il fatto che una strada risulti “molto sconnessa, con altre buche e rappezzi” non costituisce, di per sé, un’esimente per l’ente pubblico, anche perché un comportamento disattento dell’utente non è astrattamente ascrivibile al novero dell’imprevedibile. Altrimenti opinando dovrebbe ritenersi che, quanto più un ente pubblico mantenga le proprie strade in una situazione di incuria e di dissesto, tanto più lo stesso ente vada esente da responsabilità, dovendosi far carico solo all’utente tutte le conseguenze del dissesto stradale.

Tribunale|Benevento|Sezione 1|Civile|Sentenza|21 maggio 2021| n. 1134

Data udienza 13 maggio 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI BENEVENTO

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Giudice del Tribunale di Benevento, dott.ssa Ida Moretti, in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al numero 488 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2016, avente ad oggetto risarcimento danni, trattenuta in decisione all’udienza del 13/11/2020 e vertente

TRA

(…), nato il (…) a (…) del M. T. (B.), CF: (…), e (…), nato il (…) a B. (B.), CF: (…), entrambi residenti in (…) del M. T. (B.) alla Via N. B. snc, rappresentati e difesi dagli Avv.ti CA.EM. CF: (…) e BR.AS. CF: (…) ed elettivamente domiciliati presso lo studio sito in Campoli del Monte Taburno (BN) alla via (…)

Attori

E

COMUNE DI CAUTANO, in persona del Sindaco p.t., con sede in Cautano (BN) alla Via (…) alla Piazza (…), P. IVA (…), autorizzato a stare in giudizio giusta determina n. 16 della Giunta Comunale del Comune di Cautano del 17.02.2016, rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine dell’atto introduttivo, dall’avv. VI.GE. CF: (…)

Convenuto

FATTO

Con atto di citazione regolarmente notificato, i sig.ri (…) e (…) convenivano in giudizio il COMUNE DI CAUTANO al fine di vederlo condannare, ai sensi dell’art. 2051 c.c., al risarcimento dei danni cagionati dal sinistro occorso lungo la (…) Vitulanese in data 31.08.2011.

Secondo la ricostruzione attorea, infatti, in tale data il sig. (…), a bordo del ciclomotore Piaggio Verso X9 250 targato (…), di proprietà del sig. (…), percorreva la (…) Vitulanense quando, giunto all’incrocio con via L. finiva con la ruota anteriore in una buca non visibile e non segnalata. A seguito del sinistro la motocicletta riportava danni alla carrozzeria, mentre il conducente riportava lesioni personali a seguito della sua caduta a terra.

Si costituiva in giudizio il COMUNE DI CAUTANO, chiedendo il rigetto dell’avversa domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto. In particolare, il convenuto eccepiva la totale assenza del nesso di causalità tra il fatto e l’evento lesivo, alla luce della visibilità della buca e della condotta imprudente del conducente, che avrebbe viaggiato a velocità eccessivamente elevata, e chiedeva pertanto il rigetto dell’avversa domanda stante l’esclusiva responsabilità del sig. (…) nella causazione del sinistro.

Espletata la prova testimoniale e la CTU medico – legale, all’udienza del 13.11.2020 il G.I. assegnava alle parti i termini per la precisazione delle conclusioni, riservandosi di adottare all’esito la propria decisione. In tal sede, parte convenuta sollevava eccezione di difetto di legittimazione passiva, essendo la strada in cui si sarebbe verificato l’evento di proprietà della Provincia di Benevento e non comunale; parte attrice replicava definendo tale eccezione inammissibile (in quanto essa sarebbe stata proposta solo in sede conclusionale e non nel corso del giudizio, ledendo in tal modo il proprio diritto al contraddittorio sul punto) ed infondata (perché sconfessata dalla condotta processuale del Comune, il quale avrebbe impostato la propria difesa sulla base della titolarità del rapporto giuridico controverso, condotta incompatibile con la successiva eccezione di legittimità passiva).

DIRITTO

In via preliminare occorre soffermarsi sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da parte convenuta in sede di precisazione delle conclusioni e contestata da parte attrice, la quale sostiene che la stessa sarebbe stata proposta in maniera tardiva ed irrituale nonché in maniera tale da ledere il proprio diritto di difesa ed il principio del contraddittorio.

A questo proposito, appare necessario premettere che il dibattito in merito alla qualificazione giuridica dell’eccezione in esame ed alla sussistenza di eventuali termini per la sua proposizione ha visto per lungo tempo gli operatori del diritto contrapporsi su due distinte posizioni:

secondo un primo orientamento, a lungo maggioritario, la contestazione della titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio costituisce un’eccezione in senso tecnico, che deve essere introdotta nei tempi e nei modi previsti per le eccezioni di parte a pena di decadenza;

un altro orientamento, invece, ha preferito optare per una ricostruzione dell’eccezione nei termini di una mera difesa, proponibile in ogni stato e grado del procedimento senza preclusioni di sorta.

Tale contrasto trovava espressione anche in seno alla giurisprudenza di legittimità, motivo per cui nell’anno 2016 le Sezioni Unite, su impulso della Terza Sezione, hanno pronunciato la fondamentale sentenza n. 2951 del 16/02/2016, chiarendo in tal modo la distinzione tra titolarità del rapporto controverso e legittimazione ad agire in giudizio.

In questa sede, i Giudici di legittimità affermano espressamente che “la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne il titolare. La sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d’ufficio dal Giudice”.

Ove la parte convenuta si limiti a contestare le affermazioni dell’attore circa la titolarità del rapporto controverso, la sua condotta processuale assume i connotati di una mera difesa la quale, per sua natura, non è soggetta ad alcun tipo di preclusione, ben potendo essere sollevata per la prima volta anche in appello o in sede di ricorso in Cassazione;

diversamente, ove il medesimo scopo sia perseguito attraverso l’allegazione di fatti impeditivi, modificativi ed estintivi non rilevabili dagli atti di causa, sarà a questi ultimi che dovrà essere riferito il rispetto delle preclusioni all’uopo fissate dal Legislatore, trattandosi in questo caso di eccezioni in senso stretto non rilevabili d’ufficio dal Giudice.

L’orientamento espresso dal Supremo consesso nomofilattico ha trovato plurime conferme nelle successive pronunce di legittimità anche recenti (ex plurimis, Cass. Civ., sez. I, n. 21235 del 09.08.2019), motivo per cui esso può pacificamente ritenersi valevole anche ai fini del presente giudizio.

Ciò detto, nel caso di specie, nessun accoglimento può trovare la contestazione attorea relativa alla tardività ed irritualità dell’eccezione sollevata dalla controparte, dal momento che essa non ha allegato alcun fatto bisognoso di prova bensì ha richiamato il disposto dell’art. 2 co. 7 del Codice della Strada, ai sensi del quale “Sono comunali le strade urbane di scorrimento, di quartiere e locali che ricadono all’interno del centro abitato delimitato con popolazione superiore ai diecimila abitanti, mentre sono tratti interni di strade statali, regionali e provinciali quelle che sono delimitate all’interno di un centro abitato con popolazione inferiore ai diecimila abitanti”;

il convenuto ha operato nel pieno rispetto delle coordinate stabilite dalla prevalente giurisprudenza sull’argomento, motivo per cui la contestazione deve reputarsi in via pregiudiziale ammissibile e perciò suscettibile di valutazione in punto di fondatezza. Anche il rilievo della violazione del diritto di difesa non può trovare seguito, dal momento che gli stessi attori, nella loro comparsa di replica, risultano aver estensivamente argomentato in merito all’eccezione sollevata dalla controparte, integrando così l’originaria carenza di contraddittorio sul punto.

Premessa, dunque, la necessità di affrontare la questione sollevata nel merito, il Comune di Cautano richiama la summenzionata norma del Codice della Strada ponendola in relazione alla qualifica di via L. come strada di collegamento con il Comune di Campoli Monte Taburno e pertanto, ai sensi del co. 7 del medesimo articolo, di proprietà della Provincia di Benevento anche se inclusa entro il perimetro abitativo del Comune.

Nella loro memoria di replica gli attori hanno ribattuto a tale affermazione sostenendo che, nonostante il Comune non sia proprietario della strada, nondimeno lo stesso avrebbe posto in essere delle attività di manutenzione della stessa, evidenziando così la sussistenza di funzioni di custodia in capo all’ente comunale anche in ragione della collocazione della strada all’interno dei confini del centro abitato.

Sul punto, occorre in prima battuta rilevare che le prove documentali prodotte da parte attrice nella sua memoria di replica (screenshot dell’albo pretorio del Comune di Cautano tratti dal sito www.trasparenzapa.it) sono da ritenersi inammissibili ai fini della presente decisione in quanto presentate oltre i termini previsti dall’art. 183, VI co c.p.c.

Nondimeno, l’affermazione secondo cui il Comune avrebbe nei fatti esercitato un effettivo potere di custodia sul bene, oltre a costituire una replica a quanto argomentato dal convenuto in sede conclusionale, non risulta essere stata da quest’ultimo espressamente e puntualmente contestata, posto che questi non ha negato di aver disposto la chiusura di via L., ma ha nuovamente ribadito di non esserne proprietario alla luce della normativa vigente. Trova pertanto applicazione il disposto dell’art. 115 c.p.c. modificato dalla L. n. 69 del 2009 ai sensi del quale “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”.

Secondo consolidata giurisprudenza, ciò che rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 2051 c.c. non è la proprietà sul bene bensì l’esistenza di un potere di fatto sulla cosa quale, appunto, la custodia, intesa come potere di controllo sulla stessa da cui deriva la capacità di eliminare i pericoli da essa derivanti. Per questi motivi, e tenuto anche in debita considerazione che il Comune di Cautano nulla ha argomentato in merito alla propria carenza di legittimazione passiva nel corso dell’istruttoria dibattimentale, non può trovare accoglimento la richiesta di estromissione dal giudizio da questi argomentata nella propria comparsa conclusionale.

Sgomberato il campo dalle questioni preliminari ostative ad una decisione nel merito della controversia, ci si sposta ora alla disamina della domanda attorea sotto il profilo dell’an debeatur.

Sul punto appare in primo luogo opportuno richiamare la recente ordinanza della Cassazione (correttamente indicata da parte attrice) che ha chiarito:

“In tema di responsabilità, quale custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., dell’ente proprietario di una strada, ai fini della prova liberatoria che quest’ultimo deve fornire per sottrarsi alla propria responsabilità occorre distinguere tra la situazione di pericolo connessa alla struttura ed alla conformazione della strada e delle sue pertinenze e quella dovuta ad una repentina e imprevedibile alterazione dello stato della cosa, poiché solo in quest’ultima ipotesi può configurarsi il caso fortuito, in particolare quando l’evento dannoso si sia verificato prima che il medesimo ente proprietario abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con diligenza per tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile condizione di pericolo determinatasi (Sez. 3 – , Ordinanza n. 11096 del 10/06/2020).

Orbene, nel caso in esame dalla documentazione fotografica allegata già all’atto di citazione e dalle dichiarazioni testimoniali raccolte, appare evidente che la situazione di pericolo era connessa alla struttura ed alla conformazione della strada ed era tale da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (cfr. sul punto Cass. sez. III n. 6306 del 13.3.2013 e, nello stesso senso, ex multis, anche Cass. sez. III n. 2660 del 5.2.2013).

All’udienza del 9.6.2017, infatti, entrambi i testi (pur intervenuti sui luoghi subito dopo il sinistro) confermavano il luogo del sinistro come indicato nell’atto di citazione; in particolare, il teste (…) dichiarava: “stavo imboccando la Via L., dopo aver percorso la provinciale vitulanese, quando ho trovato (…) a terra con il motorino”; aggiunge altresì: “preciso di aver trovato (…) a 50 mt dopo la via Provinciale, non saprei dire se prima o dopo la curva”, mentre il teste (…) dichiarava “ho “soccorso” la moto che era a terra in Via L., a circa 150/200 mt dallo svincolo”.

Dalla comparazione delle due testimonianze emerge che, al momento in cui i due testi intervenivano sul posto (si rammenti che il sig. (…) afferma espressamente di aver visto il sig. (…) soccorrere l’attore), il sig. (…) si trovava a 50 mt dall’imbocco di Via L., mentre la sua moto si trovava a terra a 150/200 mt di distanza dal medesimo punto. Viste le circostanze del caso di specie, appare pienamente verosimile che, a seguito della caduta lamentata dall’attore, il motoveicolo abbia proseguito la sua corsa fino ad arrestarsi nel punto in cui è stato recuperato dal sig. P., mentre il conducente sarebbe rimasto fermo nel punto in cui è stato soccorso dal sig. (…).

Deve, pertanto, concludersi che il sinistro è avvenuto presso il punto in cui il conducente è stato soccorso e dunque lungo Via L., più specificamente entro i 50 mt dall’incrocio tra questa e la (…) Vitulanense.

Orbene, dalla documentazione fotografica allegata sub 2 da parte attrice, risulta che l’imbocco di Via L. (luogo del sinistro) versava in condizioni di palese dissesto, come desumibile dalla presenza di numerose buche, anche di considerevoli dimensioni, e dalla disconnessione del manto stradale in più punti della carreggiata. Il teste (…), del resto, sul punto aveva affermato: “la strada era piena di buche”; “Sui luoghi c’erano tante buche, se scansi una buca, ne prendi un’altra”; l’imbocco della strada interessata dal sinistro, inoltre, è collocata in corrispondenza di un incrocio, circostanza che rende detto dissesto meno visibile per il conducente.

Alla data del sinistro, quindi, il tratto di strada interessato dall’evento dannoso oggetto del presente giudizio versava in condizioni di grave dissesto, tali da costituire un concreto pericolo per gli utenti della stessa. La circostanza non è contestata bensì è riconosciuta dallo stesso convenuto nelle sue memorie di replica, così come risulta altresì confermata la circostanza secondo cui la strada sarebbe stata in più occasioni chiusa per lavori, conformemente a quanto affermato sia dall’attore in sede di interrogatorio formale (“in passato avevo percorso quella strada, ma erano parecchi mesi che non la percorrevo più perché era chiusa”), sia dal teste (…) (“quella strada viene continuamente chiusa”).

La III Sezione della Corte di Cassazione, in relazione ad un caso per più versi analogo a quello di cui al presente giudizio (sinistro dovuto a buca su strada dissestata), ha affermato il seguente principio applicabile anche al caso in esame: “il fatto che una strada risulti “molto sconnessa, con altre buche e rappezzi” non costituisce, di per sé, un’esimente per l’ente pubblico, anche perché un comportamento disattento dell’utente non è astrattamente ascrivibile al novero dell’imprevedibile. Altrimenti opinando … dovrebbe ritenersi che, quanto più un ente pubblico mantenga le proprie strade in una situazione di incuria e di dissesto, tanto più lo stesso ente vada esente da responsabilità, dovendosi far carico solo all’utente tutte le conseguenze del dissesto stradale” (Cass. civ. sez. III, 29/07/2016 n. 15761).

Il CTU medico – legale – infine – riferiva, a pag. 4 e nello specifico alla voce “Considerazioni medico – legali”, che “Esiste un nesso valido tra la lesione ed i riscontri documentali e clinici disponibili”, rilevando altresì che “I disturbi attualmente lamentati dall’esaminando possono considerarsi compatibili con le lesioni riportate nel sinistro in oggetto”.

Ciò premesso, per giurisprudenza pacifica di legittimità che si condivide, “Il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d’appello, che aveva escluso la responsabilità dell’ente proprietario della strada, sul presupposto che la buca presente sul manto stradale, che aveva determinato la caduta del ciclomotore dell’attrice, si presentava ben visibile in quanto di apprezzabili dimensioni, non ricoperta da materiale di sorta e collocata al centro della semicarreggiata percorsa dall’attrice, nell’ambito di un più ampio tratto stradale dissestato e sconnesso). (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27724 del 30/10/2018, ex multis).

Provato il nesso causale con le citate dichiarazioni testimoniali, la prova documentale e la CTU, quindi, sarebbe stato onere di parte convenuta provare la sussistenza di un caso fortuito, prova che non veniva fornita nel caso in esame.

In merito alla determinazione del quantum risarcitorio, quindi, per quanto attiene alle lesioni personali lamentate dall’attore si richiama quanto accertato in sede di CTU medico – legale. In essa il perito incaricato, rispondendo ai quesiti conferiti, ha ricostruito le condizioni cliniche del sig. (…) al momento del sinistro, nonché la cronologia delle visite specialistiche alle quali lo stesso è stato sottoposto e le relative osservazioni fino al momento della guarigione.

Premesso che, alla voce “Anamnesi/Esame obiettivo” l’incaricato riporta che nessun precedente traumatico risulta riferito prima del sinistro, dalla CTU emerge che, a seguito dell’evento dannoso, il conducente riportava “contusioni escoriate multiple per il corpo, escoriazioni MF piede dx. Contusione costale dx”. A causa di un aggravio della patologia, a partire dal 26.09.2011 il paziente era costretto a sottoporsi a multiple sedute di camera iperbarica. Infine, in data 20.12.2011 il paziente veniva dichiarato clinicamente guarito con postumi valutati come “esiti di lesione cartilaginea di piccola estensione e pregiudizio estetico lievissimo al 1 metatarso post traumatica”.

A pagina 6 il consulente incaricato fornisce la seguente valutazione del danno dal punto di vista medico – legale: I.T.A. al 75% per gg. 87, I.T.P. al 50% per gg. 24 e I.P. pari a 4%.

Alla luce di quanto premesso, facendo riferimento, in assenza di un intervento legislativo che uniformi i criteri risarcitori a livello nazionale (non trovando applicazione al caso in esame l’art. 139 del Codice dell’Assicurazione, non estensibile per analogia – cfr. Cass. n. 12408 del 7.6.2011), alle tabelle di liquidazione del danno biologico predisposte dal Tribunale di Milano per il 2021 (approvate il 10.3.2021), che oramai da tempo vengono regolarmente utilizzate da questo Tribunale così come dalla maggior parte degli uffici giudiziari italiani e la cui applicazione è resa ormai obbligatoria dalla sentenza n. 12408/2011 della Suprema Corte a (…) vanno riconosciute le seguenti somme:

– Euro 5.089,00 a titolo di danno non patrimoniale derivante da lesione permanente dell’integrità psico-fisica (considerando 4 punti per una persona di 58 anni, all’epoca del sinistro),

– Euro 7.647,75 a titolo di danno biologico temporaneo (così suddiviso: Euro 6.459,75 per 87 gg di ITP al 75%, Euro 1.188,00 per 24 gg di ITP al 50%, calcolato tenendo conto del fatto che l’importo liquidabile pro die, in base alle citate tabelle, è pari ad Euro 99,00) per un totale di Euro 12.736,75, somma già rivalutata all’attualità, in quanto calcolata applicando i valori aggiornati al 2021, ragion per cui non si ritiene di dover applicare anche la rivalutazione. Sul punto occorre precisare che l’attore non provava in alcun modo di aver subito un ulteriore danno (superiore rispetto alla rivalutazione già applicata) e, anzi, a ben vedere il decorso del tempo ha consentito allo stesso di avvantaggiarsi di una maggiore rivalutazione (applicando, infatti, le tabelle risalenti all’epoca del fatto il danno biologico permanente sarebbe stato valutato meno).

Occorre, inoltre, riconoscere a (…) anche il rimborso delle spese mediche come documentate e ritenute congrue dal CTU per un totale di Euro 183,12.

Alla luce delle note pronunzie della Cassazione a Sezioni Unite (nn. 26972 e ss dell’11.11.2008, ribadite da ultimo anche da Cass., sez. III, del 26.5.2011 n. 11609), il danno biologico ha una portata tendenzialmente omnicomprensiva (confermata dalla definizione normativa adottata dal d.lg. n. 209/2005 “per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente dell’integrità psico – fisica della persona, suscettibile di valutazione medico – legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico – relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”), per cui le Sezioni Unite (citate) hanno più volte sottolineato l’importanza di una adeguata personalizzazione delle note tabelle nella liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza (cfr. in particolare il punto 4.9 comune alle sentenze, che in realtà richiama le precedenti pronunzie della sezione III, quali la n. 8292 del 31.3.2008 e, ex multis, di recente anche Cass. sent. n. 901/2018).).

Alla luce delle citate Sentenze di San Martino, considerato che l’attore non provava in alcun modo ulteriori danni (ad esempio limitazioni ad eventuali attività extrascolastiche o alla propria vita di relazione o una particolare sofferenza interiore o un mutamento in pejus della propria vita quotidiana), si ritiene di non dover liquidare null’altro, oltre al danno biologico come già liquidato.

A tale liquidazione, va infine aggiunta anche la liquidazione dei danni subiti dal ciclomotore, così come provati in corso di causa con il preventivo della (…) srl (allegato 3 all’atto di citazione), che veniva confermato dalle dichiarazioni testimoniali rese da (…) (amministratore della (…) srl) all’udienza del 21.3.2018.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo alla luce del D.M. n. 55 del 2014.

P.Q.M.

il Tribunale di Benevento, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

1) In accoglimento della domanda attorea CONDANNA il COMUNE DI CAUTANO al pagamento, in favore di (…) di Euro 12.736,75 quale risarcimento del danno biologico patito ed Euro 183,12, quale rimborso delle spese mediche, oltre interessi come per legge dalla data della messa in mora al soddisfo;

2) In accoglimento della domanda attorea CONDANNA il COMUNE DI CAUTANO al pagamento, in favore di (…) di Euro 1.081,01 per il danno patrimoniale subito, oltre interessi come per legge dalla data della messa in mora al soddisfo;

3) CONDANNA il COMUNE DI CAUTANO al rimborso delle spese di lite direttamente in favore dell’avv. CAPORASO EMILIA (dichiaratasi antistataria) che si liquidano in complessivi Euro 5.099,00 (di cui Euro 264,00 per C.U. e diritti, Euro 875,00 per la fase di studio, Euro 740,00 per la fase introduttiva, Euro 1.600,00 per la fase istruttoria ed Euro 1.620,00 per la fase decisionale), oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettario come per legge;

4) Pone le spese relative alla CTU, come già liquidate, definitivamente carico del Comune soccombente.

Così deciso in Benevento il 13 maggio 2021.

Depositata in Cancelleria il 21 maggio 2021.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.