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l’azione di rivalsa ex art. 292 del D.Lgs. n. 209 del 2005 è qualificabile come regresso; l’obbligo risarcitorio in capo all’impresa designata dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, infatti, sorge ex lege in presenza di determinati presupposti -vale a dire la mancata copertura assicurativa e il pagamento da parte della stessa impresa designata- e non per il fatto illecito in sé e per sé. Pertanto, l’iniziale obbligazione di risarcimento del danno e la successiva obbligazione che scaturisce dall’azione di regresso esercitata dal medesimo Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada rimangono distinte: mentre nella prima il Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada assume le vesti del debitore nei confronti del soggetto danneggiato dal sinistro, nella seconda il medesimo Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada assume il ruolo di creditore verso il responsabile del sinistro stesso.

 

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Tribunale Trieste, civile Sentenza 9 aprile 2018, n. 225

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TRIESTE, Sezione Civile

Il Giudice, dott.ssa Anna L. Fanelli,

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile di appello iscritto al n. R.G. 600/16 ed iniziato con atto di citazione notificato il 19/02/16 da

(…)

con avv.ti R.IS., M.RA. e C.CA.

– parte appellante –

contro

1) (…) S.p.A., in persona del legale rappresentante, con avv. K.RO. e M.BL.

– parte appellata –

avente ad oggetto : appello avverso sentenza del Giudice di Pace n. 449/15.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

(…) ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di Pace n. 449/15, che ha respinto l’opposizione dallo stesso proposta dinanzi al Giudice di Pace di Trieste, al fine di veder dichiarato nullo, infondato e di nessun effetto giuridico il decreto ingiuntivo n. 2831/11 reso dal medesimo Giudice di Pace in data 23/05/2016 su ricorso di (…), quale impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada.

Il fatto di cui è causa traeva origine da un sinistro occorso in Corato (BA) il 22/01/2008 tra il motociclo Honda targato (…), privo di copertura assicurativa, di proprietà e condotto dal (…), e una (…) targata (…), di proprietà e guidata da (…). (…) s.p.a. – nell’occasione impresa designata per la liquidazione del sinistro a carico del F.G.V.S. ex art. 283 del D.Lgs. n. 209 del 2005 – versava alla (…) Euro 3.200,00 quale risarcimento in via transattiva e in seguito, con ricorso depositato in data 05/05/2011, chiedeva correlativa ingiunzione di pagamento nei confronti del (…), a titolo di rivalsa ex art. 292 del D.Lgs. n. 209 del 2005. Si opponeva l’ingiunto, con atto di citazione dd. 01/09/2011, eccependo: 1) l’incompetenza territoriale del Giudice di Pace di Trieste in favore del Giudice di Pace di Corato; 2) la nullità del decreto ingiuntivo per difetto dei requisiti di cui all’art. 634 c.p.c.; 3) l’insussistenza del diritto azionato da (…), non essendo il sinistro di cui è causa minimamente addebitabile al (…) stesso, ma al contrario riconducibile all’esclusiva responsabilità della (…); 4) l’esorbitante liquidazione del danno a favore della (…), peraltro in totale assenza di prova del relativo pregiudizio. Nel costituirsi in giudizio, (…) contestava le domande attoree. Infine, il Giudice di Pace pronunciava la sentenza n. 449/15, con cui rigettava integralmente la pretesa attorea, confermando il decreto ingiuntivo n. 2831/2011 e condannando il (…) alle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.385,75.

Avverso detta sentenza ha quindi proposto appello il (…), assumendone l’ingiustizia e non conformità a diritto.

Si è costituita l’appellata (…), che ha contestato le deduzioni avversare e concluso come in epigrafe.

Il G.I., disposta l’acquisizione del fascicolo di primo grado, ha acquisito le definitive conclusioni delle parti ed infine, assegnati i termini di legge per conclusionali e repliche, si è riservato la decisione.

L’appello è fondato e va accolto, per le ragioni che di seguito si indicheranno.

Si rileva in primo luogo che l’odierno attore non ha riproposto nell’atto introduttivo del presente giudizio di appello l’eccezione di incompetenza formulata in primo grado, salvo tardivamente reiterarla solo in comparsa conclusionale, con conseguente superfluità di ogni discussione al riguardo. Cionondimeno, l eccezione sarebbe stata in ogni caso infondata, posto che, come più volte affermato da questo Tribunale (ma anche da altra giurisprudenza di merito e di legittimità), l’azione di rivalsa ex art. 292 del D.Lgs. n. 209 del 2005 è qualificabile come regresso; l’obbligo risarcitorio in capo all’impresa designata dal F.G.V.S., infatti, sorge ex lege in presenza di determinati presupposti -vale a dire la mancata copertura assicurativa e il pagamento da parte della stessa impresa designata- e non per il fatto illecito in sé e per sé (ovvero, come affermato da Cass. 15303/13, l’obbligo di solidarietà cui l’impresa designata assolve “non deriva dal fatto illecito, ma dalla imputazione a un soggetto solidale ex lege dell’obbligo risarcitorio”; v. anche Cass. 15303/13 e 10827/2007, nonché Trib. Firenze 207/2015, Trib. Trieste dd. 8/10/14, pronunciata dal sottoscritto giudice, e n. 193/2011). Pertanto, l’iniziale obbligazione di risarcimento del danno e la successiva obbligazione che scaturisce dall’azione di regresso esercitata dal medesimo F.G.V.S. rimangono distinte: mentre nella prima il F.G.V.S. assume le vesti del debitore nei confronti del soggetto danneggiato dal sinistro, nella seconda il medesimo F.G.V.S. assume il ruolo di creditore verso il responsabile del sinistro stesso. Riguardo al caso in esame, poi, è innegabile che il rapporto giuridico tra il (…) e (…) integri un’obbligazione pecuniaria, cui potrebbe applicarsi alternativamente sia l’art. 18 c.p.c., che l’art. 20 c.p.c., con conseguente competenza anche del G.d.P. di Trieste (ex art. 1182 c.c.).

E’ peraltro vero che il carattere autonomo del diritto fatto valere dalla compagnia che agisce in regresso non fa venir meno la necessità di accertare la responsabilità (ovvero, come anche affermato da Cass. 10827/2007 cit., la prestazione del Fondo di Garanzia “presuppone pur sempre un accertamento di responsabilità del conducente del veicolo rimasto sconosciuto o privo della necessaria copertura assicurativa”). Sicché, va condiviso l’assunto dell’odierno appellante secondo cui il proprietario non sarebbe tenuto -sempre, comunque e a prescindere da un accertamento della sua responsabilità- a rimborsare il F.G.V.S. di quanto da questo versato al presunto danneggiato.

Si consideri, infatti, in proposito, che il F.G.V.S. interviene -tra le altre ipotesi- nel caso in cui il responsabile del sinistro non sia stato individuato, oppure qualora questo sia sprovvisto della assicurazione R.C.A. In altri termini, può dirsi che il F.G.V.S. opera in via lato sensu sussidiaria, in modo da sopperire alla mancanza -per una ragione o per l altra- di un assicuratore che intervenga a risarcire il danno patito; il F.G.V.S. si adopera dunque per risarcire il danno provocato da un soggetto non assicurato in vece e luogo di lui, nonché della compagnia assicuratrice che avrebbe dovuto provvedere, se solo il responsabile fosse stato assicurato o individuato. Per tale ragione, il F.G.V.S. assume la medesima posizione giuridica dell’assicuratore; con la logica conseguenza che, se le circostanze del caso concreto fanno ritenere esclusa una responsabilità del proprietario del veicolo sprovvisto di assicurazione R.C.A. nella causazione del sinistro, non sussiste alcun obbligo di costui di rimborsare all’impresa designata quanto questa ha erogato in favore del soggetto danneggiato dal sinistro. D’altro canto, è l’art. 292 del D.Lgs. n. 209 del 2005 a testualmente affermare che “l’impresa designata che, anche in via di transizione, ha risarcito il danno … ha azione di regresso nei confronti dei responsabili del sinistro”; da ciò discendendo che, in assenza di una qualche responsabilità in capo al soggetto non assicurato, il F.G.V.S. non ha alcuna azione di regresso nei suoi confronti, anche qualora abbia già risarcito la presunta vittima. Diversamente, l’obbligo incondizionato di rimborsare il F.G.V.S. si risolverebbe in nient’altro che una punizione occulta per aver violato il disposto normativo che impone di stipulare una assicurazione R.C.A.; punizione che peraltro andrebbe a cumularsi indebitamente alla sanzione amministrativa prevista dall’art. 193, comma 2 del D.Lgs. n. 285 del 1992 (c.d. Codice della Strada).

Pertanto, appare ineludibile un rigoroso accertamento della eventuale responsabilità del (…) in relazione al sinistro di cui è causa.

Quanto appena evidenziato, tuttavia, non basta a censurare – sul versante degli effetti – la decisione del Giudice di primo grado di non accogliere la rinnovata richiesta di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. in ragione della contestuale pendenza, dinanzi al Tribunale di Trani, di un processo avente ad oggetto il medesimo sinistro e in cui si discute circa l’attribuzione della responsabilità dello stesso.

Non si dubita in effetti che la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. vada disposta allorquando la questione pregiudiziale debba essere accertata con efficacia di giudicato per volontà della legge o su richiesta delle parti, operando altrimenti il disposto dell’art. 34 c.p.c.; il che trova altresì conferma nella consolidata ed anche recente giurisprudenza di legittimità (ex multis: Cass. 10799/2006; Cass. 12621/2006; Cass. 13222/2006; Cass. 24859/2006; Cass. 813/2010). Altrettanto incontestato, poi, che la esplicita richiesta delle parti non debba essere oggetto di un’apposita istanza, potendo anche risultare inequivocabilmente dalle deduzioni di una delle parti. Il che è accaduto nel caso di specie, dove l’appellante ha invero espresso chiara volontà in tal senso; infatti, nel foglio allegato al verbale dell’udienza del 21/11/11 avanti il G.d.P., si legge che la richiesta di sospensione ex art. 295 c.p.c. veniva giustificata in quanto la sentenza che sarebbe stata emessa nel giudizio di Trani “avrebbe avuto effetti vincolanti nel giudizio” triestino; atteso che, ai sensi dell’art. 2909 c.c., solamente “l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti”, può dirsi chiara la richiesta del (…) di ottenere una decisione sulla questione circa la sua responsabilità in ordine al sinistro con effetto di giudicato.

Tuttavia, non si ritiene che i sopra evidenziati elementi, se anche necessari, siano altresì sufficienti al fine di poter disporre o rinnovare la sospensione necessaria del processo, ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

Se da un lato è vero che la ratio della norma è quella di evitare che possano emergere dei contrasti fra diversi giudicati, dall’altro lato non può sfuggire che la sospensione potrebbe determinare una lunga paralisi del processo dipendente, con conseguente compromissione del principio della ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111, comma 2 Cost. e dall’art. 6 della L. 4 agosto 1955, n. 848 di ratifica ed esecuzione della CEDU. Stante l’obbligo di interpretazione conforme ai dettati costituzionale e sovranazionale, si deve affermare che l’esigenza processuale di assicurare uniformità alle decisioni debba soccombere laddove il suo perseguimento porti ad una lesione di diritti fondamentali, quale quello appunto della ragionevole durata del processo. Considerato che, in virtù della sospensione ex art. 295 c.p.c. disposta dal dott. (…), il processo sub R.G. 5522/2011 è rimasto bloccato per più di tre anni, né a tutt’oggi si hanno notizie circa una pronuncia irrevocabile del Tribunale di Trani, la decisione del dott. (…) di rigettare la richiesta di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. è meritevole di avallo; se infatti l’istanza del (…) fosse stata accolta, il processo avanti il G.d.P. di Trieste sarebbe ad oggi ancora pendente, con inevitabile lesione del citato principio della ragionevole durata del processo. Non persuade poi la doglianza secondo la quale il rigetto dell’istanza di sospensione necessaria avrebbe leso il diritto di difesa dell’appellante; infatti, il medesimo invocato art. 24 Cost. – oltre al diritto alla difesa – sancisce e tutela altresì il diritto all’azione (qui riferibile ad (…)), che sarebbe inevitabilmente pregiudicato da una sospensione del procedimento de quo per un tempo eccessivamente lungo.

Appare per contro censurabile la motivazione addotta dal G.d.P. a sostegno del rigetto della richiesta di sospensione necessaria, dal momento che questi – anziché fondarlo sul necessario rispetto del principio di ragionevole durata del processo- ha giustificato la propria decisione sulla base della assenza di “pregiudizialità, … già essendo acquisiti agli atti di questo giudizio elementi – in ispecie la relazione dei Carabinieri intervenuti sul sito e i verbali di s.i.t. da quelli formati – adeguati per risolvere la questione dell’effettivo svolgimento del sinistro”.

Premesso che non si ravvisa violazione dell’art. 112 c.p.c. (atteso che una pronuncia formalmente coerente con la richiesta di parte attorea c’è stata e che – anche se si dovesse opinare diversamente – Cass. 14276/2017 ha stabilito che il mancato esame di questioni strettamente processuali non costituisce omissione di pronuncia), appare piuttosto discutibile nel merito il ragionamento seguito (ciò, non senza peraltro rilevare l’evidente erroneità anche della censura dell’appellante concernente l’asserita nullità dell’ingiunzione impugnata per inidoneità di quegli stessi elementi – relazione (…) verbali di s.i. – a costituire rituale prova scritta ex art. 634 c.p.c., stante la nota scarsa rilevanza di tale aspetto in sede di giudizio di opposizione a d.i., volto non certo a verificare la legittimità del decreto, quanto piuttosto la fondatezza della sottostante pretesa di credito fatta valere).

In effetti, seppure prima facie le dichiarazioni raccolte dai Carabinieri a s.i.t. potessero apparire sufficienti alla risoluzione della questione pregiudiziale – in quanto concordanti e sufficientemente dettagliate -, ove si esaminino invece i documenti prodotti dal (…) con l’atto d’appello occorre concludere che, in realtà, quelle dichiarazioni sufficienti non erano.

Non può dunque avallarsi nemmeno la decisione del Giudice di primo grado di non concedere i termini ex art. 320 c.p.c. per l’integrazione istruttoria; la produzione documentale dell’appellante, infatti, lascia trasparire una dinamica del sinistro opposta e nettamente incompatibile rispetto alle dichiarazioni raccolte a s.i.t. dai Carabinieri intervenuti sul luogo del sinistro e poste dal G.d.P. a fondamento della propria decisione; e perciò sarebbero stati opportuni acquisizione ed esame di tali documenti, già nel giudizio di primo grado.

Si annota solo incidentalmente che tali documenti, pur se prodotti per la prima volta in sede di gravame, devono ritenersi pienamente ammissibili, atteso che le richieste istruttorie rigettate in primo grado – perché ritenute inammissibili o irrilevanti – non rientrano nell’ambito di applicazione delle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c.; per essere ammesse ed esaminate, andavano ovviamente reiterate negli atti introduttivi dell’appello, oltre che riproposte già nella precisazione delle conclusioni in primo grado. Orbene, i requisiti testé esposti sono stati perfettamente rispettati dall’odierno appellante: a parte la chiara reiterazione di tali richieste istruttorie con l’atto introduttivo del gravame, già nelle note attoree conclusive del 12/05/2015 veniva rinnovata a chiare lettere, a pagina 3, la richiesta di “fissarsi udienza ex art. 320 c.p.c. ai fini della definitiva articolazione dei mezzi istruttori”.

Ciò premesso, va altresì precisato che i documenti in questione, in quanto verbali di prove espletate in un altro giudizio, integrano una prova atipica e, pertanto, hanno solamente un valore di argomento di prova. La stessa cosa deve dirsi, peraltro, con riferimento ai verbali di s.i.t. compilati dai Carabinieri di Corato; come afferma la giurisprudenza, infatti, i verbali di sommarie informazioni rese dai (presunti) testimoni oculari alla Forze dell’Ordine sono pienamente utilizzabili nel processo civile, seppure limitatamente al loro valore di presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. o di argomenti di prova (Trib. Reggio Emilia 1/12/14). È priva di pregio, quindi, la doglianza dell’odierno appellante secondo la quale le sommarie informazioni altro non sarebbero che dei mezzi di ricerca della prova, non potendo mai assurgere a mezzi di prova veri e propri; mancando, infatti, una norma che in via esplicita sancisca il numerus clausus delle prove, ben può avallarsi una nozione ampia di “produzione documentale”, andandovi a ricomprendere altresì i verbali di dichiarazioni a s.i.t.; fermo restando che il relativo contenuto deve essere oggetto di rigoroso accertamento da parte del giudice.

Venendo dunque all analisi delle risultanze documentali, emerge un quadro tutt altro che univoco e lineare, in quanto la ricostruzione della dinamica del sinistro che si evince dalle produzioni dell’appellante risulta nettamente opposta e radicalmente incompatibile con quella che viceversa affiora dai menzionati verbali di s.i.t.

Leggendo le dichiarazioni rese ai Carabinieri di Corato dai sigg. (…), (…) e (…), infatti, sembrerebbe che la (…) condotta dalla (…) provenisse dalla via (…) e avesse urtato sul lato destro il motociclo del (…) (proveniente viceversa da viale (…)), determinandone la caduta e provocando lo strisciamento del mezzo sul fianco sinistro per qualche metro. Al contrario, dalle deposizioni testimoniali del concorrente procedimento avanti il Tribunale di Trani risulta un quadro esattamente opposto: sarebbe stato il motociclo del (…) a provenire da via della Macina, mentre la (…) della (…) sarebbe sopraggiunta da viale (…), urtando quindi lo scooter dell’odierno appellante sul lato sinistro. Poiché non è stata contestata la circostanza per cui, al momento dell’urto, l’impianto semaforico indicava luce verde per i soggetti provenienti da via (…) e, viceversa, luce rossa per quelli provenienti da viale (…), ne consegue che, sulla base dei verbali di s.i.t., la responsabilità del sinistro sarebbe addebitabile al (…); al contrario, ove si valorizzino le prove testimoniali, sarebbe stata la condotta della (…) a provocare lo scontro di cui è causa.

Posto che l’analisi delle suindicate dichiarazioni non appare dirimente per attribuire la responsabilità del sinistro a uno piuttosto che all’altro dei due soggetti coinvolti, particolare rilevanza assume la documentazione tecnica pure allegata dall’odierno appellante, in particolare la relazione tecnica redatta dal C.T.U. nella causa civile n. 457/2011 avanti il Tribunale di Trani. Mentre la C.T.U. medico – legale, invero, afferma che “le lesioni occorse al (…) devono ritenersi compatibili con entrambe le riferite dinamiche del sinistro”, la C.T.U. tecnica ricostruisce le modalità dello scontro fra i veicoli in senso univoco. Confrontando i danni materiali riportati dai due mezzi coinvolti, infatti, il C.T.U. evidenzia come l’automobile e il motociclo siano stati protagonisti di un urto perpendicolare; tuttavia, alla luce della introflessione del cofano e del paraurti anteriore della (…) della (…), su cui risulta impressa la sagoma della carena posteriore sinistra del motociclo (…) (peraltro ad un altezza compatibile con quella della parte posteriore di questo), emergerebbe con chiarezza una dinamica del sinistro compatibile piuttosto con quella riferita dal (…).

Alla luce delle suesposte considerazioni, può in effetti desumersi che solo le dichiarazioni testimoniali allegate dall’odierno appellante (rese dai sigg. (…), (…), (…) e (…)) siano compatibili con una valutazione tecnica basata su misurazioni oggettive, con l’inevitabile conseguenza di attribuire maggiore credibilità e peso alla ricostruzione del medesimo appellante.

Venendo dunque meno uno dei presupposti che giustificava il diritto della (…) al risarcimento del danno e, di converso, il dovere del F.G.V.S. di rifondere costei del detrimento patito, deve ritenersi che il pagamento effettuato da (…) a favore della (…) sia rimasto sprovvisto di causa e ingiustificato; per l’effetto, in assenza di causa del trasferimento patrimoniale pregresso, non ha fondamento nemmeno l’azione di regresso svolta nei confronti del (…).

Si deve dunque concludere per l’accoglimento dell’appello, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Infine, le spese di lite, relative ad entrambi i gradi del giudizio, seguono la soccombenza e vengono liquidate ex D.M. n. 55 del 2014, art. 4 comma 1 e punti 1 e 2 tabelle.

P.Q.M.

ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e riforma la sentenza impugnata n. 449/15; per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 2831/2011 del 23/05/2011 emesso dal Giudice di Pace di Trieste;

condanna l’appellata compagnia a rifondere le spese di lite dell’appellante, liquidate nella misura di Euro 1000 per il primo grado e in Euro 1600 per il giudizio di appello; oltre spese gen. 15% ed IVA e CAP di legge.

Così deciso in Trieste il 23 marzo 2018.

Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.