in tema di responsabilita’ extracontrattuale, il danno cagionato dalla fauna selvatica ai veicoli in circolazione non e’ risarcibile in base alla presunzione stabilita dall’articolo 2052 cod. civ., inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma soltanto alla stregua dei principi generali sanciti dall’articolo 2043 cod. civ., anche in tema di onere della prova, e percio’ richiede l’individuazione di un concreto comportamento colposo ascrivibile all’ente pubblico.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 26 giugno 2018, n. 16808

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE SIENA (OMISSIS) in persona del Presidente (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/2013 del TRIBUNALE di SIENA, depositata il 27/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/03/2018 dal Consigliere Dott.ssa DI FLORIO ANTONELLA.

RITENUTO

Che:

1. (OMISSIS) propone ricorso, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza del Tribunale di Siena n. 101/2013 (depositata il 26.2.2013) che, in totale riforma della decisione del Giudice di pace, rigetto’ la domanda di risarcimento del danno subito a seguito dell’impatto della propria autovettura con un cinghiale, mentre percorreva in ora serale una strada provinciale.

2. Si difende con controricorso la Provincia di Siena.

3. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

4. Il Collegio ha deliberato che la motivazione sia resa in forma semplificata.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: assume, al riguardo, che da una parte era stata respinta l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello per carenza di interesse dell’amministrazione ad impugnare (visto l’avvenuto pagamento della somma oggetto di condanna) e, dall’altra, era stata rigettata la domanda di restituzione delle somme pagate da parte della compagnia di assicurazione (che garantiva l’ente per la responsabilita’ civile) in esecuzione della sentenza di primo grado.

Con il secondo motivo l’amministrazione ricorrente deduce la violazione degli articoli 2051, 2052 e 2043 c.c., in relazione all’articolo 14 C.d.S. e alla Legge Regionale n. 3 del 1994: denuncia la falsa applicazione delle norme sopra richiamate ribadendo che il cartello stradale apposto, recante l’avviso di pericolo per la presenza di animali selvatici non costituiva una misura di protezione sufficiente ed idonea a garantire la sicurezza della strada.

Con il terzo motivo viene dedotta, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omessa e contraddittoria motivazione sulla velocita’ inadeguata tenuta dall’autovettura danneggiata: assume il ricorrente che da cio’ sarebbe stata paventata la sua concorrente responsabilita’ in ordine all’incidente, a fronte dell’assenza di ogni precisa valutazione sulla dinamica del sinistro.

Con il quarto motivo, infine, il (OMISSIS) deduce, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e mancata applicazione dell’articolo 2043 c.c. e del principio del “neminem ledere”: afferma, al riguardo, che l’apposizione del cartello di pericolo dimostrava la consapevolezza dell’amministrazione della presenza di animali selvatici e che cio’ l’avrebbe dovuta indurre ad adottare altre misure di protezione idonee a rendere la strada sicura.

2. Il primo motivo e’ inammissibile.

La sentenza impugnata, infatti, e’ stata depositata dopo l’entrata in vigore della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 che non ammette la sindacabilita’ della motivazione tranne che nel caso di profili di nullita’ da ricondurre all’ipotesi di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 4 di cui non si ravvisa la sussistenza nel caso di specie, visto che le argomentazioni articolate a sostegno di entrambe le statuizioni (v. seconda e quinta pagina della sentenza) appaiono logiche, non apparenti e strettamente ancorate ai principi processuali vigenti, avuto riguardo alla circostanza che la compagnia di assicurazione che ha eseguito la sentenza non e’ mai stata parte del giudizio in esame.

3. Gli altri motivi devono essere congiuntamente esaminati essendo strettamente collegati sotto il profilo logico.

Le censure sono state articolate dalla ricorrente con riferimento agli articoli 2051, 2052 e 2043 c.c., in relazione all’articolo 14 C.d.S. e alla Legge Regionale n. 3 del 1994 ed all’articolo 2043 c.c..

Deve premettersi che deve essere esclusa l’applicazione dell’articolo 2052 c.c..

Questo Collegio, infatti, intende dar seguito all’orientamento secondo il quale “in tema di responsabilita’ extracontrattuale, il danno cagionato dalla fauna selvatica ai veicoli in circolazione non e’ risarcibile in base alla presunzione stabilita dall’articolo 2052 cod. civ., inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma soltanto alla stregua dei principi generali sanciti dall’articolo 2043 cod. civ., anche in tema di onere della prova, e percio’ richiede l’individuazione di un concreto comportamento colposo ascrivibile all’ente pubblico.” (cfr. Cass. 9276/2014).

Circa le altre norme evocate, si rileva che nel ribaltare la decisione di primo grado, il Tribunale di Siena ha rigettato la domanda statuendo che: a) l’obbligo di protezione della sede stradale gravante sul proprietario, ai sensi dell’articolo 14 C.d.S., attiene ad aspetti tecnici legati alla utilizzabilita’ della strada nella funzione di consentire lo spostamento dei veicoli, e, quindi alla manutenzione ed al controllo tecnico della segnaletica; b) con riferimento agli animali selvatici, non puo’ farsi derivare da tale articolo altro obbligo per il proprietario della strada, diverso da quello di apporre la relativa segnaletica di pericolo, nella specie pacificamente adempiuto; 4) non puo’ farsi discendere l’obbligo di prevedere mezzi “preventivi” idonei a scoraggiare l’attraversamento di animali selvatici (catarifrangenti antiungulati, recinti odorosi, segnali acustici per animali, reti protettive); 5) nell’ambito del decentramento regolato dalla legge statale, alle regioni e’ rimessa la normativa per la tutela della fauna selvatica e alle province sono rimesse le funzioni amministrative oltre che la delega ad attuare la disciplina regionale; 6) la legge regionale richiamata attribuisce alle Province (articolo 5) le funzioni amministrative di vigilanza e controllo delle attivita’, quali la gestione del patrimonio zootecnico, la sanita’, la selezione biologica, non la sicurezza della viabilita’ a margine delle zone frequentate dalla selvaggina.

4. Il ricorrente, censurando l’interpretazione data dal Tribunale alle norme sopra richiamate, fa discendere la responsabilita’ della Provincia (con sovrapposizioni di riferimenti indistinti all’articolo 2051 c.c. e all’articolo 2043 c.c.), dalla violazione dei doveri gravanti sull’ente – ai sensi dell’articolo 14 C.d.S., anche come delegata al controllo da parte della Regione sulla base della legge regionale – che imporrebbero alla stessa, non solo l’adozione della segnaletica, ma anche le misure “preventive” sopra richiamate, gia’ adottate da altre province. Tanto piu’, risultando provata la conoscenza del problema dell’attraversamento della fauna selvatica in quella zona.

Infine, censura con vizio motivazionale la parte finale della decisione nella quale si ipotizza l’andatura elevata del conducente dell’autovettura, ravvisando un contributo causale rilevante.

5. Premesso che tale ultima censura deve dichiararsi inammissibile sia per le medesime argomentazioni sviluppate in ordine al primo motivo (essendo preclusa la sindacabilita’ della motivazione) sia perche’ la statuizione non rappresenta la ratio decidendi della controversia, la Corte ritiene che anche gli altri rilievi siano privi di pregio e che i relativi motivi debbano essere rigettati.

E’ stato gia’ chiarito, infatti, con orientamento al quale si intende dare seguito che “la giurisprudenza di legittimita’, sempre muovendosi nell’ambito della fattispecie legale di cui all’articolo 2043 c.c., negli ultimi anni e a partire dal 2010 sino a tempi recentissimi (da Cass. n. 80 del 2010 a Cass. n. 22886 del 2015, attraverso Cass. n. 4202 del 2011, n. 21395 del 2014, n. 12808 del 2015) ha in piu’ occasioni riconnesso l’imputazione della responsabilita’ agli enti, compresa la provincia, a cui dalla legislazione fossero stati concretamente affidati, nell’ambito del quadro della legislazione nazionale (L. n. 157 del 1992), concreti poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata. Tali pronunce, spesso intervenute per risolvere il profilo della legittimazione passiva tra i vari enti, anche quando contengono affermazioni generali circa la finalizzazione dei poteri di tali enti alla sicurezza dei soggetti potenzialmente esposti ai danni derivanti dagli imprevedibili comportamenti della fauna, e quindi, non solo alla tutela del complessivo equilibrio dell’ecosistema, concernono fattispecie in cui veniva comunque in questione la mancanza di segnaletica stradale che avvertisse gli utenti della strada. Evidente che la pretesa della ricorrente di far discendere l’obbligo di predisporre mezzi specifici e mirati, per scoraggiare/impedire l’attraversamento a tutela degli utenti della strada, dalla ulteriore finalita’ di protezione che avrebbe l’attribuzione di poteri agli enti (nella specie la Provincia), non potrebbe che trovare fondamento in una specifica norma. Altrimenti, dalla finalita’ generale della legislazione si farebbero discendere obblighi (al fine della condotta diligente rilevante ai sensi dell’articolo 2043 c.c.) ben oltre la generica prudenza e diligenza. Assunta la mancanza dell’obbligo di predisporre misure diverse dalla segnaletica stradale, pacificamente esistente, diviene irrilevante la mancata considerazione della conoscenza del fenomeno da parte della Provincia in quella zona della strada provinciale.

In definitiva, anche ad assumere che – diversamente da quanto sostiene la sentenza impugnata – la legislazione di settore in tema di tutela di fauna selvatica e’ anche a protezione degli utenti della strada, la cui incolumita’ puo’ essere messa a rischio dalle attivita’ di ripopolamento della fauna, nessun dovere specifico di diligenza al di la’ di quello generale assolto con la segnaletica, puo’ discendere in capo all’ente delegato per la gestione della fauna dalla mera esistenza della suddetta finalita’, se tale dovere non si traduca in specifiche disposizioni normative” (cfr. per un caso sovrapponibile a quello in esame Cass. 16642/2016 e Cass. 22886/2015, con soluzione confermativa del mero obbligo di apporre la segnaletica di pericolo, nel caso ivi esaminato non assolto).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese processuali seguono la soccombenza.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.