In tema di clausole vessatorie gli artt. 1341 e 1342 c.c. disciplinano il cosiddetto squilibrio normativo, mirando ad assicurare, mediante apposizione di specifica sottoscrizione da parte del soggetto maggiormente svantaggiato dal regolamento contrattuale, una maggiore consapevolezza del medesimo circa gli obblighi che, con la sottoscrizione di quelle specifiche clausole del contratto, sta assumendo. Segnatamente, lo squilibrio normativo che tali norme mirano a scongiurare – ovvero a rendere riconoscibile alla parte svantaggiata – consiste in una eccessiva disparità delle posizioni contrattuali in termini di diritti e obblighi rispettivamente concessi e imposti in via pattizia e riferite a tassative ipotesi legali quali: limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, previsione di decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.

Tribunale|Bari|Civile|Sentenza|31 marzo 2020| n. 1099

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bari, in persona del giudice dott.ssa Assunta Napoliello, ha pronunciato la presente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 6104 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell’anno 2015 – avente ad oggetto: nullità/annullamento contratto di garanzia

vertente

tra

GI.PA., AN.RU., rappresentati e difesi dall’avv.to CA.RO.;

attore

e

CL. SPA, rappresentato e difeso dall’avv.to. TA.GI., avv.to MA.AD.;

convenuto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

La presente sentenza viene redatta senza la concisa esposizione dello svolgimento del processo e con una motivazione limitata alla succinta enunciazione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così come previsto dagli artt. 132 n. 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nel testo introdotto rispettivamente dagli artt. 45 e 52 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

CONCLUSIONI

Conclusioni come da verbale del 10.09.2019.

Con atto di citazione regolarmente notificato in data 17.04.2015, i signori Pa.Gi. e Ru.An., premessa la loro qualità di soci della Ps. s.r.l. e la qualifica di amministratore unico della s.r.l. del sig. Pa., esponevano:

– in data 23.03.2011 la s.r.l. sottoscriveva con la società convenuta Cl. S.p.A. il contratto di locazione finanziaria immobiliare n. 12161 (cfr. all. 1 del fascicolo di parte attrice) avente ad oggetto un fabbricato sito in Bari, il cui corrispettivo – stabilito in complessivi Euro 783.398,65 più iva – veniva in parte versato alla stipula del rogito (per complessivi Euro 90.000,00) e la restante parte rateizzata in n. 215 canoni mensili di Euro 3.225,11 l’uno;

– il corrispettivo complessivamente dovuto dalla Ps. s.r.l. in esecuzione del contratto di leasing veniva garantito, in favore della Cl., mediante prestazione di una fideiussione da parte dei soci Pa. e Ru. per l’importo di Euro 839.278,38 (cfr. all. 2 del fascicolo di parte attrice);

– nel giugno 2013, a seguito di una sensibile contrazione degli affari, la Ps. s.r.l. otteneva dalla società convenuta una sospensione di 12 mesi per il pagamento della rate del contratto di leasing e, successivamente, nel marzo 2014, a causa del protrarsi delle difficoltà economiche, la medesima individuava nella s.a.s. Sa. un soggetto interessato al subentro nel suddetto contratto;

– le condizioni per tale subentro inizialmente pretese dalla società di leasing venivano contestate dal Pa. e dalla Ru. nella parte in cui prevedevano il permanere in capo a questi ultimi delle fideiussioni personali prestate al tempo della originaria stipula;

– in data 30.05.2014 la Cl. comunicava alla Ps. il suo consenso al subentro della Sa. nel contratto di leasing mentre, quanto al permanere delle fideiussioni personali degli attori, veniva raggiunto dalle società un accordo che prevedeva un diritto di reingresso della Ps. in caso di inadempienza della subentrante (cfr. raccomandata riepilogativa delle trattative telematiche datata 25.06.2014 di cui all’all. 3 del fascicolo di parte attrice, foglio 3);

– in data 31.07.2014 veniva stipulata in Bari la scrittura privata di subentro nel leasing immobiliare tra la Ps. s.r.l. – cedente-, la Sa. – cessionaria – e la Cl. S.p.A. – ceduta – (cfr. all. 4 del fascicolo di parte attrice), nella quale, tuttavia, appare l’apposizione di un timbro con un diverso luogo di stipula (Treviso) e con la diversa data del 06.08.2014, invero antecedente a quella di effettiva sottoscrizione dell’accordo da parte della Ps. e della Sa.;

– con la stipula dell’atto di subentro, la Cl. imponeva agli attori la sottoscrizione di due identiche lettere di fideiussione, in suo favore e fino alla concorrenza di Euro 839.278,38, per le obbligazioni della Sa. – soggetto subentrante – e dei suoi aventi causa (cfr. all. 5 e 6 fascicolo di parte attrice, per le quali valgono le medesime considerazioni in punto di data del punto che precede); tali lettere erano state predisposte unilateralmente dalla Cl. senza che sul relativo contenuto fosse stata condotta una preventiva trattativa ed, oltretutto, senza che fosse stato previsto il diritto di reingresso in favore della Ps. s.r.l., viceversa accordato nel corso delle predette trattative telematiche;

– gli odierni attori, dopo un iniziale tentativo di sottrarsi alla sottoscrizione abbandonando il luogo della stipula, accettavano le gravose condizioni contrattuali imposte per il timore delle conseguenze che avrebbero potuto subire da parte di Cl. e di Sa..

Ciò premesso in fatto, chiedevano in via principale che fossero dichiarati nulli e/o inefficaci i contratti tutti di fideiussione (o autonomi di garanzia) sottoscritti dalle parti, in ragione della mancata sottoscrizione, ex artt. 1341 e 1342 c.c., delle clausole vessatorie inerenti la gravosità dell’importo garantito (Euro 839.278,38) rispetto a quello effettivamente ancora dovuto (Euro 460.626,81 oltre iva) e l’estensione della garanzia agli aventi causa della società Sa., subentrante.

In subordine, formulavano domanda di annullamento dei contratti, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1434 e 1438 c.c., essendo stati gli attori costretti a concedere le predette garanzie sotto la minaccia della società convenuta di non acconsentire al subentro della Sa., con relative gravose conseguenze economiche: precisavano che la minaccia di far valere il proprio diritto perpetrata dalla Cl. in loro danno fosse causa di annullabilità del contratto ex art. 1438 c.c. poiché volta a conseguire un vantaggio ingiusto, consistente nell’ottenere una garanzia anomala perché di importo sproporzionato, prestata anche verso sconosciuti, priva della possibilità di rivalsa sull’immobile e comportante la rinuncia ad una serie di facoltà; peraltro, una tale gravosa obbligazione non era stato oggetto di preventiva trattativa e accordo.

In via ancor più subordinata, chiedevano di dichiarare nulle le clausole del contratto di leasing e di quello di subentro e, in via derivata, dei relativi contratti di garanzia poiché contrarie alla norma imperativa e inderogabile di cui all’art. 1526 c.c.; vinte le spese di lite.

Si costituiva in giudizio la società convenuta che resisteva alle domande proposte e ne chiedeva il rigetto. In particolare deduceva, quanto alla presunta vessatorietà della clausola sul limite dell’importo garantito, che si trattava di clausola che riportava la cifra indicata dai medesimi attori nella prima prestazione di garanzia; che corrispondeva a prassi costante l’indicazione del corrispettivo complessivo dell’operazione di leasing maggiorato di iva; che tale cifra rappresentava l’importo massimo della garanzia, elemento essenziale nel regolamento di interessi; che, in ogni caso, il debito principale si sarebbe ridotto per effetto del pagamento dei ratei mensili e che la società concedente leasing non avrebbe mai potuto escutere la fideiussione per un importo maggiore di quello effettivamente dovuto da debitore.

Circa la vessatorietà dell’estensione della garanzia agli aventi causa della nuova subentrata Sa., la società convenuta Cl. deduceva che l’eventuale ulteriore subentro a Sa. di soggetti terzi non sarebbe stato, in ogni caso, arbitrario, essendo sottoposto pur sempre a sua stessa preventiva autorizzazione; aggiungeva che, qualora la medesima Cl. decidesse di prestare il suo consenso ad un ulteriore subentro, si realizzerebbe una novazione soggettiva passiva dell’obbligazione principale, novazione che avrebbe estinto la fideiussione prestata dagli attori ai sensi e per gli effetti “dell’ art. 1725 c.c.” (ndr. art. 1725 c.c.), non potendo gli attori/fideiussori essere obbligati per il nuovo debitore subentrante e a loro non gradito.

Circa la domanda di annullamento, replicava che le clausole impugnate erano valide poiché rappresentavano legittima espressione dell’autonomia contrattuale delle parti in materia di diritti disponibili ed erano state accettate senza alcuna costrizione da parte della convenuta. Quanto alla ulteriore contestazione della nullità dei contratti per contrarietà all’art. 1526 c.c., ribadiva la legittimità della deroga pattizia a tale norma, essendo implicitamente consentita dal medesimo art. 1526 c.c., al comma 2.

A seguito del tempestivo deposito delle memorie istruttorie delle parti e del rigetto delle rispettive richieste di prova orale, la causa era ritenuta matura per la decisione e veniva fissata udienza di precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 10.09.2019, sulle conclusioni dei procuratori delle parti, la causa era riservata per la decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I contratti per cui è causa, stipulati in data 06.08.2014 a garanzia dell’adempimento del leasing traslativo (cfr. all. 5 e 6 del fascicolo di parte attrice), sono qualificabili, come correttamente dedotto dalla medesima parte attrice nell’atto di costituzione e al di là del riferimento testuale alla fideiussione, quali contratti autonomi di garanzia. Depongono, in tal senso, l’art. 8 dei contratti predetti, che prevede che il garante sia tenuto a pagare immediatamente alla società, a semplice richiesta scritta, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio e con espressa rinuncia del medesimo ad invocare l’art. 1945 c.c.; e l’art. 10 dei medesimi contratti, che stabilisce che nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione si intende estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate.

Così inteso il regolamento contrattuale, ben si addice alla causa del contratto autonomo di garanzia, che si identifica con una funzione indennitaria ovvero di passaggio del rischio dal creditore al garante circa l’inadempimento del contratto principale ed offre al creditore una garanzia rinforzata che prescinde, quanto all’obbligo di pagamento, dalla validità della obbligazione principale. E’, pertanto, evidente che l’obbligazione dei garanti odierni deducenti è certamente più gravosa di quella che scaturirebbe da un ordinario contratto di fideiussione, la cui diversa regola della accessorietà di cui all’art. 1939 c.c. lega le sorti della garanzia a quelle del debito principale garantito.

Nel prosieguo, poiché nei contratti e nelle difese delle parti si parla di fideiussione, continuerà ad utilizzarsi, in modo atecnico, tale termine restando inteso che va correttamente qualificato quale contratto autonomo di garanzia.

1. Domande di nullità per omessa sottoscrizione di clausole vessatorie

1.1. Vessatorietà della clausola di fissazione dell’importo garantito

La clausola impositiva dell’importo garantito contenuta in entrambi i contratti (cfr. epigrafe dei contratti di cui agli all. 5 e 6 del fascicolo di parte attrice) non può ritenersi vessatoria: difatti, gli artt. 1341 e 1342 c.c. disciplinano il cosiddetto squilibrio normativo, mirando ad assicurare, mediante apposizione di specifica sottoscrizione da parte del soggetto maggiormente svantaggiato dal regolamento contrattuale, una maggiore consapevolezza del medesimo circa gli obblighi che, con la sottoscrizione di quelle specifiche clausole del contratto, sta assumendo. Segnatamente, lo squilibrio normativo che tali norme mirano a scongiurare – ovvero a rendere riconoscibile alla parte svantaggiata – consiste in una eccessiva disparità delle posizioni contrattuali in termini di diritti e obblighi rispettivamente concessi e imposti in via pattizia e riferite a tassative ipotesi legali quali: limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, previsione di decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.

Nel caso di specie, a ben vedere, la asserita lesività della clausola impugnata si fonderebbe su di uno squilibrio non già normativo bensì economico, adducendo gli attori una notevole disparità tra l’importo ancora dovuto in adempimento del contratto di leasing immobiliare e l’importo garantito mediante la prestazione delle nuove garanzie. Rinviando al prosieguo il vaglio nel merito circa l’asserita sproporzione economica, la valutazione di vessatorietà non figura tra i rimedi predisposti e tipizzati dal legislatore per ovviare agli squilibri economici contrattuali (quali, ad esempio, la rescissione per lesione ultra dimidium ex art. 1448 c.c. ovvero la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.), rimedi, tuttavia, non azionati dagli attori.

La domanda di nullità va, dunque, rigettata.

1.2. Vessatorietà della clausola di estensione soggettiva della garanzia

Quanto alla ulteriore clausola, anch’essa asseritamente vessatoria, inerente l’estensione della garanzia nei confronti degli aventi causa della società Sa. subentrante nel contratto di leasing (cfr. epigrafe dei contratti di cui agli all. 5 e 6 del fascicolo di parte attrice), neppure questa realizza alcuna delle ipotesi tassative di vessatorietà come in precedenza analizzate, non richiedendo dunque specifica sottoscrizione. La relativa domanda di nullità va, pertanto, rigettata.

Quanto agli ulteriori rilievi mossi circa la lesività di una clausola siffatta, del tutto irrilevante risulta la circostanza della loro estraneità alla società subentrante Sa.. Difatti, se è vero che la prima garanzia prestata dagli attori per le obbligazioni di Ps. s.r.l. e dei suoi aventi causa (cfr. all. 2 del fascicolo di parte attrice) era giustificata dalla circostanza che i garanti erano anche soci della società garantita, questo rimane mero motivo della iniziale prestazione di garanzia, che non rileva dal momento che vi è stata la sottoscrizione di un nuovo contratto autonomo di garanzia (come in precedenza qualificato).

2. Domanda di annullamento: minaccia di far valere un diritto diretta a conseguire vantaggi ingiusti

2.1. Ingiusto vantaggio conseguito mediante fissazione dell’importo garantito

Va, altresì, rigettata la domanda di annullamento proposta ex artt. 1434 e 1438 c.c., non

sussistendo il necessario presupposto dell’ingiusto vantaggio conseguito.

Assumono gli attori che l’ingiusto vantaggio risieda anzitutto nella fissazione dell’importo garantito per Euro 839.278,38 a fronte di una posizione debitoria della Sa. di soli Euro 460.626,81 oltre iva.

Ora, la seconda garanzia prestata dai sig.ri Pa. e Ru. risulta essere mera esecuzione del primo contratto di garanzia, nella parte in cui quest’ultimo prevedeva espressamente che la fideiussione prestata per l’adempimento della società Ps. S.r.l. si estendesse a “chi avesse comunque a subentrare nei suoi rapporti con la Cl. S.p.A.” (cfr. epigrafe del contratto di cui all’all. 2 del fascicolo di parte attrice). Orbene, nella fattispecie, si è proprio verificata l’ipotesi di subentro, con le prevedibili conseguenze anche in tema di estensione della garanzia al soggetto ad essa subentrato.

Peraltro, la cifra indicata nella nuova polizza fideiussoria rappresenta, evidentemente, l’importo massimo garantito, come tale previsto ad esclusiva tutela del garante, ed individuato dalla convenuta nel corrispettivo complessivo del contratto di leasing immobiliare maggiorato di iva e l’indicazione dell’importo massimo garantito in caso di inadempimento della società garantita è comunque, e non potrebbe essere altrimenti, esigibile solo nei limiti dettati dalle altre disposizioni contrattuali (cfr. all. 5 e 6 del fascicolo di parte attrice) ed in particolare di quella che specifica che la “fideiussione” assicura “l’adempimento di qualsiasi obbligazione verso codesta Società in relazione e per gli importi derivanti dalla stipula del contratto di locazione finanziaria” (cfr. epigrafe contratti cit.) e dove si chiarisce che la garanzia trova limite in “tutto quanto dovuto dal debitore per capitale, interessi anche se moratori ed ogni altro accessorio, nonché ogni spesa anche se di carattere giudiziario ed ogni onere tributario” (cfr. art. 2 contratti cit.). Pertanto, è innegabile che, in caso di escussione della garanzia, non potrebbe che tenersi conto di quanto versato da Ps. S.r.l. in esecuzione del contratto di leasing, impedendo alla società convenuta di conseguire alcun ingiusto vantaggio.

2.2. Ingiusto vantaggio conseguito mediante apposizione della clausola di estensione soggettiva della garanzia

Quanto, poi, alla presunta ulteriore ingiustizia conseguita con l’estensione della garanzia agli “sconosciuti” aventi causa della Sa. (cfr. epigrafe dei contratti di cui agli all. 5 e 6 del fascicolo di parte attrice), trattasi, a ben vedere, di identica clausola inserita nel primo contratto di garanzia stipulato dagli odierni deducenti in favore di Cl. (cfr. all. 2 del fascicolo di parte attrice), laddove i medesimi si costituivano fideiussori anche di “chi avesse comunque a subentrare” alla allora utilizzatrice Ps. s.r.l..

Ebbene, dalla copiosa corrispondenza intercorsa tra le parti prima della stipula del contratto emerge un reciproco assenso al mantenimento del primo contratto di garanzia così come stipulato e con le identiche clausole già concordate: in particolare, rilevante è il contenuto della mail del 12.05.2014 (cfr. doc. 5 del fascicolo di parte convenuta) nella quale la Cl. comunicava al sig. Pa., quale condizione per il subentro di Sa., l’intenzione che dovessero rimanessero in vita le garanzie rilasciate dalla Ps. e la conseguente risposta del sig. Pa. del 30.05.2014 dove dava atto della sua “disponibilità a mantenere le garanzie fideiussorie a suo tempo rilasciate”; infine, la raccomandata del 25.06.2014 (cfr. all. 3, foglio 5 del fascicolo di parte attrice) in cui il sig. Pa. ribadiva l’accettazione di tale condizione, dichiarando di accettare “condizioni economicamente penalizzanti, impegnandosi al mantenimento delle garanzie fideiussorie”.

Peraltro, il medesimo contratto di subentro della Sa. nella posizione della Ps. quale utilizzatrice del contratto di leasing immobiliare (cfr. all. 4 del fascicolo di parte attrice) cita alla lettera f) che “la concedente aderisce alla cessione del contratto N. (…), pur mantenendo la garanzia piena, a tutti gli effetti, della cedente Ps. s.r.l”.

Non si ravvisa pertanto, neppure in tale previsione, il conseguimento di un ingiusto vantaggio, laddove la Cl. ha solo conservato la medesima garanzia prestata per la prima società utilizzatrice, alle condizioni e nei limiti già precedentemente concordati.

2.3. Vantaggio perseguito mediante altre clausole

Valide sono altresì le clausole sul recesso dei garanti (cfr. art. 5 comma 1 e 2 dei contratti di cui agli all. 5 e 6 del fascicolo di parte attrice), sul diritto di regresso (cfr. art. 5 co. 3 contratti cit.), e deroga all’art. 1945 c.c. (cfr. art. 8 comma 1 contratti cit.), clausole vessatorie che sono state oggetto di specifica sottoscrizione; valida, altresì, quella di validità della fideiussione anche alla premorienza del credito (cfr. art. 10 contratti cit.), perché trattasi di clausola già contenuta nel precedente accordo ed oggetto di specifica pattuizione (v. infra par. 2.2.).

2.4. Vantaggio perseguito mediante asserito rifiuto della Cl. S.p.A. alla possibilità di reingresso della Ps. s.r.l.

Quanto, infine, alla lamentata mancata previsione contrattuale della possibilità di reingresso della Ps. s.r.l. in caso di inadempimento della nuova società utilizzatrice, in realtà, dagli atti di causa emerge la disponibilità in tal senso della società convenuta: rilevanti le mail del 07.07, del 23.07 e quella del 24.07 del 2014, con relativa predisposizione di bozza (cfr. doc. 11, pagg. 2 e 3 del fascicolo di parte convenuta), nonché una intervenuta pacifica rinuncia da parte dei garanti medesimi comunicata nella mail del 25.07.2014 (cfr. doc. 11 pag. 1 cit.), non potendosi dunque ravvisare alcuna illegittimità in tale operato.

3. Domanda di nullità per violazione di norma imperativa

Quanto alla domanda di nullità del contratto di leasing traslativo intercorrente tra la Cl. S.p.A. e la Sa. in virtù del subentro del 06.08.2014 (cfr. all. 1 e 4 del fascicolo di parte attrice), è necessario vagliare l’interesse ad agire degli attori ai sensi del comb. disp. ex artt. 100 c.p.c. e 1421 c.c..

Come noto, difatti, l’art. 1421 c.c. facoltizza chiunque vi abbia interesse ad ottenere una pronuncia di accertamento di nullità contrattuale, interesse che deve concretizzarsi in un vantaggio effettivo ed attuale conseguibile con la pronuncia.

Ebbene, diversamente dalla prospettazione attorea – che ravviserebbe, in ragione dell’invalidità di quella clausola, una nullità totale del contratto garantito e per ciò stesso una nullità derivata del relativo contratto di garanzia-, in realtà si avrebbe solo una nullità parziale della sola clausola contenuta nell’art. 13 del contratto di leasing, lamentando gli attori la violazione di una norma imperativa nella parte in cui sancisce, in caso di risoluzione di diritto del contratto di leasing, l’inapplicabilità dell’art. 1526 c.c. comma 1 (che prevede la restituzione da parte del venditore delle rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa e il risarcimento del danno) e l’applicabilità, in sua vece, dell’art. 1458 c.c. (che prevede che l’effetto della risoluzione non si estenda, per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, alle prestazioni già eseguite). Conseguentemente, a seguito di una pronuncia di nullità, verrebbe meno solo la parte dell’art. 13 derogatoria della disciplina asseritamente imperativa, restando salvo tanto il contratto di leasing – che la domanda attorea intenderebbe invece invalidare totalmente – quanto i relativi contratti di garanzia.

In definitiva, non vi è alcuna utilità che possa fondare ex artt. 100 c.p.c. e 1421 c.c. l’interesse all’azione di nullità nei termini in cui è stata spiegata.

Alla soccombenza segue la condanna alle spese degli attori, con riferimento al valore del contratto di garanzia nei limiti dell’importo ancora dovuto (Euro 460.626,81), applicati i valori minimi, in ragione della decisione resa solo in diritto, e senza riconoscimento di attività istruttoria, non svolta.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da Pa.Gi. e Ru.An. contro Cl. S.p.A., così provvede:

1) rigetta la domanda;

2) condanna in solido PA.GI. e RU.AN., in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore di CL. S.P.A., che liquida in complessivi Euro 11.700,00, oltre rimborso forfettario al 15%, iva e cap come per legge.

Così deciso in Bari il 25 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.