la questione relativa al distacco di un condominio dall’impianto centralizzato condominiale trova la sua immediata disciplina nella normativa di cui all’art. 1118 c.c. come modificata dalla L. n. 220 del 2012, in vigore dal 18 giugno 2013, c.c. di riforma del condominio. Tale normativa, che ha riconosciuto il diritto di ciascun condomino a distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento, prevede che tale diritto possa esercitarsi, senza necessità di specifica autorizzazione, a condizione che il condomino dimostri che dal distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto od aggravi di spesa per gli altri condomini. Il condomino che intende distaccarsi deve, in altri termini, fornire la prova che “dal suo distacco non derivino notevoli squilibri all’impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini”, e la preventiva informazione dovrà necessariamente essere corredata dalla documentazione tecnica attraverso la quale egli possa dare prova dell’assenza di “notevoli squilibri” e di “assenza di aggravi” per i condomini che continueranno a servirsi dell’impianto condominiale. L’onere della prova in capo al condomino, che intenda esercitare la facoltà del distacco viene meno soltanto nel caso in cui l’assemblea condominiale abbia effettivamente autorizzato il distacco dall’impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione della sussistenza dei prescritti presupposti. Da tanto consegue che colui che intende distaccarsi dovrà, in presenza di squilibri nell’impianto condominiale e/o “aggravi” per i restanti condòmini, rinunciare dal porre in essere il distacco perché diversamente potrà essere chiamato al ripristino dello status quo ante. Né, ed è bene precisarlo, l’interessato, ai sensi dell’art. 1118 cod. civ., potrà effettuare il distacco e ritenere di essere tenuto semplicemente a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”, poiché tale possibilità è prevista solo per quei soggetti che abbiano potuto distaccarsi, per aver provato che dal loro distacco “non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.

Tribunale|Roma|Sezione 5|Civile|Sentenza|20 aprile 2020| n. 6310

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE QUINTA CIVILE

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Maria Grazia Berti, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 78476 del Ruolo Generale per l’anno 2016,

TRA

FA.RI. (C.F. (…)), elettivamente domiciliato in Roma, Via (…), presso lo studio dell’Avv. Cl.Di. come da procura in calce all’atto di citazione.

attrice

E

CONDOMINIO VIA (…) – ROMA (C.F. (…)), elettivamente domiciliato in Roma Piazza (…) n. 67 presso lo studio dell’Avv. Fu.Qu. come da procura in atti.

convenuto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato Ri.Fa. ha impugnato la delibera resa in data 20.11.2016 dall’assemblea del Condominio di Via (…) in Roma con la quale veniva deciso in ordine ai seguenti punti portati all’ordine del giorno:

1) esame ed approvazione del consuntivo riscaldamento 2015/2016 e relativi riparti di spesa;

2) esame ed approvazione del preventivo di riscaldamento 2016/2017 e relativi riparti di spesa; orario di esercizio;

3) esame dei lavori per la sostituzione della caldaia e spostamento sul terrazzo condominiale; esame dei preventivi ed eventuale approvazione della spesa;

4) esame lavori per adeguamento impianto ascensore alle normative vigenti; eventuale approvazione spese e riparti;

5) varie ed eventuali.

L’attrice, premettendo di essere proprietaria di due appartamenti contraddistinti con gli interni nn. 14 e 14 posti sul piano attico e superattico dell’edificio condominiale, esponeva che l’assemblea dei condomini approvava il consuntivo di spesa per il riscaldamento 2015/2016 e il preventivo di spesa del riscaldamento 2016/2017 con relativi riparti di cui ai punti 1 e 2 dell’ordine del giorno senza tenere conto del distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento da essa effettuato fin dall’anno 2012.

Assumeva l’attrice che nonostante l’amministrazione condominiale fosse stata invitata più volte a verificare l’avvenuto distacco dall’impianto centralizzato, vi era stato un totale disinteresse da parte del Condominio che continuava ad addebitare alla condomina le spese per il consumo dell’impianto benché la stessa non ne fruisse oramai da tempo.

L’attrice, per tale ragione, era stata costretta ad impugnare altre precedenti delibere con le quali le veniva addebitato e richiesto il pagamento dei consumi per il riscaldamento, nonché il costo dell’istallazione delle valvole termoregolarizzatrici che, in verità, non erano state istallate nei propri appartamenti.

A seguito di tali impugnazioni pendevano giudizi innanzi al Tribunale di Roma volti ad ottenerne l’annullamento (proc. RG n. 56718/2015 ed RG 79619/2015).

L’attrice, inoltre, si era opposta anche all’ingiunzione di pagamento ottenuta dal Condominio per il pagamento degli oneri richiesti in virtù di dette delibere ed il cui giudizio pendeva sempre innanzi al medesimo Tribunale di Roma con procedimento iscritto al n. R.G. 11412/2016.

In sostanza, l’attrice ha lamentato anche con la presente citazione, che il condominio avrebbe dovuto tenere conto dell’avvenuto distacco e procedere con un adeguamento delle tabelle in considerazione della mancata fruizione dell’impianto e del relativo consumo.

Ha dedotto, inoltre, l’attrice che con la delibera impugnata erano stati approvati i riparti per la gestione riscaldamento (consuntivo 2015/2016 e preventivo 2016/2017) frutto di un evidente errore nell’attribuzione ad essa condomina dei millesimi di riscaldamento che non trovavano alcuna giustificazione sia in quanto non corrispondenti a reali consumi sia perché non conformi alla tabella D allegata al regolamento di condominio.

Lamentava, inoltre, l’attrice che in tali bilanci e corrispondenti riparti la quota millesimale per il riscaldamento ad essa attribuita risultava addirittura immotivatamente variata in eccesso di esercizio in esercizio senza giustificazione alcuna con la conseguenza che la delibera di approvazione dei suddetti bilanci era da ritenere nulla in quanto incidente sulla propria sfera patrimoniale.

Inoltre, secondo la prospettazione dell’attrice, i bilanci avrebbero presentato evidenti aporie derivanti dalla mancata corrispondenza tra quanto fatturato per il consumo del riscaldamento e quanto inserito nel consuntivo di spesa.

Da quanto premesso, l’attrice riteneva la delibera contraria alla legge e al regolamento ed affetta da insanabile nullità per avere inciso direttamente sul proprio patrimonio e sui propri diritti individuali e, pertanto, ne chiedeva, previa sospensione in via cautelare, la declaratoria di annullamento e/o nullità relativamente ai punti 1 e 2 dell’o.d.g.

Chiedeva, inoltre, l’attrice che il Condominio venisse dichiarato obbligato a modificare le tabelle millesimali delle spese di riscaldamento, preso atto del distacco avvenuto fin dal 20.12.2012, con esclusione di ogni onere per spese ordinarie e di uso dell’impianto fin da tale data dichiarandosi altresì invalido ogni bilancio preventivo o consuntivo elaborato in forza delle tabelle millesimali applicabili prima del distacco. Chiedeva, infine, la condanna del Condominio al risarcimento ex art. 96 c.p.c..

Si costituiva il Condominio convenuto ritenendo del tutto infondata l’impugnativa della delibera contestando, in particolare, l’avvenuto distacco da parte della condomina la quale non avrebbe né allegato né provato l’insussistenza di squilibrio termico e del maggior aggravio di spese per l’intero edificio al fine di ritenere legittimo l’eventuale distacco.

Eccepiva, infatti, come la condomina non avesse prodotto alcuna perizia idonea a dimostrare la ricorrenza dei suddetti requisiti. Concludeva il Condominio chiedendo il rigetto delle domande ex adverso formulate.

Subentrato l’odierno giudicante, nel corso dell’istruttoria veniva acquisita agli atti la consulenza tecnica d’ufficio, disposta nei giudizi pendenti presso il Tribunale di Roma (RG nn. 56718/2015, 79619/2015 e 11412/2016) volta a verificare l’avvenuto distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento degli appartamenti n. 14 e 16 di proprietà dell’attrice.

La causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 29 novembre 2019. Precisate le conclusioni, la causa è stata trattenuta in decisione con concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..

Con la comparsa conclusionale parte opponente depositava la sentenza n. 24046/2019 resa in data 16/12/2019 con la quale il Tribunale di Roma annullava la delibera del 3.11.2015 ed accertava, tramite le risultanze della CTU, l’avvenuto distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento rigettando, però, la domanda dell’attrice volta ad essere esentata dalle spese relative al riscaldamento maturate nel periodo successivo al 20.12.2012.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda, così come formulata dalla parte attrice, ha principalmente lo scopo di accertare il diritto della stessa al distacco e ad essere, di conseguenza, esentata da qualsivoglia onere di contribuzione per le spese di ‘gestione’ dell’impianto centralizzato anche con riguardo ai periodi per i quali l’assemblea del 20.11.2016 ha posto a suo carico oneri di partecipazione alle spese per il riscaldamento.

Deve premettersi, ai fini decisionali, che la questione relativa al distacco di un condominio dall’impianto centralizzato condominiale trova la sua immediata disciplina nella normativa di cui all’art. 1118 c.c. come modificata dalla L. n. 220 del 2012, in vigore dal 18 giugno 2013, c.c. di riforma del condominio.

Tale normativa, che ha riconosciuto il diritto di ciascun condomino a distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento, prevede che tale diritto possa esercitarsi, senza necessità di specifica autorizzazione, a condizione che il condomino dimostri che dal distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto od aggravi di spesa per gli altri condomini.

Il condomino che intende distaccarsi deve, in altri termini, fornire la prova che “dal suo distacco non derivino notevoli squilibri all’impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini”, e la preventiva informazione dovrà necessariamente essere corredata dalla documentazione tecnica attraverso la quale egli possa dare prova dell’assenza di “notevoli squilibri” e di “assenza di aggravi” per i condomini che continueranno a servirsi dell’impianto condominiale.

L’onere della prova in capo al condomino, che intenda esercitare la facoltà del distacco viene meno soltanto nel caso in cui l’assemblea condominiale abbia effettivamente autorizzato il distacco dall’impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione della sussistenza dei prescritti presupposti.

Da tanto consegue che colui che intende distaccarsi dovrà, in presenza di squilibri nell’impianto condominiale e/o “aggravi” per i restanti condòmini, rinunciare dal porre in essere il distacco perché diversamente potrà essere chiamato al ripristino dello status quo ante.

Né, ed è bene precisarlo, l’interessato, ai sensi dell’art. 1118 cod. civ., potrà effettuare il distacco e ritenere di essere tenuto semplicemente a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”, poiché tale possibilità è prevista solo per quei soggetti che abbiano potuto distaccarsi, per aver provato che dal loro distacco “non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”. (Cass. civ., sez. III, 3/11/2016, n. 22285).

La portata della norma, dunque, lascia al giudice solo la verifica dell’esistenza delle condizioni che determinano la legittimazione al distacco e del conseguente onere probatorio assolto dal condomino distaccante.

Nel caso di specie, il condominio ha contestato tanto l’avvenuto distacco quanto la prova dei predetti requisiti previsti per legge non avendo la Fa. all’epoca dell’asserito distacco prodotto alcuna perizia a sostegno.

In effetti, affinché il distacco possa dirsi operante e legittimato per ottenere l’esonero dal pagamento delle spese per il consumo non è sufficiente che il condomino si distacchi, ma deve anche fornire la prova che il distacco non comporti aggravio di spese né squilibrio termico.

Dalle risultanze documentali in atti, non si evince che all’epoca del dedotto distacco l’attrice abbia fornito la suddetta prova.

La perizia da essa allegata (ci si riferisce in particolare alle CTP dell’Ing. Tarsia del 23.1.13) da atto solo dell’asserito distacco ma non prova che tale distacco non abbia comportato aggravi di spese per coloro che continuavano a fruire dell’impianto, né, tanto meno, squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio.

In sostanza nella predetta relazione si pone l’accento più sulla circostanza che il riscaldamento centralizzato non consente alla condomina un adeguato sistema di riscaldamento piuttosto che sulla dimostrazione dell’esistenza dei requisiti previsti per legge per legittimarne il distacco.

Solo a seguito della espletata CTU disposta in altri procedimenti ed acquisita nel presente giudizio ed alla quale ci si intende riportare quale idoneo e completo strumento di ausilio della decisione, si è potuto appurare che effettivamente la condomina Fa. nel distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato non ha determinato conseguenze pregiudizievoli per i restanti condomini.

Il CTU ha constatato che sulla base dei dati oggettivi messi a sua disposizione i consumi del combustibile sono diminuiti negli anni successivi al distacco anche se, a seguito dell’istallazione da parte del condominio del sistema di contabilizzazione del calore nelle more intercorso, non è stato più possibile accertare con maggiore rigore quanto questo sia dipeso dal minor impiego del riscaldamento da parte dei condomini o dal distacco dall’impianto effettuato dalla Fa..

Tanto, però, è stato ritenuto sufficiente per dimostrare che, in ogni caso, non vi sono stati sostanziali aggravi di spesa così come squilibri di funzionamento dell’impianto non riscontrati a seguito delle verifiche effettuate. Da tali osservazioni può, dunque, concludersi che il distacco operato dall’attrice può definirsi legittimamente e validamente effettuato.

Ciò non significa, tuttavia, come correttamente motivato nella sentenza n. 24049/2019 depositata in data 17/12/2019 resa dalla V sezione di questo Tribunale (G.U. dott. Am.) che l’attrice possa ritenersi esonerata da ogni spesa futura per i consumi spettando ad essa solo le spese di manutenzione straordinaria e di conservazione e messa a norma dell’impianto.

Va, infatti, presa in considerazione la circostanza che nel condominio di cui fa parte l’attrice è intervenuta la contabilizzazione del calore disciplinata dal D.Lgs. n. 102/14. Sulla base di tale normativa e, in particolare, da quanto dispone la norma tecnica UNI 102009, la ripartizione delle spese a consumo si compone di una quota variabile, dipendente dalla volontà del singolo condomino e di una più modesta quota fissa derivante dal c.d. “consumo involontario”.

Si evidenzia, difatti, che l’orientamento giurisprudenziale più recente (ex plurimis, Cass. 19651/17; Cass. 6128/17 e Cass. 22573/16), facendo riferimento all’art. 26, commi 5 e 6, L. 9 gennaio 1991, n. 10, riconosciuta come norma imperativa non derogabile, è nel senso di ritenere che il riparto degli oneri di riscaldamento, nel caso di prelievi volontari, negli edifici condominiali in cui siano stati adottati sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare, va fatto, per legge, in base al consumo effettivamente registrato.

In sostanza, secondo tale giurisprudenza, i criteri convenzionali o, in mancanza, legali, comunque alternativamente previsti dalla disposizione di cui agli artt. 1123, 1 e 2 comma, c.c., risultano applicabili soltanto ove manchi un sistema di misurazione del calore effettivamente erogato per unità immobiliare, e presuppongono, quindi, per poter operare, l’impossibilità di misurare il consumo effettivo del servizio erogato a ciascuna unità immobiliare.

Nell’ipotesi in cui, invece, tale misurazione è possibile, oltre al consumo effettivamente registrato, si deve far ricorso anche al consumo fisso che, in linea con quanto dispone il D.L. 102/2014 e la normativa UNI 102009, va ragguagliato al c.d. “consumo involontario” vale a dire, quel consumo indipendente dall’azione dell’utente e, cioè, legato principalmente alle dispersioni di calore della rete di distribuzione e ai consumi relativi alle parti comuni. Una quota parte delle spese di riscaldamento sostenuta dai condomini serve solo per compensare le dispersioni di calore che normalmente si verificano nell’impianto centrale e tale quota deve essere ripartita tra tutti i condòmini, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dell’impianto centralizzato.

In caso contrario si avrebbe un pregiudizio economico per i condomini rimasti allacciati in quanto, da un lato, anche coloro che non scaldano la propria unità beneficiano di fatto degli effetti della dispersione del calore erogato nelle unità contigue e, d’altro lato, la messa ed il mantenimento in funzione dell’impianto centralizzato comporta l’immissione di acqua calda non solo nelle tubazioni e nei radiatori interni alle unità immobiliari ma anche nelle tubazioni comuni. Ciò si pone in linea con il fatto che nel concetto di “aggravio di spesa” deve essere compresa quella spesa di godimento ignorata dall’ultimo comma dell’articolo 1118 c.c. e, in particolare, quella per l’energia prodotta e non utilizzata (le dispersioni di calore).

Ebbene a tale ultima spesa deve necessariamente contribuire anche l’attrice. Difatti se da un lato l’art. 1118 c.c. consente al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto di riscaldamento tuttavia, perché ciò avvenga è necessario che dal distacco non derivino un notevole squilibrio di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini che solo attraverso un riequilibrio con la partecipazione del condomino distaccatosi alla spesa derivante dal consumo involontario può dirsi realizzata.

“In particolare, che la quota di inefficienza dell’impianto (c.d. consumo involontario) debba gravare ed essere distribuita anche sui condomini il cui consumo sia nullo, perché distaccati, consegue dal mero rilievo logico che, prima del distacco, tale quota gravava sui condomini in misura minore, sicché la sua maggiorazione, conseguente al distacco, integra un aggravio di cui il condomino distaccato deve farsi carico; in altre parole, se essa non fosse posta a carico dei condomini distaccatisi, gli altri condomini vedrebbero, proprio per effetto del distacco, aumentare la spesa ordinaria di funzionamento dell’impianto” (Tribunale Roma, sez. V, sentenza n. 9406 del 10/05/2016 – conforme Tribunale di Savona, sentenza n. 111 del 8/2/2019).

Come conformemente accertato con la sentenza n. 24046/2019 pubbl. il 17/12/2019 (RG n. 56718/2015) resa da questo Tribunale ed avente oggetto l’impugnativa di analoghe delibere rese dal medesimo condominio, la sig.ra Fa. dovrà contribuire alle spese di consumo del riscaldamento centralizzato solo limitatamente alla quota ascrivibile al consumo involontario.

Ciò nondimeno la delibera impugnata va dichiarata nulla per le seguenti motivazioni.

Come documentato da parte attrice (cfr. doc. n. 5 allegato all’atto di citazione) nello stato di riparto del bilancio consuntivo riscaldamento 2015/2017 e nel riparto del preventivo riscaldamento 2016/2017 vengono applicati alla condomina Fa. dei millesimi tabellari del tutto difformi dalla tabella D allegata al regolamento di condominio. Tale regolamento, unitamente alle allegate tabelle, è stato prodotto dall’attrice con il documento sub n. 21 all’atto di citazione e non è stato contestato dal condomino convenuto nella sua validità ed efficacia.

Dalla tabella richiamata si evince che i millesimi di riscaldamento attribuiti da regolamento agli appartamenti contraddistinti con l’int. 14 e 14A di proprietà dell’attrice sono rispettivamente pari a millesimi 75,80 (per l’int. 14) e millesimi 38,35 (per l’int. 14).

Viceversa, nel consuntivo 2015/2016 vengono attribuiti alla Fa. millesimi 240, 77 per l’int. 14 e millesimi 71,04 per l’int. 14A. Ancora, si legge nel riparto del preventivo riscaldamento 2016/2017 che i millesimi assegnati alla Fa. per l’int. 14 sono pari a 151,75 mentre quelli corrispondenti all’int. 14A sono pari a 44,78 millesimi evidenziando con ciò un’ulteriore discrepanza. In sostanza, nei suddetti bilanci il condominio ha attribuito alla Fa. una spesa per il riscaldamento applicando dei valori millesimali che non solo non trovano corrispondenza nella tabella D del regolamento condominiale ma che risultano modificati anche tra un bilancio e l’altro con la risultante di attribuire, in ogni caso, una spesa addirittura maggiore di quanto dovuto in applicazione della suddetta tabella.

Tali variazioni non trovano giustificazione alcuna e determinano un’illegittima lesione dei diritti patrimoniali dell’attrice la quale si è vista attribuire dalla maggioranza dei condomini una spesa certamente non dovuta e ciò a prescindere dal riconoscimento o meno del distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento.

Del resto, il condominio convenuto non ha né dedotto né allegato alcuna motivazione in grado di confutare quanto emerge dall’evidenza del dato documentale.

La giurisprudenza ha pacificamente individuato la distinzione tra violazione in astratto e violazione in concreto dei criteri di riparto delle spese, sanzionando la prima con la nullità della deliberazione e la seconda con la mera annullabilità.

Si ha violazione in astratto dei criteri legali, e conseguente nullità della delibera, quando si deroga agli stessi in assenza di accordo unanime dei partecipanti al condominio mentre, viceversa, ricorre l’ipotesi di annullabilità della delibera quando si effettuano dei riparti che in concreto vadano a violare (rectius a mal applicare) i criteri già stabiliti dalla legge o dal regolamento, come nel caso in cui, pur rispettando l’astratto criterio normativo, si deroghi allo stesso, per errore, nel singolo caso concreto.

Tale orientamento può dirsi del tutto consolidato (Cass. civ. II, sent. 6714/2010) e fonda la sua autorevolezza nel ben noto precedente arresto delle Sezioni Unite (Cass. n. 4806/2005) alla stregua del quale occorre partire dal rilievo che le attribuzioni dell’assemblea ex art. 1135 c.c. sono circoscritte alla verificazione e all’applicazione dei criteri stabiliti dalla legge o dal regolamento e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri stessi, se non all’unanimità venendo, in caso contrario ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino. (v. Cass. n. 3042/1995 e Cass. n. 17101/2006, alla stregua della quale “é affetta da nullità (la quale può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ed ancorché abbia espresso voto favorevole, e risulta sottratta al termine di impugnazione previsto dall’art. 1137 c.c.) la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali (art. 1123 c.c.) o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune, dal momento che eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca”.

Più recentemente la Suprema Corte ha ribadito tale principio affermando – cfr. Cass. n. 6714/2010 – che “in tema di condominio, sono affette da nullità, che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel termine di cui all’art. 1137c.c., u.c., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri di cui all’art. 1123 c.c.” – così Cass. 15 dicembre 2011 n. 27016).

Per le esposte ragioni la delibera impugnata è da ritenere nulla. Restano assorbite le ulteriori censure.

Non può accogliersi, viceversa, la domanda volta ad ottenere la modifica delle tabelle millesimali alla quale, a detta dell’attrice, si sarebbe dovuta adeguare l’assemblea a seguito dell’avvenuto distacco posto che per aversi modifica delle stesse devono necessariamente verificarsi i presupposti di cui all’art. 69 disp. att.. c.c.. che ne prevede, tra l’altro, uno specifico rimedio. Nel caso di specie, il preteso distacco dell’attrice, che a suo avviso ne avrebbe imposto la modifica, alla data della delibera era ancora in fase di accertamento e non ancora provato nella sua legittimità. Inoltre, l’attrice, al di là delle generiche doglianze non ha suffragato le proprie deduzioni con riscontri oggettivi e documentali. Né a tali riscontri poteva sopperire l’invocata CTU che va ricordato non è un mezzo di prova ma un ausilio del giudicante e la cui indagine, qualora disposta, avrebbe avuto un contenuto meramente esplorativo.

Anche la domanda risarcitoria avanzata dall’attrice ex art. 96 c.p.c. va rigettata non ravvisandosene i presupposti in quanto parte attrice non ha allegato in cosa consiste il danno rilevante ai fini dell’applicazione della suddetta norma.

Per quanto concerne il governo delle spese di lite, che segue la soccombenza, l’infondatezza di alcune domande avanzate dall’attrice ne impone una riduzione pari ad un terzo secondo i parametri del D.M. n. 55/2014. Nulla si dispone in ordine alla CTU già liquidata in altro procedimento.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

dichiara nulla la delibera del 20.11.2016 relativamente al punto 1) dell’ordine del giorno (approvazione consuntivo riscaldamento 2015/16 e relativo riparto) ed al punto 2) dell’ordine del giorno (approvazione preventivo di riscaldamento 2016/2017 e relativo riparto);

dichiara che Fa.Ri. ha legittimamente operato il distacco dei suoi appartamenti dal sistema di riscaldamento centralizzato;

rigetta la domanda dell’attrice volta ad ottenere la modifica delle tabelle millesimali di cui all’allegato D del regolamento di condominio;

rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. avanzata dall’attrice;

condanna il Condominio di Via (…) in Roma al pagamento in favore di Fa.Ri. delle spese di lite del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 1.892,00 di cui Euro 191,00 per spese ed Euro 1.701,00 per onorari di giudizio, oltre accessori di legge e rimborso forfettario al 15%.

Così deciso in Roma il 17 aprile 2020.

Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2020.

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Avv. Umberto Davide

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