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ai fini del decorso del termine di impugnazione, ex articolo 1137 c.c., ove la comunicazione del verbale assembleare al condomino, assente all’adunanza, sia stata data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, la stessa deve aversi per eseguita, in caso di mancato reperimento del destinatario da parte dell’agente postale, alla stregua dell’articolo 1335 c.c., al momento del rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, in quanto idoneo a consentirne il ritiro (e quindi indipendentemente dal momento in cui la missiva viene ritirata), salvo che il destinatario deduca e provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilita’ di acquisire la detta conoscenza.
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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24399
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3122-2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 768/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 13/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) ha proposto ricorso in Cassazione articolato in tre motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia n. 768/2013, depositata il 13 giugno 2013.
Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).
Con citazione del 19 luglio 2005, (OMISSIS) e (OMISSIS), soci assegnatari di alloggio compreso nell’edificio sito in (OMISSIS), costruito dalla (OMISSIS) s.c. a r.l. in liquidazione, convennero davanti al Tribunale di Bergamo il Condominio (OMISSIS), chiedendo di dichiarare la nullita’ delle deliberazioni dell’assemblea del 18.5.2005. In particolare gli attori assunsero che le suddette delibere (approvazione consuntivo 2004 e preventivo 2005) erano nulle perche’ prese da soggetto non validamente costituito (in quanto tra le parti esisteva il Condominio della Soc. Coop. (OMISSIS) a r.l., e non anche il Condominio esterno (OMISSIS)) e, comunque, erano da considerarsi annullabili perche’ non conformi ai criteri ex articoli 1123 e 1124 c.c., mancando il regolamento di condominio; dedussero gli attori che il preventivo 2005 relativo ai loro debiti (Euro 1.223,27) era smentito dal consuntivo 2004 (Euro 974,94), entrambi approvati; aggiunsero che non fossero dovuti all’amministratore per spese straordinarie non documentate i compensi liquidati di Euro 187,20 ed Euro 123,00 e che apparissero esagerati per un condominio di sedici partecipanti gli importi di Euro 268,58 per le voci corrispondenza/cancelleria/telefono e di Euro 4.965,41 per le spese legali; evidenziarono pure i condomini attori che, in quanto assenti, le delibere in questione erano state loro comunicate a mezzo di servizio postale con tentativo di consegna del giorno 29 maggio 2005, deposito presso l’ufficio postale del 30 maggio 2005 e avviso di deposito del 26 giugno 2005.
Il Condominio (OMISSIS) eccepi’ l’inammissibilita’ dell’azione per decadenza degli attori dal diritto di impugnare le deliberazioni, essendo scaduto il termine di trenta giorni ex articolo 1137 c.c. in data 28 giugno 2005; nel merito, il convenuto dedusse l’esistenza del Condominio (OMISSIS) a seguito dell’assegnazione in proprieta’ di tutti gli alloggi della cooperativa edilizia e sostenne la regolarita’ delle delibere impugnate in quanto le spese approvate erano supportate dai relativi documenti contabili, salvo l’errore materiale relativo all’importo di Euro 1.223,27 anziche’ di Euro 974,94. Il Tribunale di Bergamo, con sentenza del 30 giugno 2009, dichiaro’ il procedimento inammissibile, evidenziando come gli attori non avessero dato alcuna prova di aver ricevuto la comunicazione delle deliberazioni soltanto in data 26 giugno 2005, anziche’ in data 29 maggio 2005, con conseguente scadenza del termine di decadenza.
Fu proposto appello principale da (OMISSIS) e (OMISSIS) e appello incidentale dal Condominio (OMISSIS), quest’ultimo per la condanna degli attori al risarcimento dei danni per responsabilita’ aggravata con riguardo al giudizio di primo grado.
La Corte di Appello di Brescia rigetto’ entrambi i gravami, ritenendo che le delibere impugnate non fossero difformi dai criteri di ripartizione delle spese ex articolo 1123 c.c. o dal regolamento condominiale, come tali annullabili, con conseguente scadenza del termine dei trenta giorni per la relativa impugnazione ex articolo 1337 c.c., decorrente per gli attori dal giorno 29 maggio 2005, a partire dal quale avrebbero potuto avere conoscenza del contenuto della missiva, e non dal giorno 22 giugno 2005, in cui avevano ritirato il plico postale. La Corte di Brescia considero’ poi non sussistente la colpa grave degli attori per la domanda introdotta in primo grado, stante l’opinabilita’ dei principi di diritto invocati dagli stessi, ma rilevo’, di contro, il carattere di lite temeraria rispetto all’appello proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) (temerarieta’ “dimostrata dalla negligente applicazione dei principi di diritto esplicati dal giudice di primo grado nel fare propri i criteri enunciati dalla Suprema Corte”), e venne cosi’ liquidato il danno, ex articolo 96 c.p.c., di Euro 2.000,00.
Va premesso che il ricorso per cassazione e’ stato proposto soltanto da (OMISSIS) nei confronti del Condominio (OMISSIS) (pur facendosi richiamo nelle conclusioni ai “ricorrenti” che “chiedono”). Era stata tuttavia parte dei pregressi gradi di merito del giudizio, ed in particolare appellante, come emerge dalla sentenza impugnata, altresi’ (OMISSIS).
Secondo unanime orientamento di questa Corte, l’impugnazione di una delibera assembleare di condominio determina fra i condomini che siano stati parte del giudizio una situazione di litisconsorzio processuale, sicche’, ove la sentenza che ha statuito su tale impugnativa venga impugnata da alcuni soltanto di tali condomini, il giudice del gravame deve disporre, ex articolo 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, quali parti di una causa inscindibile (da ultimo, Cass. Sez. 2, 26/09/2017, n. 22370). Tuttavia, nel caso in esame, la fissazione del termine ex articolo 331 c.p.c., in forza del principio della ragionevole durata del processo, deve ritenersi superflua, in quanto il ricorso appare “prima facie” infondato, e l’integrazione del contraddittorio si rivela, percio’, attivita’ del tutto ininfluente sull’esito del procedimento (Cass. Sez. U, 23/09/2013, n. 21670).
Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1123, 1135 e 1137 c.c. Assume il ricorrente che la delibera impugnata sarebbe nulla quanto meno per l’addebito a carico del ricorrente delle spese legali relative a giudizi tra il Condominio e i condomini (OMISSIS) e (OMISSIS). Parimenti causa di nullita’ e’ l’approvazione di un compenso straordinario in favore dell’amministratore. Segue un excursus del contenzioso esistente tra i signori (OMISSIS) e (OMISSIS) e l’amministratore condominiale (OMISSIS), che si conclude con la relazione di CTU espletata in ulteriore giudizio intrapreso davanti al Tribunale di Bergamo nel 2010.
1.1. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) e’ in parte inammissibile ed in parte infondato. Per superare la qualificazione dei vizi dedotti, operata dalla Corte d’Appello, in termini di annullabilita’ e non di nullita’ dei vizi denunciati, e cio’ ai fini dell’osservanza del termine di decadenza di cui all’articolo 1137 c.c., il ricorrente fa in particolare riferimento alla nullita’ della deliberazione per aver disposto anche a carico del Damiano il pagamento delle spese legali sostenute dal condominio in un giudizio che vide contrapposte le medesime parti. Di tale specifica questione non c’e’ pero’ alcun cenno nella sentenza della Corte d’appello di Brescia, sicche’ il ricorrente era onerato, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specificare che tale punto era stato, oltre che compreso nella causa petendi della citazione di primo grado (come si espone a pagina 4 di ricorso), altresi’ oggetto di specifico motivo d’appello.
La sussistenza di un vizio di invalidita’ della delibera condominiale (nella specie, di nullita’ per aver posto pro quota a carico di un condomino, il quale era stato contrapposto in un giudizio al condominio, il pagamento delle spese legali sostenute da quest’ultimo) comporta la necessita’ di espressa e tempestiva domanda “ad hoc” proposta dal condomino.
Di tal che, ogni richiesta di declaratoria di invalidita’ di una determinata delibera dell’assemblea dei condomini si connota per la specifica esposizione dei fatti e delle collegate ragioni di diritto, ovvero per una propria autonoma “causa petendi”, agli effetti degli articoli 183 e 345 c.p.c. (arg. da Cass. Sez. 2, 28/92/2018, n. 4686; Cass. Sez. 2, 18/02/1999, n. 1378; Cass. Sez. 2, 20/08/1986, n. 5101). Ne consegue che solo la prospettazione in domanda e poi, in caso di soccombenza in primo grado, come motivo di appello, di una specifica ragione di invalidita’ della deliberazione assembleare impugnata obbliga il giudice, nel rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (articolo 112 c.p.c.), a prendere in esame la questione oggetto di doglianza. Il lamentato difetto di attivita’ del giudice di secondo grado, per non aver proprio preso in esame la ragione di nullita’ della deliberazione assembleare correlata all’imposizione al Damiano del pagamento delle spese legali sostenute dal condominio in un giudizio che vide contrapposte le medesime parti, rende comunque inammissibile la censura ex articolo 360 c.p.c., n. 3 per violazione degli articoli 1123, 1135 e 1137 c.c. (come proposta), e pertinente, piuttosto, una denuncia di violazione dell’articolo 112 c.p.c.
Sono altresi’ inammissibili tutte le considerazioni svolte nel primo ricorso con riferimento alla CTU espletata nel procedimento RG 3573/2010 Tribunale di Bergamo, in quanto evidentemente carenti di riferibilita’ alla sentenza impugnata. Per il resto, circa la assunta nullita’ del punto relativo al compenso dell’amministratore, va ribadito che e’ nulla per impossibilita’ dell’oggetto la sola delibera condominiale che, a maggioranza ed in deroga al criterio legale o regolamentare, ripartisca le spese modificando la misura degli obblighi dei singoli condomini fissata dalla legge o per contratto (cfr. Cass. Sez. 2, 04/08/2017, n. 19651).
Viceversa, secondo costante orientamento di questa Corte, in tema di condominio negli edifici, il sindacato dell’autorita’ giudiziaria sulle delibere assembleari non puo’ estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalita’ di cui dispone l’assemblea, quale organo sovrano della volonta’ dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimita’ che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, puo’ abbracciare anche l’eccesso di potere, purche’ la causa della deliberazione risulti – sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all’articolo 1137 c.c. non e’ finalizzato a controllare l’opportunita’ o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell’assemblea. Ne consegue che esulano dall’ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti la vantaggiosita’ della scelta operata dall’assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni (Cass. Sez. 6 – 2, 17/08/2017, n. 20135).
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1337 c.c., in quanto, seppur si volessero considerare le delibere impugnate annullabili e non nulle, il ricorso sarebbe ammissibile in quanto il termine previsto dalla norma citata decorrerebbe dalla data di effettiva conoscenza del verbale dell’assemblea, alla quale il condomino era assente, e non dalla data di arrivo dell’atto al suo indirizzo.
2.1. Il secondo motivo di ricorso e’ altrettanto infondato. La decisione della Corte di Brescia, secondo cui il termine di trenta giorni ex articolo 1137 c.c. era decorso sin dal giorno in cui la deliberazione assembleare era stata comunicata a mezzo di servizio postale col tentativo di consegna del giorno 29 maggio 2005 e relativo rilascio dell’avviso di giacenza (e non quindi dal giorno 22 giugno 2005, in cui gli attori avevano ritirato il plico postale) e’ conforme all’interpretazione di questa Corte, che qui si intende ribadire, secondo cui, ai fini del decorso del termine di impugnazione, ex articolo 1137 c.c., ove la comunicazione del verbale assembleare al condomino, assente all’adunanza, sia stata data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, la stessa deve aversi per eseguita, in caso di mancato reperimento del destinatario da parte dell’agente postale, alla stregua dell’articolo 1335 c.c., al momento del rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, in quanto idoneo a consentirne il ritiro (e quindi indipendentemente dal momento in cui la missiva viene ritirata), salvo che il destinatario deduca e provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilita’ di acquisire la detta conoscenza (cfr. Cass. Sez. L, 06/12/2017, n. 29237; Cass. Sez. 2, 06/10/2017, n. 23396; Cass. Sez. 2, 03/11/2016, n. 22311; Cass. Sez. 6 – 2, 27/09/2013, n. 22240).
3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 96 c.p.c., nonche’ l’omessa ed insufficiente motivazione. La Corte di Appello non avrebbe ben giustificato la condanna per lite temeraria, tenuto conto della sentenza n. 15629/2010 della Suprema Corte, intervenuta tra le stesse parti, con la quale e’ stata esclusa la responsabilita’ aggravata del (OMISSIS), non avendo controparte dimostrato la ricorrenza del dolo o della colpa grave.
3.1. La Corte d’Appello ha spiegato la condanna per responsabilita’ aggravata del (OMISSIS) nel giudizio di impugnazione per non aver lo stesso tratto insegnamento dai principi giurisprudenziali richiamati dal giudice di primo grado. Ora, come da questa Corte ribadito di recente proprio in precedente giudizio corrente tra queste stesse parti (Cass. Sez. 2, 05/02/2018 n. 2758), in materia di responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c., ai fini della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimita’, salvo che entro i limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. 3, 29/09/2016, n. 19298).
Tale disposizione, dopo la riformulazione introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, restringe il controllo logico della Corte di cassazione alla totale pretermissione di uno specifico fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), da indicare in ricorso nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4. A differenza di quanto supposto, pertanto, nel terzo motivo di ricorso, non ha quindi piu’ rilevanza il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, ne’, come nella specie, denunciato, la mancata considerazione di un diverso grado di opinabilita’ delle questioni controverse ai fini della ravvisabilita’, in tema di responsabilita’ processuale aggravata, del carattere temerario della lite. Neppure il ricorrente ha formulato specifico motivo di nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dovuta a mancanza o apparenza della motivazione.
6. Il ricorso va dunque rigettato e, in ragione della soccombenza, il ricorrente va condannato a rimborsare le spese del giudizio di legittimita’, liquidate in dispositivo, in favore del controricorrente.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.