nella fideiussione alla fideiussione, il fideiussore si obbliga verso colui che è già fideiussore, per garantirgli, una volta che egli abbia pagato, la fruttuosità dell’azione di regresso nei confronti del debitore principale. Sicché, il fideiussore è un terzo rispetto alla prima fideiussione ed il creditore garantito è il soggetto che nella prima fideiussione era il fideiussore.

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Tribunale Roma, Sezione 12 civile Sentenza 10 aprile 2019, n. 7872

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

Dodicesima Sezione civile

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Fausto Basile, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 6625 del R.G.A.C.C. dell’anno 2017, e vertente

tra

(…) S.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t., e (…), rappresentati e difesi, giuste procure in atti, dagli Avv.ti Ce.Iv. e Be.Ma., elettivamente domiciliati presso lo studio legale di quest’ultima in Porto Torres, corso (…);

OPPONENTI

e

(…) S.p.A., in persona del suo legale rappresentante p.t., con sede in R., piazza (…), rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso per decreto ingiuntivo, dall’Avv. Ma.Ge. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via (…);

OPPOSTA

OGGETTO: polizza fideiussoria – azione di regresso.

FATTO E DIRITTO

Su ricorso depositato dalla (…), questo Tribunale, in data 28 novembre 2016, ha emesso il decreto ingiuntivo n. 27415/16 con il quale ha ingiunto alla (…) S.r.l. (di seguito, “(…)”) – debitrice principale – ed a (…), (…) e (…), coobbligati in solido, il pagamento della complessiva somma di Euro 225.000,00, oltre interessi come da domanda e spese della procedura

L’azione di regresso esperita dalla odierna opposta in via monitoria nei confronti degli odierni opponenti, si fonda sulla intervenuta escussione, da parte dell’Autorità Portuale di Olbia – Golfo Aranci (di seguito, anche “Autorità Portuale”), della polizza fideiussoria n. (…) (cfr. all. n. 2 al fascicolo monitorio), emessa dalla (…) in data 27 febbraio 2009, a garanzia della concessione demaniale rilasciata alla (…) dalla predetta Autorità Porturale, ed il successivo pagamento dell’importo di Euro 225.000,00 (cfr. all. n. 5 al fascicolo monitorio), pari al massimale di polizza.

Con atto di citazione notificato in data 20 ottobre 2017, la (…) e (…) hanno proposto opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo, eccependo, in via pregiudiziale, l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma in favore del Tribunale di Sassari e chiedendo, nel merito, la declaratoria di illegittimità e/o la nullità del medesimo decreto ingiuntivo.

A sostegno dell’inesistenza e/o decadenza dall’azione di regresso spiegata dalla società opposta, gli opponenti hanno dedotto: l’intervenuta scadenza della polizza fideiussoria al momento della sua escussione; la circostanza che l’Autorità Portuale avrebbe escusso la polizza rilasciata da (…) per somme diverse e maggiori rispetto a quelle eventualmente dovute da (…) a titolo di canone concessorio, il cui pagamento era garantito dalla predetta polizza, così come avrebbero stabilito le pronunce rese dal TAR Cagliari e dal Consiglio di Stato laddove avrebbero accertato l’illegittimità della statuizione dell’Autorità Portuale relativa alla modifica in aumento del canone concessorio; tanto che al fine dell’esatta determinazione dei rapporti di debito/credito (…) ha promosso, dinanzi al Tribunale di Sassari, contro l’Autorità Portuale la causa iscritta al n. RG 3105/2013, nella quale si è costituita la (…) sostenendo le ragioni della (…) e contestando che l’Autorità Portuale avesse diritto a ricevere il pagamento delle somme per le quali è stata poi escussa la fideiussione; la circostanza che la società opposta non avrebbe invocato, nei confronti dell’Autorità Portuale, l’applicazione dell’art. 1957 cod. civ.; la nullità e l’inesistenza della clausola vessatoria in forza della quale (…) dovrebbe rimborsare a (…) “a semplice richiesta” tutte le somme da quest’ultima versate all’Autorità Portuale, senza poter sollevare alcuna eccezione relativa al rapporto principale tra la (…) e l’Autorità.

Si è costituita in giudizio la (…), la quale ha resistito chiedendo il rigetto dell’opposizione, in quanto infondata in fatto e in diritto.

Alla prima udienza di comparizione delle parti, il Giudice istruttore, ravvisata la competenza territoriale del Tribunale di Roma, ha rigettato l’eccezion di incompetenza per territorio sollevata dagli opponenti e, ritenuto che l’opposizione non si fondava su prova scritta o di pronta soluzione, ha concesso la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto.

Inoltre, assegnava alle parti i termini per il deposito delle memorie istruttorie ex art. 183, co. 2, c.p.c. e ha rinviato la causa per l’eventuale ammissione dei mezzi di prova.

La causa è stata istruita documentalmente, in quanto, depositate le rispettive memorie istruttorie da entrambe le parti, all’udienza del 24.1.2018, il Giudice ritenute irrilevanti le richieste avanzate dalle stesse parti ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 23.01.2019, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Preliminarmente, va confermata in questa sede decisoria l’ordinanza istruttoria che ha rigettato l’eccezione, sollevata dagli opponenti, di incompetenza per territorio del Tribunale di Roma in favore del Tribunale di Sassari, nella cui circoscrizione hanno, rispettivamente, sede e residenza i convenuti (lo (…) anche quale consumatore), sono state sottoscritte la polizza fideiussoria con l’appendice di polizza ed ha sede l’Agenzia assicurativa presso la quale andrebbe effettuato il pagamento.

A sostegno dell’eccezione sollevata, parte opponente ha dedotto la nullità, rilevabile d’ufficio della clausola derogativa della competenza contenuta nell’art. 8 delle condizioni generali di contratto, la quale, con riferimento al rapporto tra garante e garantito, contiene una previsione di competenza territoriale esclusiva in deroga alle previsioni del codice di rito che doveva essere approvata specificamente per iscritto dalle parti.

La nullità, rilevabile d’ufficio, della clausola in esame è stata dedotta anche con riferimento alla qualità di consumatore dello (…), sul presupposto che, ai sensi dell’art. 33 del Codice del consumo, si presumono vessatore fino a prova contraria una serie di clausole, tra cui quella che stabilisce come foro della controversia un luogo diverso da quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore.

Gli assunti di parte opponente non possono essere condivisi.

Con riferimento alla posizione della (…), si rileva in primo luogo che la clausola relativa al foro competente, di cui al citato art. 8 delle condizioni generali di contratto, disciplina due ipotesi distinte. Per le controversie relative al rapporto tra garante e garantito, viene individuato come “esclusivo” il foro in cui ha la sede l’Ente Garantito. Mentre, per le controversie tra garante e contraente di polizza la scelta del foro competente è meramente facoltativa ed è rimessa alla scelta di parte attrice tra “quello del luogo dove ha sede la Direzione della Società, ovvero quello dove ha sede l’Agenzia che ha emesso la polizza, ovvero quello del luogo dove ha sede il Contraente”.

Erra parte opponente nel fare riferimento alla prima ipotesi contenente la previsione di esclusività del foro eletto, non essendo quella che trova applicazione alla fattispecie in esame, atteso che si riferisce alle controversie riguardanti il rapporto tra la (…), quale garante, e l’Autorità Portuale, quale Ente garantito.

Nella specie, poiché la controversia riguarda il rapporto tra garante ((…)) e contraente di polizza ((…)) trova invece applicazione la seconda ipotesi in cui, non solo non è previsto alcun foro esclusivo, ma neppure vengono eletti fori alternativi non contemplati dalla legge.

Infatti, i tre fori alternativi, non esclusivi, a scelta dell’attore ricalcano, per un verso, il foro generale del convenuto persona giuridica (luogo dove ha la sede il contraente) e, per altro verso, trattandosi di controversia avente ad oggetto diritti di obbligazione, i fori alternativi del luogo in cui è stato sottoscritto il contratto ed è sorta l’obbligazione (luogo in cui ha sede l’Agenzia che ha emesso la polizza) e del luogo in cui deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio (luogo dove ha sede la direzione della (…)), previsti dall’art. 20 c.p.c.

Pertanto, la clausola relativa al foro competente che trova applicazione nel caso in esame non può essere considerata vessatoria e, conseguentemente, neppure necessitava della specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c.

Per quanto riguarda la dedotta qualità di consumatore di (…), coobbligato di polizza, va richiamata la giurisprudenza in materia di applicazione del foro del consumatore in caso di fideiussione rilasciata da una persona fisica in favore di una società commerciale.

Secondo il tradizionale orientamento dalla Suprema Corte, “in presenza di un contratto di fideiussione, ai fini dell’applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c., nel testo vigente “ratione temporis”, il requisito soggettivo della qualità di consumatore deve riferirsi all’obbligazione garantita, cui quella del fideiussore è accessoria, sicchè, difettando tale condizione, è valida la clausola derogativa della competenza territoriale contenuta nel contratto di fideiussione per le esposizioni bancarie di una società di capitali stipulato da un socio o da un terzo” (Cass. 25155/2018; Cass. 16827/2016; 25212/2011; 10107/2005).

Pertanto, poiché la pattuizione di coobbligazione sottoscritta dall’opponente (…) a garanzia delle obbligazioni assunte da (…) nei confronti di (…), riguarda obbligazioni assunte da un soggetto che agisce per scopi inerenti l’esercizio dell’impresa, dovrebbe escludersi a priori l’applicabilità del Codice del Consumo e del relativo Foro.

Sul tema è peraltro intervenuta la Corte di Giustizia UE con la pronuncia ord. 19/11/2015 C-74/15 affermando il principio secondo il quale “nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta …. al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata “.

La nozione di consumatore, alla luce della direttiva comunitaria n. 93 del 2013, presenta un carattere oggettivo, e deve essere, pertanto, valutata alla luce di un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito delle attività estranee all’esercizio di una professione (cfr. sentenza Costea, C-110/14, EU. C.2015:538).

La Corte di Giustizia ha, di fatto, chiarito che non rileva l’oggetto del contratto, ma la qualità dei contraenti-fideiussori, “..a seconda che gli stessi agiscano o meno nell’ambito della propria attività professionale”.

Tanto premesso, occorre rappresentare che, dalla documentazione versata in atti, non è possibile sapere se, nella specie, il coobbligato abbia agito per scopi di natura privata, ovvero in qualità di professionista e, quindi, se rivesta o meno la qualità di consumatore.

Dal momento che l’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Roma, adito in sede monitoria, è stata sollevata dagli opponenti, gravava sulla stessa parte l’onere di provare la qualità di consumatore del coobbligato – opponente, nonché l’insussistenza di qualsiasi rilevante rapporto societario o funzionale tra quest’ultimo e la (…) nell’interesse del quale ha garantito a (…) l’adempimento della obbligazione di regresso.

Tuttavia, mancando di assolvere all’onere probatorio che su di essa incombeva, parte opponente neppure ha dimostrato che (…) ha rilasciato la garanzia per scopi estranei all’attività professionale e, dunque, nella qualità di consumatore.

Sicché, nonostante l’astratta applicabilità del principio giurisprudenziale espresso dalla Corte di Giustizia, in concreto, stante la mancanza, da parte del coobbligato-opponente, di qualsivoglia elemento di prova della sua qualità di consumatori, l’eccezione di incompetenza territoriale risulta infondata anche con riferimento al foro del consumatore e alla vessatorietà della clausola derogatoria di tale foro.

In conclusione, alla stregua delle ragioni esposte, va accertata e dichiarata la competenza per territorio del Tribunale di Roma.

Passando alla trattazione del merito, i motivi di opposizioni sono infondati per le seguenti ragioni.

In primo luogo, l’eccezione secondo la quale la polizza fideiussoria azionata, al momento della sua escussione da parte dell’Autorità Portuale, era scaduta e priva di efficacia, risulta contraddetta dall’esame complessivo di tutte pattuizioni relative alla durata e all’efficacia della garanzia contenute nella polizza fideiussoria, nonché nelle “condizioni generali di assicurazioni” e nelle “condizioni particolari” ad essa relative.

Difatti, sebbene nella polizza la “durata prevista” sia indicata in “giorni 1.095 dal 26/02/2009 al 26/02/2012”, all’articolo 2 delle condizioni generali di assicurazione, è espressamente previsto che “Il Contraente, all’atto della stipulazione della polizza, ha indicato la durata presuntiva del periodo di tempo occorrente per ottenere la liberazione; in base a tale dichiarazione è stato liquidato il premio iniziale (…)”. Il successivo articolo 2 delle condizioni particolari di polizza, chiarisce altresì che la garanzia sarebbe rimasta valida “fino alla dichiarazione di svincolo da parte dell’Amministrazione”; dichiarazione che ad oggi non è mai intervenuta”, mentre il successivo articolo 3, dispone che “l’intendimento, da parte della compagnia assicuratrice, di non procedere al rinnovo della polizza alla sua scadenza ovvero di procedere alla sua revoca, sia comunicato all’amministrazione in tempo utile per consentire la costituzione, da parte del concessionario, di garanzia reale”.

Dalle pattuizioni innanzi indicate, si deduce che la durata “triennale” della polizza, invocata da parte opponente era meramente presuntiva ed è stata indicata unicamente “agli effetti della liquidazione del premio”, mentre la garanzia è destinata a rimanere valida fino allo svincolo da parte dell’Amministrazione beneficiaria.

Pertanto, non avendo parte opponente dimostrato che l’escussione della polizza si riferisse ad pagamento di annualità del canone concessorio garantito successive alla dichiarazione di svincolo da parte dell’Amministrazione Portuale, l’eccezione in esame risulta infondata e va rigettata.

Ai fini dell’esame del motivo di opposizione con il quale si contesta la circostanza che l’escussione della polizza sarebbe avvenuta per somme diverse e maggiori rispetto a quelle eventualmente dovute da (…), occorre in primo luogo individuare la natura giuridica della polizza fideiussoria rilasciata da (…) in favore dell’Ente garantito, nell’interesse della contraente (…), quale semplice fideiussione, accessoria all’obbligazione principale, o quale garanzia autonoma, il ché precluderebbe alla Compagnia assicuratrice la possibilità di sollevare contestazioni relative all’obbligazione principale.

Dall’esame delle pattuizioni contenute negli articoli 3 e 5 delle condizioni generali di assicurazione, in particolare, dal tenore letterale delle espressioni usate, dalle manifestazioni di volontà del garante e del contraente, nonché dal contenuto della garanzia prestata, la stessa va qualificata come garanzia autonoma e non come fideiussione.

Difatti, nelle suddette clausole in esame si rinvengono gli elementi tipici della c.d. garanzia autonoma che reca, per l’appunto, come suo connotato fondamentale, l’assenza di accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella principale tra creditore principale e contraente.

Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini del riconoscimento dell’autonomia della garanzia risulta decisivo “l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” la quale vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale” (Cass. n. 3947/2010).

Nel caso in esame, pertanto, il disposto della clausola secondo cui “Il pagamento delle somme dovute in base alla presente polizza sarà effettuato dalla Società entro il termine massimo di 30 giorni dal ricevimento della richiesta scritta dell’Ente Garantito, restando inteso che, ai sensi dell’art. 1944 c.c., comma 2, la Società non godrà del beneficio della preventiva escussione del Contraente. Il pagamento avverrà dopo un semplice avviso al Contrente senza bisogno di preventivo consenso da parte di quest’ultimo, che nulla potrà eccepire alla Società in merito al pagamento stesso” e di quella secondo la quale “Il Contraente si impegna a rimborsare a semplice richiesta della Società tutte le somme da questa versate in gorza della polizza … con espressa rinuncia ad ogni eccezione ed in particolare quelle previste dall’art. 1952 c.c.”, vale a qualificare il negozio di garanzia come contratto autonomo di garanzia (Cass., n. 84/2010; Cass., n. 27333/2005; Cass., n. 10574/2003).

In effetti, oltre all’impegno al pagamento a richiesta scritta dell’ente garantito e alla rinuncia al beneficio della preventiva escussione, rileva in maniera determinante il fatto che il garante è tenuto ad effettuare il pagamento dopo aver semplicemente avvisato il contraente, senza necessità che quest’ultimo dia il preventivo consenso e senza che nulla quest’ultimo potrà eccepire alla garante in merito al pagamento stesso.

Ne discende che, dal momento che il pagamento deve avvenire senza che il debitore principale possa sollevare eccezioni relative all’obbligazione principale, a maggior ragione tali eccezioni non possono essere sollevate dal garante all’atto dell’escussione. Sarebbe difatti illogico prevedere che le eccezioni relative al rapporto principale possano essere sollevate dal garante e non anche dal contraente (debitore principale) nel cui interesse è stata rilasciata la garanzia.

In linea con tale affermazione, anche la pattuizione relativa all’azione di regresso prevede la rinuncia del contraente a sollevare, dopo il pagamento, ogni tipo di eccezione, in particolare quelle previste dall’art. 1952 c.c. nei confronti della garante.

A fronte di tali pattuizioni negoziali, viene a mancare l’intima dipendenza dell’obbligazione di garanzia dall’obbligazione principale garantita, sicché non è ravvisabile quell’elemento della accessorietà che costituisce predicato naturale della fideiussione, la cui validità, ai sensi dell’art. 1939 c.c., è condizionata dalla validità dell’obbligazione principale.

Trattandosi, nella specie, di un contratto autonomo di garanzia, il garante non è legittimato, ai sensi dell’art. 1945 c.c., ad opporre al creditore beneficiario le eccezioni che spettano al debitore principale relative alla validità o alla esigibilità dell’obbligazione principale.

Difatti, in tema di contratto autonomo di garanzia, la giurisprudenza della S.C. ha stabilito che l’assunzione, da parte del garante, dell’impegno di effettuare il pagamento a semplice richiesta del beneficiario della garanzia e senza possibilità di sollevare eccezioni, comporta la rinunzia ad opporre le eccezioni inerenti al rapporto principale, ivi comprese quelle relative all’invalidità del contratto da cui tale rapporto deriva, con il duplice limite dell’esecuzione fraudolenta o abusiva, a fronte della quale il garante può opporre l’exceptio doli, e del caso in cui le predette eccezioni siano fondate sulla nullità del contratto presupposto per contrarietà a norme imperative o per illiceità della sua causa, tendendo altrimenti il primo contratto ad assicurare il risultato che l’ordinamento vieta (Cass. n. 26262/2007).

Sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, “la “exceptio doli generalis seu praesentis” ha ad oggetto la condotta abusiva o fraudolenta dell’attore, che ricorre quando questi, nell’avvalersi di un diritto di cui chiede tutela giudiziale, tace, nella prospettazione della fattispecie controversa, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto fatto valere ed aventi forza modificativa o estintiva dello stesso, ovvero esercita tale diritto al fine di realizzare uno scopo diverso da quello riconosciuto dall’ordinamento o comunque all’esclusivo fine di arrecare pregiudizio ad altri, o, ancora, contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui. Ne consegue che, in materia di contratto autonomo di garanzia, non possono essere addotte a fondamento della “exceptio doli” circostanze fattuali idonee a costituire oggetto di eccezione di merito opponibile nel rapporto principale dal debitore garantito al creditore e beneficiario della garanzia, in quanto elemento fondamentale di tale rapporto è la inopponibilità da parte del garante di eccezioni di merito proprie del rapporto principale” (Cass., n. 15216 del 12/09/2012; conformi, Cass., n. 16213 del 31/07/2015; Cass., n. 16345 del 21/06/2018; in precedenza, v. Cass., n. 3552 del 1998; Cass., n.4661 del 2007; Cass., n. 6896 del 2009; Cass., n. 30744 del 2011 Cass., n. 65 del 2012; Cass., n. 7320 del 2012).

In particolare, la S.C. ha stabilito che “al garante autonomo non è consentito opporre al creditore eccezioni che traggano origine dal rapporto principale, salvo l'”exceptio doli”, formulabile nel caso in cui la richiesta di pagamento risulti “prima facie” abusiva o fraudolenta, deve altresì escludersi, se la richiesta nei confronti del garante sia fondata sull’inadempimento dell’obbligazione principale, l’onere del creditore di allegare e provare le specifiche inadempienze del debitore principale; è invece il garante che per escludere la propria responsabilità deve fornire la prova certa ed incontestata dell’esatto adempimento da parte del garantito” (Cass., n. 3964 del 21/04/1999).

Sicché, affinché ricorrano i presupposti dell’escussione fraudolenta della garanzia che legittima l'”exceptio doli” “non è sufficiente che sussistano meri dubbi da parte del garante sull’inadempimento e quindi sul diritto di credito del beneficiario della garanzia, ma è necessario che sia liquida la prova che l’inadempimento non sussiste o che il beneficiario abbia richiesto al garante il pagamento della garanzia per un credito che evidentemente non è ricompreso nel suo oggetto, in quanto non è tra quelli per cui la banca ha reso la garanzia” (Trib. Milano, 25.02.2008).

Tornando ad esaminare la fattispecie concreta alla stregua dei principi di diritto innanzi richiamati, emerge l’infondatezza delle eccezioni sollevate dagli opponenti con il motivo di opposizione in esame, dal momento che l’escussione della garanzia da parte dell’Autorità Portuale non presentava alcun carattere di fraudolenza, sia nell’an, che nel quantum, all’esito del contenzioso amministrativo, e nonostante la pendenza di quello civile dinanzi al Tribunale di Sassari sulla determinazione dell’ammontare del canone.

In proposito, risulta innanzitutto errato il richiamo, operato da parte opponente, alla concessione demaniale rilasciata dalla Capitaneria di Porto di Porto Torres nell’anno 2007, alla sua durata e all’ammontare dei canoni ivi previsti.

Infatti, dalla documentazione in atti (cfr. sentenze del TAR Sardegna del 19.07.2012 e del Consiglio di Stato, nonché le note dell’Autorità Portuale del 24.09.15 e del 27.11.15 (docc. 2 e 3, fasc. monitorio) emerge, per quanto qui interessa, che la polizza fideiussoria in esame ha garantito il pagamento dei canoni relativi alla concessione demaniale 1/2008 e all’atto suppletivo 1/2009, rilasciata dalla Autorità Portuale alla (…), avente ad oggetto un’area di 21.200 mq. presso la zona portuale di Porto Torres.

Per ricostruire la complessa vicenda sottesa all’escussione della polizza fideiussoria in contesa, appare opportuno richiamare alcuni passaggi significativi della motivazione della sentenza del TAR Sardegna del 19.07.2012, secondo la quale “La concessione del 9 novembre 2007 n. 279 della Capitaneria, consentiva quindi la realizzazione ed il mantenimento di un “CANTIERE NAVALE”, comprendente:

-un bacino per “alaggio e varo” (definito “specchio acqueo”), di metri quadri 490;

-un “capannone cantiere e palazzina uffici” (indicato come “opera di difficile rimozione”), di metri quadri 5.088 (capannone+uffici) per operazioni di “RIMESSAGGIO E MANUTENZIONE IMBARCAZIONI”;

-un’area asservita, indicata come AREA SCOPERTA, di metri quadri 15.622.

Il canone annuale della concessione veniva determinato in Euro 24.793, con scadenza fissata al 31 dicembre 2010 (durata quadriennale).

Dovendo compiere rilevanti investimenti per la sistemazione della nuova ampia area avuta in concessione (realizzazione del cantiere nautico in un’area sterrata e incolta) la ricorrente chiedeva il 19 novembre 2007 alla Capitaneria la trasformazione della licenza quadriennale in concessione quindicennale (si sostiene che la sola pavimentazione dell’area, di circa 11.000 m2, implicava una spesa circa Euro 400.000).

L’istanza è stata accolta e la concessione è stata rilasciata dall’Autorità portuale (nel frattempo subentrata nelle competenze alla Capitaneria di porto) con Provv. n. 1 del 2008 del 24 novembre 2008 (15 anni decorrenti dalla licenza 9/11/2007 n. 279 rilasciata dalla Capitaneria) per la superficie complessiva di 21.200 mq.

La concessione prevedeva la realizzazione di opere di difficile rimozione, che al termine della stessa sarebbero state incamerate dallo Stato (e la precedente licenza n. 24/2007 rilasciata dalla Capitaneria doveva intendersi decaduta con il rilascio della nuova concessione).

Il Canone annuo veniva stabilito in Euro 74.316, determinato in base alle tariffe della delibera commissariale n. 32/2003 (all’epoca vigente come atto regolamentare approvato dal Comitato portuale di fissazione dei canoni, in attuazione della L. n. 84 del 1994), e veniva parametrato alla categoria ivi prevista della “CANTIERISTICA”.

Con espressa previsione che, in caso di rinuncia, le opere erette non amovibili “resteranno di proprietà dello Stato, senza alcun indennizzo , compenso o rimborso per il concessionario”.

La (…) ha successivamente chiesto all’Autorità portuale, con istanza del 19.1.2009, una “variazione non sostanziale” per l’AMPLIAMENTO del CANTIERE NAUTICO, ….

L’Autorità Portuale ha accolto la richiesta con Atto suppletivo 1/2009 sottoscritto il 15.9.2009.

Ha però applicato, per il canone, l’Ordinanza nel frattempo emanata dall’ Autorità Portuale n. 5/2009 del 6.2.2009 (che aveva rivisto il sistema dei canoni, dal 1.1.2009).

Con L’ATTO SUPPLETIVO 1/2009, veniva applicata, per il canone di concessione, la tipologia “BASI NAUTICHE” e non più “cantieristica navale” (quest’ultima disciplinata in modo economicamente più favorevole per l’operatore economico).

L’applicazione di tale categoria (“base nautica”, anziché cantiere navale) ha determinato un notevole “incremento del canone annuale di concessione”:

– per l’anno 2009, un incremento di Euro 36.927 (in applicazione della nuova ordinanza del 2009); complessivamente il canone (incrementato) annuale ammontava, per il 2009, ad Euro 81.625;

-per gli anni dal 2010 al 2021 il canone complessivo annuo veniva fissato in Euro 115.155. …

Fino all’agosto 2011 questa era la disciplina delineata al rapporto (non contestata), espressamente accettata dal concessionario, che non ha impugnato l’atto suppletivo 1/2009 del 15.12.2009. …

Nell’agosto 2011 la (…), come si è detto, ha chiesto una formale “modifica della concessione”, con inclusione dell’attività propriamente cantieristica di “costruzione imbarcazioni” …. Inoltre, in concreto, risulta l’effettivo avvio dell’attività costruttiva con la presentazione della richiesta di autorizzazione formulata il 18 agosto 2011, sempre all’A.P, per la “costruzione di imbarcazioni” (doc. n. 28), con documentazione delle commesse.

Con l’istanza del 12.8.2011 la (…) ha dunque presentato una richiesta particolarmente “qualificata” (rispetto alle precedenti) di “modifica del titolo posseduto, in variante” (e non solo una modifica della determinazione dei canoni già definiti nella concessione 1/2008 e atto suppletivo 1/2009; come era stato anteriormente richiesto in precedenti domande), documentando in concreto l’avvio di una attività “nuova ed ulteriore” (in aggiunta a quella già esercitata di rimessaggio).

Il Presidente dell’A.P., con il provvedimento impugnato dell’ottobre 2011, ha sostanzialmente negato la possibilità di modificare la concessione, con l’integrazione richiesta (di nuova attività).

Il provvedimento impugnato dell’11.10.2011 non può ritenersi meramente confermativo, ma assume effettive caratterizzazioni di riscontro negativo, imponendo la fine dell’istruttoria, salvo presentazione di “rinuncia” alla concessione vigente …

La (…) ha dimostrato, con le istanze presentate nell’agosto 2011 (e la documentazione correlata) lo svolgimento “effettivo” di attività propriamente “cantieristica”.

La richiesta di “modifica della concessione”, formulata da (…), include dunque una attività nuova e ulteriore (“costruzione” imbarcazioni), non sussistente né al tempo del rilascio della concessione 1/2008, né al tempo dell’atto suppletivo 1/2009, rispetto a quella in precedenza svolta (alaggio, varo, manutenzione, rimessaggio) ….

Trattandosi di variazione “non sostanziale”, ma integrativa, non sussisteva quindi né obbligo di preventiva rinunzia alla concessione in essere, né di avvio di nuova gara per il rilascio di una nuova concessione (come sostenuto dall’A.P.).

La concessione vigente (che rimaneva invariata per quanto attiene l’estensione dei beni concessi) poteva (e doveva) essere modificata, con concessione integrativa per l’integrazione dello “scopo e della destinazione”, includendo fra le attività svolte dalla (…) anche la “costruzione di imbarcazioni”, con i conseguenti effetti sul piano dell’applicazione della pertinente “categoria” e del correlato canone (“A1” dell’ordinanza A.P. 5/2009)….

PERIODO ANTE AGOSTO 2011…

Se la parte privata voleva mettere in discussione la categoria applicata dall’Autorità Portuale con l’atto suppletivo 1/2009 (“base navale”) sussisteva l’onere di impugnare tempestivamente anche il provvedimento integrativo della concessione (incrementativo del canone).

Nel caso di specie l’atto suppletivo non è stato impugnato e comunque non è oggetto della attuale controversia (che non ne include la sua impugnazione, avendo parte ricorrente proposto ricorso solo nel dicembre 2011).

Sotto tale profilo la richiesta di “restituzione dei canoni pregressi” fuoriesce dalla giurisdizione esclusiva del g.a. -in mancanza di previa impugnazione dell’atto che ha imposto il nuovo canone maggiorato-.

E qualora la vertenza involga solo il profilo economico (canoni) la materia è riservata al g.o. …

PERIODO POST AGOSTO 2011…

dall’agosto 2011 alla (…) doveva essere modificata la concessione ed applicata la correlata categoria canoni propria dei “cantiere navale” (sul presupposto della spettante modifica, “non sostanziale”, nell’attività oggetto della concessione ed in concreto posta in essere).

Il diverso inquadramento dell’attività determinava la conseguente applicazione del canone previsto per i “cantieri navali” sub “A1”, in applicazione di quanto previsto nell’Ordinanza 5/2009, e non quello maggiore per le basi nautiche (sub “E”, in precedenza applicato con l’atto suppletivo 1/2009).

Sotto tale profilo la “richiesta di accertamento” del diritto ad ottenere l’inquadramento dell’attività come “cantieristica” e la connessa e consequenziale applicazione del canone “A1” va accolta, con decorrenza 12 agosto 2011.

Per quanto concerne invece la richiesta “restituzione dei canoni” pregressi (applicati con l’atto suppletivo 1/2009), la domanda non può essere accolta in quanto la norma (art. 133 lett. b c.p.a.) che conferisce la giurisdizione esclusiva al g. a. per le concessioni prevede che: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, AD ECCEZIONE DELLE CONTROVERSIE CONCERNENTI INDENNITÀ, CANONI ED ALTRI CORRISPETTIVI”.

Una autonoma domanda patrimoniale (sganciata da impugnazioni tempestive) appartiene al giudice ordinario.”

Il TAR Sardegna ha quindi accolto il ricorso di (…) nei termini indicati nella su riportata motivazione, mentre l’appello avverso tale pronuncia, proposto dall’Autorità Portuale, è stato respinto dal Consiglio di Stato con sentenza del 3.10.2014.

All’esito del contenzioso amministrativo è possibile formulare le seguenti considerazioni, indipendentemente dalla (eventuale) pendenza del giudizio civile dinanzi al Tribunale di Sassari:

– la garanzia assunta da (…) con la polizza fideiussoria rilasciata da (…) il 27.02.2009 aveva ad oggetto gli obblighi derivanti dalla concessione demaniale rilasciata dall’Autorità Portuale con Provv. n. 1 del 2008 del 24.11.2008, integrata dall’Atto suppletivo n. 1/09, sottoscritto il 15.09.2009, per la durata di 15 anni, decorrenti dalla licenza del 9 novembre 2007, n. 279, il cui canone annuo era stabilito in Euro 74.316,00 e non nella minor somma di Euro 24.793,00 indicata dagli opponenti con riferimento alla precedente licenza;

– solo con l’Atto suppletivo n. 1/09 (non impugnato tempestivamente dalla (…)), l’Autorità aveva proceduto alla rideterminazione del canone demaniale, applicando la diversa “la tipologia “basi nautiche” e non più quella “cantieristica navale”, determinando un incremento del canone annuale di concessione;

– dall’agosto 2011, la concessione in essere (il g.a. ha precisato che non si trattava di una nuova concessione) doveva essere modificata con l’inquadramento dell’attività della (…) nella categoria “cantieristica” (anziché in quella della “base navale”) e l’applicazione della correlata categoria del canone “A1” previsto per i “cantieri navali” dall’Ordinanza 5/2009: canone la cui misura non contestata era pari ad Euro 74.316,00;

– per il periodo precedente, compreso tra il 15.09.2009 (data di sottoscrizione dell’Atto suppletivo) ad agosto 2011, a fronte della statuizione del g.a. secondo la quale, in mancanza di previa impugnazione dell’atto che ha imposto il nuovo canone maggiorato, la richiesta di riquantificazione del canone pregresso non rientrava nella giurisdizione amministrativa, poteva rimanere in contestazione il diritto dell’Autorità Portuale di continuare a chiedere il pagamento del canone annuo maggiorato con l’Atto suppletivo n. 1/09, ma non anche il diritto della stessa Autorità di richiedere a (…) il pagamento del canone annuo originario di Euro 74.316,00, determinato in base alle tariffe all’epoca vigenti con riferimento alla categoria “cantieristica”.

Ne discende allora che, neppure la pendenza del giudizio civile promosso da (…) nell’anno 2013 dinanzi al Tribunale di Sassari, avente ad oggetto il diritto soggettivo la riquantificazione del canone maturato dall’Autorità Portuale prima e dopo agosto 2011, avrebbe legittimato la escussa (…) a non pagare in favore del creditore principale il massimale garantito di Euro 225.000,00, essendo questo inferiore all’importo di Euro 247.879,11 vantato dal creditore principale nei confronti di (…) per gli anni 2010 (residuo), 2011 – 2012 – 2013 – 2014 e 2015 e, soprattutto, in considerazione del fatto che tale importo risultava addirittura inferiore a quello (di Euro 297.264,00) maturato per i soli quattro anni dal 2011 al 2014, applicando il canone annuo corrispondente a quello iniziale e non contestato di Euro 74.316,00.

Quanto detto trova riscontro nella nota del 5 ottobre 2015 (doc. n. 3), con la quale la (…), riconoscendo implicitamente la legittimità della pretesa creditoria dell’Autorità Portuale, si era impegnata a pagare quanto richiesto mediante pagamento rateale. Rateizzazione rifiutata dall’Autorità Portuale con nota del 27.11.2015 (all. 3, fasc. monitorio).

Dunque, tento conto della natura autonoma della polizza in contesa, in mancanza di prove evidenti (c.d. “prove liquide”) del carattere fraudolento o abusivo della richiesta di pagamento avanzata dall’Ente beneficiario di polizza, tale da giustificare, in astratto, un rifiuto del pagamento, va riconosciuta la legittimità del pagamento eseguito dalla (…) in favore dell’Autorità Portuale.

Riguardo all’eccezione di parte opponete di decadenza del garante dall’azione di regresso per non aver invocato l’applicazione dell’art. 1957 c.c., va sottolineato che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione inter partes, non trova applicazione l’art. 1957 c.c., sull’onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni nei confronti del debitore principale.

E ciò in quanto tale disposizione, collegata al carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario e ineludibile tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale e, come tale, rientra tra quelle su cui si fonda l’accessorietà del vincolo fideiussorio, per ciò inapplicabile ad un’obbligazione di garanzia autonoma (Cass., S.U., 08.02.2010, n. 3947, conf. a Cass. n. 2377/2008; Cass. n. 11261/2005).

Sicché, la qualificazione della polizza fideiussoria rilasciata da (…) come contratto autonomo di garanzia e la mancanza nella stessa polizza di qualsivoglia richiamo all’art. 1957 c.c., rende infondata anche tale eccezione di parte opponente, che va dunque respinta.

Attesa la legittimità del pagamento effettuato dalla garante escussa nei confronti del creditore principale, va riconosciuto il diritto di (…) ad ottenere da (…) (debitrice principale) e dai suoi coobbligati il rimborso in via di regresso delle somme corrisposte all’Autorità Portuale, come previsto dagli articoli 1950 e 1299 Cod. Civ., nonché delle condizioni di polizza sopra richiamate.

In proposito, va ricordato che “in tema di obbligazioni solidali, il regresso trova fondamento nella corresponsabilità ed è volto ad evitare l’ingiustificato depauperamento del solvens che ha adempiuto a titolo di garanzia” (Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860).

A tale riguardo, è infondata l’ulteriore eccezione sollevata da parte opponente, secondo la quale la clausola con cui la (…) si sarebbe obbligata a “rimborsare a semplice richiesta della Società tutte le somme da questa versate (…), con espressa rinuncia ad ogni eccezione ed in particolare quelle previste dall’art. 1952 c.c.” sarebbe “nulla ed inesistente”, in quanto non “sottoscritta specificatamente e separatamente, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 cod. civ.”.

Risulta, infatti, per tabulas che detta clausola è stata specificamente approvata per iscritto dalla (…), ai sensi e per gli effetti degli articoli 1341 e 1342 Cod. Civ. (pagg. 3 della polizza fideiussoria).

Ne consegue che anche tale eccezione va rigettata.

Con riferimento alla posizione debitoria del coobbligato di polizza, (…), si osserva che egli, mediante la sottoscrizione della “pattuizione speciale di coobbligazione”, ha assunto, assieme alla debitrice principale e agli altri coobbligati, gli obblighi e gli oneri che incombevano alla (…) in dipendenza della polizza fideiussoria per cui è causa e, dunque, si è costituito garante di (…) per l’adempimento degli obblighi e oneri che alla stessa incombevano, manlevando la (…) da qualsiasi danno o molestia che potesse derivare alla stessa in dipendenza della medesima polizza.

Pertanto, (…) e gli altri coobbligati, si sono obbligati a tenere indenne la (…) da ogni pagamento che essa dovesse effettuare per effetto della polizza suindicata, per capitale, interessi e spese, ed a versare alla (…) “a semplice richiesta” e “senza alcuna eccezione, ivi comprese quelle di cui all’art. 1952 c.c., tutte le somme a qualunque titolo e per qualunque ragione sborsate o che fosse chiamata a sborsare.

Tenuto conto della natura delle obbligazioni di garanzia assunte dai coobbligati di polizza, le stesse vanno ricondotte all’istituto della fideiussione alla fideiussione (o fideiussione al fideiussore, o fideiussione di regresso), da tenere distinto rispetto fideiussione del fideiussore (cosiddetta approvazione), di cui all’art. 1940 cod. civ., che costituisce una particolare modalità della fideiussione tipica, nella quale il “secondo” fideiussore garantisce l’adempimento dell’obbligazione del “primo” fideiussore, e non l’adempimento dell’obbligato principale.

Invece, nella fideiussione alla fideiussione, il fideiussore si obbliga verso colui che è già fideiussore, per garantirgli, una volta che egli abbia pagato, la fruttuosità dell’azione di regresso nei confronti del debitore principale. Sicché, il fideiussore è un terzo rispetto alla prima fideiussione ed il creditore garantito è il soggetto che nella prima fideiussione era il fideiussore (Cass., n. 18650/2011; conformi: (Cass., n. 6808/2002; Cass., n. 8605 del 2004).

Ciò posto, e ribadita anche con riferimento al coobbligato di polizza l’infondatezza dei motivi di opposizione sopra esaminati, va esaminata l’eccezione di decadenza della (…) dall’azione di regresso per l’intervenuto decorso del termine di cui all’articolo 1957 Cod. Civ. entro il quale richiedere il pagamento al debitore.

In disparte la già riferita inapplicabilità della disposizione di cui all’art. 1957 c.c. ai contratti autonomi di garanzia (anche i coobbligati si sono obbligati a rimborsare (…) “a prima richiesta e senza eccezioni”), va richiamato l’indirizzo giurisprudenziale della S.C. secondo il quale la deroga all’art. 1957 c.c. non rientra in alcuna delle ipotesi previste dall’art. 1341, co. 2, c.c., e pertanto non è soggetta all’onere di separata, specifica ed autonoma (doppia) sottoscrizione a pena di inefficacia.

I giudici di legittimità hanno infatti stabilito che “la decadenza del creditore dal diritto di escutere la fideiussione, prevista dall’art. 1957 c.c. non è posta a presidio di alcun interesse di ordine pubblico, e può di conseguenza essere derogata dalle parti sia esplicitamente, sia implicitamente attraverso un comportamento concludente” (Cass. 13078/2008).

Inoltre, la decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria ai sensi dell’art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale può formare oggetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore, trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore.

La clausola relativa a detta rinuncia non rientra, inoltre, tra quelle particolarmente onerose per le quali l’art. 1341, 2 co., esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente (Cass., n. 9245/2007; Cass., Ord. n. 21867/2013; Cass., Ord. n. 28943/2017).

Va infine ribadito qui quanto già detto a proposito della mancata dimostrazione della qualità di consumatore dello (…) e della conseguentemente impossibilità di applicare le disposizioni del Codice del consumo.

Pertanto, avendo lo (…) approvato e sottoscritto la clausola con la quale lui e gli altri coobbligati hanno espressamente dichiarato di “rinunciare, come in effetti rinunciano ai diritti ad essi eventualmente derivanti dagli artt. 1955, 1956 e 1957 del Cod. Civ., la stessa risulta valida anche in assenza di un’autonoma e separata doppia sottoscrizione ai sensi degli articoli 1341 e 1342 Cod. Civ.

In ogni caso, l’eccezione di decadenza sarebbe infondata anche nel merito, in quanto il termine concesso a (…) per agire contro il coobbligato di regresso non andrebbe fatto decorrere dalla scadenza dell’obbligazione di (…) nei confronti dell’Autorità Portuale, bensì dal giorno del pagamento di (…) al creditore principale.

Questo perché la fideiussione alla fideiussione dà vita ad un secondo contratto di fideiussione, concettualmente ed ontologicamente autonomo dal primo, per quanto, in genere, funzionalmente collegato, con la conseguenza che la “prescrizione del diritto al rimborso in favore del creditore garantito dalla seconda fideiussione inizia a decorrere solo dalla data dell’avvenuto pagamento da parte dello stesso quale primo fideiussore” (Cass., n. 18650/2011, cit.)

Anche tale motivo di opposizione è dunque infondato e va respinto.

In conclusione, essendo infondata, l’opposizione va rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto.

Le spese di lite seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo, secondo gli scaglioni di valore e i parametri fissati dal D.M. n. 55 del 2014.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

1) accerta e dichiara la competenza per territorio del Tribunale di Roma;

2) rigetta l’opposizione proposta da (…) S.r.l. e (…) e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 27415/16;

3) condanna gli opponenti in solido alla rifusione delle spese di lite in favore di parte opposta, che liquida in Euro 4.000,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA

Così deciso in Roma il 9 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.