ai fini dell’obbligo di segnalazione che incombe sulle banche, il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente o che versino in situazioni sostanzialmente equiparabili, nozione che non si identifica con quella dell’insolvenza fallimentare, dovendosi far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come grave difficoltà economica.

Tribunale Ascoli Piceno, Sezione 1 civile Sentenza 7 gennaio 2019, n. 4

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ASCOLI PICENO

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luisella Lorenzi ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2384/2015 promossa

DA

Ti.Pi. e Al.Do., rappresentati e difesi dall’Avv. Fa.Ol. ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Grottammare (AP), via (…), in virtù di procura in calce all’atto di citazione

Attori – opponenti

CONTRO

Ba.Pi. Credito Cooperativo soc. coop. (già Ba.Tr. – Credito Cooperativo), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Ca.Pi. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Ascoli Piceno, C.so (…), in virtù di procura allegata al decreto ingiuntivo notificato

Convenuta – opposta

Oggetto: azione di accertamento e di ripetizione di indebito in materia di contratti bancari Conclusioni: come rassegnate all’udienza del 28.6.2018.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione regolarmente notificato, il sig. Ti.Pi. e la sig.ra Al.Do. proponevano opposizione al decreto ingiuntivo n. 660 del 10.09.2015 del Tribunale di Ascoli Piceno con il quale i medesimi venivano ingiunti al pagamento, in favore della Ba.Tr. Credito Cooperativo, della complessiva somma di Euro 77.196,35, oltre interessi al tasso del 11,550% dal 27.07.2015 al saldo e alle spese di procedura liquidate, quale saldo debitore del rapporto di conto corrente n. (…) intercorso tra la Ba.Tr. e Ti.Pa., con fideiussione omnibus prestata da Al.Do.

Gli opponenti lamentavano, relativamente al rapporto di c/c e degli affidamenti ad esso collegati, il superamento del tasso soglia d’usura, l’illegittimo anatocismo nella capitalizzazione degli interessi e l’illegittima applicazione di commissioni di massimo scoperto;

eccepivano, inoltre, la violazione degli artt. 118 e 119 TUB relativa allo ius variandi e alla trasparenza bancaria.

In via riconvenzionale chiedevano la condanna dell’Istituto Bancario alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e al risarcimento del danno dovuto in relazione agli artt. 1337, 1338, 1366, 1376 e 2050 c.c. nonché in relazione agli interessi corrisposti oltre il tasso soglia, per l’indebita segnalazione alla Centrale Rischi Interbancaria e, di conseguenza, chiedevano la cancellazione della medesima segnalazione dalla Centrale Rischi ad onere e spese dell’istituto, oltre al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c.

Si costituiva in giudizio la Ba.Tr. impugnando e contestando in fatto ed in diritto i motivi di opposizione e chiedendo il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo emesso, previa concessione della provvisoria esecuzione per la insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, oltre alla condanna ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria.

Respinta la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione, veniva assegnato il termine di gg. 15 per l’espletamento della mediazione obbligatoria ai sensi degli artt. 5 e 6 del D. Lgs. n. 28/2010, con l’invito al mediatore alla nomina di un CTU al fine di redigere un elaborato in base al quale formulare la proposta ex art. 11 del D. Lgs. n. 28/2010, rinviando la causa all’udienza del 21.07.2016.

La proposta conciliativa, basata sull’elaborato della dott.ssa Gi.Li., che prevedeva il pagamento da parte degli opponenti, della somma di Euro 40.957,47 e la compensazione delle spese, veniva accettata dall’istituto bancario ma respinta dai sig.ri Ti. e Al. Concessi i termini di cui all’art. 183, comma 6 c.p.c. e ritenuta la causa matura per la decisione, all’udienza del 28.06.18, previa precisazione delle conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per memorie e repliche depositate da entrambe le parti. L’opposizione proposta è parzialmente fondata per le ragioni che seguono.

Va preliminarmente respinta l’eccezione sollevata da parte opponente relativa alla nullità del decreto ingiuntivo per insufficienza, incompletezza e contraddittorietà della documentazione posta a sostegno del ricorso.

E’ giurisprudenza unanime e costante che in fase monitoria è sufficiente, per la prova scritta del credito della banca, l’estratto di saldaconto ex art. 50 T.U.B. Mentre nel presente giudizio a cognizione piena parte opposta ha assolto all’onere probatorio del credito, su di lei incombente, mediante la produzione di tutti gli estratti conto del rapporto di c/c n. (…) dal 1997 (inizio del rapporto) al 2015 (chiusura del rapporto), la lettera di apertura del suddetto conto corrente, il contratto di apertura di credito al salvo buon fine, la comunicazione di aumento di apertura di credito in c/c ed inoltre la fideiussione omnibus, la relativa dichiarazione integrativa e la raccomandata con la quale veniva risolto il contratto di conto corrente e revocati gli affidamenti.

Sul merito delle domande e doglianze di parte attrice, questo giudice ritiene di fare propri gli accertamenti eseguiti dalla CTU dott.ssa Gi.Li., in quanto la perizia sviluppata in sede di mediazione ed acquisita al presente giudizio appare corretta e priva di vizi logici e giuridici.

Quanto alla legittimità delle clausole che contemplano le commissioni di massimo scoperto è giurisprudenza di legittimità e merito ormai consolidata quella che ne ritiene la validità sotto il profilo causale in quanto correlate ad un servizio che, ancorché previsto nel contratto, è estraneo alla causa delle operazioni ordinariamente regolate in conto corrente.

Sotto il profilo della sua legittimità invece la c.s.m. deve essere valutata con riferimento alle modalità della sua pattuizione, in termini di determinatezza o determinabilità dell’oggetto, ai sensi dell’art. 1346 c.c.

Quindi, in assenza di univoci criteri di determinazione del suo importo, la relativa pattuizione va ritenuta nulla, con diritto del correntista alla ripetizione di quanto indebitamente versato.

Infatti, al pari di ogni altra pattuizione contrattuale, detta commissione deve essere determinata o, almeno, determinabile al momento in cui il contratto è stato concluso.

Nella specie, il contratto concluso dalle parti non reca tutti i parametri per il suo conteggio, contenendo solo la percentuale applicabile pari a 0,250% ma non la base di calcolo. Conseguentemente tutti gli addebiti a detto titolo vanno espunti dal conteggio, come correttamente effettuato dal CTU.

Questi, inoltre, ha verificato l’addebito al correntista da parte della banca, a partire dal II trimestre 2012, di somme a titolo di “commissioni sul fido” per un importo pari ad Euro 4.899,82, calcolate in percentuale sull’accordato.

Detto importo è stato anch’esso correttamente stornato dal ricalcolo effettuato, in quanto parte opposta non ha dato prova di aver inviato al correntista la comunicazione prevista dall’art. 118 TUB, riguardante l’avvenuto adeguamento del contratto in essere a quanto previsto dall’art. 117-bis TUB ed ai sensi del decreto ministeriale n. 644/2012 in materia di commissioni. Va rilevato, infatti, sul punto che la produzione di lettere di comunicazione recanti come destinatario il correntista (cfr. all. 17) non soddisfano, come dedotto da parte opposta, il requisito di cui agli artt. 117-118 TUB in difetto della prova della loro ricezione, stante la contestazione dell’opponente.

Quanto alla capitalizzazione degli interessi, la lettera di apertura di c/c del 28.10.1997 prevede un diverso regime di capitalizzazione per il correntista: annuale per quelli a credito e trimestrale per quelli a debito. Risulta, però, che la Banca, ottemperando a quanto previsto dalla Delibera CICR del 9.2.2000, ha provveduto a pubblicare nella Gazzetta ufficiale ed a comunicare al correntista, nell’estratto conto al 30.06.2000 in atti, l’adeguamento delle disposizioni in essa previste per i contratti in essere dalla data della sua entrata in vigore.

L’adeguamento in tal modo effettuato non è, però, sufficiente affinché possa ritenersi applicabile il regime di capitalizzazione trimestrale, aderendosi all’orientamento giurisprudenziale largamente maggioritario e seguito anche da questo Tribunale (Tribunale di Ascoli Piceno, 10 giugno 2016, n. 688, conforme Tribunale di Torino, 2 luglio 2015) che ritiene che il passaggio da una clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori nulla per contrasto con l’articolo 1283 c.c. ad una clausola di capitalizzazione trimestrale in regime di reciprocità, non potrebbe mai configurare condizione migliorativa per il correntista in forza di una stretta applicazione del principio quod nullum est nullum producit effectum; pertanto solo la specifica approvazione scritta della clausola di capitalizzazione in regime di reciprocità potrebbe legittimare l’anatocismo nei rapporti di conto corrente ancora in essere alla data di entrata in vigore della Delibera CICR 9 febbraio 2000 (art. 7, comma terzo).

Rilevata, nel caso de quo, l’assenza di un’espressa approvazione da parte del sig. Ti. – parte opposta deduce l’invio delle comunicazioni di modifica ex art. 118 TUB ma senza fornire prova della ricezione -, si aderisce al calcolo rideterminativo del saldo del c/c in oggetto effettuato dalla dott.ssa

Liboni, espungendo la commissione di massimo scoperto e le commissioni non pattuite ed applicando gli interessi convenzionali in regime di capitalizzazione semplice (e non trimestrale) per tutto il periodo di riferimento, anche successivo all’entrata in vigore della delibera del CICR del 9.2.2000.

Quindi a seguito del ricalcolo eseguito dal CTU le competenze indebite sul c/c in contestazione ammontano ad Euro 36.238,88 con un conseguente saldo a debito del correntista, al momento della sua chiusura, pari ad Euro 40.957,47 in luogo di quello di Euro 77.196,35 ingiunto su ricorso della Banca Tr.

Conseguentemente, avendo la banca fornito la piena prova del credito fatto valere depositando nella fase monitoria l’estratto conto certificato ex art. 50 TUB ed il contratto e, nel presente giudizio, tutti gli estratti conto, la stessa deve essere riconosciuta creditrice della predetta somma a cui andranno addizionati, a far data dal 27.7.2015 e sino al saldo, gli interessi come liquidati nel decreto ingiuntivo opposto che, nella parziale fondatezza dell’opposizione, andrà, comunque revocato.

Passando ad esaminare la domanda riconvenzionale formulata da parte opponente relativa al risarcimento danni per la segnalazione dei sig.ri Ti. e Al. in Centrale Rischi, la stessa va rigettata perché infondata.

Secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, “ai fini dell’obbligo di segnalazione che incombe sulle banche, il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente o che versino in situazioni sostanzialmente equiparabili, nozione che non si identifica con quella dell’insolvenza fallimentare, dovendosi far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come grave difficoltà economica” (Cass. civ. 10 ottobre 2013, n. 23093 e Cass. civ. 12 ottobre 2007, n. 21428).

Nella specie, i sig.ri Ti. e Al. venivano segnalati dall’Istituto bancario il quale provvedeva in tal senso poiché:

– in data 11.09.2014, aveva inviato al Ti., con raccomandata a.r., richiesta di rientro dallo sconfinamento al momento pari ad Euro 5.311,52, in data 20.05.2015 richiesta di restituzione della somma di Euro 74.170,93 ed infine in data 17.06.2015 ulteriore richiesta di rientro delle somme dovute; le stesse rimanevano inevase;

– lo stesso Ti. aveva una precedente segnalazione “a sofferenza” verso altro istituto di credito che ad agosto 2014 ammontava ad Euro 48.333,00 e successivamente aumentava ad Euro 52.480,00. È pertanto pacifica l’esistenza di un’apprezzabile difficoltà economica meritevole di segnalazione. Non si ravvisano, quale conseguenza della suddetta segnalazione, né una lesione della libertà d’impresa né una limitazione di programmare liberamente le scelte d’investimento, come asserite da parte opponente, posto che la segnalazione è legittima ed effettuata in conformità alla normativa bancaria e alle istruzioni della Banca d’Italia e parte opponente ha avuto tutto il tempo necessario per provvedere al risanamento della propria posizione debitoria.

Conseguentemente va respinta la domanda risarcitoria di danno non patrimoniale collegato alla illegittima segnalazione (che tale non è) e di non meglio precisati danni morali conseguenti al “coinvolgimento in una vicenda di usura” e per lesione della buona fede contrattuale dovuta all’improvvisa chiusura dei rapporti, attesa la legittimità del comportamento dell’istituto bancario conforme alle norme contrattuali vigenti fra le parti.

Quanto infine alle domande spiegate dalla garante, sig.ra Al., relative alla illegittimità della fideiussione e, poi, nullità della stessa, va rilevato quanto segue.

L’illegittimità è censurata in citazione solo sotto il profilo degli illegittimi addebiti da parte della banca sul c/c del debitore principale; detta allegazione è, però, del tutto generica e non trova fondamento e supporto in alcuna normativa. Dopodiché parte attrice, nella prima memoria ex art. 183, 6 comma c.p.c., ha ulteriormente eccepito che il contratto di fideiussione omnibus era nullo in quanto sottoscritto solo dalla Al.

Al di là che l’eccezione potrebbe essere inammissibile in quanto tardivamente proposta, essa appare certamente infondata.

Risulta in atti che la banca opposta ha prodotto sia nella fase monitoria che nel presente giudizio, oltre alla copia delle fideiussioni firmate dalla Al. in data 28.10.1997 e 10.2.1998 anche quella con la firma del funzionario dell’Istituto di credito.

E per giurisprudenza unanime e costante nel contratto per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam non è necessaria la simultaneità della sottoscrizione dei contraenti e la produzione in giudizio della scrittura da parte di chi non l’ha sottoscritta realizza un valido equipollente della sottoscrizione mancante, purché la parte che ha sottoscritto non abbia revocato il proprio consenso o non sia deceduta (così Cass. civ. n. 5919/2016; Cass. civ. n. 22223/2006, ecc.).

Poiché non risulta che la sig.ra Al. abbia mai revocato il proprio consenso né risulta deceduta, la fideiussione dalla stessa prestata è da ritenersi valida ed efficace.

Infine in sede di comparsa conclusionale parte attrice – opponente ha rilevato la nullità della stessa fideiussione omnibus alla luce dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 29810/2017, in tema di violazione della normativa antitrust.

La domanda è inammissibile in quanto tardivamente proposta, trattandosi di nullità relativa da eccepirsi tempestivamente.

Per quanto attiene le spese di lite, relative al presente giudizio e alla fase monitoria, ritiene il giudicante che, in considerazione della parziale reciproca soccombenza, e della mancata accettazione della proposta ex art. 185 bis c.p.c. da parte degli opponenti, le stesse vadano integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Ascoli Piceno, in composizione monocratica, nella persona della Dott.ssa Luisella Lorenzi, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore istanza e/o eccezione assorbita o disattesa, così provvede:

– revoca il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Ascoli Piceno n. 660/2015;

– accerta che il rapporto contrattuale bancario di cui è causa presenta – alla data di chiusura del c/c e in conseguenza delle depurazioni negoziali e contabili meglio descritte in motivazione – un saldo pari ad Euro 40.957,47 in favore della banca convenuta-opposta e, per l’effetto,

– condanna Ti.Pa. e Al.Do. al pagamento in favore della banca convenuta-opposta della somma di Euro 40.957,47, oltre interessi al tasso convenzionale dal 27.7.2015 al saldo;

– respinge ogni altra domanda di parte attrice-opponente;

– compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio e della fase monitoria.

Così deciso in Ascoli Piceno il 5 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il 7 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.