in mancanza di norme limitative della destinazione e dell’uso delle porzioni immobiliari di proprieta’ esclusiva di un edificio condominiale, derivanti dal regolamento che sia stato approvato da tutti i condomini, la norma dell’articolo 1122 c.c., non vieta di mutare la semplice destinazione della proprieta’ esclusiva ad un uso piuttosto che ad un altro, purche’ non siano compiute opere che possano danneggiare lo parti comuni dell’edificio o che rechino altrimenti pregiudizio alla proprieta’ comune.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di condominio, si consiglia invece  la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione  che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

Per ulteriori approfondimenti in materia condominiale  si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

La responsabilità parziaria e/o solidale per le obbligazioni condominiali

Lastrico solare ad uso esclusivo regime giuridico e responsabilità

L’impugnazione delle delibere condominiali ex art 1137 cc

L’amministratore di condominio: prorogatio imperii

La revoca dell’amministratore di condominio

Rappresentanza giudiziale del condominio: la legittimazione a resistere in giudizio ed a proporre impugnazione dell’amministratore di condominio.

L’obbligo dell’amministratore di eseguire le delibere della assemblea di condominio e la conseguente responsabilità.

La responsabilità dell’amministratore di condominio in conseguenza del potere – dovere di curare l’osservanza del regolamento condominiale.

La responsabilità (civile) dell’amministratore di condominio.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 10 gennaio 2019, n. 480

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18834/2014 R.G. proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura a margine del controricorso, dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio del difensore;

(OMISSIS) S.p.A., rappresentata o difesa, in forza di procura in calce di controricorso, dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza del Corte d’Appello di Roma n. 3083, depositata il 27 maggio 2013.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28 giugno 2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco.

RITENUTO IN FATTO

– (OMISSIS) chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Latina, Sezione distaccata di Gaeta, il Condominio (OMISSIS);

– precisava di essere proprietario di un appartamento posto al primo piano del fabbricato, nonche’ di un locale deposito posto al piano terreno, gia’ dotato di impianto idrico ed elettrico, che era stato interessato recentemente da lavori di ristrutturazioni in forza di autorizzazione rilasciata dal Comune;

– precisava di avere manifestato il proprio intendimento di dotare il locale di autonome forniture per la luce e il gas, ma il condominio e alcuni condomini avevano contestato la legittimita’ dei lavori eseguiti;

– chiedeva che fosse accertato, ex articolo 1102 c.c., il proprio diritto all’installazione, negli appositi spazi condominiali, di contatori (OMISSIS) e (OMISSIS) al fine della fornitura della energia elettrica e del gas al predetto locale sito nel fabbricato;

– si costituiva il condominio e replicava che le cantine relative agli appartamenti, compresa quella del (OMISSIS), erano dotate di energia elettrica, collegate ai rispettivi alloggi di pertinenza e ai relativi contatori ubicati nell’apposito spazio condominiale a piano terra;

– la richiesta di apporre il nuovo contatore rifletteva l’intenzione del condomino di modificare la destinazione d’uso della cantina, da deposito a civile abitazione, in violazione delle norme di legge e del regolamento condominiale;

– lamentava che i lavori effettuati nella cantina del (OMISSIS), i quali non erano stati autorizzati ne’ dal condominio, ne’ dal Comune di Gaeta, avevano cagionato danni alle parti comuni dell’edificio;

– chiedeva, pertanto, con domanda riconvenzionale, la condanna del (OMISSIS) al risarcimento del danno;

– autorizzata ed eseguita la chiamata nel giudizio dell'(OMISSIS), questa si costituiva e precisava di avere apposto il contatore nello spazio a cio’ destinato in adempimento del proprio obbligo di contrarre ex articolo 2597 c.c.;

– il tribunale accoglieva la domanda del condomino e rigettava le domande del Condominio;

– esso accertava: a) che il condomino non aveva apportato modiche in pregiudizio del diritto di pari uso delle cose comuni da parte dei condomini, b) che non erano stati arrecati danni all’edificio condominiale; c) che l’installazione del contatore da parte dell'(OMISSIS) era avvenuta legittimamente;

– contro la sentenza il Condominio proponeva appello, che era rigettato dalla Corte d’appello di Roma.

– secondo la corte di merito:

a) i lavori di ristrutturazione della cantina non avevano arrecato danni ad alcuna parte dell’edificio condominiale e/o alle strutture delle parti comuni;

b) il contatore era stato installato dall'(OMISSIS) nel sito a cio’ destinato;

c) il cambiamento di destinazione d’uso della porzione, da cantina a civile abitazione, non si poneva in contrasto con il regolamento del condominio, atteso che l’articolo 4 rinvia sostanzialmente all’articolo 1102 c.c.;

d) nei rapporti fra il condominio e il singolo condomino non rilevavano gli aspetti dipendenti da una eventuale irregolarita’ dell’attivita’ edificatoria sotto il profilo pubblicistico, ma occorreva avere riguardo solo alle ricadute in ambito condominiale;

e) conseguentemente, in assenza di implicazioni negative sotto tale aspetto, gli atti di disponibilita’ del bene di proprieta’ esclusiva dovevano ritenersi legittimi;

f) attesa la legittimita’ delle opere eseguite dal (OMISSIS), altrettanto legittima era la condotta dall'(OMISSIS), che ha installato il contatore nell’apposito sito a cio’ destinato;

g) il condomino, al pari degli altri condomini, aveva il diritto di fare installare il contatore nella parte comune dell’edificio a cio’ desinata, senza necessita’ dl alcuna autorizzazione da parte del Condominio;

– per la Cassazione della sentenza il Condominio ha proposto ricorso, affidato a tre motivi;

– il (OMISSIS) e l'(OMISSIS) hanno resistito con controricorso. Considerato in diritto:

– il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1138 e 1362 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

– si sostiene che il diniego opposto dal Condominio agli allacci (OMISSIS) e (OMISSIS) non intendeva inibire al condomino l’uso della parte comune, ma esprimeva il divieto del condominio a che il condomino trasformasse la cantina in unita’ abitativa autonoma;

– in base all’articolo 24 del regolamento “la destinazione degli appartamenti o locali di proprieta’ esclusiva ad uso diverso dall’abitazione o da ufficio professionale privato deve essere consentito dall’assemblea dei condomini con la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.c.”.

– se il giudice d’appello avesse dato il giusto risalto a tale norma, l’esito della causa sarebbe stato diverso e la corte non avrebbe potuto affermare che il cambiamento di destinazione d’uso del locale da cantina a civile abitazione non si poneva in contrasto con il regolamento di condominio;

– il motivo e’ inammissibile;

– la Corte d’appello ha deciso in applicazione dell’articolo 4 del medesimo regolamento, senza neanche menzionare la diversa previsione di cui al motivo in esame;

– d’altronde il ricorrente si duole della mancata considerazione della diversa norma regolamentare, ma non deduce se e in che termini la relativa deduzione fu sottoposta all’esame della corte d’appello;

– “qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, e’ onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificita’ del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla S.C. di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione” (Cass. n. 15430/2018; n. 20694/2018);

– il ricorrente ha omesso tali essenziali precisazioni, restando da aggiungere che nel controricorso del (OMISSIS) e’ eccepita la novita’ della questione;

– il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c., comma 1, per non avere valutato la prova documentale, costituita dagli accertamenti eseguiti dalla vigilanza urbana di Gaeta;

– da tali accertamenti era emerso che i lavori avevano determinato un aumento di volumetria in danno della proprieta’ condominiale, in quanto era stato abbassato il piano di calpestio per aumentare l’altezza del locale, al fine di poter ottenere la certificazione di abitabilita’;

– il ricorrente evidenzia che il suolo su cui sorge l’edificio e’ di proprieta’ condominiale;

– il motivo e’ inammissibile;

– esso, sotto impropria rubrica, propone una censura sussumibile sotto la previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo attualmente vigente e applicabile ratione temporis (Cass. S.U., n. 17931/2013);

– secondo le Sezioni Unite di questa Corte “l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass., S.U., n. 8053/2014);

– il motivo non risponde a tali requisiti;

– il ricorrente si duole della mancata considerazione del “fatto”, risultante dal rapporto della vigilanza urbana del Comune di Gaeta, (l’aumento di volumetria in danno della proprieta’ condominiale), ma non correda la censura con alcune delle precisazioni richieste secondo il principio sopra richiamato;

– e’ indicato il documento, ma non la sede in cui il fatto fu oggetto di discussione, ne’ e’ illustrata la decisivita’ del medesimo, in rapporto al principio che “in tema di condominio negli edifici, non e’ automaticamente configurabile un uso illegittimo della parte comune costituita dall’area di terreno su cui insiste il fabbricato e posano le fondamenta dell’immobile, in ipotesi di abbassamento del pavimento e del piano di calpestio eseguito da un singolo condomino, dovendosi a tal fine accertare o l’avvenuta alterazione della destinazione del bene, vale a dire della sua funzione di sostegno alla stabilita’ dell’edificio, o l’idoneita’ dell’intervento a pregiudicare l’interesse degli altri condomini al pari uso della cosa comune” (Cass. n. 19915/2014);

– il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, 1102 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivi (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

– il diniego opposto dal Condominio agli allacci (OMISSIS) e (OMISSIS) non intendeva inibire al condomino l’uso della parte comune, ma esprimeva il divieto del condominio a che il condomino trasformasse la cantina in unita’ abitativa autonoma;

– la trasformazione della destinazione d’uso rifletteva lavori effettuati senza l’ausilio del permesso di costruire;

– le cantine usufruiscono di energia elettrica e di gas collegate ai rispettivi alloggi di appartenenza e non puo’ essere consentito l’utilizzo della parte comune del condominio per incrementare e rendere legittimo un servizio a vantaggio di un’opera abusiva;

– era onere della societa’ fornitrice verificare se la somministrazione poteva riguardava un’opera legittima.

– il motivo e’ infondato;

– la corte ha inteso perfettamente il significato del diniego espresso dal condominio, ma ha ritenuto che, in assenza di riflessi pregiudizievoli in ambito condominiale e in mancanza di norme limitative della destinazione e dell’uso delle porzioni di proprieta’ esclusiva, il proposito del condomino non fosse di per se’ illegittimo, essendo irrilevante, nei rapporti fra privati, l’eventuale carattere abusivo dei lavori;

– l’uno e l’altro principi sono conformi alla giurisprudenza della Suprema corte;

– “in mancanza di norme limitative della destinazione e dell’uso delle porzioni immobiliari di proprieta’ esclusiva di un edificio condominiale, derivanti dal regolamento che sia stato approvato da tutti i condomini, la norma dell’articolo 1122 c.c., non vieta di mutare la semplice destinazione della proprieta’ esclusiva ad un uso piuttosto che ad un altro, purche’ non siano compiute opere che possano danneggiare lo parti comuni dell’edificio o che rechino altrimenti pregiudizio alla proprieta’ comune” (Cass. n. 22428/2011);

– “nelle controversie tra privati, derivanti dall’esecuzione di opere edilizie non conformi alle prescrizioni di legge o degli strumenti urbanistici, cio’ che acquista rilevanza e’, sempre e soltanto, la lesione di diritti soggettivi attribuiti ai privati dalle norme medesime, anche se trattasi di norme non integrative di quelle dettate dal codice civile in materia di distanze fra le costruzioni, mentre la rilevanza giuridica della concessione o della licenza edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra la pubblica amministrazione ed il privato richiedente” (Cass. n. 13170/2011;

– in conclusione il ricordo deve essere rigettato;

– poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida, per ciascuno dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) S.p.A., in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;

dichiara ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.