la pronuncia giudiziale ex articolo 2932 c.c., avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non puo’ realizzare un effetto maggiore e diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti, ne’, comunque, un effetto che eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l’autonomia negoziale delle parti; in altri termini, non puo’ accogliersi una lettura del sistema che consenta alle parti di eludere la disposizione dettata dalla L. n. 52 del 1985 articolo 29 comma 1 bis, mediante la stipula di un contratto preliminare di immobile catastalmente non regolare seguita dalla introduzione di un giudizio che si concluda con sentenza di trasferimento dell’immobile medesimo.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|19 luglio 2022| n. 22660

Data udienza 13 giugno 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO M. Rosa – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22640/2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1333/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28 febbraio 2017 e notificata il 5 luglio 2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 giugno 2022 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) citava dinanzi il Tribunale di Roma la societa’ (OMISSIS) srl ex articolo 2932 c.c. per il trasferimento della piena proprieta’ di un’unita’ immobiliare facente parte dell’immobile sito in (OMISSIS), costituito da terreno della superficie di mq. 1000 circa con retrostante fabbricato di civile abitazione da cielo a terra.

L’attore offriva di pagare alla convenuta o a chi di ragione, – in considerazione dell’ipoteca – il saldo del prezzo pari ad Euro 572.435,00, inoltre, poiche’ l’immobile promesso era gravato da un’iscrizione ipotecaria, chiedeva di condizionare il pagamento del residuo prezzo sino alla totale liberazione, da parte della convenuta entro un termine da assegnare, di ogni formalita’ pregiudizievole gravante sull’immobile promesso; ovvero, in subordine, di autorizzare il conchiudente ad impiegare quanto necessario del residuo prezzo per la cancellazione della detta iscrizione e di ogni altra eventuale iscrizione o trascrizione pregiudizievole sull’immobile promesso o, comunque, di fissare condizioni e modalita’ di versamento del prezzo idonee ad assicurare l’acquisto del bene libero da vincoli e a garantire il conchiudente dall’eventuale evizione. L’attore chiedeva la condanna della convenuta a rilasciare l’immobile e ad eliminare le irregolarita’ o difformita’ edilizie o urbanistiche o in subordine, di ridurre il prezzo della vendita dell’importo necessario a sanare dette irregolarita’ o difformita’, dichiarando in ogni caso la convenuta medesima tenuta a manlevare il (OMISSIS) da ogni conseguenza pregiudizievole che avesse a subire per effetto delle stesse.

2. Si costituiva la convenuta che proponeva domanda riconvenzionale chiedendo di accertare e dichiarare la risoluzione del contratto preliminare stipulato tra le parti per il decorso del termine fissato al 31 marzo 2004 e, comunque, per il rilevante inadempimento dell’attore; – dichiarare legittimamente acquisite alla parte promittente venditrice le somme versate a titolo di caparra dalla parte promissaria acquirente; accertare e dichiarare a carico dell’attore la violazione della buona fede ex articoli 1337 e 1375 c.c. con condanna dell’attore (OMISSIS) a risarcire alla Soc. (OMISSIS) i danni ulteriori derivanti da detta violazione, nella misura da precisare ovvero da liquidare anche in via equitativa per la ritardata e poi omessa compravendita, nonche’ per il regime legale di trascrizione della domanda, nonche’ per il procurato ostacolo alla alienazione in favore di terzi.

3. Il Tribunale di Roma rigettava sia la domanda principale che quella riconvenzionale.

4. (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

5. La Societa’ (OMISSIS) resisteva e proponeva appello incidentale.

6. La Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello principale e dichiarava assorbito quello incidentale.

In particolare, la Corte d’Appello evidenziava che e’ ammissibile un trasferimento ex articolo 2932 c.c. condizionato alla preventiva cancellazione delle ipoteche, imponendosi la relativa attivita’ al venditore o, in alternativa, dando la possibilita’ all’acquirente di prelevare dal residuo prezzo le somme occorrenti alla cancellazione dei vincoli pregiudizievoli. Nel caso di specie, tuttavia, era di ostacolo a tale possibile soluzione la mancata indicazione del debito della (OMISSIS) srl verso l’istituto di credito. Non risultava contestato, infatti, che sui cespiti oggetto del contratto preliminare stipulato tra (OMISSIS) e (OMISSIS) srl gravava un’ipoteca volontaria di lire tre miliardi, a favore di (OMISSIS) spa, iscritta a garanzia del rimborso di un mutuo di lire un miliardo, concesso dalla banca a (OMISSIS) srl con atto a rogito del Notaio (OMISSIS) di Roma. Era altrettanto pacifico che nessuna delle parti’ del giudizio aveva indicato la quota di mutuo non ancora rimborsata, per cui non era possibile individuare la parte del prezzo da destinare alla cancellazione della detta ipoteca, somma che peraltro, a distanza di oltre trent’anni dalla stipula del mutuo, poteva essere, in linea teorica, per effetto dei maturati interessi, maggiore del residuo prezzo ancora dovuto da (OMISSIS) a (OMISSIS) srl.

L’omessa indicazione del residuo mutuo ancora non rimborsato impediva, quindi, di determinare condizioni e modalita’ del pagamento del prezzo e, pertanto, la domanda di esecuzione in forma specifica, come formulata, andava rigettata.

6.1 L’appello e la relativa domanda ex articolo 2932 c.c. dovevano rigettarsi anche sotto altro profilo.

Il fabbricato di cui faceva parte la porzione immobiliare oggetto del contratto preliminare risaliva al 1939, ma era stato oggetto di diversi interventi edilizi, tra cui anche quello pattuito tra le parti con la scrittura privata del 15/03/2003. Agli atti di causa, pero’, non si rinveniva la documentazione necessaria a valutare la regolarita’ dell’attuale situazione urbanistica del bene o, quantomeno, a verificare che le “menzioni urbanistiche”, peraltro provenienti dall’acquirente e non dal venditore, fossero complete ed esaustive. A tal fine doveva rilevarsi che con la D.I.A. del 2002 era stato richiesto il ripristino delle unita’ immobiliari originarie del 1939, ma non poteva comprendersi se la modifica delle stesse fosse avvenuta prima o dopo il 1967 (se avvenuta dopo il 1967 occorreva l’ulteriore menzione urbanistica) e se, oltre all’istanza di condono del 01/03/1995, vi erano state altre istanze in tal senso, come sembrava ipotizzarsi dagli allegati alla D.I.A. del 25/06/2002 (epoca in cui non vi era ancora la concessione in sanatoria del 13/01/2004).

Lo stesso appellante aveva dedotto (doc. n. 24 del fascicolo dell’attore: relazione tecnica del geometra (OMISSIS) del 29/03/2006, depositata in atti il 30/03/2006) che l’unita’ immobiliare oggetto della promessa di vendita non era conforme agli strumenti urbanistici vigenti, circostanza che impediva l’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica per il divieto di alienazione di immobili abusivi o difformi, applicabile anche all’esecuzione in forma specifica.

6.2 Un ulteriore aspetto imponeva il rigetto dell’appello. La porzione immobiliare aveva subito diverse modifiche, ma agli atti non vi era documentazione idonea ad attestare l’attuale identificazione catastale dei beni, come modificati per effetto della suddivisione prevista dalla scrittura privata del 15/03/2003, circostanza che, visto il mancato inserimento dei dati catastali nella promessa di vendita, impediva anche di verificare la corrispondenza tra il bene promesso e quello di cui si chiedeva l’esecuzione in forma specifica, oltre a non potersi comprendere, in mancanza dei dati catastali, su quali beni ricadesse l’ipoteca di tre miliardi di cui si chiedeva genericamente la cancellazione.

Il rigetto dell’appello principale comportava l’assorbimento di quello incidentale condizionato.

7. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.

8. La Societa’ (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

9. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto degli articoli 1460 c.c. e 1482 c.c. In subordine, nullita’ della sentenza per motivazione oggettivamente incomprensibile e/o inesistente o apparente, e per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.

La Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere necessaria (cfr. pag. 5, righe 21, 22 della sentenza impugnata) a norma di legge l’indicazione del debito residuo del mutuo quale condizione necessaria per potersi disporre il trasferimento.

Il ricorrente richiama il principio da tempo consolidato secondo cui la mancata cancellazione da parte del promittente venditore di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile consente al promissario acquirente, ove di tale facolta’ intenda avvalersi, di chiedere al giudice con la sentenza sostitutiva del contratto di fissare condizioni e modalita’ di versamento idonee ad assicurare l’acquisto del bene libero da vincoli; tra queste, anche quella di subordinare il pagamento del residuo prezzo all’estinzione, da parte del promittente alienante, dell’ipoteca.

Dunque, si tratterebbe di condizionare il pagamento del prezzo alla cancellazione dell’ipoteca ovvero di autorizzare il promissario acquirente a cancellare l’ipoteca impiegando quanto necessario del residuo prezzo.

Nessuna delle disposizioni normative menzionate nella motivazione della sentenza impugnata porrebbe direttamente o indirettamente a carico del promissario acquirente che agisce per la tutela ex articolo 2932 c.c. l’obbligo di individuare l’esatto ammontare del debito residuo.

Laddove non volessero ritenersi violate o falsamente applicate le disposizioni di legge appena richiamate, la Corte di Appello sarebbe, comunque, incorsa nel vizio di nullita’ della sentenza, sotto il profilo dell’anomalia motivazionale traducentesi in “motivazione oggettivamente incomprensibile” e/o in contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.

La sentenza impugnata, pur dando atto della ammissibilita’ di un trasferimento ex articolo 2932 c.c. condizionato alla preventiva cancellazione dell’ipoteca (imponendosi la relativa attivita’ al venditore, ovvero in alternativa, dando la possibilita’ all’acquirente di prelevare dal residuo prezzo le somme occorrenti alla cancellazione dei vincoli pregiudizievoli) al contrario, ha ritenuto ostativa a tale possibile soluzione (cfr. pag. 5, riga 16 sino a pag. 6 righe da 1 a 6) “la mancata indicazione del debito della (OMISSIS) s.r.l. verso l’istituto di credito sul rilievo che “non avendo nessuna delle parti del giudizio indicato la quota di mutuo non ancora rimborsata, non e’ possibile individuare la parte del prezzo da destinare alla cancellazione di detta ipoteca”.

La motivazione sarebbe, dunque, palesemente contraddittoria per inconciliabilita’ assoluta delle sue proposizioni. In buona sostanza la Corte d’Appello, dopo aver riconosciuto di avere il potere di imporre al venditore la cancellazione dell’ipoteca senza alcuna necessita’ di intermediazione o di ulteriore collaborazione da parte dell’acquirente, pero’ non ne ha fatto uso, disattendendo illegittimamente la relativa domanda di porre a carico del promittente venditore la cancellazione dell’ipoteca.

L’opzione alternativa, di consentire all’acquirente di pagare il creditore iscritto in luogo del venditore, non necessiterebbe di alcuna preventiva indicazione del debito residuo. Infatti, se il residuo prezzo ancora dovuto fosse sufficiente alla cancellazione, nulla quaestio, altrimenti, l’acquirente avrebbe facolta’ di provvedere con ulteriori risorse proprie, maturando poi le conseguenti rivalse verso il suo dante causa. Dunque, non sussisterebbe alcun ostacolo, logico o giuridico anche per questa, dichiaratamente alternativa, opzione; e la motivazione che ne ha ritenuto la sussistenza risulterebbe (oltre che contraddittoria) oggettivamente incomprensibile.

Nell’ambito del primo motivo il ricorrente propone anche un’ulteriore censura cosi’ rubricata: Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 n. 5 c.p.C.). Nullita’ della sentenza per palese contraddittorieta’ in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4

Sotto un primo profilo, la Corte di Appello non ha considerato che l’ammontare del debito residuo con la banca era stato indicato dalla parte promittente venditrice, parte mutuataria del mutuo ipotecario concesso da (OMISSIS) s.p.a.. Si legge, infatti, a pagina 6, rigo 9, della comparsa costitutiva del 28.12.2004 di (OMISSIS) s.r.l. in primo grado (cfr. doc. a dell’allegato fascicoletto), che “l’ipoteca gravante sull’immobile de quo assiste un residuo credito bancario largamente inferiore al saldo del prezzo convenuto (circa Euro 360.000 contro Euro 572.435,00)”.

Parimenti, a pagina 2, primo rigo, della comparsa costitutiva di (OMISSIS) s.r.1. nel grado di appello (cfr. doc. b dell’allegato fascicoletto), che “Nel 2003 i due Soci (n. d.e.: della (OMISSIS) s.r.l.) mettono in vendita una porzione dell’immobile in proprieta’ della (OMISSIS). Si tratta di estinguere il mutuo, che al marzo 2003 presenta un residuo capitale di circa Euro 386.000”.

La Corte di Appello sarebbe incorsa nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. Segnatamente: il fatto storico omesso sarebbe costituito dalla espressa indicazione, da parte di (OMISSIS) s.r.l., della quota parte del debito residuo ancora in essere; indicazione contenuta nella comparsa costitutiva di primo grado, a pagina 6, rigo 9, e ripetuta in quella nel grado di appello, a pag. 2 rigo 1 (doc. a e b del fascicoletto).

2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’articolo 2932 e all’articolo 2697 c.c., all’articolo 40, comma 2, della L. n. 47 del 1985 e all’articolo 46 del D.P.R n. 380 del 2001.

La censura ha ad oggetto la ritenuta mancanza di documentazione attinente alla regolarita’ urbanistica del bene immobile oggetto della domanda.

Il fabbricato di cui fa parte la porzione immobiliare oggetto del contratto e’ stato edificato anteriormente al settembre 1967, il ricorrente ha prodotto dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta’, (sub doc. 26 nel fascicolo attoreo di primo grado (doc. n. 6 del fascicoletto). La successiva D.I.A., autorizzativa dei lavori di suddivisione e ristrutturazioni pattuiti con la promessa di vendita per cui e’ causa, risulta espressamente dalla promessa di vendita stessa, laddove, al punto b) delle premesse, si deduce che “la parte Promittente ha chiesto alla circoscrizione XVI Ispettorato edilizio al n. 34714 di protocollo, in data 25/06/2001 (in realta’ 25/06/2002) il ripristino del numero delle unita’ immobiliari originarie all’anno 1939, inserite nella delibera del Consiglio Comunale n. 295/91”.

Secondo la Corte di Appello, non sarebbe possibile verificare se queste dichiarazioni siano complete o meno e la mancanza della documentazione necessaria a verificare la completezza ed esaustivita’ delle dichiarazioni urbanistiche ha imposto il rigetto della domanda.

La Corte di Appello sarebbe incorsa in violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articolo 2932 c.c. e 2697 c.c. del L. n. 47 del 1985 articolo 40, comma 2, (e per quanto di ragione, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 articolo 46).

Il ricorrente richiama la sentenza delle Sezioni Unite n. 23825 del 2009 secondo cui “nel caso in cui il promittente alienante, resosi inadempiente, si rifiuti di produrre i documenti attestanti la regolarita’ urbanistica dell’immobile ovvero di rendere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui al L. n. 47 del 28 febbraio 1985 articolo 40, deve essere consentito al promissario acquirente di provvedere a tale produzione e di rendere detta dichiarazione al fine di ottenere la sentenza ex articolo 2932 cod civ.”.

Il ricorrente nella specie ha prodotto i titoli abilitativi degli interventi edilizi successivi: vale a dire il condono per la realizzazione di un soppalco interno (docomma 1 fasc. attoreo di primo grado prodotto con citazione – doc.A del fascicoletto) e la D.I.A. per l’intervento di suddivisione e ristrutturazione pattuito con la promessa di vendita (docomma 25 fasc. attore di primo grado, prodotto con memoria ex articolo 184 c.p.c. del 24.3.2006 – docomma 5 del fascicoletto). Inoltre, ha reso anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui all’L. n. 47 del 28 febbraio 1985 articolo 40 (doc. 26 cit., prodotto come docomma 6 nel fascicoletto).

Poiche’ le dichiarazioni urbanistiche sono agli atti, secondo la legge applicabile ratione temporis alla fattispecie, non potrebbe imporsi all’attore alcun ulteriore onere ai sensi dell’articolo 2697 c.c., di produrre ulteriori documenti.

Peraltro, la giurisprudenza di legittimita’ ritiene che solo nei casi di totale difformita’ si configuri la nullita’ del contratto, essendo invece insufficiente un “vizio di regolarita’ urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformita’ rispetto alla concessione” (Cass. 9.12.2015 n. 24852; Cass. 7.4.2014 n. 8081; Cass. 12.3.2012 n. 3892; Cass. 18.9.2009 n. 20258).

Le irregolarita’ nella specie comunque non supererebbero la soglia della parziale difformita’, attenendo, infatti, a meri lavori di suddivisione e ristrutturazione interna, previsti e autorizzati dalla D.I.A richiamata nel contratto preliminare.

Le dichiarazioni prescritte dalla L L. n. 47 del 28 febbraio 1985, in parte gia’ contenute nel contratto preliminare, sono agli atti per iniziativa del promissario acquirente, che ha reso la relativa dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta’ ed ha inoltre prodotto copia dei relativi titoli abilitativi, documenti firmati dalla venditrice e giudizialmente riconosciuti; non vi e’ alcuna evidenza che i titoli abilitativi “menzionati” in realta’ non sussistano, non fosse altro perche’ sono prodotti agli atti e giudizialmente riconosciuti dalla venditrice; – ne’ vi e’ evidenza di irregolarita’ oltrepassanti la soglia della parziale difformita’ dal titolo, irregolarita’ del resto non allegate ne’ dalla venditrice ne’ dall’acquirente, ne’ altrimenti acquisite in causa

In definitiva: non e’ acquisita in causa alcuna evidenza di difformita’ ostative all’emissione della sentenza ex articolo 2932 c.c., che la Corte di Appello poteva e doveva quindi pronunciare.

3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli articoli 1346, 2643, 2932 c.c. e all’articolo 115 c.p.c.

La Corte d’Appello ha ritenuto, quale altra circostanza impeditiva dell’accoglimento della domanda, la mancanza di documentazione idonea ad attestare l’attuale identificazione catastale dei beni come modificata per effetto della suddivisione prevista dal contratto preliminare.

Secondo il ricorrente, l’immobile promesso sarebbe perfettamente identificato, sussistendo nel contratto tutti gli elementi per l’inequivoca sua individuazione.

Nel contratto, infatti, l’immobile e’ identificato con l’indicazione della sua ubicazione (“in Comune di (OMISSIS)”), della sua natura e del piu’ ampio fabbricato di cui fa parte (fabbricato di civile abitazione da cielo a terra composto di un piano seminterrato, un piano rialzato ed un primo piano, il tutto coperto da lastrico solare e terrazzo”), del piano al quale sono ubicati i locali promessi, della consistenza ed articolazione dei medesimi.

L’identificazione catastale del bene promesso non sarebbe dunque un presupposto necessario per la pronuncia della sentenza costitutiva di cui all’articolo 2932 c.c. la quale, per un verso, teoricamente ben avrebbe potuto disporre il trasferimento del bene cosi’ come descritto nel contratto preliminare e, per altro verso, avrebbe avuto comunque una sua utilitas, a prescindere dalla sua trascrizione, in quanto avrebbe comunque definito i rapporti tra le parti contraenti.

La Corte d’Appello avrebbe errato a non tener conto che gli estremi censuari dei beni promessi (ed i loro confini) sono stati puntualmente indicati nella domanda e mai contestati dalla parte venditrice, onde essi, ex articolo 115 c.p.c., devono ritenersi pienamente acquisiti in causa per effetto della non contestazione della controparte.

Il contratto preliminare, in effetti, non indica i dati catastali dei beni promessi, questo per la semplice ragione che l’immobile promesso, risultante da frazionamento, e’ stato accatastato in epoca di poco successiva alla stipula del contratto preliminare, al termine dei lavori di suddivisione e ristrutturazione pattuiti nel contratto. Tuttavia, nell’atto di citazione sono stati aggiunti anche gli estremi censuari e le coerenze degli immobili promessi. Peraltro, il ricorrente aveva chiesto, alla prima udienza successiva all’entrata in vigore delia norma sopravvenuta e rinnovando la richiesta all’udienza di precisazione delle conclusioni, di disporsi idonea consulenza tecnica di ufficio, volta ad acquisire, da parte di tecnico qualificato, l’attestazione di conformita’, cosi’ come richiesto dalla L. 122 del 2010. Sotto questo profilo, si osserva come l’espletamento del detto mezzo avrebbe ben potuto influire sulla decisione impugnata, considerato pure che l’accertamento di determinate situazioni di fatto (come, ad esempio, l’accertamento della regolarita’ catastale) puo’ effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche.

Il ricorrente evidenzia anche che la fattispecie va regolata secondo la legge vigente al tempo della proposizione della domanda.

Nel caso di specie, la domanda giudiziale e’ stata proposta in data 1 giugno 2004 e il processo si e’ sviluppato ed e’ giunto sino a sentenza ben prima dell’entrata in vigore della norma che e’ sopravvenuta, addirittura, nel corso del giudizio di appello.

3.1 Il collegio ritiene di dover esaminare preliminarmente il terzo motivo di ricorso che e’ infondato e il suo rigetto determina l’inammissibilita’ dei primi due mezzi.

3.2 La sentenza impugnata, infatti, si fonda su tre distinte e autonome rationes decidendi, rispetto alle quali il ricorrente ha contrapposto tre distinti motivi di impugnazione. In tal caso e’ sufficiente che uno solo dei motivi di ricorso sia infondato, perche’ la sentenza non possa essere cassata. Deve richiamarsi in proposito il seguente principio di diritto: Ove la sentenza sia sorretta da una pluralita’ di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (ex plurimis Sez. 1, Ord. n. 18119 del 2020; Sez. 65, Ord. n. 9752 del 2017).

Nello stesso senso anche Sez. 3, Ord. n. 15399 del 2018 secondo cui: Il giudice di merito che, dopo avere aderito ad una prima ratio decidendi, esamini ed accolga anche una seconda ratio, al fine di sostenere la propria decisione, non si spoglia della potestas iudicandi, atteso che l’articolo 276 c.p.c., distingue le questioni pregiudiziali di rito dal merito, ma non stabilisce, all’interno di quest’ultimo, un preciso ordine di esame delle questioni; in tale ipotesi, pertanto, la sentenza risulta sorretta da due diverse rationes decidendi, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, sicche’ l’inammissibilita’ del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile.

3.3 Nella specie, la Corte d’Appello ha rigettato la domanda ex articolo 2932 c.c., oltre che per la mancata indicazione della somma necessaria alla cancellazione dell’ipoteca quale parte del prezzo, anche perche’ la porzione immobiliare oggetto della richiesta di sentenza traslativa del diritto aveva subito diverse modifiche, ma agli atti non vi era documentazione idonea ad attestare l’attuale identificazione catastale dei beni, come modificati per effetto della suddivisione prevista dalla scrittura privata del 15/03/2003. Tale circostanza, visto il mancato inserimento dei dati catastali nella promessa di vendita, impediva anche di verificare la corrispondenza tra il bene promesso e quello di cui si chiedeva l’esecuzione in forma specifica, oltre a non potersi comprendere, in mancanza dei dati catastali, su quali beni ricadesse l’ipoteca di tre miliardi di cui si chiedeva genericamente la cancellazione. Peraltro, anche sotto il profilo della regolarita’ urbanistica, l’immobile era stato oggetto di diversi interventi edilizi, tra cui anche quello pattuito tra le parti con la scrittura privata del 15/03/2003. Agli atti di causa, tuttavia, non si rinveniva la documentazione necessaria a valutare la regolarita’ dell’attuale situazione urbanistica del bene o, quantomeno, a verificare che le “menzioni urbanistiche”, peraltro provenienti dall’acquirente e non dal venditore, fossero complete ed esaustive.

Cio’ premesso, deve evidenziarsi che lo stesso ricorrente e’ consapevole (vedi ultima parte del terzo motivo e memoria ex articolo 380 bis.1. c.p.c.) dell’orientamento di questa Corte circa l’applicabilita’ al caso di specie del Decreto Legge n. 78 del 31 maggio 2010, articolo 19, comma 14, convertito, con modificazioni, con la L. 30 luglio 2010, n. 122. Tale disposizione, come e’ noto, ha modificato il testo della L. n. 52 del 27 febbraio 1985, articolo 29, aggiungendo, dopo il comma 1, il comma 1 bis, del seguente testuale tenore: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati gia’ esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unita’ immobiliari urbane, a pena di nullita’, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformita’ allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione puo’ essere sostituita da un’attestazione di conformita’ rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformita’ con le risultanze dei registri immobiliari”.

Deve richiamarsi in proposito il seguente principio di diritto: Nel giudizio di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di trasferimento immobiliare relativo ad un fabbricato gia’ esistente, la conformita’ catastale oggettiva di cui al L. n. 52 del 1985 articolo 29, comma 1 bis, costituisce una condizione dell’azione e deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice, che non puo’ accogliere la domanda ove la presenza delle menzioni catastali difetti al momento della decisione; viceversa, il giudice non e’ tenuto a verificare la ricorrenza della c.d. conformita’ catastale soggettiva, consistente nella coincidenza del promittente venditore con l’intestatario catastale del bene, in quanto non costituisce una condizione dell’azione e la sua mancanza non impedisce l’emissione di una sentenza costitutiva di trasferimento del fabbricato ex articolo 2932 c.c. (Sez. 2, Sent. n. 20526 del 2020).

Nella specie, la Corte territoriale ha evidenziato che non era possibile accogliere la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto di trasferimento della proprieta’ dell’immobile perche’ mancava la prova della legittimita’ edilizia ed urbanistica e della coerenza catastale dell’immobile stesso.

La mancata acquisizione agli atti della dichiarazione di coerenza catastale ex L. n. 52 del 1985 articolo 29, comma 1 bis, vale a dire “oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformita’ allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie” (quest’ultima sostituibile da un’attestazione di conformita’ rilasciata da un tecnico abilitato) non consente di accogliere la domanda ex articolo 2932 c.c.

3.4 Con riferimento ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 78 del 2010, questa Corte, con la sentenza n. 20526 del 2020, ha evidenziato che la disposizione introdotta dall’articolo 19, comma 14, di tale decreto riguarda i contratti traslativi e non i contratti ad effetti obbligatori, come fatto palese dalla lettera della legge, che contempla esclusivamente “gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali”. Sulla scorta di tale premessa, si e’ detto che, in mancanza di una disciplina transitoria, tale disposizione trova applicazione, ai sensi dell’articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile (“la legge non dispone che per l’avvenire”), a tutti i contratti di trasferimento conclusi dopo la sua entrata in vigore. La legge, infatti, non pone alcuna distinzione tra contratti traslativi conclusi spontaneamente e contratti traslativi conclusi in esecuzione di una pregressa obbligazione di contrarre e pertanto, con riferimento a questi ultimi, nessun rilievo puo’ attribuirsi all’epoca di insorgenza dell’obbligazione di contrarre. Nel caso di contratto preliminare di compravendita, l’effetto traslativo e’ determinato soltanto dal contratto definitivo, sicche’ la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validita’ del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo (principio gia’ espresso da questa Corte con la sentenza n. 4522/08).

3.5 Per quanto riguarda la tesi del ricorrente circa l’anteriorita’ dell’instaurazione del presente giudizio rispetto all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 78 del 2010, deve ribadirsi quanto gia’ detto con la citata sentenza n. 20526 del 2020, ovvero che, trattandosi di una condizione dell’azione, essa soggiace al principio generale che, ai fini dell’accertamento della sua sussistenza, rileva non il momento della presentazione della domanda, bensi’ quello della decisione (cfr. SSUU n. 23825/09; da ultimo, Cass. 16068/19).

Il collegio, sul punto, intende dare continuita’ al seguente principio di diritto:

Le indicazioni circa la c.d. conformita’ catastale oggettiva, ovvero l’identificazione catastale del bene, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto, la dichiarazione o attestazione di conformita’ dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto, previste dal L. n. 52 del 1985 articolo 29, comma 1 bis, aggiunto dal Decreto Legge n. 78 del 2010 articolo 19, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, a pena di nullita’ del contratto di trasferimento immobiliare, devono sussistere, quali condizioni dell’azione, nel giudizio di trasferimento giudiziale della proprieta’ degli immobili mediante sentenza emessa ai sensi dell’articolo 2932 c.c., anche in relazione ai processi instaurati prima dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 78 del 2010. (Sez. 2, Sent. n. 20526 del 2020).

Nella specie, e’ lo stesso ricorrente a richiedere una consulenza tecnica per verificare la conformita’ catastale dell’immobile nel giudizio di rinvio, il che rende ancora piu’ evidente che la sentenza della Corte d’Appello deve essere confermata. Il ricorrente avrebbe dovuto produrre quantomeno un’attestazione di conformita’ rilasciata da un tecnico abilitato, non potendosi demandare la dichiarazione di conformita’ catastale ad una consulenza tecnica di ufficio.

Deve ribadirsi, infatti, che la produzione della documentazione attestante la c.d. conformita’ catastale oggettiva, ovvero l’identificazione catastale del bene, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto, la dichiarazione o attestazione di conformita’ dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto, costituiscono una condizione dell’azione che puo’ intervenire anche in corso di causa e altresi’ nel corso del giudizio d’appello, purche’ prima della relativa decisione. Ne consegue che la relativa allegazione e documentazione e’ sottratta alle preclusioni che regolano la normale attivita’ di deduzione e produzione delle parti e la carenza o mancanza e’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio anche in sede di legittimita’ (Nello stesso senso, con riferimento all’analoga disposizione di cui ex L. n. 47 del 1985 articolo 40, vedi Sez. 2, Ord. n. 6684 del 2019).

Il Collegio ritiene, quindi, di dover dare attuazione, nell’interpretazione del L. n. 52 del 1985 articolo 29 comma 1 bis, al seguente principio:

la pronuncia giudiziale ex articolo 2932 c.c., avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non puo’ realizzare un effetto maggiore e diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti, ne’, comunque, un effetto che eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l’autonomia negoziale delle parti; in altri termini, non puo’ accogliersi una lettura del sistema che consenta alle parti di eludere la disposizione dettata del L. n. 52 del 1985 articolo 29 comma 1 bis, mediante la stipula di un contratto preliminare di immobile catastalmente non regolare seguita dalla introduzione di un giudizio che si concluda con sentenza di trasferimento dell’immobile medesimo.

4. In conclusione, il ricorso e’ rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 articolo 13, comma 1-quater (inserito dal L. n. 228 del 2012 articolo 1, comma 17) si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore della (OMISSIS) srl, che liquida in Euro 7000,00 piu’ Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

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Avv. Umberto Davide

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