l’azione ex articolo 2041 c.c. possa essere proposta anche in via subordinata e’ pacificamente ammesso quando, come nel caso di specie, l’azione o le azioni proposte congiuntamente e in via principale non possano essere accolte per carenza ab origine del titolo posto a loro fondamento, giacche’ la natura sussidiaria del rimedio di cui all’articolo 2041 c.c. non consente che la relativa azione possa essere utilizzata in via subordinata a quella “ex contractu” per eluderne l’esito sfavorevole collegato ad esempio alla perdurante inesigibilita’ dell’adempimento della prestazione fondata su titolo contrattuale o per difetto di prova, o per mancata coltivazione dell’azione; la’ dove, invece, risulti infondata l’azione proposta in via principale, e ve ne siano gli altri presupposti – a) arricchimento senza causa di un soggetto; b) ingiustificato depauperamento di un altro; c) rapporto di causalita’ diretta ed immediata tra le due situazioni, di modo che lo spostamento risulti determinato da un unico fatto costitutivo-essa puo’ essere accolta anche se proposta in via subordinata.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 13 settembre 2018, n. 22292

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7815-2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dal Prof. Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in Roma, presso il suo studio, (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in Roma, presso il suo studio, (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

(OMISSIS), in persona del rappresentante p.t.;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia, n. 29/17, depositata il 17 gennaio 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2018 dal Consigliere Marilena Gorgoni.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) veniva condannato dal Tribunale di Terni, con sentenza n. 65/2014, a restituire al fratello (OMISSIS) la somma di Euro 47.169,93 ed a pagare Euro 2.268,50 per spese processuali, in accoglimento della domanda di (OMISSIS) e di quella della societa’ semplice (OMISSIS), rappresentata da un curatore speciale, volta ad ottenere la restituzione delle somme anticipate per la realizzazione di una piscina: lavori dei quali era stato informato il padre (OMISSIS), all’epoca socio d’opera della societa’ (OMISSIS). Tale societa’, di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) erano soci al 50%, risultava proprietaria del 50% dell’omonimo complesso immobiliare, del residuo 50% era nuda proprietaria, essendo stato costituito un usufrutto, in parti eguali, a favore di (OMISSIS) e (OMISSIS).

Il tribunale dichiarava improcedibile la domanda dell’attore per intervenuta nomina nel corso del giudizio del curatore speciale della societa’ (OMISSIS) e per intervenuta prescrizione del diritto azionato; nel merito riteneva pacifico che la piscina fosse stata costruita senza il consenso del comproprietario. Il convenuto pero’ l’aveva utilizzata, godendo dell’innovazione apportata alla cosa comune e, pertanto, era tenuto ad indennizzare l’attore dell’indebito arricchimento trattone, ai sensi dell’articolo 2041 c.c.

La Corte di appello di Perugia, dinanzi alla quale (OMISSIS) aveva impugnato la decisione di prime cure, la confermava, con sentenza depositata il 17/01/2017, n. 29/17, e condannava (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS), in solido, al pagamento delle spese del grado.

(OMISSIS) propone ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte di appello di Perugia n. 29/2017, fondato su due motivi, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso (OMISSIS) che propone anche ricorso incidentale condizionato.

Nessuna attivita’ difensiva e’ svolta dalla Immobiliare civile (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, ricondotto all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 1101 c.c. e ss. e degli articoli 1720 c.c. e ss nonche’ con riguardo agli effetti preclusivi derivanti da una transazione, il ricorrente lamenta: a) che la Corte territoriale abbia escluso la ricorrenza di un rapporto di mandato tra il padre (OMISSIS) e il figlio (OMISSIS) equivocando quanto alle posizioni di mandante e mandatario – il giudice a quo in due occasioni avrebbe lasciato intendere di essersi pronunciato sulla non ricorrenza di un mandato conferito dal figlio al padre, mentre controversa era la circostanza che il padre avesse conferito mandato al figlio (OMISSIS) -; b) la violazione dell’articolo 1108 c.c., perche’ le innovazioni dirette al miglioramento della cosa comune o a renderne piu’ comodo o redditizio il godimento avrebbero richiesto una deliberazione assunta dalla maggioranza dei partecipanti alla comunione che rappresentasse almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, mentre non c’era prova alcuna che la costruzione della piscina fosse da ricondurre alla volonta’ della societa’ (OMISSIS) – l’iniziativa era stata assunta da (OMISSIS) -; c) il mancato esame del documento intitolato Dichiarazione di intestazione fiduciaria, sottoscritto da (OMISSIS) e dalla moglie (OMISSIS), ove si riconosceva che l’acquisto del complesso immobiliare ” (OMISSIS)” era stato effettuato su incarico e con denaro di (OMISSIS) e della moglie (OMISSIS). Il mancato esame di tale documento avrebbe indotto il giudice a quo a ritenere che l’esistenza e le caratteristiche del rapporto fiduciario tra padre e figlio non sarebbero state oggetto delle prove assunte in primo grado e a non tener conto che i legittimati passivi delle pretese di (OMISSIS) avrebbero dovuto essere i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS); d) il mancato esame dell’atto di transazione e promessa di divisione ereditaria del 12.06.2001, riportato per stralcio dei passaggi essenziali nel ricorso, da cui i giudici avrebbero dovuto evincere che le parti, i due fratelli, avevano rinunciato e transatto ogni diritto e credito reciproco, ha impedito alla corte territoriale di ritenere inammissibile la domanda dell’appellante.

2. Il motivo risulta inammissibile.

2.1. Le ragioni sono molteplici. Va osservato, in termini generali, che, benche’ astrattamente sia possibile prospettare in un unico motivo piu’ profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto costituire un motivo autonomo (Cass., Sez. un., 31/3/2009, n. 7770), i quesiti devono essere formulati in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione al fine di permettere l’enunciazione della regula iuris, dopo aver individuato le categorie logiche oggetto di censura. Il controllo di legittimita’ non si configura, infatti, come terzo grado di giudizio, essendo, al contrario, un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso (Cass. 04/03/2010, n. 5207). Orbene, la prospettazione del ricorrente impone al giudice di integrare il ricorso, inquadrando i motivi sviluppati nello stesso in una delle ipotesi tassative di legge, certo essendo che certi vizi possono essere dedotti, a pena di inammissibilita’, solo sotto una delle tassative ipotesi previste dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, e che il ricorso e’ inammissibile se lo stesso vizio e’ prospettato sotto altra ipotesi (cfr., ad esempio, Cass. 27/01/2006, n. 1755; Cass. 26/01/2006, n. 1701; Cass. 11/11/2005, n. 22897).

2.2. Sulla scorta delle argomentazioni addotte a supporto del motivo va osservato che sarebbe parsa in primo luogo appropriata la deduzione del vizio sotto il profilo della omessa pronuncia su un motivo di appello, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, stante che la doglianza sembra indirizzata piu’ verso la mancata pronuncia da parte del giudice a quo che verso un errore concernente violazione o falsa applicazione di legge. La deduzione di violazione o falsa applicazione di precise norme di legge implica, peraltro, che si individuino le affermazioni della sentenza impugnata in cui le norme sarebbero state violate o falsamente applicate anche con riferimento all’interpretazione offertane dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti. Invece, manca nell’illustrazione del motivo del ricorso ogni correlazione tra le deduzioni del ricorrente e la parte motivazionale della sentenza da cui emerga l’asserita violazione (Cass. 15/01/1015, n. 635). Si chiede, inoltre, alla Corte di esaminare il contenuto di due documenti, riportati in atti per stralci, allo scopo di dimostrare, rispettivamente, la ricorrenza di un rapporto fiduciario tra il padre e il figlio (OMISSIS) e l’efficacia preclusiva sulla richiesta del ricorrente.

2.3. La prospettazione relativa all’omesso esame non configura, pero’, un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, sussumibile nella fattispecie di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, bensi’ un errore di fatto censurabile attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione e, dunque, nei limiti consentiti dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012. (Cass. 17/06/2013 n. 15107; Cass. 12/10/2017, n. 23940), essendo esclusa in ogni caso una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimita’ (Cass. sez. un. 27/12/1997, n. 13045; Cass. 28/03/2012 n. 5024; Cass. 07/01/2014, n. 91).

2.4. Ne’ e’ possibile trasformare il precedente vizio di motivazione per “insufficienza od incompletezza logica” in un vizio di “errore di diritto” in merito all’ attivita’ processuale, per fare in modo che il primo torni surrettiziamente ad essere sindacabile in sede di legittimita’ sotto le apparenti, diverse, spoglie della violazione di norma di diritto. Vieppiu’ considerando che rimane in ogni caso precluso nel giudizio di cassazione l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione ai fini istruttori (Cass. 21/10/2015, n. 21439).

2.5. Non solo: anche a concedere la conversione del vizio di violazione di legge in vizio rilevante ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quindi correggendo l’errore di sussunzione in cui e’ incorso il ricorrente, il motivo risulterebbe inammissibile per non avere soddisfatto le prescrizioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (localizzazione testuale o extratestuale, al fine di soddisfare l’onere di produzione, trascrizione o sintesi del suo contenuto, per adempiere l’onere di indicarne il contenuto: Cass. 12/12/2008, n. 29279; Cass. 04/09/2008, n. 22303). Ancor piu’ tranciante risulta il divieto di cui all’articolo 348 ter c.p.c.: quando, come nella specie, la sentenza di appello (introdotta con ricorso notificato l’11.11.2014) confermi la decisione di primo grado sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il vizio di omesso esame di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non puo’ essere dedotto (Cass. 10/03/2014, n. 5528; Cass. 23/06/2017, n. 15647).

2.6. Quanto alla asserita ricorrenza di un rapporto di mandato (p. 6 della sentenza), la corte territoriale ha concluso che: a) non vi fossero prove dell’esistenza di un contratto di mandato dal figlio al padre; b) potesse escludersi l’imputazione dei lavori alla persona dell’appellato ( (OMISSIS)); c) non sussistessero elementi desumibili aliunde e relativi a un presunto rapporto fiduciario, oggetto di specifica pattuizione tra il padre e il figlio Giovanni, la cui esistenza e le cui caratteristiche non erano state oggetto delle prove assunte in primo grado.

2.7. A parte l’errore materiale in cui e’ incorso il giudice a quo, consistito nella omissione di un “non” quando ha accertato l’imputazione dei lavori di realizzazione della piscina – per la Corte non poteva escludersi l’imputazione dei lavori di realizzazione della piscina a (OMISSIS), avendolo gia’ anticipato a p. 3, e ribadito a p. 6 rinviando alle considerazioni del giudice di primo grado “del tutto corrispondenti all’istruttoria espletata in corso di causa”, aggiungendo il riferimento a precisi documenti prodotti in causa e alle testimonianze in atti – la Corte territoriale, come gia’ il giudice di prime cure, non e’ stata in grado di chiarire se l’iniziativa di realizzare la piscina fosse del padre (OMISSIS) o dello stesso figlio (OMISSIS). Il dubbio riguardava il rapporto intercorrente tra i due: l’esistenza di un rapporto fiduciario e le sue le caratteristiche non sono state oggetto delle prove assunte in primo grado e la richiesta di concessione edilizia per la piscina formulata dal padre (OMISSIS), per conto della societa’ (OMISSIS), non costituiva prova dell’esistenza di un contratto di mandato dal figlio al padre: mandato che avrebbe richiesto un’autorizzazione della societa’, pacificamente inesistente.

2.8. Il ricorrente imputa alla Corte di non aver ritenuto provata l’esistenza di un contratto di mandato dal figlio al padre, “mentre il rapporto di mandato come si era sempre sostenuto, in corso di causa come in appello, era semmai dal padre al figlio” (p. 13 del ricorso). Si tratta di affermazioni apodittiche, ribadite a p. 14 del ricorso, ove, contrariamente a quanto emerso dal compendio probatorio, il ricorrente torna a sostenere che l’iniziativa di realizzare la piscina era assunta dal resistente su incarico e per volonta’ del padre. Il ricorrente non indica, pero’, ne’ se ne’ quando egli avesse eccepito che (OMISSIS) avrebbe realizzato la piscina non in proprio, ma su mandato del padre (OMISSIS): l’esposizione sommaria del fatto e’ compiuta attraverso la mera riproduzione della narrazione dei fatti di causa fatta dal giudice a quo, ne’ maggiori elementi emergono dalle prospettazioni a sostegno del motivo. Il che non permette a questa Corte di accogliere la censura che, ove rispondente ai requisiti di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, avrebbe potuto essere prospettata in termini di ultrapetizione, di erronea valutazione delle prove in atti o di omessa pronuncia su un’eccezione ritualmente formulata.

3. Con il secondo motivo, per violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2041 c.c. La sua tesi e’ che, data per corretta la ricorrenza di una comunione di godimento, il rimedio azionabile per ottenere la restituzione delle somme eventualmente anticipate da uno dei comproprietari nell’interesse della comunione avrebbe dovuto essere quello contrattuale, di cui all’articolo 2033 c.c., che ha natura restitutoria, e non l’azione di arricchimento senza causa che mira alla reintegrazione dell’equilibrio economico. Tale azione, infatti, ha natura sussidiaria e non puo’ essere accolta, quando essa sia dedotta in via subordinata, per sopperire al rigetto, per difetto di prova, di una o piu’, come in questo caso, azioni contrattuali. In aggiunta, il ricorrente censura i criteri adoperati per la determinazione dell’indennizzo e la previsione arbitraria ed immotivata del cumulo di rivalutazione ed interessi.

4. Il motivo e’ inammissibile e, se anche non lo fosse, sarebbe infondato.

4.1. Il ricorrente non indica in che cosa sarebbe consistita la violazione dell’articolo 2041 c.c. La Corte territoriale con una motivazione per relationem ha giustificato la natura sussidiaria dell’azione di arricchimento senza causa, pur essendo stata formulata in via subordinata – a p. 3 si legge che ricorrono entrambi i presupposti per l’applicazione della norma, costituiti in primo luogo, dall’unicita’ del fatto causativo dell’impoverimento, derivante dall’oggettivo incremento di valore del bene e dall’aumento di valore della quota sociale, nonostante il successi degrado del manufatto verificatosi nel tempo -. Il ricorrente si limita a ribadire che l’azione di arricchimento senza causa non puo’ trovare accoglimento nel caso in cui la domanda sia stata proposta in via subordinata. Chiede dunque solo una diversa ed inammissibile valutazione dei presupposti dell’azione rispetto a quella operata dal giudice di merito e non offre alcuna ragione a sostegno dell’applicabilita’ dell’articolo 2033 c.c. se non un generico riferimento al suo carattere restitutorio e non reintegratorio dell’equilibrio economico. Si tratta di un profilo di fatto, pero’, insuscettibile di controllo in questa sede a fronte di una motivazione della sentenza impugnata, adeguata e non illogica, da cui si trae la correttezza del riferimento all’articolo 2041 c.c. (arricchimento del patrimonio del ricevente e corrispondente diminuzione di quello di controparte), visto che l’articolo 2033 c.c. si riferisce ad un pagamento che non doveva essere eseguito (Cass. 11/04/2014, n. 8594).

4.2. Peraltro, che l’azione ex articolo 2041 c.c. possa essere proposta anche in via subordinata e’ pacificamente ammesso quando, come nel caso di specie, l’azione o le azioni proposte congiuntamente e in via principale non possano essere accolte per carenza ab origine del titolo posto a loro fondamento, giacche’ la natura sussidiaria del rimedio di cui all’articolo 2041 c.c. non consente che la relativa azione possa essere utilizzata in via subordinata a quella “ex contractu” per eluderne l’esito sfavorevole collegato ad esempio alla perdurante inesigibilita’ dell’adempimento della prestazione fondata su titolo contrattuale o per difetto di prova, o per mancata coltivazione dell’azione (Cass. 2/08/2013, n. 18502); la’ dove, invece, risulti infondata l’azione proposta in via principale, e ve ne siano gli altri presupposti – a) arricchimento senza causa di un soggetto; b) ingiustificato depauperamento di un altro; c) rapporto di causalita’ diretta ed immediata tra le due situazioni, di modo che lo spostamento risulti determinato da un unico fatto costitutivo-essa puo’ essere accolta anche se proposta in via subordinata (Cass. 2/08/2013, n. 18502; Cass. 31/01/2017, n. 2350).

4.3. Del tutto generiche ed apodittiche risultano anche le critiche alla individuazione dei criteri utilizzati per liquidare quanto dovuto ex articolo 2041 c.c. ed al cumulo di interessi e rivalutazione disposto, ad avviso del ricorrente, arbitrariamente ed immotivatamente dalla corte territoriale. Si tratta di una richiesta che non puo’ essere esaminata in sede di legittimita’ perche’ riguarda valutazioni di fatto estranee al giudizio di legittimita’. Quanto ai criteri seguiti per la quantificazione dell’indennizzo, avvenuta sulla base della illegittima locupletazione dell’altro titolare della comunione, che ha fatto uso della piscina edificata dall’altro socio e in ragione della prova acquisita agli atti di tale utilizzazione (p. 7 della sentenza) essi non sono censurabili in sede di legittimita’.

4.4. E in ordine al riconoscimento del cumulo di rivalutazione ed interessi non vi sono state ne’ arbitrarieta’ ne’ mancanza di motivazione; a p. 7 la sentenza impugnata al contrario giustifica, attraverso il richiamo di Cass. 28/01/2013, n. 1889, il cumulo di rivalutazione ed interessi, aderendo ad un orientamento di questa corte da cui non vi sono ragioni per discostarsi ne’ il ricorrente ne ha offerte.

5. Con ricorso incidentale condizionato (OMISSIS) lamenta tre vizi in cui sarebbe incorsa la sentenza della corte territoriale: 1) Violazione o falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice a quo ritenuto ammissibile il motivo di impugnazione relativo alla non corretta applicazione dell’articolo 2041 c.c. senza alcun riferimento alle argomentate ragioni con cui il giudice di primo grado aveva fondato la propria decisione e con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nella parte in cui ha statuito il diritto di (OMISSIS) di percepire l’indennita’ di cui all’articolo 2041 c.c.; 2) ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, il resistente lamenta che la corte territoriale non si sia pronunciata su una sua eccezione, pur tempestivamente e validamente proposta, circa l’inesistenza di un negozio fiduciario e degli obblighi che ne sarebbero derivati; 3) ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il resistente deduce la violazione del Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articoli 4 e 7: stante che il rito societario, secondo il quale era stato introdotto il giudizio, prevedeva, nelle norme invocate, precise preclusioni processuali, la corte non avrebbe dovuto consentire a Sandro (OMISSIS) di introdurre un nuovo tema di indagine qual e’ quello dell’esistenza e rilevanza di un preteso negozio fiduciario.

5.1. I resistenti chiedono altresi’ che nella liquidazione delle spese di lite si tenga conto dell’articolo 96 c.p.c., comma 3, per avere il ricorrente ripetutamente sostenuto che (OMISSIS) avesse esplicitamente ammesso l’esistenza di un mandato ricevuto dal padre: circostanza altrettanto ripetutamente negata dal ricorrente nelle proprie memorie successive alla costituzione in giudizio, nella comparsa di costituzione e nella memoria conclusionale depositate in appello.

5.2. Tale domanda, che ben puo’ essere proposta anche in cassazione con controricorso (cfr. Cass. 13/06/1985 n. 3552; Cass. 8/06/2007 n. 13395; Cass. 15/02/2007 n. 3388) risulta, tuttavia, infondata, giacche’ la responsabilita’ aggravata puo’ essere fatta valere a fronte di tutte quelle condotte processuali che, improntate a mere finalita’ dilatorie, comportino pregiudizievoli ricadute sui tempi del processo. Il ricorrente fa, invece, riferimento ad una domanda sia pure tardiva formulata da (OMISSIS) con prima memoria di replica, nella quale sarebbe stata ammessa esplicitamente la sussistenza del rapporto di mandato. Il resistente, invece, riferisce di avere ripetutamente negato la ricorrenza di detto mandato. Puo’ concludersi per l’inesistenza di una responsabilita’ aggravata, data la riconducibilita’ dell’affermazione censurata alla normale dialettica processuale.

6. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

7. Data l’inammissibilita’ del ricorso principale, il ricorso incidentale, “sostanzialmente” condizionato, e’ assorbito per carenza di interesse.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 7000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.