Sulla premessa che le delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall’articolo 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento contrattuale, richiedano l’approvazione di tutti i condomini a pena di radicale nullita’ sono da considerare nulle per impossibilita’ dell’oggetto, e non meramente annullabili, e percio’ impugnabili indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio di trenta giorni ex articolo 1137 c.c., comma 2, tutte le deliberazioni dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell’organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tal fine, un accordo unanime, espressione dell’autonomia negoziale.
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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 10 gennaio 2019, n. 470
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23430-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 655/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 25/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2018 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO;
lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del. Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE ha chiesto l’accoglimento del 3 motivo, rigettati restanti.
RILEVATO
che il signor (OMISSIS), condomino di un complesso edilizio sito in (OMISSIS) denominato “Condominio (OMISSIS)” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello di Lecce ha confermato il rigetto della sua domanda di declaratoria di nullita’ della delibera approvata dall’assemblea condominiale il 21 agosto 2002, nella parte in cui, autorizzandolo a distaccare l’appartamento di sua proprieta’ dall’impianto di riscaldamento centralizzato, poneva a suo carico il 50% delle spese di esercizio di detto impianto (senza nulla specificare sul suo onere di contribuzione alle spese di manutenzione, riparazione e ricostruzione);
che, a giudizio della corte distrettuale, la ripartizione delle spese approvata dalla delibera impugnata violava i criteri fissati nel regolamento condominiale (di natura contrattuale, secondo quanto riportato nella stessa sentenza gravata) ma non modificava gli stessi, non incidendo sul testo del’articolo 22 del regolamento (alla cui stregua il contributo al costo del servizio attivo di riscaldamento centralizzato a carico del condomino che distacca la propria unita’ immobiliare dal relativo impianto e’ pari al 25% del consumo, fermo restando l’obbligo di contribuzione alle spese di manutenzione, riparazione e ricostruzione per quota millesimale); cosicche’ detta delibera doveva giudicarsi, in conformita’ alla sentenza di primo grado, annullabile ma non nulla;
che il ricorso si articola in otto motivi;
che il Condominio (OMISSIS) si’ e’ difeso con controricorso;
che la causa e’ stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del giorno 6 giugno 2018 per la quale per la quale entrambe le parti hanno depositato memoria e il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta.
CONSIDERATO
che con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli 1136 e 2697 c.c., il vizio di motivazione e la nullita’ del giudizio di primo grado in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in cui la corte sarebbe incorsa respingendo l’eccezione di carenza di legittimazione dell’amministratore e, conseguentemente, di nullita’ della procura da lui rilasciata al difensore in primo grado; il ricorrente argomenta che il Condominio non avrebbe adempiuto all’onere di deposito della delibera assembleare di autorizzazione dell’amministratore a resistere in giudizio, in primo grado;
che il motivo va disatteso, perche’ non attinge specificamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, autonomamente idonea a sorreggere il decisum, secondo cui l’eventuale vizio della costituzione in primo grado sarebbe rimasto sanato dalla delibera di autorizzazione dell’amministratore alla costituzione del condominio nel giudizio di appello, “implicante ovvia ratifica dell’attivita’ difensiva svolta in primo grado” (pag. 7, primo cpv., della sentenza);
che puo’ poi aggiungersi, per completezza, che il riferimento del ricorrente alla rilevabilita’ di ufficio dell’eccezione di difetto di legittimazione processuale e’ privo di pertinenza alla motivazione della sentenza gravata, nella quale tale eccezione non viene giudicata inammissibile, perche’ tardiva, ma viene giudicata infondata; nonche’, ancora, che l’affermazione della corte territoriale secondo cui l’amministratore poteva stare in giudizio senza autorizzazione assembleare (costituente ratio decidendi concorrente) e’ conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 1451/14, recentemente confermata da Cass. n. 7095/17), che il ricorrente non offre convincenti argomenti per superare;
che con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 1129, 1136 e 2697 c.c. e il vizio di motivazione in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, deducendo la carenza di prova sulla permanenza in carica dell’amministratore al momento del conferimento della procura ad litem al difensore del Condominio per il giudizio di appello, con conseguente nullita’ di tale procura; al riguardo il ricorrente argomenta che l’amministratore (OMISSIS) era stato sostituito nella carica di amministratore dal sig. (OMISSIS), con efficacia sin dall’anno 2004, e quindi difettava dei poteri di rappresentanza sostanziale e processuale del condominio all’epoca dell’introduzione del giudizio di appello;
che il motivo – che, in sostanza, attinge l’accertamento di fatto della corte salentina secondo cui, all’epoca dell’introduzione del giudizio di appello, il Condominio era amministrato dal sig. (OMISSIS) – va giudicato inammissibile per difetto di specificita’, in quanto non risulta formulato secondo il paradigma del nuovo articolo 360 c.p.c., n. 5, ne’ illustra il contenuto dei documenti dai quali pretende di trarre la prova (ritenuta insussistente dalla corte territoriale) del fatto che il sig. (OMISSIS) fosse cessato dalla carica di amministratore nel 2004, ne’ attinge specificamente l’argomentazione della corte territoriale alla cui stregua il sig. (OMISSIS) aveva convocato l’assemblea del 25.8.2011 e nella stessa era stato autorizzato a costituirsi in appello per il Condominio senza che alcun condomino ne contestasse la qualita’ di amministratore (pag. 7, terzo cpv., della sentenza);
che con il terzo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 1104, 1117, 1118, 1120, 1123, 1135, 1136, 1137, 1138, 1362, 1421 e 2377 c.c. e dell’articolo 22 del regolamento condominiale, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in cui la corte sarebbe incorsa ritenendo annullabile, invece che nulla, l’impugnata delibera assembleare del 21 agosto 2002;
che il motivo va giudicato fondato, in adesione al recente orientamento di questa Corte che – sulla premessa che le delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall’articolo 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento contrattuale, richiedano l’approvazione di tutti i condomini a pena di radicale nullita’ (cfr. Cass. 16321/16, in motivazione, pag. 9; Cass. 19651/17, in motivazione, pag. 8) – ha chiarito, superando orientamenti precedenti (Cass. 16793/06, Cass. 7708/07), che sono da considerare nulle per impossibilita’ dell’oggetto, e non meramente annullabili, e percio’ impugnabili indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio di trenta giorni ex articolo 1137 c.c., comma 2, tutte le deliberazioni dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell’organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tal fine, un accordo unanime, espressione dell’autonomia negoziale (Cass. 6128/17, Cass. 19651/17, Cass. 22157/18, Cass. 23222/18);
che, va aggiunto, deve essere disatteso l’argomento del contro ricorrente secondo cui il rilievo della nullita’ della delibera impugnata sarebbe stato precluso alla corte di appello per non avere il sig. (OMISSIS) specificamente censurato la statuizione del tribunale secondo cui tale delibera sarebbe stata annullabile ma non nulla;
che, infatti, per un verso, va rilevato che la nullita’ della delibera di assemblea condominiale e’ rilevabile anche di ufficio anche in appello (Cass. nn. 12582/15, 305/16, 6652/17, 22678/17); per altro verso, va evidenziato che sull’affermazione del tribunale di annullabilita’ – e non nullita’ – della delibera impugnata non puo’ essersi formato il giudicato interno, trattandosi non di una statuizione autonoma ma di una argomentazione funzionale all’adozione della statuizione (impugnata dal soccombente) di rigetto della domanda di nullita’;
che neppure risulta conferente il richiamo del contro ricorrente ai principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 18477/10, giacche’ nel presente giudizio non si discute dell’approvazione di tabelle millesima’ (ossia della determinazione dei valori della proprieta’ di ciascun condomino e della loro espressione in millesimi, la cui erroneita’ e’ sempre rimediabile ai sensi dell’articolo 69 disp. att. c.c.), bensi’ di un criterio di riparto delle spese di un servizio condominiale tra i condomini che di tale sevizio fruiscono direttamente e i condomini che di tale sevizio non fruiscono direttamente; criterio che, essendo definito da un regolamento contrattuale, non puo’ essere modificato dalla maggioranza assembleare, come avvenuto con l’impugnata delibera (sulla corretta individuazione dei principi fissati in SSUU n. 18477/10, cfr. Cass. 19651/17, cit., pagg. 6 e segg.);
che con il quarto motivo di ricorso il ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione degli articoli 152 c.p.c. e ss. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4; secondo il ricorrente, il giudice del primo grado, trattenuta la causa in decisione, non avrebbe potuto trasferire la stessa in capo al giudice onorario senza che ricorresse un impedimento assoluto, con conseguente nullita’ insanabile del procedimento;
che il motivo e’ inammissibile non avendo il ricorrente indicato le ragioni per cui contesta che nella specie sussistessero i presupposti legittimanti la sostituzione del magistrato istruttore ai sensi dell’articolo 174 c.p.c., comma 2; in ogni caso, lo stesso ricorrente riferisce che il giudice onorario fece precisare nuovamente le conclusioni davanti a lui, cosicche’ nemmeno astrattamente e’ configurabile alcun vizio di costituzione del giudice (tra le tante, da ultimo, Cass. n. 1912/17);
che con il quinto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 115, 116 e 232 c.p.c., con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, censurando la mancata ammissione delle prove per testi e per interrogatorio da lui richieste;
che il motivo va disatteso perche’ formulato senza l’indicazione specifica delle circostanze oggetto delle prove non ammesse (cfr. Cass. 19985/17);
che con il sesto motivo il ricorrente impugna la sentenza per violazione o falsa applicazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost. e mancanza di motivazione in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, lamentando che la causa sia stata decisa in adesione ad un orientamento della giurisprudenza di legittimita’ sfavorevole al ricorrente ed asseritamente formatosi in un momento successivo all’instaurazione del giudizio;
che il motivo risulta assorbito dall’accoglimento del terzo mezzo di impugnazione;
che con il settimo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. ex n. 4 dell’articolo 360 c.p.c., nonche’ “error in procedendo in relazione all’articolo 1133 e 2377 c.c. e all’istanza del ricorrente inoltrata al Condominio per far cessare la materia del contendere (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”;
che con tale mezzo di gravame il ricorrente in sostanza lamenta che ne’ il primo ne’ il secondo giudice si siano pronunciati sulla circostanza che egli aveva presentato istanza (non accolta) di riconvocazione dell’assemblea per la rideterminazione delle spese di riscaldamento, al fine di evitare il contenzioso;
che il motivo va disatteso, in quanto il vizio di omessa pronuncia e’ configurabile in riferimento a domande giudiziali, non in riferimento ad argomentazioni difensive della parte;
che con l’ottavo motivo di ricorso il ricorrente impugna la statuizione sulle spese di lite per violazione del criterio della soccombenza, deducendo la violazione o falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. ed error in judicando in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 5 e sostenendo che, nel caso di specie, sussistevano i presupposti per disporre la compensazione delle spese di giudizio;
che il motivo risulta assorbito dall’accoglimento del terzo mezzo di impugnazione;
che quindi, in conclusione, deve essere accolto il terzo motivo di ricorso, devono dichiararsi assorbiti il sesto e l’ottavo motivo e devono rigettarsi gli altri motivi, con cassazione della sentenza gravata in relazione al motivo accolto e rinvio ad altra sezione della corte di appello di Lecce che si atterra’ al principio di diritto che sono da considerare nulle per impossibilita’ dell’oggetto, e non meramente annullabili, e percio’ impugnabili indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio di trenta giorni ex articolo 1137 c.c., comma 2, tutte le deliberazioni dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell’organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tal fine, un accordo unanime, espressione dell’autonomia negoziale;
che il giudice di rinvio provvedera’ anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il sesto e l’ottavo motivo, rigetta gli altri motivi, cassa la sentenza gravata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della corte di appello di Lecce, che regolera’ anche le spese del presente giudizio.