in presenza di una clausola nulla (o come tale valutata dal giudice di merito), il pagamento effettuato dal soggetto che se ne era assunto (invalidamente) l’obbligo, e’ pur sempre qualificabile come adempimento del contratto, tale da legittimare la restituzione del versato in applicazione dei principi dell’indebito oggettivo.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 3 settembre 2018, n. 21550

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21206/2014 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso quest’ultima in (OMISSIS).

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS).

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 338/2013, depositata il 16.9.2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 5.2.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia che, in parziale accoglimento dell’appello della resistente, ha respinto la domanda di ripetizione dell’indebito formulata in primo grado dal (OMISSIS), regolando le spese.

Il ricorrente aveva adito il tribunale di Perugia, sezione di Foligno, esponendo che con contratto del 1.9.1994 aveva collocato la propria madre presso una casa di riposo gestita dall’Opera (OMISSIS); che la clausola sub 4) della scrittura, ove prevedeva la preventiva accettazione di tutti gli eventuali aumenti della retta successivamente determinati dall’amministrazione dell’ente, era nulla per indeterminabilita’ dell’oggetto, con conseguente diritto alla restituzione delle somme versate per dette maggiorazioni.

Il Tribunale ha accolto la domanda di ripetizione ma, su appello dell’Opera (OMISSIS), la sentenza e’ stata integralmente riformata, con rigetto dell’azione di rimborso.

Ha ritenuto la Corte territoriale che, nonostante l’invalidita’ della clausola impugnata, il pagamento fosse comunque dovuto e cio’ in base ad un accordo tacito modificativo del contratto in punto di determinazione del corrispettivo, cui l’attore aveva aderito mediante il pagamento del dovuto senza alcuna contestazione e senza sciogliersi dal contratto anticipatamente.

Avverso detta pronuncia il ricorrente ha formulato due motivi di censura, illustrati con memorie.

L’Opera (OMISSIS) ha depositato controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la violazione degli articoli 1321, 1325, 1326, 1372, 1373, 1453 e 1469 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte avrebbe ritenuto il perfezionamento di un accordo modificativo dell’originario contratto di ricovero sulla base dell’avvenuto pagamento delle maggiorazioni della retta senza che il ricorrente avesse esercitato il recesso dal contratto, non considerando che accordi modificativi possono perfezionarsi solo sulla base di condotte inequivoche, mentre il pagamento era riferibile proprio all’adempimento della clausola nulla.

Con il secondo motivo si censura la violazione dell’articolo 91 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte di appello omesso di considerare che il ricorrente era risultato vincitore rispetto alla domanda di accertamento della nullita’ della clausola per cui, nell’accertare la soccombenza reciproca, avrebbe dovuto compensare almeno in parte le spese del secondo grado.

2. Il primo motivo e’ fondato.

La Corte distrettuale, pur ritenendo nulla la clausola del contratto con cui il ricorrente si era obbligato a corrispondere i successivi aumenti della retta, unilateralmente e periodicamente deliberati dalla resistente, ha pero’ ritenuto che la condotta del (OMISSIS), consistita nel versamento di tali somme senza recedere dal contratto, aveva dato luogo ad un accordo modificativo del contratto originario, perfezionatosi mediante una condotta attuativa.

Premesso che il perfezionamento di un accordo modificativo di un contratto e’ questio facti censurabile, in linea generale, solo per vizio di motivazione, devono ritenersi pero’ sindacabili, sotto i profili denunciati (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), le asserzioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, ove palesino un errore di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, dando luogo ad una falsa applicazione di legge.

Sotto tale profilo l’assunto fatto proprio dalla Corte distrettuale secondo cui il pagamento degli aumenti in virtu’ della clausola nulla, effettuato senza riserve dal contraente, si espone alla censura formulata in ricorso.

Occorre premettere che, stante l’autonomia riconosciuta alle parti dal nostro ordinamento, nulla si oppone perche’ una volta stipulato un contratto giudicato “nullo” (anche solo parzialmente e per qualsiasi causa), le parti diano vita ad un nuovo contratto o ad un accordo modificativo, perfettamente valido, che si sostituisca al precedente e che produca quegli effetti che il precedente non era in grado di produrre (cfr., Cass. 26.5.1999, n. 5103; Cass. 28.5.1979, n. 3088, 9 agosto 1990, n. 8106, nonche’ Cass., 13 novembre 1986, n. 6673; Cass., 19 novembre 1983, n. 6896 e Cass., 28 maggio 1979, n. 3088).

Cio’ implica che i contraenti, consapevoli della causa di nullita’, vogliano intenzionalmente rimuoverla, ponendo nel nulla le patologie da cui era inizialmente affetto l’atto mediante una nuova dichiarazione di volonta’, esente da vizi, o con un comportamento idoneo ad esternare un tale intento negoziale.

Questa Corte ha, tuttavia anche stabilito che, in presenza di una clausola nulla (o come tale valutata dal giudice di merito), il pagamento effettuato dal soggetto che se ne era assunto (invalidamente) l’obbligo, e’ pur sempre qualificabile come adempimento del contratto (in motivazione, Cass. 15954/2017), tale da legittimare la restituzione del versato in applicazione dei principi dell’indebito oggettivo.

Inoltre, il contratto (o eventuali accordi modificativi) puo’ perfezionarsi mediante un comportamento meramente attuativo (articolo 1327 c.c.) solo quando per la natura dell’affare, secondo gli usi o su richiesta del proponente, non sia necessaria una specifica accettazione (presupposti neppure presi o scrutinati dalla sentenza impugnata) o, all’infuori di queste ipotesi, solo quando l’accettante (nella specie il solvens) abbia dato avviso dell’inizio dell’esecuzione, il quale avviso puo’ assumere, in presenza di elementi univoci, il valore di accettazione della proposta alla luce del principio di conservazione di cui all’articolo 1367 c.c. (Cass. s.u., 9.6.1997, n. 5139).

Altrimenti, il pagamento di un debito personale resta atto dovuto e non assume carattere e significato negoziale (come si evince anche dall’articolo 1191 c.c.) se non che in ipotesi tipiche e, a fortiori, non puo’ interpretarsi come accettazione della proposta di modifica di un contratto giudicato invalido di cui costituisca semplice esecuzione.

La sentenza impugnata e’ quindi, incorsa, nell’errore di individuare nel mero pagamento effettuato dal (OMISSIS) un contenuto negoziale di accettazione della proposta (avanzata dalla resistente mediante l’invio delle richieste degli aumenti) diretta a modificare di volta in volta – la clausola con cui era stata prestabilita l’entita’ del corrispettivo, senza neppure accertare (dandone specificamente conto) se alla data dei singoli versamenti il ricorrente fosse almeno consapevole dell’invalidita’ della clausola impugnata ed intendesse rimuoverne il vizio o se sussistessero le condizioni di cui all’articolo 1327 c.c., ed anzi conferendo un indebito rilievo al mancato esercizio del recesso dal contratto da parte del ricorrente, che tuttavia, in tale contesto, non poteva risultare decisivo.

Segue quindi accoglimento del primo motivo, con assorbimento del secondo, dovendo il giudice del rinvio nuovamente regolare le spese processuali in base all’esito finale della lite.

La sentenza e’ cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

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