Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Ordinanza 3 gennaio 2018, n. 25

la societa’ di persone che svolga una attivita’ destinata alla locazione di immobili di sua proprieta’ e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attivita’ commerciale ai fini previdenziali a meno che detta attivita’ non si inserisca in una piu’ ampia di prestazione di servizi quale l’attivita’ di intermediazione immobiliare

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Ordinanza 3 gennaio 2018, n. 25

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9323-2012 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. – (OMISSIS) C.F. (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 385/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/10/2011 R.C.N. 129/10.

RILEVATO IN FATTO

che, (OMISSIS), in qualita’ di socio accomandatario della (OMISSIS) s.a.s., impugna la sentenza n. 385 del 2011, con la quale la Corte d’Appello di Venezia ha riformato la decisione di prime cure che aveva annullato una serie di cartelle esattoriali conseguenti all’iscrizione d’ufficio alla gestione commercianti, disposta nei confronti della attuale ricorrente da parte dell’INPS;

che, la Corte territoriale, ritualmente adita, riformava la sentenza di primo grado, ritenendo che l’affitto di attivita’ aziendale (rappresentata nella specie dalla stipula, da parte della ricorrente, di contratti di affitto di azienda con terzi soggetti, a fronte di un congruo corrispettivo) costituisca, comunque, esercizio di attivita’ d’impresa, posto che l’esercizio di un’attivita’ di impresa, puo’ dar luogo ad una dissociazione tra proprieta’ degli strumenti di produzione e l’utilizzazione degli stessi da parte di terzi, in considerazione, anche, della circostanza che l’affitto di azienda non produce, di per se’ stesso, il venir meno del rischio imprenditoriale;

che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione (OMISSIS) affidandosi a quattro motivi;

che, l’INPS difende con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo viene denunciata, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2082 e 2555 c.c., per avere erroneamente affermato la Corte di secondo grado che possa esistere un’impresa allorche’ la disponibilita’ dell’azienda sia stata ceduta a terzi, pur permanendo la proprieta’ del complesso aziendale al soggetto cedente;

che, con il secondo motivo viene denunciata, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, articolo 1, comma 203, lettera B), in quanto il locatore non patisce alcun rischio d’impresa, e di conseguenza, non ricorre il requisito di cui alla L. n. 662 del 1996, articolo 1, comma 203 qualora l’unica azienda sia stata concessa in affitto a terzi;

che, con il terzo motivo viene dedotta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, articolo 1, comma 203, lettera C), in quanto non sussiste una relazione di omogeneita’ tra l’attivita’ imprenditoriale ed il lavoro prestato personalmente;

che, con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 e all’articolo 360 c.p.c., n. 5, violazione e/o falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, articolo 1, comma 203, lettera D), ed illogica motivazione, per avere la Corte territoriale affermato la sussistenza del requisito di cui alla L. n. 662 del 1996, articolo 1, comma 203, citata lettera D), sulla base della errata considerazione che l’affitto di azienda comporti la necessaria volturazione delle relative licenze ed autorizzazioni;

che, ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, i primi tre motivi del ricorso risultano connessi sul piano logico e vanno, pertanto, scrutinati congiuntamente, in quanto trattano dei presupposti normativi necessari per l’iscrizione alla gestione commercianti e della fattispecie concreta concernente l’inserimento tra tali presupposti dell’attivita’ di locazione di immobili e della percezione dei relativi canoni;

che, secondo un orientamento, oramai, consolidato, di questa Corte, il presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti e’ che sia provato, in conformita’ a quanto previsto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 1, comma 203, che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, articolo 29, comma 1 (requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attivita’ commerciali), lo svolgimento di un’attivita’ commerciale;

che, questa Corte, con riferimento alla societa’ in accomandita semplice ha affermato il principio (Cass. n. 3835/2016) secondo il quale, ai sensi della L. n. 662 del 1996, articolo 1, comma 203, che ha modificato la L. n. 160 del 1975, articolo 29 e della L. n. 45 del 1986, articolo 3 in tali societa’ la qualita’ di socio accomandatario non e’ sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attivita’ commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualita’ e prevalenza;

che, nel caso di specie, la ricorrente era socia accomandataria, e svolgeva, unicamente, l’attivita’ di locazione immobiliare;

che, la (OMISSIS), non operava nel settore dell’intermediazione immobiliare e dell’acquisto o gestione di beni immobili;

che, la decisione del giudice di secondo grado non e’ in linea con il principio gia’ espresso da questa Corte secondo cui la societa’ di persone che svolga una attivita’ destinata alla locazione di immobili di sua proprieta’ e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attivita’ commerciale ai fini previdenziali a meno che detta attivita’ non si inserisca in una piu’ ampia di prestazione di servizi quale l’attivita’ di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145/2013);

che, il quarto motivo concerne, esclusivamente, vizi di motivazione correlati ai principi di diritto sopra richiamati, e quindi, e’ da ritenersi assorbito rispetto alle considerazioni che precedono;

che, alla luce di quanto sopra, il ricorso deve essere accolto, e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa puo’ essere decisa nel merito, e per l’effetto accoglie l’opposizione alle cartelle esattoriali; le spese del presente giudizio di cassazione e quelle relative al merito vengono liquidate come da dispositivo, e seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’opposizione alle cartelle esattoriali, condanna la ricorrente al pagamento di tutte le spese dei giudizi, quantificate per il Tribunale in Euro 1500,00 piu’ le spese generali al 12%, e per la Corte d’Appello in Euro 2000,00 piu’ 200,00 per esborsi e spese generali al 12%, e in Euro 2200 per la Cassazione, oltre esborsi per 200,00 Euro e per spese generali al 15% oltre accessori di legge.

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Avv. Umberto Davide

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