il gestore di un locale ha l’obbligo di garantire la sicurezza all’interno del medesimo (attraverso, ad esempio, la corretta manutenzione dello stesso, degli impianti e delle strutture utilizzate), con la conseguenza che la relativa responsabilità può essere esclusa soltanto in presenza di un evento imprevedibile e inevitabile, tale da integrare il caso fortuito.

Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo: La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade

Tribunale Busto Arsizio, Sezione 3 civile Sentenza 17 aprile 2019, n. 654

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI BUSTO ARSIZIO

SEZIONE Terza CIVILE

nella persona del Giudice dott. Silvia Torraca

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2098/2014 promossa da:

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’Avv. Giovanni Rinaldi e dell’Avv. Elisa Bellettato, con domicilio eletto presso il loro Studio Legale in Biella, Via De Marchi n. 4/a,

ATTORE

contro

(…) (C.F. (…)),

(…) (C.F. (…)),

(…) SRL (C.F. (…)),

tutti con il patrocinio dell’avv. PROCACCI LUCA, elettivamente domiciliati presso lo studio del predetto difensore in Torino, Corso V.Emanuele II, 194

CONVENUTI

Oggetto: risarcimento del danno da fatto illecito

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

1. All’odierno giudizio è applicabile l’art. 58, comma II, L. 18 giugno 2009, n. 69 e, per l’effetto, la stesura della sentenza segue l’art. 132 c.p.c. come modificato dall’art. 45, comma 17, della L. n. 69 del 2009, con omissione dello “svolgimento del processo” (salvo richiamarlo dove necessario o opportuno per una migliore comprensione della ratio decidendi).

1.1. Con atto di citazione ritualmente notificato (…) ha convenuto in giudizio (…) s.r.l., (…) e (…), questi ultimi in qualità di legali rappresentanti della predetta società, e ne ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali e patrimoniali derivati dai reati da questi ultimi commessi a suo danno nella misura di Euro 74.570,80, già dedotto l’importo ricevuto a titolo di provvisionale, oltre interessi moratori dalla data dell’evento al saldo.

A sostegno della propria domanda parte attorea ha dedotto che:

– in data 12.07.2009, allorché si trovava nella pista da ballo esterna della discoteca “(…)” in C. T. ((…)), si appoggiava ad una balaustra in vetro con intelaiatura in ferro, la quale, essendo priva di ancoraggi, gli si ribaltava addosso, frantumandosi integralmente;

– in conseguenza del sinistro riportava trauma al ginocchio destro;

– con sentenza n. 109/2013 il Giudice di Pace di Borgomanero aveva accertato il reato di cui agli artt. 113 e 590, co. 1-2 c.p. e condannato (…) e (…) alla pena di Euro 400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;

– il Giudice di Pace aveva altresì condannato questi ultimi al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede civile, concedendo alla parte offesa una provvisionale di Euro 4.000,00;

– detta sentenza era divenuta definitiva in data 27.09.2013.

Ha, quindi, dedotto la responsabilità dei convenuti per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza del predetto evento.

1.2. Costituitisi in giudizio, i convenuti hanno dedotto che:

– alcuna efficacia vincolante rivestiva la sentenza penale nei confronti di (…) s.r.l., con la conseguenza che, in relazione alla responsabilità di quest’ultima, incombeva all’attore la prova dell’accertamento del fatto, prima ancora che della quantificazione del danno;

– la dinamica del sinistro era in realtà diversa da quella descritta dall’attore, atteso che era stato quest’ultimo, con la propria condotta colpevole, consistente nell’essersi addentrato in una zona della discoteca interdetta al pubblico in quanto delimitata da nastro rosso e bianco e aver rotto uno dei due vetri appoggiati al muro, ad aver provocato la verificazione dell’evento.

Hanno contestato, infine, la quantificazione del risarcimento così come operata dalla controparte e chiesto il rigetto della domanda avversaria.

1.3. Esaurita l’istruttoria, consistita nell’espletamento di prova testimoniale e consulenza tecnica d’ufficio, la causa è stata assegnata a questo giudice con decreto presidenziale a decorrere dal 10.05.2018. Precisate le conclusioni all’udienza del 16.01.2019 e concessi i termini ex art. 190 c.p.c., la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Occorre osservare quanto segue.

2.1. È pacifico e non contestato che in data 27.09.2013 è passata in giudicato la sentenza (doc. 4 fasc.att.) di condanna nei confronti di (…) e (…) per il reato di cui all’art. 590 e 113 c.p.c., con la quale è stata accertata la condotta criminosa posta in essere dai rappresentanti legali di (…) s.r.l. ai danni dell’odierno attore, per avere con colpa collocato all’interno della discoteca “(…)” una balaustra di vetro e ferro costituente pericolo per gli avventori a causa dell’assenza di ancoraggi.

Come è noto, l’art. 651 cod. proc. pen., norma che disciplina l’efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile per il risarcimento del danno, dispone che la sentenza irrevocabile di condanna, pronunciata in dibattimento ha efficacia di giudicato nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale “quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha commesso”.

Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civile sez. III, 28/09/2004, n.19387), “per “fatto” accertato dal giudice penale deve intendersi il nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica, costituita dall’accadimento oggettivo, accertato dal giudice penale, configurato dalla condotta, evento e nesso di causalità materiale tra l’una e l’altro (fatto principale) e le circostanze di tempo, luogo e modi di svolgimento di esso.

Ne consegue che, mentre nessun’efficacia vincolante esplica nel giudizio civile il giudizio penale – e cioè l’apprezzamento e la valutazione di tali elementi – la ricostruzione storico-dinamica di essi è invece preclusiva di un nuovo accertamento da parte del giudice civile, che non può procedere ad una diversa ed autonoma ricostruzione dell’episodio.

Egli può invece indagare su altre modalità del fatto non considerate dal giudice penale ai fini del giudizio a lui demandato, come ad esempio il comportamento della parte lesa, negli aspetti non esaminati dal giudice penale, ed incidenti sull’apporto causale nella produzione dell’evento.

Altresì rimesso all’accertamento ed alla valutazione del giudice civile è l’elemento soggettivo del fatto, escluso dalla nozione obiettiva di esso, e non comprensibile nella nozione di “illiceità penale” di cui all’art. 651 cod. proc. pen..”.

Orbene, in applicazione dei predetti postulati ermeneutici, deve ritenersi che, nel caso di specie, gli elementi di fatto vincolanti accertati dal giudice penale sono i seguenti: nelle circostanze di luogo e di tempo sopra riportate, (…) si è appoggiato ad una balaustra di vetro e ferro collocata nella discoteca “(…)”, balaustra che, a causa dell’omesso fissaggio, gli si è ribaltata addosso frantumandosi.

Così cristallizzato l’accertamento del fatto, non può dunque farsi luogo alla verifica se il sinistro sia consistito nella rottura da parte dell’attore di “uno dei due vetri dalle dimensioni e dal peso notevoli che erano appoggiati contro un muro”, atteso che tale dinamica finirebbe per porsi in evidente contrasto con quella cristallizzata nel giudicato penale di condanna, vincolante in questa sede.

2.2. Orbene, se tale conclusione vale nei confronti dei convenuti (…) e (…), non può, tuttavia, essere automaticamente estesa all’altra convenuta, (…) s.r.l., rimasta estranea a quel giudizio.

Nei confronti di quest’ultima, la sentenza penale, pur non avendo efficacia di giudicato, può essere liberamente valutata come elemento indiziario idoneo alla dimostrazione della dinamica del sinistro.

Giova, pertanto, osservare quanto segue.

È preliminarmente doveroso rilevare che la fattispecie in esame, pur in assenza di qualsivoglia riferimento normativo invocato da parte della difesa attorea, deve ritenersi ascrivibile nell’alveo dell’art. 2051 c.c., ipotesi speciale di responsabilità aquiliana da cose in custodia.

L’attore ha, infatti, dedotto di aver riportato lesioni a causa della rottura di una balaustra in vetro e ferro presente nella discoteca (…), priva di idoneo ancoraggio, a cui egli si era appoggiato.

Com’è noto, secondo l’indirizzo della giurisprudenza della Corte di legittimità, ormai consolidatosi, la responsabilità in tema di danni da cose in custodia è di natura oggettiva e si fonda non su un comportamento od un’attività del custode, bensì su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa; conseguentemente il fondamento della stessa è costituito dal rischio che grava sul custode per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano da caso fortuito ed il profilo del comportamento del custode è del tutto estraneo alla struttura della fattispecie aquiliana sopracitata.

Il predetto inquadramento normativo riflette peculiari conseguenze in punto di onere probatorio gravante sulle parti: allorquando il danno è causato da cose dotate di un intrinseco dinamismo, l’attore ha il solo onere di provare il nesso di causa tra la cosa ed il danno, mentre non è necessaria la dimostrazione della pericolosità della cosa; quando, invece, il danno è causato da cose inerti e statiche (marciapiedi, scale, strade, pavimenti e simili), il danneggiato può provare il nesso di causa tra cosa e danno anche dimostrandone la pericolosità (cfr. Cass. civ., sez. III, n. 17625 del 5 settembre 2016, est. Rossetti); diversamente, spetta al convenuto la prova liberatoria dell’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può consistere anche nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità. Pertanto, la pericolosità della cosa fonte di danno non assurge a fatto costitutivo della responsabilità del custode, ma assume semplicemente la veste di mero indizio dal quale desumere, ai sensi dell’art. 2727 c.c., la sussistenza di un valido nesso di causa tra la cosa inerte e il danno.

Rammentati i predetti, consolidati, principi ed alla luce delle risultanze istruttorie, deve ritenersi che l’attore abbia fornito la prova dei fatti costitutivi della domanda risarcitoria formulata nei confronti di (…) s.r.l., potendosi ritenere provato che lo stesso si sia procurato le lesioni lamentate per essersi appoggiato ad una balaustra in vetro e ferro presente nella discoteca (e, come tale, assoggettata al potere di custodia del gestore della stessa) e non adeguatamente ancorata al suolo ovvero alle estremità.

Sul punto assumono particolare rilievo le dichiarazioni rese dai testi (…) e (…), i soli, tra quelli escussi, presenti al momento del fatto.

Entrambi i predetti testi hanno confermato che l’evento si è verificato nella pista da ballo esterna della discoteca, liberamente accessibile, ove era presente una balaustra in vetro con una intelaiatura in ferro alta circa un metro e lunga cinque, non fissata al pavimento né ai lati, e che questa, dopo che l’attore vi si era appoggiato, gli si è ribaltata addosso, frantumandosi integralmente.

I testi di parte convenuta (?), pur fornendo una diversa ricostruzione dei fatti (compatibile con le allegazioni della difesa di parte convenuta), hanno tuttavia ammesso di non aver assistito direttamente all’evento, con la conseguenza che le relative dichiarazioni sono prive di rilievo probatorio ai fini dell’accertamento dell’an dell’evento.

Alla luce delle superiori considerazioni può ritenersi assolto anche nei confronti di (…) s.r.l. l’onere probatorio posto in capo a parte attrice, che ha fornito la prova in ordine sia alla derivazione causale dell’evento lesivo-caduta alla dedotta res in custodia alla predetta società, sia alla particolare condizione di pericolosità della cosa cui l’attore ha ascritto la propria lesione (consistente nell’assenza di qualsivoglia ancoraggio sia a terra sia alle estremità di tale balaustra, peraltro in materiale altamente frangibile, quale oggetto fisiologicamente deputato all’appoggio da parte degli avventori del locale).

2.3. Deve ritenersi che dell’illecito commesso ai sensi dell’art. 2051 da (…) s.r.l. quale gestore della discoteca e, pertanto, custode della res pericolosa, rispondano a titolo concorsuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. anche i rappresentanti legali della società, (…) e (…).

Sussistono, infatti, gli elementi costituivi previsti dalla norma de qua, consistenti nella prova del fatto, dell’evento dannoso e del nesso di causalità fra il fatto e l’evento nonché nell’elemento soggettivo, costituito dalla colpa dei danneggianti, e infine, dall’ingiustizia del danno, stante la violazione da parte di questi ultimi dell’obbligo di evitare l’evento.

Come è noto, invero, l’obbligo giuridico di impedire l’evento può nascere oltre che da una norma di legge o da una clausola contrattuale, anche da una specifica situazione che esiga una determinata attività a tutela di un diritto altrui, fattispecie configurabile quando il soggetto obbligato, pur consapevole del pericolo cui è esposta la situazione giuridica soggettiva vantata dal terzo, si astenga dall’intervenire per impedire che la situazione di pericolo si traduca in una concreta lesione.

Ebbene, deve ritenersi che tale ipotesi ricorra nel caso di specie, posto che i rappresentanti legali di (…) s.r.l., pur sapendo (o, comunque, dovendo sapere) della presenza all’interno del locale di un oggetto pericoloso quale una balaustra in vetro e ferro priva dei necessari ancoraggi, hanno omesso di adottare le cautele necessarie affinché tale res potesse cagionare danni ai terzi.

Difatti, il gestore di un locale ha l’obbligo di garantire la sicurezza all’interno del medesimo (attraverso, ad esempio, la corretta manutenzione dello stesso, degli impianti e delle strutture utilizzate), con la conseguenza che la relativa responsabilità può essere esclusa soltanto in presenza di un evento imprevedibile e inevitabile, tale da integrare il caso fortuito (in tal senso Trib. Torino, sez. IV, 14/02/2018, n.755).

2.4. Ciò posto, occorre ancora verificare se sussista una condotta colpevole del danneggiato idonea a ridurre ovvero addirittura ad escludere la responsabilità dei convenuti, indagine che non è invero preclusa dal vincolo scolpito all’art. 651 c.p.p., atteso che, secondo l’insegnamento giurisprudenziale già richiamato, il giudicato penale di condanna all’esito del dibattimento non preclude al giudice civile di indagare altre modalità del fatto non considerate dal giudice penale, quali la condotta della persona offesa.

Sul punto, parte convenuta ha dedotto una responsabilità esclusiva o, quantomeno, concorrente del danneggiato per essersi questi volontariamente esposto al pericolo, addentrandosi in una zona dell’area esterna della discoteca delimitata da una transenna e da un nastro bianco e rosso, il cui ingresso era vietato al pubblico.

Ritiene il Tribunale che parte convenuta, in qualità di custode, non abbia assolto all’onere della prova del caso fortuito o della condotta umana intervenuta come causa esclusiva o come concausa nel processo obiettivo dell’evento dannoso.

Al riguardo, i testi (?) riferito che l’evento si sarebbe verificato in una zona interdetta al pubblico, l’accesso alla quale era impedito da una transenna e da un nastro bianco e rosso.

Ora, in disparte la considerazione per cui appare poco credibile che il danneggiato si sia recato volontariamente in una zona così chiaramente delimitata (il teste (…) parla espressamente di una zona “transennata”) e diversa dalla pista da ballo (cfr. ancora il teste (…): “non era nello spazio adibito a pista da ballo all’aperto”), valore preminente assume il rilievo che tutti i predetti testi, come dagli stessi dichiarato, non hanno assistito direttamente al sinistro, essendo intervenuti solo in seguito a tale momento.

I testi presenti, i.e. (…) e (…), hanno invece negato la predetta circostanza.

Segnatamente, il teste (…) ha riferito che l’area in cui è avvenuto l’evento era liberamente accessibile (cfr. “era nello spazio dove si ballava all’aperto”) e non vi erano né transenne né nastri a delimitazione e dichiarazioni del tutto coincidenti sono state rese dal (…) (v. “nel posto dove eravamo c’erano persone che ballavano con noi, non c’erano transenne né nastri”).

Le predette risultanze escludono, dunque, nel caso di specie, la sussistenza di un concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c..

2.5. Ciò premesso in punto di an, deve quindi procedersi alla quantificazione dei danni lamentati da parte attrice.

I danni alla persona riportati da (…) sono stati accertati dalla CTU medico-legale: il consulente ha accertato che l’attore – dopo un periodo di inabilità al 75% per giorni 15, al 50% per i successivi 15 giorni ed al 25% per ulteriori 20 giorni – abbia subìto una riduzione definitiva della sua integrità psico-fisica pari all’1-2% causalmente riconducibile al fatto illecito occorso.

Le conclusioni cui è pervenuta l’espletata C.T.U., immuni da critiche di parte, debbono essere integralmente condivise dal Tribunale per essere il frutto di accurata indagine sulla stessa persona dell’attore, per la puntuale applicazione della scienza medico-legale e per essere le stesse corredate da argomentazioni di indubbio valore scientifico compiute all’esito di accertamenti specifici e di esaustiva valutazione dei dati anamnestici e della documentazione sanitaria prodotta in atti.

Per il ristoro di detti pregiudizi – pur non trattandosi di lesioni derivate da incidente stradale – questo giudice ritiene di fare riferimento alle tabelle di cui al D.M. n. 29 del 2 febbraio 2019, di adeguamento dei valori economici tabellari per il risarcimento del danno biologico da lesioni micropermanenti fino a 9 punti di invalidità, redatto in esecuzione del disposto dell’art. 139 D.Lgs. n. 209 del 2005: pur nella consapevolezza di quanto affermato da Cass. civ. n. 12408 del 2011, infatti, proprio le ragioni di uniformità richiamate da detta sentenza (oltre che il principio costituzionale di uguaglianza) portano ad escludere che la liquidazione del danno non patrimoniale possa essere diversamente effettuata a seconda del fatto generatore del pregiudizio all’integrità psico-fisica e, considerato che ciò deve avvenire in via necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c., non si ravvisano elementi per ritenere che le tabelle elaborate dall’Osservatorio per la Giustizia del Tribunale di Milano (cui ha fatto riferimento la difesa dell’attore) siano più razionali di quelle formulate dal legislatore, anch’esse sulla base di una ponderazione dei risarcimenti attribuiti nelle varie sedi giudiziarie italiane.

Non appare condivisibile, in proposito, l’osservazione svolta dalla citata pronuncia della Suprema Corte relativamente alla funzione calmieratrice dei premi di assicurazione per la RCA attribuita alle tabelle legislative, posto che – in quest’ottica – non sarebbe giustificata la limitazione all’integrale risarcimento del danno nei confronti dell’assicurato responsabile del sinistro, coobbligato solidale della compagnia assicuratrice: la ratio della disposizione, pertanto, sembra debba essere individuata, piuttosto, nell’esigenza di garantire la prevedibilità della misura dei risarcimenti, cui commisurare l’entità dei premi, sottraendo la questione alla discrezionalità della liquidazione giudiziaria.

Va detto, peraltro, come la stessa Corte di Cassazione (Cass. civ. n. 16866/2011), successivamente all’affermazione dell’applicabilità generale delle tabelle di Milano ad eccezione dei soli casi in cui espressamente la legge impone il ricorso alle tabelle legislative, ha riconosciuto la legittimità di liquidazioni formulate sulla base di criteri affatto diversi (e nella specie assai più restrittivi, quali quelli di cui alle tabelle elaborate dal Tribunale di Firenze, territorialmente più prossimo alla sede giudiziaria chiamata alla decisione), così da escludersi che sul principio la funzione di nomofilachia della Suprema Corte sia pervenuta ad un risultato definitivo. Diverse conclusioni non paiono imposte, peraltro, nemmeno dalla decisione della Corte Costituzionale n. 235 del 2014 che, statuendo sulla legittimità costituzionale dell’art. 139 Cod. Ass., ha pur sempre il presupposto (come si è detto non condiviso) che la liquidazione del danno effettuato sulla base di tale norma non assicuri una integrale riparazione del pregiudizio.

I parametri di cui si è detto portano, dunque, a riconoscere a (…), di anni 31 al momento del fatto, l’importo complessivo di Euro 2.273,55 (= Euro 1.155,63 per invalidità permanente nella misura dell’1,5% + Euro 1.117,92 per invalidità temporanea).

Nessuna somma ulteriore può essere riconosciuta a titolo di personalizzazione attesa la carenza di rigorosa prova al riguardo.

Sulla somma ut supra determinata, liquidata all’attualità, devono essere altresì riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato godimento tempestivo dell’equivalente pecuniario del bene perduto.

Gli interessi compensativi, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (Cass. civ., SS.UU., n. 1712 del 17.2.1995), decorrono dalla produzione dell’evento di danno sino al tempo della liquidazione e si calcolano non sulla somma già rivalutata ma, di anno in anno, sulle somme iniziali, ossia devalutate alla data del fatto illecito, a mano a mano incrementate nominalmente secondo la variazione dell’indice Istat.

Pertanto, recependo i principi di cui alla sentenza n. 1712 del 17 febbraio 1995 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, appare congruo adottare, anche in applicazione del principio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c., come criterio di risarcimento del pregiudizio da ritardato conseguimento della somma dovuta, tenuto conto della natura del danno, dell’arco temporale considerato e di tutte le circostanze accertate, quello degli interessi legali, calcolati con le seguenti modalità: sulla somma come sopra liquidata devalutata all’epoca dell’evento lesivo (12.07.2009) e poi progressivamente rivalutata, di anno in anno, secondo gli indici I.S.T.A.T. dal 12.07.2009 fino alla presente sentenza; sull’importo come determinato all’attualità sono successivamente dovuti gli ulteriori interessi legali, ex art. 1282 c.c., dalla presente pronuncia e fino al saldo effettivo.

Devono altresì essere riconosciute all’attore, sotto il profilo del danno patrimoniale, le spese mediche sostenute e ritenute congrue da questo giudice, pari a Euro 424,00, oltre rivalutazione dal dì degli esborsi alla sentenza ed interessi legali dalla sentenza al saldo.

Quanto all’ulteriore voce di danno patrimoniale consistente nella percezione nell’anno 2015 di un reddito inferiore rispetto a quello conseguito, rispettivamente, nell’anno precedente e in quello successivo, la stessa non è meritevole di ristoro, non avendo l’attore fornito alcuna dimostrazione in ordine all’esistenza di un nesso causale tra la predetta diminuzione patrimoniale e il fatto illecito di cui è causa.

2.6. Così quantificato il danno, deve, tuttavia, rilevarsi come l’attore abbia già percepito dalla compagnia assicurativa della società convenuta la somma di Euro 4.000,00 a titolo di provvisionale, somma che, alla luce della quantificazione del pregiudizio come sopra esposta, risulta già satisfattiva delle pretese avanzate in questa sede, con la conseguenza che il credito risarcitorio vantato dall’attore deve dichiararsi estinto per effetto della corresponsione in suo favore della suddetta provvisionale.

3. Ritiene il Tribunale che, atteso l’esito complessivo della controversia, stante l’effettivo accertamento della entità del danno subito dall’attore soltanto a seguito del presente giudizio, sussistano eccezionali ragioni idonee a giustificare la integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

Per le medesime ragioni le spese di Ctu devono essere definitivamente poste a carico solidale delle parti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Busto Arsizio, Sezione Terza Civile, definitivamente pronunciando nella causa civile di cui in epigrafe, ogni diversa istanza, difesa, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

1) accerta la responsabilità di (…), (…) e (…) s.r.l. nella causazione del danno patito da (…) per l’evento lesivo occorso in data 12.07.2009;

2) accerta che il credito risarcitorio è pari ad Euro 2.273,55 oltre interessi come in motivazione, a titolo di danno non patrimoniale, e ad Euro 424,00 oltre rivalutazione e interessi, a titolo di danno patrimoniale, e, per l’effetto, accerta che il predetto credito si è estinto a seguito della corresponsione in favore dell’attore della provvisionale di Euro 4.000,00;

3) compensa integralmente tra le parti le spese di lite;

4) pone definitivamente a carico solidale delle parti le spese di Ctu.

Così deciso in Busto Arsizio il 16 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.