In tema di condominio, il principio della comproprietà dell’intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all’apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell’esercizio dell’uso del muro – ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi – e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale.

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Tribunale Roma, Sezione 5 civile Sentenza 1 febbraio 2019, n. 2353

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE QUINTA CIVILE

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Sebastiano Lelio Amato, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa di primo Grado iscritta al n. r.g. 78723/2015 promossa da:

CONDOMINIO (…) in persona dell’amministratore legale rappresentante pro tempore, (…) con il patrocinio degli avv.ti: (…)

Parte attrice

Contro

(…)

con il patrocinio dell’avv.: (…)

Parte convenuta

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, ritualmente notificato, il CONDOMINIO (…) evocava in giudizio (…) ed (…) esponeva:

che il sig. (…) proprietario di una villetta facente parte del comprensorio condominiale, in violazione delle norme previste nel Regolamento di Condominio, aveva demolito, senza preventiva autorizzazione assembleare, parte del muro perimetrale posto a protezione dei confini del Condominio;

che in tal modo, aveva creato illegittimamente un passaggio che metteva in collegamento diretto la sua proprietà esclusiva con la via pubblica prospiciente tale proprietà.

Ciò esposto, il CONDOMINIO (…) chiedeva all’adito Tribunale di ordinare al (…) la cessazione di qualsivoglia turbativa al legittimo esercizio del diritto di proprietà condominiale nel tratto interessato dalle opere illegittimamente eseguite, con conseguente condanna del convenuto al ripristino dello status quo ante, oltre al risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti in conseguenza della privazione della sicurezza del Condominio e dell’impossibilità di ottenere il certificato di agibilità da parte del Comune di Roma, oltre che a titolo di costi per opere di ripristino del muro perimetrale.

Si costituiva il sig. (…), contestando le pretese attoree ed evidenziando come in relazione al varco realizzato nel muro di cinta per avere accesso diretto alla via pubblica, il predetto aveva presentato apposita DIA al competente Municipio del Comune di Roma, asseverando, tramite tecnico incaricato, che l’opera de qua non comportava modifiche alla sagome, al volume ed ai prospetti dell’edificio, né mutamento della destinazione d’uso.

Osservava che tali opere, non determinando alterazione della destinazione del bene comune, né impedimento al godimento o utilizzo conforme da parte degli altri condòmini, o pregiudizio alla stabilità, sicurezza e decoro architettonico del fabbricato, costituivano uso legittimo della cosa comune che non necessitava di preventivo consenso degli altri partecipanti alla comunione. Chiedeva pertanto il rigetto della domanda attorea.

Concessi i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., l’istruttoria aveva sviluppo solo documentale.

All’udienza del 17.10.18, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione previa assegnazione dei doppi termini ex art. 190 c.p.c. per comparse conclusionali e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è fondata e merita accoglimento, nei limiti di cui infra.

E’ pacifico che il sig. (…) proprietario di un villino con giardino sito all’interno del Condominio orizzontale denominato (…), ha realizzato un’apertura sul muro perimetrale posto a protezione dei confini del Condominio, in corrispondenza con il proprio giardino. In tal modo, egli si è procurato un diretto accesso alla via pubblica (via (…)), senza dover percorrere le strade interne al Condominio fino all’unico punto da cui è possibile l’ingresso/uscita al/dal Condominio (posto su via (…)).

La giurisprudenza si è pronunziata in diverse occasioni su questioni analoghe.

Ad es., si è stabilito che

“In tema di condominio, il principio della comproprietà dell’intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all’apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell’esercizio dell’uso del muro – ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi – e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale” (v. Cass. Sez. II, 18/02/1998, n. 1708; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16097 del 27/10/2003; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3265 del 17/02/2005).

La Corte di Cassazione ha invece ritenuto che

“costituiscono uso indebito della cosa comune, alla stregua dei criteri indicati negli artt. 1102 e 1122 c.c., le aperture praticate dal condomino nel detto muro per mettere in collegamento locali di sua esclusiva proprietà, esistenti nell’edificio condominiale, con altro immobile estraneo al condominio, in quanto tali aperture alterano la destinazione del muro, incidendo sulla sua funzione di recinzione, e possono dar luogo all’acquisto di una servitù (di passaggio) a carico della proprietà condominiale” (Cass. 13 gennaio 1995, n. 360; 7 marzo 1992, n. 2273; 25 ottobre 1988, n. 5780″).

E’ stato altresì segnalato che “il collegamento tra unità abitative determina la creazione di una servitù a carico di fondazioni e struttura del fabbricato”.

Nel caso di specie, come si è già detto, il collegamento creato dal varco sul muro è tra il giardino di pertinenza della porzione di villa appartenente al sig. (…) e la strada pubblica.

In forza di quanto sopra esposto, occorrerebbe dunque valutare il comportamento del convenuto in relazione ai limiti stabiliti dall’art. 1102 c.c., ma non può omettersi di rilevare che dal regolamento di Condominio, di natura contrattuale, ben possono derivare limiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla norma appena citata.

Nell’ipotesi in esame, in particolare, il regolamento (predisposto dall’originario costruttore ed avente natura contrattuale) prevede all art. 7 che sono vietate non solo le innovazioni ma anche le modifiche delle parti e servizi comuni di cui all’art. 1102 c.c. non preventivamente consentite dall’Assemblea. L’infrazione a questo divieto comporta l’obbligo del ripristino dell’immobile ed il risarcimento dei danni”.

Orbene, è pacifico che la modifica della parte comune operata dal (…) non è stata autorizzata dall’assemblea.

Tanto basta a determinare l’illegittimità della modifica e l’obbligo della rimessione in pristino.

Per quanto ciò sia sufficiente all’accoglimento della domanda, si osserva ancora che tra le funzioni del muro di recinzione, nel Condominio in questione (composto di 4 ville quadrifamiliari, 2 ville unifamiliari, 2 fabbricati da 12 appartamenti, 12 fabbricati da 8 appartamenti, 2 fabbricati da 24 appartamenti, 3 garage interrati, 387 posti auto a raso, strade interne, zone verdi, zone comuni, etc., e munito di un solo accesso liberamente fruibile su costantemente presidiato sia di giorno che di notte), vi è, indiscutibilmente, anche quello di garantire la sicurezza di tutti i residenti a fronte di indesiderate intrusioni di estranei. Non a caso il muro suddetto, lungo tutto il suo notevole perimetro, presenta solo tre varchi (di cui due predisposti per ragioni di sicurezza, ma di regola chiusi).

Orbene, la collocazione di un’altra apertura, chiusa da cancelletto, sul muro perimetrale, rappresenta un punto di debolezza di detto muro che ne snatura la destinazione, perché eventuali malintenzionati – procuratesi le chiavi o forzata la serratura del cancelletto o trovatolo accidentalmente aperto – potrebbero introdursi all’interno del comprensorio ed uscire da esso senza dover passare per l’ingresso di via (…), sfuggendo così alla sorveglianza che il Condominio ha predisposto per la tutela dei residenti.

Può citarsi Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16496 del 05/08/2005, la quale ha ravvisato gli estremi dello spoglio nell’apertura di un varco praticato da un condomino nel muro di cinta dell’edificio per mettere in comunicazione la proprietà esclusiva con la pubblica strada, giacché la modificazione dei luoghi, sottraendo il muro alla destinazione di recinzione e protezione dell’edificio, impediva agli altri condomini di ricavarne l’utilità inerente alla funzione della cosa comune.

Per i motivi sopra indicati, deve essere ordinato al sig. (…) di rimuovere il cancello con tettoia apposto sul muro perimetrale del Condominio, rimettendo il muro nel pristino stato.

Riguardo alla domanda di risarcimento dei danno, essa va invece respinta. Il Condominio, infatti, non ha provato di aver risentito, in concreto, alcun danno a causa della condotta dal convenuto.

Le spese seguono la soccombenza di parte convenuta e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, il Tribunale, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, condanna il sig. (…) a rimuovere il cancello con tettoia apposto sul muro perimetrale del CONDOMINIO (…) in corrispondenza del giardino di sua proprietà, ed a rimettere il muro nello status quo ante.

Rigetta la domanda di risarcimento.

Condanna il sig. (…) alla refusione, in favore di CONDOMINIO (…) delle spese di lite, che liquida in Euro 270,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma il 31 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria l’1 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.