Il condominio, custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., è infatti il soggetto deputato a prevenire ed eliminare i danni provenienti dalle cose comuni. Diversamente, esso non possiede tale potere di fatto con riguardo ai beni di proprietà esclusiva dei singoli condomini, dovendo pertanto ritenersi esente da responsabilità nell’ipotesi in cui il danno provenga da beni di proprietà esclusiva. In quest’ultima circostanza, il soggetto su cui viene allocato il rischio è il singolo condomino, che risponde ai sensi dell’art. 2043 c.c. oppure, ove ne ricorrano i presupposti, dell’art. 2051 c.c. La scissione appena effettuata, come appunto precisa la citata pronuncia Sez. Un. n. 9449 del 2016, non è rigida, potendo concorrere la responsabilità del singolo condomino con quella del condominio nell’ipotesi in cui il danno provenga da cosa di proprietà comune, ma soggetta all’uso esclusivo di taluno dei condomini.
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Tribunale|Milano|Sezione 10|Civile|Sentenza|11 marzo 2020| n. 2094
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
DECIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Damiano Spera
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 8488/2015 promossa da:
(…), rappresentato e difeso dall’avvocato (…), rappresentata e difesa dall’avvocato (…)
ATTORI
contro
COND. (…), rappresentato e difeso dall’avvocato (…), rappresentato e difeso dall’avvocato (…)
CONVENUTI
(…), con il patrocinio dell’avv. (…)
TERZO CHIAMATO
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione del 6.2.2015 i comproprietari di un’unità immobiliare posta al sesto piano del condominio convenivano in giudizio (…), proprietario dell’appartamento sovrastante del medesimo edificio, ed il citato condominio, in persona dell’amministratore pro – tempore.
Gli attori lamentavano la presenza di infiltrazioni di acqua nel proprio appartamento e il succedersi di ripetuti allagamenti nelle due autorimesse di loro proprietà site nel complesso sottostante all’edificio condominiale.
Gli attori allegavano che i primi segni di infiltrazione nell’abitazione (in particolare nel soggiorno) si erano manifestati nel 2008. In relazione al danno patito, attribuito dall’atto di citazione alle perdite provenienti dall’appartamento soprastante, la Compagnia Assicurativa di (…). erogava un indennizzo in favore dei danneggiati.
Le infiltrazioni tuttavia comparivano in una differente zona dell’appartamento nell’agosto 2009. In relazione a tale sopravvenienza gli attori proponevano ricorso per accertamento tecnico preventivo nel maggio 2010 presso il Tribunale di Milano (r.g. 40172/10).
Nel corso degli accertamenti peritali disposti nell’ambito di tale procedimento, come si evince dall’all. 8 dell’atto di citazione, le parti addivenivano ad un accordo transattivo in virtù del quale il Condominio si sarebbe fatto carico della esecuzione dei lavori per la eliminazione delle infiltrazioni. La relazione peritale attestava altresì che, alla data del 16.5.2011, gli interventi erano stati eseguiti ed erano stati risolutivi.
Nonostante i lavori eseguiti, gli attori si trovavano a constatare, nel settembre 2013, la comparsa di ulteriori fenomeni infiltrativi nel plafone del terrazzo e del soggiorno del proprio appartamento.
Analogamente, con riguardo alle due autorimesse di loro proprietà, lamentavano continui allagamenti, asseritamente dovuti alla inadeguata impermeabilizzazione del manto soprastante di pertinenza condominiale.
Gli attori allegavano altresì la sofferenza di significativi danni non patrimoniali, qualificati alla stregua di danni da disagio abitativo, che si concretizzavano nell’impossibilità di godere appieno dell’immobile. In particolare, gli attori si dolevano di aver dovuto più volte spostare il mobilio dell’appartamento e di aver dovuto attendere diversi anni prima che il Condominio ed il (…) prendessero atto della situazione e si accollassero la responsabilità dei lavori di manutenzione.
Alla luce delle vicende appena descritte, gli attori concludevano per l’accertamento della responsabilità extracontrattuale del condominio e del condomino, con la conseguente condanna dei convenuti – in via solidale o alternativa – ad effettuare gli interventi necessari a eliminare le infiltrazioni. In alternativa, gli attori chiedevano la condanna dei convenuti al pagamento in favore degli attori delle spese occorrenti per i lavori di ripristino.
Essi chiedevano altresì la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali patiti, quantificati in una somma non inferiore a Euro 5.000,00.
Infine gli attori chiedevano la condanna dei convenuti a corrispondere loro le spese del procedimento per ATP instaurato nel 2010, per la somma complessiva di Euro 2.570,88, previa acquisizione agli atti di causa del fascicolo del citato procedimento.
Con comparsa di risposta del 27.5.2015 si costituiva in giudizio il condominio in persona del legale rappresentante pro-tempore. Il convenuto, sottolineando di aver peraltro già eseguito i lavori all’esito del procedimento per accertamento tecnico preventivo, replicava alle allegazioni attoree contestando l’omessa individuazione della causa del danno patito. Eccepiva altresì che detta causa non sarebbe ascrivibile alla propria condotta, atteso che già aveva eseguito i lavori riparatori negli anni precedenti.
Alla luce di tali considerazioni il Condominio concludeva quindi il rigetto di tutte le domande attoree. Parzialmente analoghe le allegazioni difensive del (…), il quale reclamava la propria estraneità – e conseguentemente il difetto di legittimazione passiva – rispetto ai danni patiti dagli attori.
Questi ultimi, infatti, non avrebbero individuato la genesi eziologica del danno nell’appartamento, restando pertanto indimostrata la sua derivazione causale dall’appartamento soprastante di proprietà del convenuto. Con riferimento al danno relativo alle autorimesse, poi, pacifica sarebbe la sua totale estraneità alla vicenda, atteso che la impermeabilizzazione del manto soprastante è di competenza condominiale.
Con riguardo alle spese del procedimento ex art. 696 c.p.c., il condomino convenuto rileva l’inapplicabilità del criterio della soccombenza quale canone di riparto delle spese, dovendo invece operare il diverso principio dell’anticipazione, in virtù del quale esse gravano sulla parte ricorrente.
Conclusivamente, il (…) chiedeva respingersi tutte le domande attoree. Inoltre, chiamava in causa la compagnia assicurativa chiedendo in subordine che quest’ultima venisse condannata a tenerlo indenne dagli obblighi risarcitori.
(…) si costituiva in giudizio con comparsa di risposta, contestando nel merito tanto le pretese attoree quanto quelle del convenuto (…). In primo luogo, la società assicurativa rilevava l’impossibilità di identificare l’origine delle infiltrazioni e di imputarle alla condotta del (…), con conseguente infondatezza della richiesta risarcitoria.
Inoltre, con riguardo alle spese del procedimento ex art. 696 c.p.c., sottolineava come gli attori nel corso del procedimento non avessero mai fatto riserva di agire per la rifusione delle spese, circostanza che impedirebbe di far valere tale pretesa in questa sede; eccepiva altresì che il procedimento in questione non era in realtà mai stato definito, atteso che le parti erano addivenute a soluzione conciliativa nel corso delle operazioni peritali e pertanto prima che l’intera procedura terminasse.
Con particolare riguardo alla domanda del (…), (…) replicava di non essere tenuta alla manleva, considerato che il danno non rientra fra quelli coperti dal contratto assicurativo. Aggiungeva che in ogni caso, anche ove si ritenesse che tale danno fosse coperto dal contratto, in ogni caso – alla luce del contratto – non sarebbe tenuta a indennizzare il (…) per la condanna al facere, ovvero alla eliminazione delle infiltrazioni.
In conclusione, la società assicurativa chiedeva respingersi le domande degli attori e del convenuto (…). In subordine, per il caso di condanna del convenuto chiamante, chiedeva di “graduare in termini percentuali tale dichiarata responsabilità del convenuto e, per l’effetto, quantificare corrispondentemente a detta percentuale l’entità dei danni posti a carico di (…) sotto il profilo dell’obbligo risarcitorio. In ogni caso accogliere la domanda di manleva in pari misura percentuale e conseguentemente pecuniaria”, nei limiti della franchigia prevista dal contratto assicurativo.
Nel corso dell’udienza di prima comparizione (del 24 novembre 2015), il Giudice rigettava l’istanza attorea volta all’acquisizione del fascicolo relativo all’accertamento tecnico preventivo, rilevando come tale procedimento si fosse concluso in virtù dell’accordo conciliativo raggiunto tra le parti, senza relazione finale, e sottolineando altresì come già alcuni dei relativi atti fossero stati prodotti nel presente giudizio dagli attori. All’udienza del 21.6.2016 il Giudice disponeva CTU, al fine di accertare la sussistenza delle infiltrazioni lamentate dagli attori e i danni consequenziali.
Il consulente tecnico d’ufficio depositava relazione conclusiva in data 16.12.2016.
Nelle successive udienze si dava atto di trattative in corso fra le parti, che prevedevano l’esecuzione dei lavori di riparazione indicati nella relazione del CTU, con spese a carico dei convenuti (…) e condominio.
Nell’udienza del 12.12.2018 il Giudice disponeva una consulenza tecnica integrativa, incaricando il consulente di determinare lo stato attuale dell’immobile degli Attori, di individuare i lavori eseguiti dalle parti in epoca successiva alla relazione peritale del dicembre 2016, e infine di chiarire “se confermi in tutto o in parte le conclusioni assunte nella stessa relazioni”.
Il consulente depositava relazione integrativa l’8.5.2019.
All’udienza del 17.9.2019 le parti precisavano le conclusioni come da fogli depositati in via telematica; il Giudice assegnava i termini per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica (9.12.2019) e tratteneva la causa in decisione.
Ritiene il Tribunale che le domande proposte dagli attori meritino parziale accoglimento.
Preliminarmente, giova individuare i fatti oggetto di sostanziale condivisione fra le parti, e pertanto sottratti all’onere della prova. Le parti concordano sulla circostanza che ante causam era stato avviato dagli odierni attori un procedimento ex art. 696 c.p.c., conclusosi con un accordo conciliativo che vedeva il Condominio farsi carico dei lavori da eseguire per riparare i beni immobili degli attori.
Concordemente, inoltre le parti precisano che, dopo il deposito della relazione peritale del 2016, avevano intrapreso trattative, accordandosi affinché parte dei lavori indicati dal CTU venissero svolti a spese del (…), e la restante parte a spese del Condominio; non risulta tuttavia che le negoziazioni siano addivenute ad un accordo conciliativo idoneo a chiudere definitivamente la controversia. Analogamente, nel corso delle operazioni peritali del 2019, le parti hanno tentato la soluzione conciliativa, non riuscendo tuttavia a pervenire ad un accordo.
Ulteriore dato incontroverso – ammesso dagli stessi attori nella comparsa conclusionale, a pag. 12 – è l’avvenuto versamento (con assegno datato 1.10.2019) in favore degli attori, da parte dell’assicurazioni, della somma di Euro 2.098,45 (pari ad Euro 1.720,04 + iva) corrispondente a parte dell’importo dei lavori previsti dalla relazione peritale del 2016 a carico del (…).
Le infiltrazioni nell’appartamento e nel box auto.
Orbene, la prima domanda attorea richiede, come si è detto, l’accertamento della responsabilità extracontrattuale del Condominio e del (…) in relazione ai fenomeni infiltrativi palesatisi nell’appartamento e nelle autorimesse degli attori, con conseguente condanna all’eliminazione dei danni o alla corresponsione del valore economico dei lavori.
Tale domanda merita di essere accolta solo parzialmente.
Onde giustificare tale conclusione, occorre soffermarsi su tre distinte questioni, particolarmente dibattute fra le parti, che si incentrano su alcuni degli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana. In merito a ciascuno di tali quesiti, dovrà necessariamente tenersi conto degli approdi della relazioni peritali del 2016 e di quella del 2019, sottolineandosi fin d’ora la assoluta centralità di quest’ultima, atteso che i fenomeni infiltrativi accertati nel 2016 risultano oramai – come si dirà – estinti.
La prima questione concerne l’individuazione del danno – evento.
La prima relazione peritale individuava infiltrazioni in sei distinti punti dell’appartamento degli attori fra il soggiorno ed il terrazzo, e ulteriori infiltrazioni nei box auto.
Nella successiva relazione del 2019, il consulente tecnico d’ufficio precisava che tutti i fenomeni infiltrativi riscontrati precedentemente – sia nell’appartamento che nelle autorimesse – si erano oramai conclusi. Il consulente ravvisava però ulteriori infiltrazioni attualmente presenti, e non segnalate dalla precedente relazione peritale. In particolare, con riferimento all’appartamento, sul setto murario del balcone venivano riscontrati fenomeni esfoliativi della pitturazione, la cui causa veniva individuata in “fenomeni di condensa sulla tubazione di adduzione acqua” (pag. 7). Con riguardo al box auto, il consulente ravvisava fenomeni infiltrativi, emersi all’esito delle prove di bagnatura, sulla parte alta della parete sinistra, e sulla parete del corsello. Tali conclusioni venivano concordemente approvate dai vari consulenti tecnici di parte intervenuti nei sopralluoghi.
Secondo snodo problematico concerne la determinazione del danno-conseguenza, ed in particolare delle spese occorrenti per riparare i danni individuati dal CTU, quesito che a sua volta presuppone la compiuta identificazione delle opere da eseguire.
La relazione del 2016 individuava una lunga serie di interventi manutentivi, che risultano essere stati integralmente compiuti alla luce della successiva integrazione peritale del 2019.
La più recente relazione peritale individuava le opere da eseguire per eliminare le infiltrazioni attualmente esistenti (con concorde valutazione dei CT di parte), sintetizzabili in questi termini:
– nel terrazzo dell’appartamento, apertura del cassonetto delle tubazioni e formazione di un nuovo tamponamento realizzato mediante posa di un pannello coibentato, per un costo di Euro 772,00 iva esclusa;
– nel box auto, asportazione di tutte le lastre della zoccolatura presente sulla testata e nell’angolo della parete interessata dalle infiltrazioni, e successivo ripristino dell’impermeabilizzazione con sufficienti risvolti verticali della medesima, oltre che l’impermeabilizzazione del pozzetto posto in prossimità dello scavo. Le opere relative al box auto venivano economicamente quantificate in Euro 5.635,42 iva esclusa.
Il costo complessivo delle opere da eseguirsi (dato dalla somma di Euro 772,00 ed Euro 5.635,42) veniva dunque quantificato in Euro 6.407,42 iva esclusa.
Terza e fondamentale questione riguarda l’imputazione del danno-evento: la riconducibilità delle infiltrazioni alle strutture di proprietà condominiale ovvero all’appartamento del (…). Dalla risposta al quesito discende la diversa allocazione della responsabilità, gravante sul condominio nel primo caso e sul condomino nel secondo.
Da tempo la Cassazione (fra le tante, vedasi Cass. 15291 del 12/07/2011, oltre che la nota Cass. Sez. Un. n. 9449 del 10/05/2016) ha enucleato i presupposti della responsabilità condominiale per danni alle porzioni di proprietà esclusiva dei condomini, ravvisandola nelle ipotesi in cui l’evento dannoso provenga da beni di proprietà comune di tutti i condomini. Il condominio, custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., è infatti il soggetto deputato a prevenire ed eliminare i danni provenienti dalle cose comuni. Diversamente, esso non possiede tale potere di fatto con riguardo ai beni di proprietà esclusiva dei singoli condomini, dovendo pertanto ritenersi esente da responsabilità nell’ipotesi in cui il danno provenga da beni di proprietà esclusiva. In quest’ultima circostanza, il soggetto su cui viene allocato il rischio è il singolo condomino, che risponde ai sensi dell’art. 2043 c.c. oppure, ove ne ricorrano i presupposti, dell’art. 2051 c.c. La scissione appena effettuata, come appunto precisa la citata pronuncia Sez. Un. n. 9449 del 2016, non è rigida, potendo concorrere la responsabilità del singolo condomino con quella del condominio nell’ipotesi in cui il danno provenga da cosa di proprietà comune, ma soggetta all’uso esclusivo di taluno dei condomini.
La relazione peritale del 2019 addebitava tutti i danni attualmente esistenti alla difettosa manutenzione di beni condominiali. Le infiltrazioni rinvenute sul balcone infatti, come precisato dal CTU, non sono riconducibili all’appartamento soprastante del (…), bensì a vizi di coibentazione delle tubature condominiali. Parimenti, i danni nel box auto derivano dalla insufficiente impermeabilizzazione del manto soprastante, di proprietà comune e non esclusiva.
Tenendo in considerazione le conclusioni del perito, il condominio è dunque l’unico soggetto chiamato a rispondere dei danni attualmente patiti dagli attori, ai sensi dell’art. 2051 c.c.
La precedente relazione del 2016 poneva talune opere a carico del condominio, ed altre a carico del (…). Tuttavia, come si è precisato, la più recente integrazione peritale rilevava l’integrale compimento delle opere precedentemente indicate. Inoltre, risulta che l'(…) abbia versato agli attori l’importo economico corrispondente (pari ad Euro 1.720,04 + iva) alle opere poste a carico del (…) dalla relazione del 2016. Alla luce di tali considerazioni può dunque concludersi per la esclusiva responsabilità condominiale dei danni da infiltrazioni, restandone esentato il convenuto (…).
In contrasto con tale conclusione, a nulla vale obiettare l’avvenuta stipula di un accordo transattivo all’esito del procedimento per Atp, che secondo i difensori dei convenuti avrebbe fatto cessare la materia del contendere. Come si dirà anche in seguito, infatti, l’azione giudiziale promossa in questa sede dagli attori riguarda infiltrazioni nuove, emerse molto tempo dopo (nel 2013) la conclusione dell’istruzione preventiva, il cui esito non interferisce pertanto con le vicende oggetto del presente processo. Del resto, non risulta che successivamente – anche a fronte dei ripetuti tentativi di conciliazione succedutisi nel corso degli anni – sia stata mai raggiunta una conclusione transattiva della controversia in esame.
La prima domanda attorea deve dunque essere (parzialmente) accolta, con esclusivo riferimento alla posizione del condominio, al quale devono essere addebitati integralmente i costi delle opere individuate nella relazione peritale depositata l’8 maggio 2019, pari alla somma complessiva di Euro Euro 6.407,42 iva esclusa.
Il disagio abitativo.
La domanda attorea volta al risarcimento dei danni non patrimoniali da disagio abitativo deve essere, invece, rigettata.
Un consolidato e condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità (esemplificativamente, vedasi Cass. n. 4534 del 2017) ha perimetrato i confini della risarcibilità del disagio in parola entro i confini della puntuale allegazione dei danni-conseguenza patiti e della loro riconducibilità eziologica alla lesione di interessi costituzionalmente tutelati.
Il citato assunto giurisprudenziale riflette la costante e nota interpretazione dell’art. 2059 c.c. che, a partire dalla sent. Sez. Un. n. 26972 del 2008, ha circoscritto la risarcibilità dei danni non patrimoniali al caso di commissione di fatti di reato e di lesione di diritti aventi rilievo costituzionale (vedi altresì le cd. “sentenze gemelle” della Cass. nn. 8827 e 8828 del 2003). Soffermando l’attenzione su quest’ultima ipotesi, in caso di danni da infiltrazioni i principali interessi a copertura costituzionale coinvolti sono il diritto all’abitazione e quello alla salute.
Orbene, dalle allegazioni attoree non è dato desumere la sussistenza di un concreto vulnus a taluno di tali diritti, che potrebbe ravvisarsi solo qualora la menomazione del godimento dell’immobile fosse tale da renderlo inidoneo alla sua funzione abitativa o potenzialmente nocivo per la salute di chi vi dimora. Non vi è traccia di tale dannosità nelle doglianze degli attori, che non allegano compiutamente, e in ogni caso non provano, la lesione di un interesse costituzionalmente tutelato. Non viene superata in definitiva altresì la soglia di tolleranza correlata alla gravità della lesione dell’interesse protetto, come affermato nella citata sentenza Sez. Un. n. 26972 del 2008.
Del resto, spostando l’attenzione sul danno-conseguenza, esso non risulta analiticamente allegato dagli attori. Nell’atto di citazione, essi si limitano a dolersi di essere stati costretti a spostare i mobili nel loro appartamento; nelle successive memorie, contestano ai convenuti il ritardo nella esecuzione delle opere prescritte dalle relazioni peritali, che avrebbe ulteriormente aggravato la condizione di disagio. La concreta incidenza di tali circostanze – pur astrattamente rilevanti – sul godimento e sull’abitabilità dell’appartamento risulta tuttavia allegata in modo generico e non puntuale.
Le spese del procedimento per accertamento tecnico preventivo.
Parimenti infondata è la domanda volta alla corresponsione delle spese del procedimento ex art. 696 c.p.c. avente r.g. 40172/10.
Anche in tal caso soccorre un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis Cass. n. 15492 del 2019, Cass. n. 14268 del 2017, Cass. n. 15672 del 2005), che sottrae la ripartizione delle spese dell’accertamento tecnico preventivo ante causam alla regola della soccombenza, ponendole, in via anticipata, a carico della parte ricorrente. La conclusione discende dalla natura istruttoria del procedimento in questione, che pur essendo funzionale alla successiva proposizione di una domanda non è finalizzato ad ottenere una statuizione giurisdizionale.
Proprio in virtù del nesso funzionalistico che lega l’istruttoria ex art. 696 c.p.c. all’eventuale e futura proposizione di un’azione giudiziale, la giurisprudenza sopra citata ammette che nel successivo giudizio di merito le spese dell’accertamento tecnico preventivo possano essere poste a carico della parte soccombente, a titolo di spese giudiziali.
La giurisprudenza riconosce che le spese in parola possano seguire la soccombenza, a condizione tuttavia che la domanda azionata in sede giurisdizionale trovi fondamento nelle medesime premesse fattuali che il procedimento istruttorio preventivo era volto ad accertare: solo in questa ipotesi, infatti, l’accertamento tecnico preventivo può dirsi funzionale alla proposizione della successiva azione giudiziale.
Non può dubitarsi del fatto che, come si ricava dallo stesso atto di citazione, l’accertamento tecnico preventivo – non acquisito nel presente giudizio – non si è concluso con il deposito della relazione peritale e non presenta un vincolo funzionale con la successiva azione giudiziale.
In primo luogo, i fatti posti dagli attori alla base dell’atto di citazione concernono infiltrazioni successive e diverse rispetto a quelle che hanno dato origine al procedimento ex art. 696 c.p.c.
In secondo luogo, l’azione promossa in questa sede non è finalizzata (come si evince chiaramente dall’atto di citazione e dalle conclusioni degli attori) all’adempimento né alla risoluzione dell’accordo transattivo raggiunto nel corso dell’accertamento tecnico preventivo. Al contrario, la domanda trae origine da fatti nuovi e distinti, e risulta pertanto totalmente scollegata dalle vicende pregresse.
Statuizione di condanna.
In definitiva, in parziale accoglimento delle domande proposte dagli attori, il Condominio dev’essere condannato a rifondere agli attori in solido la complessiva somma di Euro 6.407,42 iva esclusa, oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo. Detta somma infatti non dev’essere rivalutata, tenuto conto della data del deposito del supplemento della relazione peritale e del non aumento dei costi per l’esecuzione delle opere indicati dal CTU.
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve parimenti ritenersi assorbita la domanda proposta in via subordinata dal (…) nei confronti di (…). In disparte la circostanza che l'(…) risulta aver già corrisposto il costo dei lavori prescritti nel 2016, deve sottolinearsi come il condomino vada esente sotto ogni profilo dalla responsabilità in ordine ai danni patiti ed alle spese sofferte dall’attore, venendo conseguentemente meno il presupposto ulteriori per ulteriori esborsi indennitari.
Consegue alla parziale soccombenza la condanna del convenuto Condominio a rifondere all’attore la metà delle spese processuali e di CTP, dichiarandole compensate per queste parti per la rimanente metà.
Consegue alla soccombenza la condanna degli attori in solido a rifondere al convenuto (…) le spese processuali e di CTP.
Concorrono giusti motivi per compensare le spese processuali tra il convenuto (…) e la (…) S.p.A.
Le spese di CTU vanno poste in via definitiva a carico per metà degli attori in solido, e per la rimanente metà a carico del convenuto Condominio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede:
– condanna il convenuto Condominio al pagamento, in favore degli attori in solido, della somma di Euro 6.407,42 iva esclusa, oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo;
– pone le spese di CTU in via definitiva a carico per metà degli attori in solido, e per la rimanente metà a carico del convenuto Condominio;
– condanna il convenuto Condominio a rifondere agli attori in solido la metà delle spese processuali, che, in tale proporzione, liquida in Euro 132,00 per esborsi ed anticipazioni, Euro 1.141,92 per CTP, Euro 2.400,00 per onorario di avvocato, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre C.P.A. ed I.V.A., dichiarandole compensate tra queste parti per l’altra metà;
– condanna gli attori in solido a rifondere al convenuto (…) le spese processuali, che liquida in Euro 4.800,00 per onorari di avvocato, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre C.P.A. ed I.V.A.;
– Dichiara integralmente compensate le spese processuali fra il convenuto (…) e la (…).
Così deciso in Milano il 10 marzo 2020.
Depositata in Cancelleria il 11 marzo 2020.