In tema di indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale, la “affinita’” tra l’attivita’ esercitata nell’immobile locato dal conduttore uscente e quella intrapresavi dal conduttore entrante, va accertata non gia’ in base al contenuto oggettivo dei servizi o prodotti offerti al pubblico, ma in base alla astratta idoneita’ dell’attivita’ entrante ad intercettare anche solo in parte la clientela dell’attivita’ uscente; viola, pertanto, la L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2, il giudice che escluda la suddetta affinita’ per il solo fatto che il conduttore uscente e quello entrante vendano beni della stessa natura, ma di foggia, stile o marchio diversi” ed “il rinvio alle “tabelle merceologiche, contenuto nella L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2, e’ un rinvio recettizio alla tabella di cui al Decreto Ministeriale 30 agosto 1971, la quale e’ pertanto divenuta parte integrante della norma di legge suddetta, sicche’, ne’ la novazione di tale fonte normativa (le tabelle “de quibus” vennero infatti abrogate e riproposte, con contenuto identico, dal d. m. 4 agosto 1988, n. 375), ne’ la sua successiva abrogazione disposta dal d.lgs. n. 114 del 1998, hanno avuto effetti sulla disciplina dell’indennita’ dovuta al conduttore uscente ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di affitto di azienda si consiglia la lettura del seguente articolo: L’Affitto di azienda: i principali aspetti civilistici
Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di locazioni, si consiglia la Raccolta di massime delle principali sentenza della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf
Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:
Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.
Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978
Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 13 febbraio 2019, n. 4266
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. CIGNA Mario – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 17889 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto da:
(OMISSIS) S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del presidente del consiglio di amministrazione, legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS) S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato, legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS) rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– Controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano n. 1105/2017, pubblicata in data 4 aprile 2017 (e notificata in data 8 maggio 2017);
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 15 novembre 2018 dal consigliere Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) S.p.A., gia’ conduttrice di un immobile di proprieta’ di (OMISSIS) S.p.A., ha agito in giudizio nei confronti della locatrice per ottenere il pagamento dell’indennita’ di avviamento aggiuntiva di cui alla L. 27 luglio 1978 n. 392, articolo 34, comma 2.
La domanda e’ stata rigettata dal Tribunale di Milano.
La Corte di Appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, la ha invece accolta.
Ricorre (OMISSIS) S.p.A., sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.A..
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato.
E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto e’ stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Sia la societa’ ricorrente che la societa’ controricorrente hanno depositato memorie ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2. Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “nullita’ della sentenza e del procedimento in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’articolo 112 c.p.c., violazione dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, oltre che dell’articolo 111 Cost.. Violazione del giudicato interno formatosi su questioni non riproposte in appello. Vizio di extrapetizione anche in relazione all’articolo 434 c.p.c., comma 1, n. 2), per aver pronunciato su questioni non proposte in appello. Violazione del principio di difesa e del contraddittorio e del giusto processo. Violazione e falsa applicazione – in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 – della L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2, per mancanza di allegazione di un presupposto per l’indennita’ aggiuntiva – l’inclusione nella stessa tabella merceologica -“.
Con il secondo motivo si denunzia “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per errore di interpretazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 34, comma 2, atteso il contrasto interpretativo nella Giurisprudenza di legittimita’ e di merito”.
I primi due motivi del ricorso risultano parzialmente connessi, e possono quindi essere esaminati congiuntamente.
Essi sono in parte manifestamente infondati, in parte inammissibili.
Certamente va esclusa la violazione delle disposizioni processuali richiamate dalla ricorrente, in relazione alla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, alla regolarita’ del contraddittorio ed all’esercizio del diritto di difesa, nonche’ alla pretesa violazione del giudicato interno ed al contenuto dell’atto di appello.
E’ sufficiente in proposito rilevare che la corte di appello si e’ limitata a giudicare sussistente il medesimo fatto costitutivo gia’ posto a fondamento della domanda proposta in primo grado da (OMISSIS) S.p.A. ed escluso dal tribunale (cioe’ l’avvenuto svolgimento, nell’immobile locato, di una attivita’ identica o affine a quella gia’ esercitata dal conduttore uscente, entro l’anno dalla cessazione di questa, come richiesto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 34, comma 2, ai fini del diritto alla cd. doppia indennita’ di avviamento), semplicemente sulla base di una diversa valutazione delle prove, oltre che di una interpretazione parzialmente diversa della disposizione di legge applicabile, in conformita’ a quanto richiesto dalla societa’ appellante in sede di gravame, senza in nessun modo introdurre questioni nuove – di fatto o di diritto – ovvero prendere in considerazione di ufficio fatti estintivi, modificativi o impeditivi (e tanto meno fatti costitutivi del diritto di parte attrice) che non fossero quelli gia’ originariamente dedotti dalle parti, e senza violare alcun giudicato interno.
L’affermazione della persistente validita’ del richiamo alle tabelle merceologiche operato dalla L. n. 392 del 1978, articolo 34 non costituisce affatto, nel quadro del percorso argomentativo della decisione impugnata, l’introduzione di ufficio di una questione nuova (tanto meno di una questione sulla quale poteva ritenersi formato un giudicato interno, giudicato che viene del resto dedotto in modo generico dalla ricorrente, senza chiarire in modo adeguatamente specifico su quale precisa questione, punto o capo della decisione esso si sarebbe effettivamente formato), ma semplicemente uno dei criteri interpretativi della disposizione di legge posta dalla parte attrice a fondamento della sua domanda, per la valutazione della sussistenza del presupposto di fatto richiesto da detta disposizione ai fini dell’affermazione del diritto alla cd. doppia indennita’ di avviamento (e cioe’ l’identita’ o affinita’ delle attivita’ successivamente svolte nell’immobile locato).
D’altra parte nessuna violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2, e’ ravvisabile sotto il profilo sostanziale, neanche in relazione alla corretta allegazione dei presupposti di applicabilita’ della disposizione.
La decisione impugnata risulta sul punto pienamente conforme all’indirizzo di questa Corte secondo il quale
“in tema di indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale, la “affinita’” tra l’attivita’ esercitata nell’immobile locato dal conduttore uscente e quella intrapresavi dal conduttore entrante, va accertata non gia’ in base al contenuto oggettivo dei servizi o prodotti offerti al pubblico, ma in base alla astratta idoneita’ dell’attivita’ entrante ad intercettare anche solo in parte la clientela dell’attivita’ uscente; viola, pertanto, la L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2, il giudice che escluda la suddetta affinita’ per il solo fatto che il conduttore uscente e quello entrante vendano beni della stessa natura, ma di foggia, stile o marchio diversi” ed “il rinvio alle “tabelle merceologiche, contenuto nella L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2, e’ un rinvio recettizio alla tabella di cui al Decreto Ministeriale 30 agosto 1971, la quale e’ pertanto divenuta parte integrante della norma di legge suddetta, sicche’, ne’ la novazione di tale fonte normativa (le tabelle “de quibus” vennero infatti abrogate e riproposte, con contenuto identico, dal d. m. 4 agosto 1988, n. 375), ne’ la sua successiva abrogazione disposta dal d.lgs. n. 114 del 1998, hanno avuto effetti sulla disciplina dell’indennita’ dovuta al conduttore uscente ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 2, ” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5039 del 28/02/2017, Rv. 643142 – 01 e 02).
La questione della persistente validita’ del richiamo alle tabelle merceologiche da parte della L. n. 392 del 1978, articolo 34, risulta del resto questione non dirimente ai fini della decisione della controversia.
La corte di appello ha infatti ritenuto in concreto che l’attivita’ commerciale esercitata dal nuovo conduttore fosse parzialmente identica e comunque affine a quella esercitata dal conduttore uscente, anche a prescindere dal rilievo delle suddette tabelle merceologiche, sulla base di un giudizio di fatto relativo sia alla effettiva (anche se parziale) coincidenza tra i prodotti dagli stessi commercializzati, sia alla clientela cui gli stessi risultavano diretti e che quindi la nuova attivita’ era in grado di intercettare.
Tale giudizio di fatto risulta fondato sull’esame delle prove regolarmente acquisite agli atti ed adeguatamente motivato e, come tale, esso non e’ censurabile in sede di legittimita’ (cfr., in proposito, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4225 del 20/10/1989, Rv. 463902 – 01).
Sotto quest’ultimo profilo le censure svolte nel ricorso si risolvono in inammissibili contestazioni di accertamenti di fatto e nella richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove.
Il ricorso, inoltre, sotto i profili fin qui esaminati, difetta di specificita’, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dal momento che, pur sostenendo la societa’ ricorrente che i presupposti di applicabilita’ della L. n. 392 del 1978, articolo 34, non sarebbero stati correttamente allegati da parte attrice, che sarebbe stato violato il giudicato interno e che la corte di appello avrebbe pronunciato su questioni non riproposte in sede di gravame, non e’ richiamato puntualmente nel ricorso il contenuto degli atti introduttivi del giudizio di primo e secondo grado, in modo tale da consentire alla Corte di verificare in concreto tali assunti.
2. Con il terzo motivo si denunzia “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per contrasto con gli articoli 91 e 92 c.p.c., comma 2, atteso il mutamento della giurisprudenza di legittimita’ rispetto alle questioni dirimenti”.
Il motivo e’ manifestamente infondato.
In virtu’ dell’avvenuto accoglimento della domanda di parte attrice, la corte di appello ha correttamente applicato il principio di soccombenza di cui all’articolo 91 c.p.c..
Il mancato esercizio del potere discrezionale di disporre, cio’ nonostante, la totale o parziale compensazione delle spese di lite, non e’ sindacabile in sede di legittimita’ (neanche laddove potesse ritenersi sussistere il presupposto invocato dalla societa’ ricorrente, nella specie peraltro da escludersi, in quanto non vi e’ stato alcun mutamento di indirizzo giurisprudenziale’ su questioni dirimenti ai fini della decisione, come ampiamente fin qui chiarito).
3. Il ricorso e’ rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna la societa’ ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimita’ in favore della societa’ controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge. Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.