in tema di condominio negli edifici, allorquando l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), in quanto custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell’intero edificio, o di parte di esso, propria del lastrico (o della terrazza a livello), ancorché di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, primo comma, n. 4 c.c.) e all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, primo comma, n. 4 c.c.). Il concorso di tali responsabilità, salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all’uno o all’altro, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1126 c.c., il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di condominio, si consiglia invece  la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione  che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

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Recupero credito nei confronti del condomino moroso

Corte d’Appello Napoli, Sezione 8 civile Sentenza 4 giugno 2018, n. 2634

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

OTTAVA SEZIONE CIVILE

riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati:

– dr. Umberto Di Mauro – Presidente –

– dr.ssa Aurelia D’Ambrosio – Consigliere –

– dr. Massimiliano Sacchi – Consigliere Relatore –

ha pronunziato la seguente:

SENTENZA

nel processo civile d’appello iscritto al n. 4897/2013 del ruolo generale degli affari contenziosi, avverso la sentenza n. 871/13, pronunziata dal Tribunale di Avellino, in data 11.4.2013, rimesso in decisione all’udienza del 30 marzo 2018 e pendente

TRA

Condominio di via (…), A., (p. Iva (…)), in persona dell’amministratore p.t., elettivamente domiciliato in Napoli, C.so (…), presso lo studio dell’ing. Ma.Co., rappresentato e difeso, in virtù di procura a margine dell’atto di appello, dall’avv. Do.Sa. (codice fiscale (…));

– appellante –

E

(…) s.p.a., (p. Iva. (…)), in persona del legale rappr.te p.t., elettivamente domiciliata in Napoli, via (…), presso l’avv. Te.Ro., rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione, dall’avv. St.Ro. (codice fiscale (…));

– appellata/appellante incidentale –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 7.12.2009, (…) S.p.A., sulla premessa di essere proprietaria di alcune unità immobiliari, site al piano terra ed al piano seminterrato del Condominio di via (…), in A., oggetto di copiose infiltrazioni, insorte sin dal 2005, provocate dalle cattive condizioni di manutenzione delle sovrastanti terrazze, di proprietà esclusiva di tre condomini del fabbricato, come puntualmente accertato dal CTU nominato nell’ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo da essa instaurato dinanzi al Tribunale di Avellino, premesso altresì che, nonostante le ripetute diffide, il condominio non aveva deliberato l’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria individuati dal predetto CTU al fine di eliminare le cause dei danni, evocava in giudizio, dinanzi al medesimo Tribunale, il Condominio di via (…), al fine di sentirne pronunciare la condanna all’eliminazione delle cause delle infiltrazioni verificatesi nei citati immobili, ad eseguire a proprie spese tutti i necessari lavori di ripristino, nonché a risarcire i danni – che chiedeva fossero quantificati in misura non inferiore ad Euro 200.000,00 – da essa sofferti per essere stata costretta a subire la cessazione anticipata di contratti di locazione in corso con terzi conduttori e per la mancata disponibilità dei cespiti.

Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si costituiva in giudizio il convenuto Condominio che, in via preliminare, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, sul rilievo che la responsabilità delle lamentate infiltrazioni dovesse ricadere sui condomini ((…), (…) e Provincia di Avellino) proprietari esclusivi delle terrazze a livello, dalle quali proveniva il fenomeno dannoso. Nel merito, contestava la fondatezza dell’avversa domanda di risarcimento dei danni, assumendo che non fosse provata e concludeva per il relativo rigetto.

Con sentenza n. 871 dell’11.4.2013, il Tribunale di Avellino, premesso che i manufatti dai quali, secondo il nominato CTU, provenivano le infiltrazioni, andassero qualificati come terrazze a livello, assolvendo anche ad una funzione di copertura dei piani sottostanti, affermata la legittimazione passiva del condominio, sul rilievo che in atti non emergeva una responsabilità esclusiva dei condomini proprietari esclusivi delle citate terrazze in relazione alle cause del fenomeno infiltrativo riscontrate dal CTU, in accoglimento della domanda, condannava il Condominio convenuto ad eseguire i lavori necessari alla rimozione della causa delle infiltrazioni, come descritti dai CTU nominato in sede di ATP, ad eseguire i lavori di ripristino negli immobili di proprietà dell’attrice, nonché a risarcire a quest’ultima i danni, da lucro cessante, conseguenti all’anticipata cessazione dei contratti di locazione, quantificati equitativamente nella misura di Euro 80.000,00, oltre al pagamento delle spese processuali.

Con atto notificato in data 23.11.2013, il Condominio di via (…), in A. proponeva tempestivo appello avverso la citata sentenza, chiedendo che, in riforma della stessa, l’adita Corte ne dichiarasse la nullità, siccome resa in difetto della partecipazione al giudizio di contraddittori necessari, quali dovevano nella specie considerarsi i proprietari esclusivi delle terrazze a livello, e, nel merito, riconoscesse che comunque la responsabilità per i danni provocati dalle infiltrazioni andasse ascritta ai medesimi condomini, proprietari esclusivi, ovvero, in subordine, riducesse la quantificazione dei danni, limitandoli solo a quelli ritenuti certi.

Costituendosi in giudizio, (…) s.p.a. resisteva all’avversa impugnazione, invocandone il rigetto, e spiegava appello incidentale per sentire, in accoglimento dello stesso ed in parziale riforma della gravata sentenza, quantificare i danni, da essa sofferti in conseguenza dell’anticipata cessazione dei contratti di locazione afferenti gli immobili interessati dalle infiltrazioni, nella misura, originariamente richiesta, di Euro 200.000,00 o in quella diversa ritenuta congrua.

Disposta dalla Corte la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata, limitatamente al capo 3) del dispositivo, concernente i danni da lucro cessante, e limitatamente alla metà dell’importo assegnato in sentenza, acquisito agli atti il fascicolo di primo grado e precisate le conclusioni in epigrafe trascritte, la causa era assegnata in decisione, con concessione dei termini ridotti di giorni venti e successivi giorni venti per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di appello, il Condominio di via (…) ha impugnato il capo della sentenza, nel quale, respingendosi l’eccezione da esso formulata nella comparsa di costituzione, il Tribunale aveva ritenuto sussistere la legittimazione passiva dell’odierno appellante.

Secondo quest’ultimo, invero, la statuizione in esame doveva ritenersi errata, in quanto, sulla scorta delle conclusioni esposte dal CTU, dalle quali emergeva che le infiltrazioni fossero da ascrivere a difetti di manutenzione straordinaria e di progettazione delle terrazze a livello sovrastanti i cespiti di proprietà della controparte, il primo Giudice avrebbe dovuto ritenere responsabili dei danni i proprietari esclusivi delle medesime terrazze.

in particolare, opinava che, come appurato dal CTU, le infiltrazioni derivavano dalla non corretta esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria, eseguiti dalla Provincia di Avellino sulla terrazza di sua proprietà esclusiva, e che, pertanto, secondo la giurisprudenza della Cassazione, nella fattispecie, l’attrice avrebbe dovuto evocare in giudizio i proprietari esclusivi delle terrazze a livello e non invece il condominio.

In definitiva, risultando dagli atti una responsabilità esclusiva o quantomeno concorrente dei proprietari delle terrazze, il Giudice di primo grado errava nell’affermare la legittimazione passiva del solo condominio, quale custode dei beni, ai sensi dell’art. 2051 c.c..

In forza di tali argomenti, l’appellante domandava che, in riforma della sentenza, l’adita Corte accertasse il difetto di legittimazione passiva del condominio, per essere la responsabilità delle infiltrazioni ascrivibile unicamente ai proprietari esclusivi, ovvero la nullità della sentenza, poiché pronunciata in difetto di litisconsorti necessari.

Il motivo non è fondato.

In diritto deve premettersi che la questione sottesa alla fattispecie in esame concerne l’individuazione del soggetto, sul quale deve gravare la responsabilità per danni da infiltrazione cagionati a terzi (tali intendendosi anche condomini del medesimo fabbricato, proprietari di cespiti oggetto delle predette infiltrazioni) dal difetto di manutenzione di lastrici solari o terrazze a livello di proprietà o uso esclusivo di singoli condomini.

Tale questione, vivamente dibattuta e già oggetto di un risalente intervento delle sezioni unite della Suprema Corte – n. 2672 del 1997, la quale affermava il principio secondo cui “poiché il lastrico solare dell’edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini al l’obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dal citato art. 1126, vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, e il titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo” – è stata di recente interessata da una nuova pronuncia delle sezioni unite (cfr. Cass. Civ. sez. un. n. 9449/16).

In tale ultimo arresto, la Corte, superando il proprio precedente del 1997, – in forza del quale la responsabilità per danni prodotti all’appartamento sottostante dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare (lastrico condominiale o in proprietà o uso esclusivo), per difetto di manutenzione, doveva ricondursi, piuttosto che al disposto dell’art. 2051 cod. civ., ed al generale principio del neminem laedere, direttamente alla titolarità del diritto reale e, perciò, considerarsi come conseguenza dell’inadempimento delle obbligazioni di conservare le parti comuni, poste a carico dei condomini (art. 1223 c.c., comma 1) e del titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo (art. 1126 c.c.) – ha invece aderito alla tesi che sostiene la responsabilità ex art. 2051 c.c., sottolineando, in particolare, l’indebita applicazione degli artt. 1123 e 1126 c.c., che vengono interpretati dalla sentenza del 1997, non più come norme che disciplinano la ripartizione delle spese interne, ma come fonti da cui scaturiscono le obbligazioni propter rem.

Nella pronuncia del 2016, quindi, le sezioni unite rilevano che ” la responsabilità per danni da infiltrazioni prodotte dal lastrico solare o dal terrazzo di proprietà o di uso esclusivo va attratta all’ambito di operatività dell’art. 2051 c.c., avuto riguardo alla posizione del soggetto che del lastrico o della terrazza abbia l’uso esclusivo ..”, precisando, altresì, “.. che tenuto conto della funzione assolta in ambito condominiale dal lastrico o dalla terrazza posta a copertura dell’edificio o di una sua parte, sia configurabile anche una concorrente responsabilità del condominio, nel caso in cui l’amministratore ometta di attivare gli obblighi conservativi delle cose comuni su di lui gravanti ai sensi dell’art. 1130 c.c., comma 1, n. 4, ovvero nel caso in cui l’assemblea non adotti le determinazioni di sua competenza in materia di opere di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 1135 c.c., comma 1, n. 4,..”.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo il quale “in tema di condominio negli edifici, allorquando l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), in quanto custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell’intero edificio, o di parte di esso, propria del lastrico (o della terrazza a livello), ancorché di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, primo comma, n. 4 c.c.) e all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, primo comma, n. 4 c.c.). Il concorso di tali responsabilità, salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all’uno o all’altro, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1126 c.c., il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio”.

Sempre secondo la pronuncia da ultimo richiamata, inoltre, “.. Dalla attrazione del danno da infiltrazioni nell’ambito della responsabilità civile discendono conseguenze di sicuro rilievo .. Trova applicazione altresì la disposizione di cui all’art. 2055 c.c., ben potendo il danneggiato agire nei confronti del singolo condomino, sia pure nei limiti della quota imputabile al condominio..”.

Alla luce di tale principio occorre, quindi, esaminare il motivo di appello formulato dal Condominio.

Al riguardo, la Corte rileva che il motivo vada disatteso, nella parte in cui invoca la nullità della sentenza di primo grado per un dedotto difetto di integrità del contraddittorio, che discenderebbe dall’omessa evocazione in giudizio dei proprietari esclusivi delle terrazze a livello.

Sul punto, deve replicarsi che, versandosi in ipotesi di responsabilità extracontrattuale e trovando applicazione la regola dettata dall’art. 2055 c.c., non sussiste litisconsorzio necessario tra il condominio ed i condomini proprietari esclusivi e, quindi, dalla mancata partecipazione al giudizio di questi ultimi, non può discendere alcun vizio di nullità del procedimento e della sentenza di primo grado.

Come dinanzi rilevato, infatti, poiché l’obbligazione gravante sul condominio e sui condomini proprietari esclusivi del lastrico o, come nella specie, delle terrazze a livello ha carattere solidale, il terzo danneggiato ben può agire per l’intero nei soli confronti del condominio, salva ovviamente, nei rapporti interni tra i coobbligati, l’applicazione della regola di riparto di cui all’art. 1126 c.c., con i limiti precisati dalle sezioni unite.

Per le considerazioni appena esposte, la doglianza in esame è del pari destituita di fondamento, anche nella parte in cui con essa si invoca un difetto di legittimazione passiva del condominio.

In proposito, occorre, in fatto, osservare che, come appurato nella CTU redatta dall’ing. (…), nominato nel corso del procedimento di accertamento tecnico preventivo instaurato dall’odierna appellata, negli immobili di proprietà di quest’ultima (dei quali uno già concesso in locazione alla (…)-T. e l’altro tuttora locato all’Inps) erano presenti tracce evidenti di infiltrazioni (rigonfiamento dello strato di pitturazione e deterioramento dell’intonaco, accumulo di acqua sul pavimento, danneggiamento di alcuni pannelli della controsoffittatura).

Come correttamente evidenziato anche dal primo Giudice, le cause di tali fenomeni vanno individuate, secondo l’ausiliare, in tre ordini di fattori: l’inadeguata impermeabilizzazione delle terrazze a livello, di esclusiva proprietà dei condomini (…), C. e Provincia di Avellino; la differenza di quota, ravvisabile tra il pavimento delle terrazze di proprietà (…) e C. e quello di proprietà della Provincia di Avellino; la mancanza di manutenzione delle caditoie di raccolta delle acque e dei punti di deflusso siti nei muretti divisori delle terrazze, nonché l’esistenza di una discesa pluviale condominiale che scarica direttamente sulle citate terrazze.

Ciò posto, deve altresì condividersi l’affermazione del Tribunale, secondo la quale, nella specie, non possa ravvisarsi una responsabilità esclusiva dei singoli condomini, in relazione alle cause delle infiltrazioni.

Infatti, non risulta che alcuno di tali proprietari abbia, sui citati terrazzi, realizzato opere, costruito manufatti o modificato in qualche misura lo stato dei luoghi, così concorrendo a creare i presupposti delle infiltrazioni.

Queste ultime, come emerge chiaramente dalla CTU, derivano, essenzialmente, dalle pessime condizioni di manutenzione nelle quali versano la pavimentazione delle terrazze a livello e dall’inadeguatezza dell’impermeabilizzazione e del sistema di regimentazione delle acque meteoriche.

In contrario, al fine di ravvisare una responsabilità esclusiva della Provincia di Avellino, non giova, peraltro, opinare che quest’ultima abbia, nel sostituire la pavimentazione del proprio terrazzo, omesso di adeguarsi alla quota preesistente, così favorendo l’accumulo di acque negli spazi presenti tra le due pavimentazioni.

Resta, infatti, innegabile che, da un lato, considerato lo stato di degrado nel quale versavano le pavimentazioni delle tre terrazze e che a tutt’oggi contraddistingue quelle di proprietà (…) e C., non interessate da interventi di ripristino, qualora la Provincia non avesse provveduto ai citati lavori di rifacimento della sua proprietà, comunque il fenomeno infiltrativo si sarebbe ugualmente prodotto.

Sotto altro profilo, è evidente che, in ogni caso, anche a voler valorizzare la non corretta esecuzione dei lavori da parte della Provincia, tale condotta rappresenta pur sempre una concausa delle infiltrazioni, unitamente alle altre due individuate dal CTU.

In definitiva, deve convenirsi con il primo Giudice, laddove ha escluso che, nella specie, le infiltrazioni potessero ascriversi alla responsabilità esclusiva di taluno dei condomini proprietari delle citate terrazze.

D’altra parte, le risultanze istruttorie in atti provano, con ragionevole certezza, che il condominio abbia disatteso l’obbligo di provvedere alla manutenzione delle parti comuni e che l’assemblea non abbia adottato le determinazioni necessarie per porre rimedio alle infiltrazioni in atto.

Ed invero, dalle dichiarazioni, di evidente contenuto confessorio, rese in sede di interrogatorio formale dall’amministratore del condominio odierno appellante (cfr. verbale di udienza del 29.12.2011), emerge che quest’ultimo, sin dal 2005, fosse stato avvisato della presenza delle infiltrazioni lamentate dalla (…) e che, pur avendo dato incarico ad un tecnico di fiducia (l’ing. D.) di individuare i relativi rimedi, alcuna concreta iniziativa adottava tuttavia per la definizione del problema.

In senso conforme, l’ing. M.S., consulente della (…), escusso quale teste all’udienza del 17.5.2012, riferiva che l’amministratore del condominio veniva informato della problematica, tanto da avere partecipato a numerosi sopralluoghi tenutisi dopo il 2005, anno al quale risale il manifestarsi del fenomeno. Il medesimo teste, confermava, inoltre, che la questione delle infiltrazioni veniva posta, all’ordine del giorno, in varie assemblee tenutesi nel condominio.

Ed ancora, dalla documentazione prodotta in primo grado dalle parti, emerge chiaramente come, sebbene effettivamente l’assemblea del condominio di via P. abbia in più occasioni, nel corso degli anni dal 2007 al 2009, adottato delibere intese a porre rimedio al problema lamentato dalla società (…), giungendo finanche ad individuare l’impresa cui affidare l’incarico di eseguire le opere, solo a settembre del 2010 e comunque dopo l’avvenuta definizione del procedimento per accertamento tecnico preventivo, instaurato dall’odierna appellata, e nella pendenza del giudizio di merito dalla medesima proposto dinanzi al Tribunale di Avellino, i lavori di manutenzione straordinaria avevano inizio (cfr. copia delle delibero assembleari allegate alla produzione dell’appellata).

Le considerazioni sin qui svolte inducono a ritenere sussistente una concorrente responsabilità del condominio, odierno appellante, in ordine ai danni sofferti dalla società (…).

Ne discende che l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, che il condominio appellante ha posto a base del motivo di gravame, debba essere disattesa.

Da ultimo e per concludere sul punto, va, poi, rilevata l’inammissibilità dell’appello incidentale spiegato dalla (…), nella parte in cui ha domandato che la Corte, in parziale riforma della sentenza di primo grado, esonerasse essa istante, quale condomina danneggiata, dall’obbligo, sancito dal Tribunale, di concorrere pro quota al pagamento dei lavori di rimozione delle cause delle infiltrazioni.

Ed infatti la doglianza è generica, non avendo la parte indicato le ragioni dell’erroneità della pronuncia impugnata, né gli elementi probatori sui quali la Corte dovrebbe fondare la sua valutazione.

Con il secondo motivo di appello, il condominio ha censurato il capo della sentenza nel quale il Tribunale quantificava, nella misura di Euro 80.000,00, i danni sofferti dalla società (…), in ragione dell’anticipata cessazione del contratto di locazione dalla stessa stipulato con (…)-T..

Secondo l’appellante la sentenza era erronea poiché alcuna prova di tali danni era stata offerta dalla (…), essendosi il contratto de quo risolto, sia pure a seguito di transazione tra le parti, per morosità del conduttore.

Domandava, quindi, che, ritenuta carente la prova dei danni, la Corte riformasse in parte qua la sentenza, respingendo l’avversa domanda.

Il motivo è fondato.

Il primo Giudice ha ritenuto di poter desumere la prova dei danni dal contenuto della conciliazione giudiziale, intercorsa tra la (…) e la (…) s.r.l. nel corso di un procedimento di sfratto per morosità dalla prima instaurato nei confronti della seconda, oltre che dalle deposizioni testimoniali e da missive in atti, nelle quali la locatrice aveva contestato al condominio il problema delle infiltrazioni.

Tuttavia, le risultanze istruttorie acquisite al giudizio inducono ragionevolmente ad escludere che l’anticipata risoluzione del rapporto di locazione possa farsi discendere, causalmente, dalle infiltrazioni che interessavano il cespite detenuto da (…) s.r.l..

All’accoglimento della conclusione dinanzi riportata osta, invero, l’inequivoco tenore del contratto di locazione inter partes, ritualmente acquisito agli atti del giudizio, nel cui articolo 6 si legge che la conduttrice riconosceva i locali adatti all’uso ed in buono stato manutentivo e che all’art. 8 conteneva una clausola del seguente tenore: “la conduttrice è a conoscenza delle infiltrazioni allo stato provenienti dalla proprietà superiore di terzi ed esonera espressamente la locatrice da ogni responsabilità”.

Tale ultima previsione negoziale smentisce in radice l’assunto sostenuto dalla (…) e condiviso dal Tribunale, che riconduce alla presenza di infiltrazioni nell’immobile la causa dello scioglimento anticipato del contratto, rispetto alla scadenza naturale dello stesso, originariamente fissata per l’1.11.2011.

Ed infatti, alla stregua di siffatta pattuizione e del chiaro esonero di responsabilità in essa contenuto, mai la conduttrice avrebbe potuto pretendere dalla (…) il risarcimento di danni derivanti dalle infiltrazioni presenti all’interno del cespite.

In senso conforme, del resto, depone anche il tenore della transazione giudiziale con la quale le parti, all’udienza del 19.4.2007, ponendo fine al giudizio di sfratto per morosità instaurato dalla locatrice, concordavano la risoluzione anticipata del rapporto, prevedendo l’obbligo di rilascio del cespite entro il 31.8.2007, il pagamento, da parte di (…), di un importo pari al 50% dei canoni scaduti e non versati, con rinuncia da parte dell’odierna appellata al pagamento di ulteriori importi per il medesimo titolo, e contestuale rinuncia, ad opera della conduttrice, ad ogni pretesa risarcitoria, connessa ad (invero non meglio specificati) danni da essa sofferti nel corso della locazione.

Peraltro, l’affermazione del primo Giudice, secondo la quale i danni, oggetto della citata rinuncia da parte di (…), erano quelli conseguenti alle infiltrazioni non è sufficientemente provata, considerato che: alcuna indicazione era in tal senso contenuta nella transazione; è ragionevole supporre che, qualora le parti avessero inteso riferirsi a tali danni, lo avrebbero chiaramente previsto, nel momento in cui decidevano di risolvere il rapporto; la circostanza che la (…) avesse contestato per iscritto al condominio la presenza di infiltrazioni nei propri immobili, in se non prova che la conduttrice intendesse risolvere il rapporto anticipatamente in ragione di tale fenomeno e non, invece, perché non era in grado di fronteggiare il pagamento dei canoni; anche ad ammettere che tale fosse, nelle intenzioni di (…), la ragione dello scioglimento anticipato del rapporto, la clausola di cui all’art. 8 del contratto di locazione, come dinanzi visto, esonerava la locatrice da responsabilità in relazione ai danni da infiltrazioni.

Quanto, infine, alle deposizioni dei testi, esse, nella parte in cui confermavano che il rapporto tra (…) e (…) veniva risolto per la questione delle infiltrazioni, nulla aggiungono, sul piano giuridico, a quanto dinanzi già osservato.

Da ultimo, non può omettersi di osservare come la quantificazione del danno in esame, operata dal Tribunale, non appaia coerente con le risultanze che emergono dai documenti in atti ed, in specie, dalla richiamata transazione.

Ed invero, se in quest’ultima l’ammontare dei canoni non versati dalla conduttrice veniva indicata in Euro 46 mila circa – dei quali la (…) accettava di riscuotere solo il 50% – non è dato comprendere come il primo Giudice abbia poi potuto liquidare un danno di complessivi Euro 80 mila, pari al doppio della morosità maturata in capo a (…).

Né, del resto, convince la parametrazione, pure operata dal Tribunale, del danno de quo ai canoni che la locatrice avrebbe riscosso se il contratto di locazione avesse avuto regolare esecuzione sino alla sua naturale scadenza, trattandosi di un’eventualità nemmeno ipotizzabile alla luce della situazione di fatto.

Sul punto giova osservare che, essendosi (…) resa morosa nel pagamento dei canoni da marzo 2006 ad aprile 2007, anche qualora le parti non avessero transatto la lite, il contratto sarebbe stato risolto anticipatamente dal Giudice con la sentenza emessa all’esito del giudizio e mai la locatrice avrebbe potuto esigere il pagamento di tutti i canoni a scadere sino al termine della locazione, ma solo di quelli maturati fino al giorno dell’effettivo rilascio.

Alla stregua degli esposti rilievi deve, quindi, escludersi la sussistenza del nesso causale tra i fenomeni infiltrativi originatisi nell’immobile detenuto in locazione da (…) e la fine anticipata della locazione con quest’ultima stipulata dalla (…).

Del pari non risulta provata l’ulteriore voce di danno, invocata dall’odierna appellata, consistente nella difficoltà di collocare gli immobili sul mercato a causa della presenza delle infiltrazioni in atto.

Anche con riguardo a siffatto profilo, che il primo Giudice ha valorizzato nel quantificare il danno in via equitativa, la prova offerta dall’attrice in primo grado si rivela oggettivamente inconsistente.

Ed invero, in senso conforme all’assunto dell’appellata, milita unicamente la deposizione resa dal teste (…), dipendente del gruppo (…), che, in proposito, riferiva, del tutto genericamente, di difficoltà insorte nel collocare i locali, in ragione dello stato nel quale versavano gli immobili.

Tale affermazione non è, tuttavia, idonea a fondare una pronuncia di accoglimento della domanda, avanzata dalla (…), in difetto di ulteriori particolari inerenti il numero di persone potenzialmente interessate alla locazione, il prezzo che le stesse erano disposte ad offrire, l’epoca cui risalivano le trattative non andate a buon fine.

Né, invero, l’attrice in primo grado ha provato di essersi diligentemente attivata, ad esempio rivolgendosi ad un agente immobiliare, per reperire conduttori, ovvero di avere comunque idoneamente pubblicizzato (su internet, mediante affissioni o pubblicazioni su giornali specializzati) la disponibilità del cespite.

In definitiva, la pretesa risarcitoria si rivela non provata, non valendo, a tal fine, invocare unicamente la collocazione del bene in zona di pregio della città, trattandosi di particolare che, in se, non dimostra il nesso causale tra il fatto illecito (la presenza del fenomeno infiltrativo) ed il danno lamentato (la perdita di favorevoli occasioni di locazione).

Pertanto, in accoglimento del secondo motivo di appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettata la domanda di risarcimento del danno, come proposta in primo grado da (…), oggetto della statuizione di condanna di cui al n. 3) del dispositivo.

Le argomentazioni esposte in relazione al secondo motivo di appello principale giustificano, inoltre, il rigetto dell’appello incidentale, con il quale (…) sollecitava la parziale riforma della sentenza, al fine del riconoscimento, a titolo di risarcimento del danno, del maggiore importo di Euro 200.000,00.

Del resto, a fondamento di quest’ultimo, la parte non ha adotto ragioni diverse da quelle, dinanzi ampiamente esaminate, già apprezzate dal primo Giudice e rivelatesi di per se non idonee a giustificare la condanna disposta dal Tribunale nei confronti del Condominio.

L’accoglimento dell’appello e la riforma, sia pure parziale, della sentenza impugnata impongono di provvedere anche d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese, quale conseguenza della pronuncia adottata, dovendo il relativo onere essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite (cfr. ex multis, Cass. Civ., S.U., 17.10.2003 n.15559).

Tanto, invero, in ossequio al principio della globalità del giudizio sulle spese, che deve avvenire con riferimento all’intero processo ed all’esito finale della lite, indipendentemente dalla sorte delle fasi incidentali eventualmente apertesi nel suo corso (cfr. Cass. Civ., 16.5.2006 n.11491; 5.6.2007 n.13059).

Ciò posto, siccome nella specie si versa in ipotesi di soccombenza reciproca parziale, essendo state accolte solo due delle tre domande originariamente proposte da (…) (quella di condanna del Condominio alla rimozione della causa delle infiltrazioni e di ripristino dello status quo nei cespiti dell’attrice), ritiene la Corte che le spese del giudizio di primo grado vadano compensate per la metà.

Per la residua metà, invece, il condominio va condannato a rifondere alla controparte le spese del giudizio di primo grado, essendo rimasto in parte soccombente, nei limiti dinanzi detti.

Per le medesime ragioni sopra indicate, va, poi, disposta la compensazione integrale delle spese del giudizio di appello tra le parti.

Deve invece escludersi che la società (…), quale parte parzialmente vittoriosa, possa essere condannata alla rifusione, anche solo pro quota, delle spese relative al giudizio di impugnazione.

A tale conclusione osta invero il principio secondo cui, nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91 c.p.c. dalla L. n. 69 del 2009, in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poiché tale condanna è consentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa (cfr. ex multis, Cass. Civ., sez. III, 23/01/2018, n. 1572).

Alla liquidazione delle spese relative al giudizio di primo grado si provvede in dispositivo, secondo i parametri di cui ai (…) n. 55 del 2014 ed in considerazione del valore della causa e dell’attività svolta.

Le spese liquidate al CTU, nominato in sede di ATP, vanno invece poste a definitivo carico del Condominio appellante, in applicazione del principio della soccombenza.

Rileva infine la Corte che, atteso il rigetto dell’appello incidentale, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti per il versamento, da parte di (…) s.p.a., dell’importo pari al contributo unificato dovuto per l’impugnazione incidentale.

P.Q.M.

la Corte di Appello di Napoli – Ottava Sezione civile, definitivamente pronunciando sull’appello principale e su quello incidentale, come in epigrafe proposti e tra le parti ivi indicate, così provvede:

a) in accoglimento per quanto di ragione dell’appello principale proposto dal Condominio di via (…), in A. ed in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigetta la domanda di risarcimento dei danni, proposta da (…) s.p.a.;

b) rigetta l’appello incidentale proposto da (…) s.p.a.;

c) compensa tra le parti le spese processuali del giudizio di primo grado nella misura del 50% e condanna il Condominio di via (…), in A. a rifondere, in favore di (…) s.p.a., il residuo 50%, liquidando detto residuo in Euro 256,2 per esborsi, Euro 3.627,00 per compenso, Euro 544,05 per rimborso spese generali, oltre Iva e CPA come per legge;

d) compensa integralmente tra le parti le spese processuali del giudizio di secondo grado;

e) pone a definitivo carico del Condominio di via (…), in A. le spese della CTU, come liquidate dal Giudice dell’ATP;

f) conferma nel resto l’impugnata sentenza;

g) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte di (…) s.p.a., dell’importo pari al contributo unificato dovuto per l’impugnazione incidentale.

Così deciso in Napoli il 29 maggio 2018.

Depositata in Cancelleria il 4 giugno 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.