpretazione della legge non consentono di attribuire al testo normativo un significato che prescinda o superi le espressioni formali in cui si articola, e che i casi di nullita’ previsti dalla norma di cui all’articolo 40 – mancata indicazione degli estremi della licenza edilizia, ovvero dell’inizio della costruzione prima del 1967 – sono tassativi e non estensibili per analogia.

5.3. In base a tale impostazione, la questione della negoziabilita’ di immobili affetti da irregolarita’ urbanistiche, non sanate o non sanabili, e’ stata risolta nella giurisprudenza di questa Corte sul piano dell’inadempimento, in modo in sostanza non difforme da quanto si era ritenuto in riferimento alle disposizioni della legge Bucalossi.

In particolare, in tema di preliminare, la sentenza n. 27129 del 2006 ha ritenuto inadempimento di non scarsa importanza – tale da giustificare il recesso dal contratto del promittente acquirente e la restituzione del doppio della caparra versata – il comportamento del promittente alienante che prometta in vendita un immobile costruito in violazione di un vincolo di inedificabilita’ assoluta e al di fuori di ogni possibilita’ di regolarizzazione; e la sentenza n. 20714 del 2012 ha affermato che la presentazione dell’istanza di condono edilizio e del pagamento delle prime due rate dell’oblazione presuppone che la domanda in questione sia connotata dai requisiti minimi perche’ possa essere presa in esame, con probabilita’ di accoglimento, dalla P.A., in difetto delle quali il preliminare di vendita puo’ essere risolto per colpa del promittente venditore.

In tema di vendita, poi, la sentenza n. 25357 2014 (in fattispecie in cui il convenuto con azione di evizione aveva chiamato in manleva i propri venditori) ha affermato che la responsabilita’ dell’alienante di un immobile affetto da irregolarita’ edilizie si applica, indipendentemente dalla prestazione di una garanzia in tal senso, salva l’ipotesi della conoscenza della medesima irregolarita’.

Teoria c.d. sostanziale

5.4. Il primo segnale del diverso orientamento, richiamato nell’ordinanza di rimessione, va individuato nella sentenza n. 20258 del 2009, che, nel valutare la fondatezza di una domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, pur richiamando il precedente consolidato indirizzo, non ha mancato di precisare che la strumentazione prevista dalla L. n. 47 del 1985, ha lo scopo di garantire che il “bene nasca e si trasmetta nella contrattazione soltanto se privo di determinati caratteri di abusivismo”, aggiungendo che il prescritto obbligo di dichiarazione in seno all’atto degli estremi della licenza o della concessione edilizia (ovvero della concessione in sanatoria) presuppone che detta documentazione vi sia effettivamente e riguardi la costruzione in concreto realizzata.

5.5. Il diverso indirizzo si e’, pero’, concretizzato con la sentenza n. 23591 del 2013. Con tale decisione, si e’, appunto, affermato che il contratto avente ad oggetto un bene irregolare dal punto di vista edilizio e’ affetto da nullita’ sostanziale.

Cio’ e’ stato ritenuto, anzitutto, sulla base dello scopo perseguito dalla norma, che e’ stato individuato in quello di rendere incommerciabili gli immobili non in regola dal punto di vista urbanistico; inoltre, e’ stata posta in evidenza l’incongruita’ di un sistema che sanzioni con la nullita’ per motivi meramente formali atti di trasferimento di immobili regolari dal punto di vista urbanistico, o in corso di regolarizzazione, e consenta, invece, il valido trasferimento di immobili non regolari, lasciando alle parti interessate la possibilita’ di assumere l’iniziativa di risolverli sul piano dell’inadempimento contrattuale, o, addirittura, di eludere consensualmente lo scopo perseguito dal legislatore, stipulando il contratto ed immediatamente dopo concludendo una transazione con la quale il compratore rinunziasse al diritto a far valere l’inadempimento della controparte.

Si e’ sottolineato, ancora, che il maggior rigore voluto dal legislatore, con L. n. 47 del 1985, rispetto a quello previsto dalla legge Ponte – che prevedeva la nullita’ degli atti giuridici aventi per oggetto unita’ edilizie costruite in assenza di concessione, ove da essi non risultasse che l’acquirente era a conoscenza della mancata concessione – resterebbe vanificato se, per gli atti in questione, si riconoscesse all’acquirente la sola tutela prevista per l’inadempimento.

La sentenza in esame ha poi evidenziato che, nonostante la sua “non perfetta formulazione”, la lettera della L. n. 47 del 1985, articolo 40, consente di desumere “l’affermazione del principio generale della nullita’ (di carattere sostanziale) degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunge una nullita’ (di carattere formale) per gli atti di trasferimento di immobili in regola con la normativa urbanistica o per i quali e’ in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi”.

Conclusione avvalorata dal comma 3, del medesimo articolo, che consente la conferma dell’atto, con conseguente salvezza dalla nullita’, solo, nel caso in cui la mancanza delle dichiarazioni o il deposito dei documenti non siano dipesi dall’insussistenza della licenza o della concessione o dall’inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati; conferma che non avrebbe senso se tali atti fossero ab origine validi, e ferma restando la responsabilita’ per inadempimento del venditore.

5.6. Tale decisione e’ stata recepita nella sentenza n. 28194 del 2013, adottata in pari data, di analogo tenore, ed e’ stata seguita dalle sentenze n. 25811 del 2014 e n. 18261 del 2015, prive in parte qua di specifiche argomentazioni.

6. La natura della nullita’.

6.1. Come si e’ detto in narrativa, l’ordinanza di rimessione invita queste Sezioni Unite a riconsiderare l’indirizzo piu’ recente, non mancando di sottolineare come la tesi della nullita’ virtuale da esso propugnato:

a) non trova un solido riscontro nella lettera della legge;

b) puo’ risultare foriera di notevoli complicazioni nella prassi applicativa, con conseguente rischio per la parte acquirente, esposta alla declaratoria di nullita’ pur in situazioni in cui aveva fatto incolpevole affidamento sulla validita’ dell’atto;

c) impone, in tal caso, di precisare la nozione di irregolarita’ urbanistica che da’ luogo alla nullita’, ed eventualmente di chiarire se sia applicabile alla materia degli atti ad effetti reali, la nozione tra variazione essenziale e non essenziale elaborata in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto.

6.2. Il contrasto, che non e’ solo diacronico, constando esser stata di recente ribadita la tesi della nullita’ formale (sentenza n. 14804 del 2017, che richiama la n. 8147 del 2000, sopra citata al § 5.1.), attiene invero alla possibilita’ di ravvisare accanto alla nullita’ formale dovuta alla mancata inclusione nell’atto della dichiarazione dell’alienante, che e’ unanimemente riconosciuta, anche, l’esistenza di una nullita’ sostanziale dell’atto ad effetti reali per l’irregolarita’ urbanistica della costruzione, affermata dalla giurisprudenza piu’ recente ed in precedenza negata.

6.3. A fronte del sostanziale distacco mostrato in passato rispetto al tema della rispondenza del bene al titolo abilitativo, la cui nunciazione in seno all’atto e’ stata nei fatti considerata un mero requisito formale e l’esigenza di prevenzione degli abusi concorrente, se non secondaria, rispetto alla tutela dell’affidamento dell’acquirente, gli argomenti a sostegno dell’interpretazione c.d. rigorista sopra riassunti, sono, per contro, mossi dal chiaro intento di supportare, anche da un punto di vista schiettamente civilistico, il disvalore espresso dall’ordinamento rispetto al diffuso fenomeno dell’abusivismo edilizio.

Tale disvalore, in effetti, si coglie non solo in riferimento alle sanzioni penali ed amministrative variamente graduate che reprimono direttamente la commissione di abusi edilizi (di cui si e’ gia’ detto e su cui infra), ma, in generale, in relazione alla percezione negativa di cio’ che circonda il bene abusivo.

Tanto si desume dalla giurisprudenza che ritiene nulli per illiceita’ dell’oggetto i contratti d’appalto aventi ad oggetto la costruzione di un immobile senza titolo abilitativo (Cass. n. 7961 del 2016; n. 13969 del 2011 e cfr., pure, n. 3913 del 2009; n. 2187 del 2011; n. 30703 del 2018), o non suscettibili di indennizzo espropriativo gli edifici costruiti abusivamente (a meno che, alla data dell’esproprio, sia stata avanzata domanda di sanatoria, pur non ancora scrutinata dalla P.A., ma con favorevole valutazione prognostica, Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 38, comma 2 bis, Cass. n. 18694 del 2016; n. 10458 del 2017; n. 645 del 2018), ed, in assoluto, in relazione al valore conformativo della proprieta’ riconosciuto alla disciplina urbanistica (Cass. SU n. 183 del 2001 e successive conformi).

Inoltre, l’importanza della veridicita’ delle dichiarazioni dell’alienante, affermata dalla menzionata sentenza n. 20258 del 2009, ha trovato seguito nella successiva giurisprudenza in tema di contratto preliminare (Cass. n. 52 del 2010; n. 8081 del 2014).

L’esegesi propugnata dalla teoria c.d. sostanziale, pur mossa da un intento commendevole, non puo’ tuttavia prescindere dagli specifici dati normativi di riferimento, ed al cui esame non puo’ essere qui avallata.

6.4. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 46, dichiara, infatti, invalidi quegli atti da cui non constino (ove da essi non risultino) gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, ovvero gli estremi della segnalazione certificata di inizio attivita’, con la precisazione che tali elementi devono risultare per dichiarazione dell’alienante.

Nella disposizione di cui alla L. n. 47 del 1985, articolo 17, la dichiarazione deve avere ad oggetto, coerentemente alla disciplina abilitativa allora vigente, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria, laddove l’articolo 40, della menzionata L. n. 47, consente di stipulare validamente, oltre che con l’indicazione degli estremi della licenza o della concessione in sanatoria, anche con l’allegazione della relativa domanda e versamento delle prime rate di oblazione, o con la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante l’inizio della costruzione in epoca anteriore al 2 settembre 1967.

Nell’ipotesi qui in rilievo di compravendita di edifici o parte di essi (ed a parte le allegazioni di cui all’articolo 40), le norme pongono, dunque, un medesimo, specifico, precetto: che nell’atto si dia conto della dichiarazione dell’alienante contenente gli elementi identificativi dei menzionati titoli, mentre la sanzione di nullita’ e l’impossibilita’ della stipula sono direttamente connesse all’assenza di siffatta dichiarazione (o allegazione, per le ipotesi di cui all’articolo 40). Null’altro.

6.5. Pare, dunque, che il principio generale di nullita’ riferita agli immobili non in regola urbanisticamente che la giurisprudenza c.d. sostanzialista ritiene di poter desumere da tale contesto normativo, sottolineando l’intenzione del legislatore di renderli tout court incommerciabili, costituisca un’opzione esegetica che ne trascende il significato letterale e che non e’, dunque, ossequiosa del fondamentale canone di cui all’articolo 12 preleggi, comma 1, che impone all’interprete di attribuire alla legge il senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione.

La lettera della norma costituisce, infatti, un limite invalicabile dell’interpretazione, che e’ uno strumento percettivo e recettivo e non anche correttivo o sostitutivo della voluntas legis (cfr. Cass. n. 12144 del 2016), tanto che, in tema di eccesso di potere giurisdizionale riferito all’attivita’ legislativa, queste Sezioni Unite hanno affermato che l’attivita’ interpretativa e’, appunto, segnata dal limite di tolleranza ed elasticita’ del significante testuale (cfr. Cass. S.U. n. 15144 del 2011; n. 27341 del 2014).

La tesi della nullita’ generalizzata non e’ neppure in linea col criterio di interpretazione teleologica, di cui all’ultima parte dell’articolo 12, comma 1, citato, che non consente all’interprete di modificare il significato tecnico giuridico proprio delle espressioni che la compongono, ove ritenga che l’effetto che ne deriva sia inadatto rispetto alla finalita’ pratica cui la norma e’ intesa (cfr. Cass. n. 3495 del 1996; n. 9700 del 2004 e giurisprudenza ivi citata) e cio’ in quanto la finalita’ di una norma va, proprio al contrario, individuata in esito all’esegesi del testo oggetto di esame e non gia’, o al piu’ in via complementare, in funzione dalle finalita’ ispiratrici del piu’ ampio complesso normativo in cui quel testo e’ inserito (cfr. Cass. n. 24165 del 2018).

Inoltre, come ricordato dal PG nella sua requisitoria, la lettera della norma costituisce il limite cui deve arrestarsi, anche, l’interpretazione costituzionalmente orientata dovendo, infatti, esser sollevato l’incidente di costituzionalita’ ogni qual volta l’opzione ermeneutica supposta conforme a costituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale della norma stessa (Corte Cost. sentenze n. 78 del 2012; n. 49 del 2015; n. 36 del 2016 e n. 82 del 2017).

Del resto, lo scarto dialettico della tesi si coglie, anche, dalla prospettiva delle decisioni che la hanno sostenuta, laddove hanno ritenuto “imperfetta” la formulazione della norma.

6.6. In base a tali principi, e specie al lume della consolidata ed univoca interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni in tema di ricadute civilistiche relative ad atti aventi ad oggetto immobili abusivi e nonostante la relativa edificazione, come si e’ ricordato, fosse sanzionata penalmente, l’ipotizzato scopo avrebbe potuto esser agevolmente perseguito mediante una semplice previsione di nullita’ degli atti aventi ad oggetto siffatti immobili o d’incommerciabilita’ degli stessi.

Il che non e’ stato fatto. Al contrario, la nullita’ risulta comminata per specifici atti ad effetti reali inter vivos, sicche’ ne restano fuori non solo quelli mortis causa, e gli atti ad effetti obbligatori, ma ne sono espressamente esclusi i diritti reali di garanzia e le servitu’, ed inoltre, gli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali, ai quali le nullita’, appunto, non si applicano (articoli 46, comma 5, TU n. 380 del 2001; L. n. 47 del 1985, articolo 17, comma 5 e articolo 40, comma 5).

6.7. Da tanto, consegue che la nullita’ comminata dalle disposizioni in esame non puo’ esser sussunta nell’orbita della nullita’ c.d. virtuale di cui all’articolo 1418 c.c., comma 1, che presupporrebbe l’esistenza di una norma imperativa ed il generale divieto di stipulazione di atti aventi ad oggetto immobili abusivi al fine di renderli giuridicamente non utilizzabili, e tale divieto, proprio come registra l’ordinanza di rimessione, non trova riscontro in seno allo jus positum, che, piuttosto, enuncia specifiche ipotesi di nullita’.

Ne’ la conclusione puo’ fondarsi nella previsione della conferma degli atti nulli, mediante la redazione di un atto aggiuntivo, contemplata per l’ipotesi in cui la mancata indicazione dei prescritti elementi non sia dipesa dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati (di cui si e’ detto ai §§ 3.2. e 3.3.), in quanto tale conferma e l’atto aggiuntivo che la contiene presuppongono, bensi’, che il titolo e la documentazione sussistano (cfr. infra), ma, di per se’, non implicano che l’edificio oggetto del negozio ne rispecchi fedelmente il contenuto.

6.8. Per completezza d’indagine, ancorche’ la giurisprudenza qui esaminata non ne tratti, va aggiunto che la tesi sostanzialista non puo’ fondarsi sul disposto di cui all’articolo 1418 c.c., comma 2.

La consentita disposizione testamentaria in ordine ad immobili non regolari urbanisticamente, e comunque la possibilita’ del loro trasferimento per successione mortis causa, la loro attitudine a costituire garanzie reali, la loro idoneita’, inoltre, ad esser contemplati in seno agli atti inter vivos (valga per tutti la locazione) ed in seno ad atti costituenti diritti reali di servitu’ escludono che il loro modo di atteggiarsi possa di per se’ solo valere ad integrare le vietate ipotesi d’illiceita’ o d’impossibilita’ dell’oggetto, o, ancora d’illiceita’ della prestazione (che, in tesi, dovrebbero colpire tutti gli atti e, dunque, anche quelli esentati) o della causa per contrarieta’ a norme imperative o al buon costume, dovendo, peraltro, confermarsi l’esattezza della giurisprudenza richiamata al § 4.1. (Cass. n. 6466 del 1990; n. 2631 del 1984) che per l’ipotesi qui in esame (e che peraltro e’ quella piu’ rilevante nella pratica) evidenzia che l’oggetto della compravendita, secondo la definizione data dall’articolo 1470 c.c., e’ il trasferimento della proprieta’ della res, che, in se’, non e’ suscettibile di valutazione in termini di liceita’ o illiceita’, attenendo l’illecito all’attivita’ della sua produzione, e, considerato che la regolarita’ urbanistica del bene e’ estranea alla causa della compravendita, tradizionalmente definita nello scambio – cosa contro prezzo – che ne costituisce la sua funzione economica e sociale, ed altresi’ il suo effetto essenziale.

7. La composizione del contrasto. La nullita’ testuale.

7.1. Muovendo doverosamente dal dato normativo, secondo quanto si e’ sopra esposto, ritiene il Collegio di dover, anzitutto, affermare al lume delle considerazioni sopra svolte ai §§ 6.7. e 6.8., che si e’ in presenza di una nullita’ che va ricondotta nell’ambito dell’articolo 1418 c.c., comma 3, secondo quanto ritenuto dalla teoria c.d. formale, con la precisazione essa ne costituisce una specifica declinazione, e va definita “testuale” (secondo una qualificazione pure datane in qualche decisione), essendo volta a colpire gli atti in essa menzionati.

Procedendo, poi, all’analisi congiunta del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 46, commi 1 e 4, (ma il discorso vale in riferimento alle analoghe disposizioni della L. n. 47 del 1985, articolo 17, commi 1 e 4, nonche’ mutatis mutandis della medesima L. n. 47 del 1985, articolo 40, commi 2, e 3), emerge che, a fronte del comma 1, che sanziona con la nullita’ specifici atti carenti della dovuta dichiarazione, il comma 4, ne prevede, come si e’ detto, la possibilita’ di “conferma”, id est di convalida, nella sola ipotesi in cui la mancata indicazione dei prescritti elementi non sia dipesa dalla insussistenza del titolo abilitativo.

Il dettato normativo indica, quindi, che il titolo deve realmente esistere e, quale corollario a valle, che l’informazione che lo riguarda, oggetto della dichiarazione, deve esser veritiera: ipotizzare, infatti, la validita’ del contratto in presenza di una dichiarazione dell’alienante che fosse mendace, e cioe’ attestasse la presenza di un titolo abilitativo invece inesistente, svuoterebbe di significato i termini in cui e’ ammessa la previsione di conferma e finirebbe col tenere in non cale la finalita’ di limite delle transazioni aventi ad oggetto gli immobili abusivi che la norma, pur senza ritenerli tout court incommerciabili, senz’altro persegue, mediante la comminatoria di nullita’ di alcuni atti che li riguardano.

Se cio’ e’ vero, ne consegue che la dichiarazione mendace va assimilata alla mancanza di dichiarazione, e che l’indicazione degli estremi dei titoli abilitativi in seno agli atti dispositivi previsti dalla norma non ne costituisce un requisito meramente formale, secondo quanto ritenuto da parte della giurisprudenza sopra richiamata ai §§ 5.1 e 5.2. che va in parte qua superata, essa rileva piuttosto, come pure affermato in altre decisioni adesive alla teoria formale e sottolineato da un’accorta dottrina, quale veicolo per la comunicazione di notizie e per la conoscenza di documenti, o in altri termini, essa ha valenza essenzialmente informativa nei confronti della parte acquirente, e, poiche’ la presenza o la mancanza del titolo abilitativo non possono essere affermate in astratto, ma devono esserlo in relazione al bene che costituisce l’immobile contemplato nell’atto (cfr. Cass. 20258 del 2009 cit.), la dichiarazione oltre che vera, deve esser riferibile, proprio, a detto immobile.

In costanza di una dichiarazione reale e riferibile all’immobile, il contratto sara’ in conclusione valido, e tanto a prescindere dal profilo della conformita’ o della difformita’ della costruzione realizzata al titolo in esso menzionato, e cio’ per la decisiva ragione che tale profilo esula dal perimetro della nullita’, in quanto, come si e’ esposto al § 6.5., non e’ previsto dalle disposizioni che la comminano, e tenuto conto del condivisibile principio generale, affermato nei richiamati, precedenti, arresti della Corte, secondo cui le norme che, ponendo limiti all’autonomia privata e divieti alla libera circolazione dei beni, sanciscono la nullita’ degli atti debbono ritenersi di stretta interpretazione, sicche’ esse non possono essere applicate, estensivamente o per analogia, ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste.

7.2. La distinzione in termini di variazioni essenziali e non essenziali, elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di contratto preliminare ed alla quale si riferisce l’ordinanza di rimessione, non e’ pertanto utile al fine di definire l’ambito della nullita’ del contratto, tenuto conto, peraltro, che la moltiplicazione dei titoli abilitativi, cui si e’ sopra accennato al § 2.4., previsti in riferimento all’attivita’ edilizia da eseguire (minuziosamente indicata), comporterebbe, come correttamente rilevato dal PG nelle sue conclusioni, un sistema sostanzialmente indeterminato, affidato a graduazioni di irregolarita’ urbanistica di concreta difficile identificazione ed, in definitiva, inammissibilmente affidato all’arbitrio dell’interprete.

Il che mal si concilia con le esigenze di salvaguardia della sicurezza e della certezza del traffico giuridico e spiega la cautela dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte, da ultimo ricordata da Cass. n. 111659 del 2018, all’uso dello strumento civilistico della nullita’ quale indiretta forma di controllo amministrativo sulla regolarita’ urbanistica degli immobili.

7.3. La tesi qui adottata non e’, peraltro, dissonante rispetto alla finalita’ di contrasto al fenomeno dell’abusivismo edilizio, cui pure tende la disposizione in esame, e che e’ meritevole di massima considerazione. Pare infatti che la ricostruzione nei termini di cui si e’ detto della nullita’ concorra a perseguirlo, costituendo uno dei mezzi predisposti dal legislatore per osteggiare il traffico degli immobili abisuvi: per effetto della prescritta informazione, l’acquirente, utilizzando la diligenza dovuta in rebus suis, e’, infatti, posto in grado di svolgere le indagini ritenute piu’ opportune per appurare la regolarita’ urbanistica del bene, e cosi’ valutare la convenienza dell’affare, anche, in riferimento ad eventuale mancata rispondenza della costruzione al titolo dichiarato.

In tale valutazione, potra’, ben a ragione, incidere la sanzione della demolizione che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, commi 2 e 3, prevede nei confronti sia del costruttore che del proprietario in caso d’interventi edilizi eseguiti non solo in assenza di permesso, ma anche in totale difformita’ dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32.

Tale sanzione, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (Ad Plenaria Cons. Stato n. 9 del 2017), ha, infatti, carattere reale e non incontra limiti per il decorso del tempo e cio’ in quanto l’abuso costituisce un illecito permanente, e l’eventuale inerzia dell’Amministrazione non e’ idonea ne’ a sanarlo o ad ingenerare aspettative giuridicamente qualificate, ne’ a privarla del potere di adottare l’ordine di demolizione, configurandosi, anzi, la responsabilita’ (articolo 31 cit., comma 4 bis) in capo al dirigente o al funzionario responsabili dell’omissione o del ritardo nell’adozione di siffatto atto, che resta, appunto, doveroso, nonostante il decorso del tempo.

7.4. In conclusione, mentre la nullita’ del contratto e’ comminata per il solo caso della mancata inclusione degli estremi del titolo abilitativo, che abbia le connotazioni di cui si e’ detto, l’interesse superindividuale ad un ordinato assetto di territorio resta salvaguardato dalle sanzioni di cui si e’ dato conto al § 3.1. e, nel caso degli abusi piu’ gravi, dal provvedimento ripristinatorio della demolizione.

Tale approdo ermeneutico, che ha il pregio di render chiaro il confine normativo dell’area della non negoziabilita’ degli immobili, a tutela dell’interesse alla certezza ed alla sicurezza della loro circolazione, appare, quindi, al Collegio quello che meglio rappresenta la sintesi tra le esigenze di tutela dell’acquirente e quelle di contrasto all’abusivismo: in ipotesi di difformita’ sostanziale tra titolo abilitativo enunciato nell’atto e costruzione, l’acquirente non sara’ esposto all’azione di nullita’, con conseguente perdita di proprieta’ dell’immobile ed onere di provvedere al recupero di quanto pagato, ma, ricorrendone i presupposti, potra’ soggiacere alle sanzioni previste a tutela dell’interesse generale connesso alle prescrizioni della disciplina urbanistica.

7.5. A soluzione del contrasto, vanno, pertanto, affermati i seguenti principi di diritto:

“La nullita’ comminata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 46, e dalla L. n. 47 del 1985, articoli 17 e 40, va ricondotta nell’ambito dell’articolo 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullita’ “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullita’ che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile.”

“In presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto e’ valido a prescindere dal profilo della conformita’ o della difformita’ della costruzione realizzata al titolo menzionato”.

8. Lo scrutinio dei motivi.

8.1. Valutato al lume dei principi appena esposti, il primo motivo, con cui si denuncia la violazione della L. n. 47 del 1985, articoli 17 e 40, e’ dunque insussistente.

Premesso che nella specie e’ applicabile, come si e’ esposto al § 1.1., la disposizione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 46, avente analogo contenuto, e rilevato che l’esatta indicazione della norma violata non costituisce un requisito autonomo del ricorso, il motivo richiama, infatti, apertamente la tesi che ricollega l’invalidita’ del contratto al profilo sostanziale della conformita’ del bene allo strumento concessorio menzionato nell’atto di trasferimento, ossia si fonda sulla giurisprudenza c.d. sostanzialista, propugnata dalle sentenze Cass. n. 2359 del 2013; n. 25811 del 2014 e n. 18261 del 2015, che e’ stata qui sconfessata.

8.2. La Corte territoriale ha, per converso, errato nel ritenere, in adesione alla teoria c.d. formale, che ai fini della validita’ del contratto fosse sufficiente la menzione della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo abilitativo, e che fosse invece irrilevante l’indagine circa la sua “reale esistenza”, che invece deve essere compiuta, nei sensi di cui si e’ detto.

Tale errore non ha, tuttavia, inciso sull’esito della decisione, avendo i giudici del merito accertato che l’atto in Notar (OMISSIS) dell’1.6.2005, impugnato dall’odierno ricorrente, conteneva le prescritte dichiarazioni delle venditrici, e concluso per la validita’ dell’atto, a prescindere dalla conformita’ delle opere realizzate rispetto a quelle assentite.

L’esistenza del titolo abilitativo riferibile all’immobile – che e’ appunto, cio’ che rileva- e’ rimasta, in tal modo, accertata.

8.3. Il secondo motivo, con cui si lamenta l’omesso esame del fatto decisivo relativo alla difformita’ dei lavori rispetto a quelli contemplati in seno alla concessione edilizia in data 12.9.2001 n. 98, rilasciata dal Comune di Pomigliano D’Arco, e’ infondato, in quanto l’apprezzamento del dato fattuale della dedotta difformita’ non e’ stato omesso, ma, piuttosto, e’ stato, correttamente, ritenuto irrilevante.

8.4. Il ricorso dell’ (OMISSIS), va, in conclusione, rigettato, previa correzione ed integrazione della motivazione della sentenza, nei sensi esposti, ex articolo 384 c.p.c., u.c..

9. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale proposto dai compratori. Esso, infatti, pur se involgente profili attinenti all’interesse ad agire, e’ stato espressamente qualificato condizionato.

10. La complessita’ delle questioni e le alterne soluzioni datane dalla giurisprudenza, che hanno reso necessaria la presente pronuncia, giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Spese compensate. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.