l’eccezione di impossibilità sopravvenuta deve essere oggettiva e non già estrinsecarsi in una mera difficoltà di adempiere per mancanza di liquidità. Infatti, l’impossibilità che, ai sensi dell’art. 1256 cod. civ., estingue l’obbligazione è da intendere in senso assoluto ed obiettivo e non si identifica, pertanto, con una semplice difficoltà di adempiere, e cioè con una qualsiasi causa che renda più oneroso l’adempimento, ma consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente l’adempimento; il che, alla stregua del principio secondo cui genus nunquam perit, può verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto un fatto o una cosa determinata o di genere limitato, e non già una somma di denaro.
Tribunale Lanusei, Sezione 1 civile Sentenza 7 novembre 2018, n. 302
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di LANUSEI
SEZIONE PRIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Fabio Rivellini
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 528/2014 promossa da:
COMUNE DI TRIEI (C.F.(…)), con il patrocinio dell’avv. CO.VI., elettivamente domiciliato in VIA (…) TORTOLI’ presso il difensore avv. CO.VI.
ATTORE
contro
(…) SOC. COOP SOCIALE (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. DE.GI., elettivamente domiciliato in VIA (…) CAGLIARI presso il difensore avv. DE.GI.
CONVENUTA
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione il Comune di Triei ha introdotto il presente giudizio nei confronti della Società Cooperativa (…) esponendo che:
– in data 10.9.2009, a seguito di una procedura ad evidenza pubblica, l’amministrazione comunale aveva stipulato con la società cooperativa convenuta il contratto di concessione d’uso della struttura comunale residenziale di (…) da destinare a “gruppi residenziali di integrazione sociale” (documento 1);
– oggetto del contratto era l’utilizzo di una struttura di proprietà comunale composta di due corpi: il primo era stato consegnato in data 1 aprile 2011, il secondo, al momento del contratto ancora in fase di ultimazione, era stato consegnato in data 13 gennaio 2012;
– il corrispettivo a carico dell’aggiudicatario era stato previsto come segue: a far data dalla consegna del primo corpo della struttura l’aggiudicataria era tenuta a corrispondere la somma di 19.000 Euro in due rate semestrali anticipate; dalla consegna del secondo corpo l’importo del canone annuo aumentava a 34.200 Euro da versare con le stesse modalità;
– con accordo integrativo del 13.1.2012 le parti avevano pattuito che la società cooperativa si sarebbe fatta carico dei lavori di completamento della struttura del secondo corpo anticipando le relative spese, quantificate dalle parti con un sopralluogo congiunto in Euro 36.829,12 oltre IVA, da scontare sui canoni dovuti all’amministrazione concedente;
– la società concessionaria si rendeva inadempiente fin da subito, tanto che in data 2 marzo del 2012 il comune aveva ottenuto dal Tribunale di Lanusei l’ingiunzione di pagamento della somma di Euro 38.359,48 oltre spese legali (documento 7: decreto ingiuntivo n. 131 del 2013);
– con successivo accordo il comune di Triei aveva accettato di dilazionare il debito della società cooperativa, la quale al 30 aprile 2014 aveva versato l’importo indicato nel decreto ingiuntivo;
– ciononostante la società (…) si era nuovamente resa inadempiente all’obbligo di pagamento, maturando una morosità di 34.200 Euro, costringendo l’amministrazione ad instaurare il presente giudizio volto alla risoluzione del contratto e alla condanna al pagamento delle somme equivalenti ai canoni dovuti e non pagati;
– oltre al mancato pagamento del corrispettivo alle scadenze stabilite, la stessa cooperativa non aveva rispettato gli ulteriori obblighi previsti dall’art. 13 del capitolato d’oneri, costituente parte integrante del contratto, che imponeva all’aggiudicataria di documentare il rispetto di specifici requisiti, tra i quali l’assunzione di determinate figure professionali da reperire nell’ambito del territorio comunale; è stato inoltre contestato il mancato rispetto della delibera dell’assemblea regionale n. 57/3 del 23.10.2008 per le comunità ad alta intensità terapeutica e la presenza di un numero di ospiti nella struttura superiore a quello autorizzato.
Sulla base di tali presupposti, qui riportati sommariamente, l’attore ha chiesto la risoluzione del contratto, la condanna al rilascio della struttura comunale residenziale di (…) oltre al pagamento dei canoni rimasti inadempiuti, scaduti e a scadere fino al rilascio e gli interessi moratori.
Costituitasi in giudizio, la società cooperativa “(…) Soc. Coopo. Sociale” ha eccepito di aver provveduto seppur in ritardo al pagamento dei canoni, a di avere rispettato gli ulteriori obblighi previsti dal capitolato d’oneri. La stessa convenuta ha chiesto inoltre di dichiarare la nullità delle clausole vessatorie contenute nel capitolato d’oneri agli artt. 5 (obblighi ed oneri a carico del gestore), 6 (coperture assicurative), 11 (cauzione definitiva), 12 (sub – concessione), 13 (controlli del comune), 20 (obbligo del comune), 21 (penali), 22 (risoluzione del contratto) e 23 (responsabilità); di conseguenza la cooperativa convenuta ha chiesto in via riconvenzionale la restituzione della soma di 30.000 Euro pari agli oneri sostenuti per le opere eseguite di straordinaria manutenzione posti a carico della concessionaria, oltre alla somma di 17.100 Euro versata a titolo di cauzione.
La causa è stata istruita mediante la produzione della documentazione e all’udienza di precisazione delle conclusioni le parti hanno rassegnato le conclusioni che sono state sopra riportate.
I. Quanto alla domanda principale di risoluzione del contratto, la stessa è fondata e merita accoglimento. La domanda di risoluzione per inadempimento proposta dal comune di Triei si fonda, tra gli altri motivi, sul mancato rispetto dell’obbligo di pagamento del canone semestrale pattuito nel contratto di concessione d’uso stipulato in data 10 luglio 2009.
Oggetto della concessione era l’utilizzo, per nove anni consecutivi, di una struttura residenziale situata in Triei da destinare a “gruppo residenziale di integrazione sociale” a norma della delibera dell’assemblea regionale 57/3 del 23.10.2008.
La società cooperativa “(…) Soc. Coop. Sociale” (impresa capogruppo dell’associazione temporanea d’imprese costituita con atto pubblico in data 17.6.2009 fra la società cooperativa (…) Soc. Coop. Soc. e la cooperativa sociale (…)) è stata selezionata come contraente concessionario del bene pubblico in seguito allo svolgimento di una procedura di gara con criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il corrispettivo della concessione d’uso delle strutture comunali era stabilito nel contratto come segue: un canone annuo di 19.000 Euro a far data dalla consegna della prima struttura, destinato ad aumentare a 34.200 Euro annui dalla consegna della seconda struttura.
L’aggiudicatario si era inoltre obbligato a corrispondere al comune il canone così determinato in due rate semestrali anticipate, da versare entro i primi dieci giorni del semestre di riferimento (art. 4).
Al momento dell’introduzione del giudizio, il comune ha lamentato una morosità nel pagamento dei canoni pari a 34.200 Euro, specificando che la convenuta non aveva corrisposto il corrispettivo di 19.000 Euro maturato per il periodo di utilizzo dal 1 aprile 2014 al 30 settembre 2014 e per il periodo compreso tra il 1 ottobre 2014 ed il 31 marzo 2015 in relazione alla prima struttura concessa in uso; l’ulteriore importo di 15.200 Euro costituiva il corrispettivo non pagato per l’utilizzo della seconda struttura nel periodo compreso tra il 26 gennaio 2014 ed il 25 luglio 2014 e tra il 26 luglio 2014 ed il 25 gennaio 2015.
E’ ormai consolidato in giurisprudenza il principio secondo il quale qualora il creditore agisca in giudizio per la risoluzione del contratto deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento (Corte di Cassazione SS.UU. sent. 13533 del 30.10.2001).
Nel caso in esame all’inadempimento allegato dal comune la società cooperativa convenuta ha replicato di aver provveduto, sia pure in ritardo, al pagamento del canone, ritardo peraltro dipeso dal tardivo rimborso da parte della (…) delle prestazioni erogate in favore dei pazienti inviati dalle Aziende (…) di appartenenza.
A tale generica eccezione di avvenuto adempimento contenuta nella comparsa di risposta, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 183 co. VI n. 2 c.p.c. in data 2.11.2016 la società convenuta ha specificato che al momento risultavano pagati i canoni fino al 30.09.2016 relativamente al primo modulo e quelli relativamente al secondo modulo fino al 25.01.2017 rinviando, a dimostrazione dell’adempimento, al documento allegato alla memoria con il n. 10.
Tuttavia tale documento non consente di provare l’avvenuto saldo delle somme pretese da parte del comune per i periodi indicati in citazione; l’allegato 10 costituisce infatti il resoconto di un bonifico bancario eseguito da (…) Soc. Cop. a r.l. in data 31.10.2016, della somma di 17.100 Euro, con causale “saldo canone locazione (…) da aprile 2016 a settembre 2016 comune di Triei”.
Questo importo ed i periodi indicati nel documento non sono quelli ai quali è fatto riferimento nell’atto di citazione, poiché quest’ultimo ha dedotto un inadempimento relativo a periodi pregressi; inoltre il pagamento eccepito dalla convenuta è avvenuto successivamente all’instaurazione del giudizio e non può avere alcuna rilevanza nel valutare la gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto.
Infatti, mentre con riferimento alla domanda di adempimento contrattuale è consentito al giudice aver riguardo anche alla situazione d’inadempienza esistente al momento della pronuncia, la domanda di risoluzione cristallizza la posizione della parte inadempiente alla data di proposizione della domanda stessa.
Sulla base di tale principio, la Corte di Cassazione ha affermato che nei contratti con prestazioni corrispettive le disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 1453 c.c. sono simmetriche, giacché, come non è consentito all’attore che abbia proposto domanda di risoluzione di pretendere la prestazione, avendo dimostrato con quella richiesta il proprio disinteresse all’adempimento anche per la parte di prestazione eventualmente non ancora scaduta, così è vietato al convenuto di eseguire la sua prestazione dopo la proposizione della domanda di risoluzione e sino alla pronuncia giudiziale, senza che il conseguente “forzato” perdurare del suo inadempimento nel corso del giudizio possa negativamente riflettersi sulla valutazione del comportamento pregresso, trasformando un inadempimento inizialmente “non grave” in inadempimento “grave” e perciò tale da legittimare l’accoglimento della domanda (Corte di Cassazione sez. II, sent. 14 maggio 2004 n. 9200; sent. 6 aprile 2000 n. 4317).
Se pertanto ai fini della valutazione della gravità dell’inadempimento occorre avere riguardo esclusivamente al rapporto contrattuale esistente al momento dell’introduzione della domanda di risoluzione, nel caso in esame la domanda è evidentemente fondata perché i ritardi contestati sono superiori ai termini indicati dall’art. 22 del capitolato d’oneri allegato al contratto.
Inoltre il ritardo nei pagamenti posto a fondamento del presente giudizio seguiva ad un precedente inadempimento della stessa cooperativa aggiudicataria, per il quale il comune di Triei aveva già presentato in data 28.10.2013 un ricorso monitorio per ottenere l’ingiunzione di pagamento della somma complessiva di 38.359,48 Euro dovuta in corrispettivo per l’utilizzo della prima struttura dall’aprile del 2011 fino al settembre del 2014 e dal gennaio del 2012 fino al gennaio del 2014 per la seconda struttura (detratto l’importo di 44.563,24 per i lavori anticipati da (…) in forza dell’accordo aggiuntivo e del successivo sopralluogo congiunto; si veda la documentazione prodotta in alleato alla citazione al n. 7: decreto ingiuntivo n. 131/2013 e annesso ricorso).
Valutando pertanto la condotta complessivamente considerata che è stata tenuta dalla cooperativa convenuta nel corso dello svolgimento dell’intero rapporto contrattuale, risulta integrato il presupposto della gravità dell’inadempimento ai fini dell’accoglimento della domanda di risoluzione ai sensi del combinato disposto degli artt. 1453 e 1455 c.c.
Non può avere rilevanza al fine di escludere l’imputabilità dell’inadempimento il ritardato rimborso da parte dell’Azienda (…) delle prestazioni erogate dalla società cooperativa aggiudicataria del servizio.
Non vi è dubbio che la carenza di liquidità del debitore, anche se dipende dalla mancata soddisfazione dei crediti da quest’ultimo vantati verso terzi, non può mai costituire una impossibilità (non imputabile) definitiva o temporanea dell’adempimento della prestazione dovuta.
Come ribadito dalla Corte di Cassazione, l’eccezione di impossibilità sopravvenuta deve essere oggettiva e non già estrinsecarsi in una mera difficoltà di adempiere per mancanza di liquidità.
Infatti, l’impossibilità che, ai sensi dell’art. 1256 cod. civ., estingue l’obbligazione “è da intendere in senso assoluto ed obiettivo e non si identifica, pertanto, con una semplice difficoltà di adempiere (cfr. Cass. 7-2-1979 n. 845), e cioè con una qualsiasi causa che renda più oneroso l’adempimento (Cass. 14-4-1975 n. 1409), ma consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente l’adempimento; il che, alla stregua del principio secondo cui genus nunquam perit, può verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto un fatto o una cosa determinata o di genere limitato, e non già una somma di denaro (Cass. 16-3-1987 n. 2691; Cass. 17-6-1980 n. 3844; Cass. 15-7- 1968 n. 2555; nello stesso senso Cass. 30-4-2012 n. 6594)”.
Da qui, prosegue la sentenza, la conferma che “l’estinzione di una obbligazione può derivare unicamente dal sopravvenire di un evento che oggettivamente e in modo assoluto impedisca la possibilità della relativa prestazione” (Corte di Cassazione sezione II n. 25777 del 15 novembre 2013).
La circostanza dedotta da parte della convenuta, costituita dal pagamento tardivo da parte delle (…) che avrebbe impedito dalla stessa cooperativa di ottenere la liquidità necessaria per pagare i canoni della concessione, attiene sostanzialmente ad una situazione di mera difficoltà finanziaria; sicché la stessa, alla luce dei principi di diritto innanzi enunciati, si rivela inidonea a estinguere l’obbligazione di pagamento gravante sulla convenuta o comunque a escludere l’imputabilità dell’inadempimento dedotto nella citazione.
Ne consegue l’accoglimento della domanda di condanna al pagamento delle somme attualmente ancora dovute dalla cooperativa (…), che il comune in sede di comparsa conclusionale ha ridotto al minore importo di 17.100 Euro, oltre interessi, a seguito di ulteriori pagamenti effettuati nel corso del procedimento dalla società convenuta. Sulla somma così determinata saranno calcolati gli interessi al tasso legale dalle scadenze degli importi al saldo.
La domanda di risoluzione del contratto di concessione è fondata sul solo inadempimento all’obbligo di pagamento dei canoni alle scadenze stabilite.
Non è pertanto necessario procedere all’accertamento degli ulteriori inadempimenti contestati ai fini della definizione della causa relativa alla risoluzione del contratto né al conseguente risarcimento del danno, non essendo stato allegato alcun concreto pregiudizio ulteriore patito dal comune a causa dell’inadempimento della controparte.
II. Quanto alle domande riconvenzionali proposte dalla parte convenuta, si deve rilevare che tutte le clausole contenute nel contratto di concessione d’uso e nel capitolato d’oneri collegato sono valide ed efficaci.
A supporto della dedotta nullità della clausola di cui all’art. 5 del contratto di concessione, nella parte in cui pone “a carico del concessionario tutti gli oneri, obblighi e spese di gestione…tra cui anche la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’edificio e delle pertinenze…”, la parte convenuta ha affermato trattarsi di “clausole vessatoria” che in quanto tale avrebbe dovuto essere oggetto di specifica approvazione per iscritto a pena di inefficacia ai sensi dell’art. 1341 co II c.c.; da ciò deriverebbe, a detta della convenuta, l’obbligo della controparte di restituire le somme spese dalla cooperativa per le riparazioni straordinarie dell’immobile (30.000 Euro).
Dalla vessatorietà dell’art. 11 della convenzione (obbligo di cauzione), deriverebbe inoltre l’obbligo di restituzione dell’importo di 17.100 Euro versato a titolo di cauzione,
La norma invocata dalla convenuta, l’art. 1341 c.c., presuppone che si tratti di clausole contrattuali generali e predisposte unilateralmente; i due tratti della generalità e della predisposizione, sopra descritti, sono riassunti dalla dottrina nella opinione per cui la formula “condizioni generali di contratto” esprime il fenomeno pratico della preventiva e unilaterale formulazione di un contenuto negoziale uniforme, destinato ad essere utilizzato per disciplinare una serie indeterminata di rapporti facenti capo al predisponente.
A prescindere dall’esistenza del requisito della generalità, la disciplina invocata dalla controparte non è applicabile, in base al principio, più volte affermato dalla Corte di Cassazione, secondo il quale le clausole inserite in un contratto stipulato per atto pubblico o in forma pubblica amministrativa (come nel caso di specie), ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non possono considerarsi come “predisposte” dal contraente medesimo ai sensi dell’art. 1341 cod. civ. e, pertanto, pur se vessatorie, non richiedono approvazione specifica per iscritto, in quanto la particolare forma contrattuale rivestita dall’accordo esclude la necessità di una approvazione siffatta (Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 18917 del 21/09/2004; Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 15237 del 20/06/2017).
Va inoltre rilevato che quando il contraente stipula il contratto con la pubblica amministrazione a seguito della partecipazione ad una procedura aperta di selezione, la sua posizione non è assimilabile a quella del contraente che si limita ad “aderire” al contratto, poiché vi è una fase preliminare alla sottoscrizione del contratto, costituita dalla procedura amministrativa di selezione, nella quale tutte le condizioni principali e caratterizzanti del futuro accordo contrattuale sono pubblicate dall’amministrazione e sono conosciute da tutte le imprese che decidono di partecipare alla selezione del contraente.
Pertanto si deve ritenere che la valutazione della vessatorietà, ai sensi dell’art. 1341 c.c., delle clausole del capitolato d’oneri per l’affidamento in concessione d’uso non possa essere invocata dalla parte convenuta, poiché la struttura bifasica, della procedura ad evidenza pubblica e della successiva stipulazione del contratto, in cui si sviluppa la genesi del rapporto contrattuale rende lo stesso sostanzialmente diverso dal tipico contratto “per adesione”, considerato dal legislatore nella norma dell’art. 1341 c.c.
Le domande riconvenzionali proposte dalla società cooperativa convenute devono pertanto essere rigettate.
III. Quanto alle spese del giudizio, le stesse seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con applicazione dei parametri medi previsti dal D.M. n. 55 del 2014 per le varie fasi del giudizio in relazione all’importo fatto oggetto della condanna al pagamento di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
– dichiara la risoluzione del contratto di concessione d’uso della struttura comunale residenziale di (…) stipulato in data 10 luglio 2009 per inadempimento della convenuta Soc. Cop. Sociale (…) e, per l’effetto, condanna la convenuta al rilascio della Struttura Comunale Residenziale di (…), oggetto del predetto contratto;
– condanna la società cooperativa convenuta al pagamento in favore del comune di Triei della somma di 17.100 Euro, quale importo ancora dovuto a titolo di corrispettivo, oltre interessi al tasso legale come dovuti ai sensi dell’art. 4 del predetto contratto di concessione d’uso;
– rigetta le domande riconvenzionali proposte dalla parte convenuta;
– condanna altresì la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 545 per spese ed Euro 4.835 per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e 15% per spese generali.
Così deciso in Lanusei il 7 novembre 2018.
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2018.