colui che agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza dell’asserito dominio sulla cosa rivendicata, risalendo, anche attraverso i propri danti causa, fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell’usucapione ed, in questo secondo caso, se il possesso e’ contestato dal convenuto, non adempie al suo onere probatorio semplicemente limitandosi a dimostrare che il titolo, o i titoli, risalgono ad un ventennio, ma deve provare di avere, egli e i suoi danti causa, posseduto l’immobile continuativamente dalla data del titolo stesso, salva la presunzione, iuris tantum, di possesso intermedio.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 26 settembre 2018, n. 22910

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28117 – 2014 R.G. proposto da:

(OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliati, con indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che li rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – rappresentati e difesi in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza della corte d’appello di Brescia n. 996 dei 2.7/19.8.2014;

udita la relazione nella camera di consiglio del 3 maggio 2018 del consigliere dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto notificato il 24.9.2004 (OMISSIS) e (OMISSIS) citavano a comparire dinanzi al tribunale di Brescia, sezione distaccata di Breno, (OMISSIS) e (OMISSIS).

Esponevano che erano comproprietari del terreno in Comune di (OMISSIS); che il terreno era senza titolo posseduto dai convenuti.

Chiedevano dichiararsi e darsi atto che il terreno era di loro esclusiva proprieta’ e condannarsi i convenuti all’immediato rilascio.

Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS).

Instavano per il rigetto dell’avversa domanda; in via subordinata e riconvenzionale chiedevano dichiararsi e darsi atto dell’intervenuto acquisto da parte loro per usucapione della proprieta’ del fondo, avendone avuto il possesso per oltre trent’anni.

A seguito della morte di (OMISSIS), riassunto il giudizio, si costituivano l’erede, (OMISSIS) e (OMISSIS).

Con separato atto notificato il 26.10.2007 (OMISSIS), erede di (OMISSIS), e (OMISSIS) convenivano innanzi alla sezione di Breno del tribunale di Brescia (OMISSIS) e (OMISSIS).

Analogamente chiedevano, previa riunione al giudizio dapprima introdotto, dichiararsi il terreno in catasto al foglio (OMISSIS), di loro esclusiva proprieta’ e condannarsi i convenuti al rilascio ed al risarcimento dei danni.

Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS).

Eccepivano l’inammissibilita’ della domanda risarcitoria e dei documenti allegati all’atto di citazione in dipendenza delle preclusioni gia’ maturate nel giudizio in precedenza instaurato.

Instavano per il rigetto dell’avversa domanda; parimenti in via subordinata e riconvenzionale chiedevano dichiararsi l’intervenuto acquisto da parte loro per usucapione della proprieta’ del fondo.

Riuniti i giudizi, con sentenza n. 159/2010 l’adito tribunale rigettava le domande tutte di parte attrice e compensava le spese di lite.

Proponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS).

Resistevano (OMISSIS) e (OMISSIS); esperivano appello incidentale.

Con sentenza n. 996 dei 2.7/19.8.2014 la corte d’appello di Brescia, in parziale accoglimento del gravame principale, dichiarava il terreno in catasto al foglio (OMISSIS), di proprieta’ dei principali appellanti e condannava gli appellati a rilasciarlo; rigettava la domanda di usucapione degli appellati e li condannava alle spese del doppio grado.

Evidenziava la corte che i convenuti non avevano contestato l’originaria appartenenza del bene, sicche’ l’onere probatorio gravante sugli attori si riduceva alla dimostrazione di un valido titolo di acquisto risalente ad epoca anteriore a quella in cui i convenuti avevano assunto di aver iniziato a possedere; che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la nota di trascrizione dell’atto, datato 21.1.1948, di acquisto del terreno da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) costituiva piena prova del relativo contenuto e dunque dell’acquisizione della proprieta’ del cespite da parte degli attori; che conseguentemente l’allegazione in appello, ancorche’ inammissibile, del rogito del 21.1.1948 era del tutto superflua.

Evidenziava la corte in ordine alla domanda riconvenzionale di usucapione spiegata in via subordinata dai convenuti che la dedotta prova per testimoni era da reputar inammissibile in dipendenza della genericita’ ed irrilevanza di fatti capitolati.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS); ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato controricorso contenente ricorso incidentale condizionato, articolato in un unico motivo; hanno chiesto rigettarsi l’avverso ricorso ed, in ipotesi di suo accoglimento, accogliersi il ricorso condizionato.

I ricorrenti hanno depositato controricorso onde resistere all’avverso ricorso incidentale.

Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 948, 2697, 2698 c.c. e articolo 2699 c.c. e segg. nonche’ degli articoli 99, 100 e 113 c.p.c..

Deducono che gli originari attori non hanno assolto l’onere della prova diabolica su di essi incombente.

Deducono in particolare che, contrariamente a quanto assunto dalla corte di merito, hanno reiteratamente e sistematicamente negato l’appartenenza del terreno agli attori in forza di un valido titolo d’acquisto, sia originario che derivativo.

Deducono ulteriormente che non riveste valenza alcuna la circostanza per cui hanno domandato in via riconvenzionale, ben vero subordinata, l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione da parte loro del terreno.

Con il secondo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 948, 2697, 2698 c.c. e articolo 2699 c.c. e segg. nonche’ degli articoli 99, 100 e 113 c.p.c..

Deducono che, contrariamente a quanto assunto dalla corte distrettuale, la nota di trascrizione non costituisce prova piena dell’acquisto a titolo derivativo della proprieta’; che segnatamente la nota di trascrizione non costituisce prova del contenuto dell’atto trascritto e nulla dice in ordine alla provenienza ed alle modalita’ di acquisto del bene; che al contempo la nota non reca indicazione delle generalita’ delle parti, sicche’ non e’ riferibile agli attori con assoluta certezza.

Deducono inoltre che la corte territoriale non ha esplicitato le ragioni per cui la nota di trascrizione costituisce prova idonea dell’acquisto a titolo derivativo della proprieta’.

Con il terzo motivo – formulato in via subordinata – i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 1158 e 2697 c.c., degli articoli 99, 115, 244 e 245 c.p.c. e dell’articolo 24 Cost..

Deducono che ha errato la corte di Brescia a respingere la domanda subordinata di usucapione senza dar ingresso all’articolata prova testimoniale; che invero le capitolate circostanze sono tutt’altro che generiche ed irrilevanti.

Con l’unico motivo i ricorrenti incidentali deducono, qualora si opini per l’inidoneita’ della nota di trascrizione dell’atto di acquisto del terreno, che era appieno ammissibile, siccome indispensabile, la produzione in allegato all’atto di appello del rogito per notar (OMISSIS) in data 21.1.1948.

Il primo motivo del ricorso principale e’ fondato e meritevole di accoglimento.

Il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina degli ulteriori motivi addotti dai principali ricorrenti. Del resto il terzo motivo dell’impugnazione principale risulta espressamente esperito in via subordinata.

Si osserva in primo luogo che colui che agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza dell’asserito dominio sulla cosa rivendicata, risalendo, anche attraverso i propri danti causa, fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell’usucapione ed, in questo secondo caso, se il possesso e’ contestato dal convenuto, non adempie al suo onere probatorio semplicemente limitandosi a dimostrare che il titolo, o i titoli, risalgono ad un ventennio, ma deve provare di avere, egli e i suoi danti causa, posseduto l’immobile continuativamente dalla data del titolo stesso, salva la presunzione, iuris tantum, di possesso intermedio (cfr. Cass. 7.5.1984, n. 2766).

Si osserva in secondo luogo che in tema di azione di rivendicazione, qualora il convenuto non contesti l’originaria appartenenza del bene conteso ad un comune dante causa, l’attore e’ tenuto a provare solamente l’esistenza di un valido titolo di acquisto da parte sua, l’appartenenza del bene al suo dante causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assume di avere iniziato a possedere, nonche’ che tale appartenenza non e’ stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto (cfr. Cass. 18.1.2016, n. 694; Cass. 17.4.2009, n. 9303).

Si osserva in terzo luogo che in tema di azione di rivendicazione l’onere della cosiddetta probatio diabolica, che incombe sull’attore, si attenua quando il convenuto deduca, a scopo difensivo, un titolo di acquisto, quale l’usucapione, che non sia in contrasto con l’appartenenza ai danti causa dell’attore del bene rivendicato, con la conseguenza che detto onere e’ correttamente assolto allorquando l’attore provi che, in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assume di avere iniziato a possedere, il bene e’ appartenuto ai suoi danti causa, che detta appartenenza non e’ stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto e che il bene e’ a lui pervenuto in virtu’ di un valido titolo di acquisto (cfr. Cass. 8.7.1989, n. 3234).

Nel solco dell’insegnamento in primo luogo citato si rappresenta nel caso di specie quanto segue.

Innanzitutto, che gli originari attori erano in premessa senz’altro onerati, quanto meno, della dimostrazione del compimento dell’usucapione in loro favore.

Altresi’, che gli originari convenuti, nel possesso del fondo, tant’e’ che gli originari attori ne hanno chiesto la condanna a rilasciarglielo, hanno subitaneamente disconosciuto l’avverso possesso, allorche’ hanno addotto, specificamente con il capitolo n. 3 dell’invocata prova per testimoni e dell’invocato interrogatorio formale, di aver posseduto in via esclusiva ininterrottamente per oltre trent’anni – il terreno conteso (cfr. al riguardo ricorso, pag. 5).

Conseguentemente, che gli originari attori avrebbero dovuto dimostrare di aver posseduto il mappale (OMISSIS) continuativamente dalla data del titolo, ossia a decorrere dal 21.1.1948, di’ del rogito (OMISSIS), con cui, appunto, (OMISSIS), giusta autorizzazione del giudice tutelare, ebbe ad acquistare per i figli minori (OMISSIS) e (OMISSIS) il terreno de quo agitur.

A tal ultimo riguardo e’ piu’ che pertinente il rilievo dei ricorrenti a tenore del quale – al di la’ dell’asserita allegazione unicamente in seconde cure dell’usucapione – “gli attori non hanno mai (…) provato il possesso ad usucapionem” (cosi’ ricorso principale, pag. 10).

A tal ultimo riguardo e’ piu’ che opportuno rimarcare che ai sensi dell’articolo 1143 c.c. unicamente il possesso attuale, qualora supportato da titolo a suo fondamento, fa presumere il possesso dalla data del titolo.

Nella fattispecie evidentemente l’insussistenza all’attualita’ del possesso in capo agli originari attori vale a rendere inoperante in loro favore la previsione dell’articolo 1143 c.c..

Nel solco dell’insegnamento in secondo luogo citato si rappresenta quanto segue.

Innanzitutto che, al di la’ del rilievo per cui “nella loro memoria di replica ex articolo 184 c.p.c. in data 12.4.2006, i convenuti hanno contestato la nota di trascrizione prodotta dalle controparti il 20.3.2006, perche’ non riferibile agli attori” (cosi’ ricorso principale, pag. 7), e’ innegabile che il dante causa di (OMISSIS) e (OMISSIS) (entrambi in persona della madre, (OMISSIS)), alla stregua del rogito (OMISSIS) del 21.1.1948, di certo non e’ “comune” a (OMISSIS) e (OMISSIS). Tanto, ben vero, a prescindere dal rilievo ulteriore per cui segnatamente con il terzo motivo i ricorrenti principali hanno prospettato che del terreno “se ne sono impossessati autonomamente e l’hanno goduto come proprio, contro chiunque e senza chiedere il permesso a nessuno” (cosi’ ricorso principale, pag. 15).

Altresi’, pur ad ammettere l’appartenenza del bene al dante causa di (OMISSIS) e (OMISSIS) (entrambi in persona della madre, (OMISSIS)) in epoca anteriore a quella in cui gli originari convenuti assumono di avere iniziato a possedere, che e’ indubitabile che gli originari attori non hanno dimostrato che tale appartenenza non e’ stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte degli originari convenuti.

Nel solco dell’insegnamento in terzo luogo citato si rappresenta quanto segue.

Innanzitutto che gli originari convenuti hanno domandato in via riconvenzionale l’accertamento dell’intervenuto acquisto da parte loro per usucapione della proprieta’ del fondo in via rigorosamente subordinata ed in pari tempo hanno caratterizzato il loro titolo originario d’acquisto in contrasto e non “in linea” con l’appartenenza al dante causa degli iniziali attori del bene rivendicato (si ribadisce che i ricorrenti principali hanno prospettato che del terreno “se ne sono impossessati autonomamente e l’hanno goduto come proprio, contro chiunque e senza chiedere il permesso a nessuno”: cosi’ ricorso principale, pag. 15).

Altresi’ che gli originari attori non hanno dimostrato che l’appartenenza del fondo dapprima al loro dante causa non e’ stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte degli originari convenuti.

In questi termini evidentemente nessuna attenuazione del diabolico onere probatorio gravante su (OMISSIS) e (OMISSIS) puo’ essersi determinata e prodotta.

In questi termini evidentemente non puo’ che ribadirsi l’insegnamento a tenor del quale, a fronte del gravoso onere probatorio incombente sull’attore in rei vindicatio, nessun onere probatorio grava sul convenuto, il quale puo’ trincerarsi dietro il “possideo quia possideo” o anche affermare di essere proprietario della cosa medesima, senza che quest’ultima affermazione possa tornare a suo pregiudizio, non implicando di per se’ rinuncia alla posizione vantaggiosa derivantegli dal possesso e non esonerando l’attore dalla prova a suo carico (cfr. Cass. 13.4.1987, n. 3669).

Fondato e meritevole di accoglimento e’ pur il ricorso incidentale condizionato.

E difatti in relazione al disposto dell’articolo 345 c.p.c., comma 3 applicabile nella fattispecie ratione temporis (rileva specificamente la formulazione del comma 3 susseguente alla “novella” di cui alla L. n. 69 del 2009, giacche’ alla data del 4.7.2009 il giudizio de quo pendeva in prime cure; l’appello e’ stato introdotto con citazione notificata il 25.11.2010 (cfr. sentenza d’appello, pag. 7), successivamente al 4.7.2009) esplica esaustiva valenza l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte a tenor del quale nel giudizio di appello costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al Decreto Legislativo n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, quella di per se’ idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (cfr. Cass. sez. un. 4.5.2017, n. 10790).

Su tale scorta si rimarca che, contrariamente all’assunto della corte distrettuale, l’allegazione in appello del rogito in data 21.1.1948 non e’ tout court inammissibile, occorrendo viceversa riscontrarne l’indispensabilita’ nei termini postulati dalle sezioni unite di questa Corte.

In accoglimento e nei limiti del primo motivo del ricorso principale e dell’unico motivo del ricorso incidentale la sentenza n. 996 dei 2.7/19.8.2014 della corte d’appello di Brescia va cassata con rinvio ad altra sezione della stessa corte d’appello.

All’enunciazione – in ossequio alla previsione dell’articolo 384 c.p.c., comma 1 – del principio di diritto – al quale ci si dovra’ uniformare in sede di rinvio – puo’ farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte (il riferimento e’ a Cass. n. 2766/1984; Cass. n. 694/2016; Cass. n. 9303/2009; Cass. n. 3234/1989; Cass. n. 3669/1987, e Cass. sez. un. n. 10790/2017) dapprima citati.

In sede di rinvio si provvedera’ alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

Il ricorso principale ed il ricorso incidentale sono da accogliere. Non sussistono i presupposti perche’, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, i ricorrenti principali ed i ricorrenti incidentali siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’articolo 13, comma 1 bis Decreto del Presidente della Repubblica cit..

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbita la disamina del secondo e del terzo; accoglie l’unico motivo del ricorso incidentale; cassa – in relazione e nei limiti dei motivi accolti – la sentenza n. 996 dei 2.7/19.8.2014 della corte d’appello di Brescia; rinvia ad altra sezione della stessa corte d’appello anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.