per la proposizione di un’eccezione sostanziale, qual e’ quella di usucapione, non si richiede che la parte impieghi formule sacramentali, ma e’ sufficiente qualsiasi deduzione, anche implicita, che riveli l’intento del deducente di paralizzare la domanda avversaria, dimostrando, nella specie, il possesso ultraventennale del bene controverso. Ove pero’ si tratti, come nel caso in esame, di un condividente convenuto in un giudizio di scioglimento di comunione, per ravvisare l’opposizione in via di eccezione dell’usucapione di un bene, sia pur rivolta al limitato fine di far valere un evento estintivo del diritto di divisione, e, quindi, di ottenere il rigetto della domanda avversa, occorre quanto meno che sia rinvenibile una pretesa di esclusione di quel bene dalla massa da dividere per esserne divenuto il medesimo convenuto esclusivo proprietario per effetto della possessio ad usucapionem.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 28 settembre 2018, n. 23648

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26676-2014 proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimate –

avverso la sentenza n. 265/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 29/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/05/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 265/2014 della Corte d’Appello di Cagliari, depositata il 29 aprile 2014.

Non hanno svolto attivita’ difensive le intimate (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Il Tribunale di Cagliari, con sentenza del 13 ottobre 2011, definendo il procedimento RG n. 5844/2004 (avente ad oggetto la domanda di scioglimento della comunione ereditaria del defunto (OMISSIS), proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), nonche’ il procedimento riunito RG n. 242/2010 (nel quale (OMISSIS) aveva domandato la declaratoria dell’avvenuto usucapione in suo favore di un immobile compreso nella massa ereditaria), affermo’ che la domanda di usucapione introdotta col secondo giudizio avrebbe dovuto essere proposta gia’ nel primo procedimento, cosi’ come l’eccezione di usucapione avrebbe dovuto essere spiegata gia’ nella comparsa di risposta della causa RG n. 5844/2004, non potendo il procedimento RG n. 242/2010 riaprire le preclusioni ormai maturate nel primo giudizio inter partes.

La Corte d’Appello di Cagliari respinse sia il primo motivo di gravame di (OMISSIS), quanto all’avvenuta proposizione della eccezione di usucapione nel procedimento n. 5844/2004, sia il secondo motivo, inerente alla riunione dei due giudizi ed alla mancata sospensione ex articolo 295 c.p.c. da parte del giudice della prima causa.

1. I due motivi di ricorso per cassazione ripropongono le stesse questioni gia’ oggetto dei motivi di appello.

1.1. Il primo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, quanto alla qualificazione in termini proprio di eccezione di usucapione della difesa di (OMISSIS), operata dal giudice di primo grado sia nell’ordinanza di conferimento dell’incarico al CTU all’udienza del 7 marzio 2011, sia nell’ordinanza del 16 ottobre 2010.

1.2. Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 295, 273 e 274 c.p.c., assumendosi che il giudice della causa di scioglimento della comunione ereditaria (ove (OMISSIS) aveva svolto una eccezione riconvenzionale di usucapione della unita’ immobiliare destinata a propria abitazione) avrebbe dovuto sospendere il proprio giudizio in attesa della definizione della causa successivamente intentata da (OMISSIS) ed inerente all’autonoma azione di intervenuta usucapione, e non gia’ riunire i processi.

2.1. Il primo motivo di ricorso e’ palesemente infondato. L’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti da’ luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, sindacabile in cassazione nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove, come nel caso in esame, il ricorrente non assuma che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (articolo 112 c.p.c.) o a quello del “tantum devolutum quantum appellatum” (articolo 345 c.p.c.) (Cass. Sez. 3, 10/10/2014, n. 21421; Cass. Sez. 5, 25/10/2017, n. 25259; Cass. Sez. L, 08/08/2003, n. 12022). In sostanza, non essendo denunciato nel primo motivo di ricorso un “error in procedendo”, non e’ attribuito alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti, e il controllo di legittimita’ va svolto nei limiti consentiti dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La Corte d’Appello di Cagliari ha allora affermato che (OMISSIS), nel giudizio RG n. 5844/2004, fosse decaduto sia dalla proposizione di domanda riconvenzionale di usucapione, per inosservanza del termine stabilito dall’articolo 166 c.p.c., sia dal rilievo di una semplice eccezione di usucapione, mirante al rigetto della pretesa attrice, avvenuto nel termine utile per proporre le eccezioni ovvero, nella specie, entro quello di cui all’articolo 180 c.p.c., comma 2, secondo il testo, applicabile “ratione temporis”, anteriore alla sostituzione operata dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80). In particolare, la Corte di Cagliari ha riprodotto un passo della comparsa di costituzione di (OMISSIS) nel giudizio RG n. 5844/2004, nel quale il convenuto si limitava a dedurre di aver costruito a sue spese negli anni 1973-1974 la propria casa di abitazione, prima del suo matrimonio, e di avervi da allora abitato; nelle conclusioni il medesimo (OMISSIS) aveva quindi chiesto di inserire nella quota da assegnarli dei beni ereditari la particella del (OMISSIS) contenente la casa colonica e la propria abitazione.

Ora, questa Corte ha costantemente affermato che per la proposizione di un’eccezione sostanziale, qual e’ quella di usucapione, non si richiede che la parte impieghi formule sacramentali, ma e’ sufficiente qualsiasi deduzione, anche implicita, che riveli l’intento del deducente di paralizzare la domanda avversaria, dimostrando, nella specie, il possesso ultraventennale del bene controverso (ad esempio Cass. Sez. 2, 29/04/2004, n. 8225; Cass. Sez. 2, 06/12/1984, n. 6400).

Ove pero’ si tratti, come nel caso in esame, di un condividente convenuto in un giudizio di scioglimento di comunione, per ravvisare l’opposizione in via di eccezione dell’usucapione di un bene, sia pur rivolta al limitato fine di far valere un evento estintivo del diritto di divisione, e, quindi, di ottenere il rigetto della domanda avversa, occorre quanto meno che sia rinvenibile una pretesa di esclusione di quel bene dalla massa da dividere per esserne divenuto il medesimo convenuto esclusivo proprietario per effetto della possessio ad usucapionem (arg. da Cass. Sez. 2, 13/01/1983, n. 254; Cass. Sez. 2, 05/12/1974, n. 4001; cfr. anche Cass. Sez. 2, 07/02/2018, n. 2951).

Le considerazioni operate dalla Corte d’Appello di Cagliari, secondo la quale nelle difese di (OMISSIS) relative al giudizio RG n. 5844/2004 non era ravvisabile la proposizione di un’eccezione di usucapione, sono percio’ conformi ai criteri interpretativi richiamati; ne’ rivelano decisivita’ le qualificazioni in termini di eccezione di usucapione che sarebbero state altrimenti affermate dal Tribunale di Cagliari in provvedimenti di contenuto meramente ordinatorio.

2.2. Anche il secondo motivo di ricorso e’ del tutto infondato. Il ricorrente da’ per scontata l’avvenuta proposizione nella causa di scioglimento della comunione ereditaria di una sua eccezione riconvenzionale di usucapione, circostanza che invece e’ stata smentita col rigetto del primo motivo.

Peraltro, la Corte d’Appello di Cagliari ha fatto corretta applicazione del principio, che viene qui ribadito, secondo cui le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado (nella specie, dalla proposizione di domanda riconvenzionale o eccezione di usucapione da parte di un condividente convenuto in un giudizio di scioglimento di comunione) non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l’introduzione di un secondo giudizio che sia volto a superare le stesse decadenze; sicche’, operata la riunione delle due cause, ai sensi degli articoli 273 e 274 c.p.c., il giudice – in osservanza del principio del “ne bis in idem” e allo scopo di non favorire l’abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base alle domande ed eccezioni ivi tempestivamente formulate e al materiale istruttorio in essa raccolto, salva l’eventualita’ che, ove tale causa non conduca ad una pronuncia sul merito che faccia giudicato sul dedotto e deducibile, venga poi meno l’impedimento alla trattazione della causa successivamente instaurata (cfr. Cass. Sez. 1, 15/01/2015, n. 567; Cass. Sez. 3, 17/03/2006, n. 5894).

Quanto all’invocazione della sospensione per pregiudizialita’ ed alle contestazioni mosse all’operata riunione, il ricorrente trascura il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale, nel caso in cui tra due procedimenti, pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse del medesimo ufficio, esista un rapporto di identita’ o di connessione, il giudice del giudizio pregiudicato non puo’ adottare un provvedimento di sospensione ex articolo 295 c.p.c., ma deve appunto rimettere gli atti al capo dell’ufficio, secondo le previsioni degli articoli 273 o 274 c.p.c., a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione (Cass. Sez. 6 – 3, 17/05/2017, n. 12436; Cass. Sez. 6 – 2, 17/09/2015, n. 18286; Cass. Sez. 6 – 1, 26/07/2012, n. 13330; Cass. Sez. 6 3, 20/07/2012, n. 12741; Cass. Sez. 6 – 3, 23/07/2010, n. 17468; Cass. Sez. 3, 22/05/2008, n. 13194).

In ogni caso, la riunione in un unico procedimento di piu’ procedimenti pendenti davanti al medesimo ufficio giudiziario e’ comunque insindacabile in sede di legittimita’, ancorche’ disposta fuori dei casi previsti dagli articoli 273 e 274 c.p.c., norme che disciplinano non una fase dell’iter formativo della decisione, ma solo l’ordine del procedimento, sicche’ la loro asserita violazione non determina alcuna nullita’ della sentenza (Cass. Sez. 1, 01/12/2005, n. 26217; Cass. Sez. L, 18/02/2004, n. 3193; Cass. Sez. 3, 20/02/2001, n. 2461).

3. Il ricorso di (OMISSIS) va quindi rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, in quanto non hanno svolto attivita’ difensive le intimate (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.