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Tribunale Pordenone, civile Sentenza 22 gennaio 2018, n. 67

I proprietari dell’immobile dal quale provengono le infiltrazioni ne rispondono ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto custodi tenuti al controllo ed alla manutenzione dei propri impianti, nonché, eventualmente, anche ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver omesso adeguati controlli sul proprio immobile e per non aver adottato le precauzioni necessarie ad evitare il danno (ad esempio, curando la manutenzione dell’immobile, tenendo chiuse porte e finestre dello stesso in caso lo stesso sia disabitato, ecc.).

 

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Tribunale Pordenone, civile Sentenza 22 gennaio 2018, n. 67

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PORDENONE

in persona del Giudice dr. Piero Leanza ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 1026/2013 di Ruolo Generale vertente

tra

(…) ((…)) – rappresentata e difesa dall’avv. LO.FR. ((…)) e con domicilio eletto presso il medesimo

– parte attrice –

e

(…) ((…)) – rappresentata e difesa dall’avv. SA.FR. e dall’avv. SE.NI. ((…)) e con domicilio eletto come in atto di costituzione di nuovo difensore dd. 19.5.2016

(…) – rappresentato e difeso dall’avv. CR.MO. e con domicilio eletto presso la medesima

– parti convenute –

Oggetto: Altre ipotesi di responsabilità extracontrattuale

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si omette l’analitica esposizione dello svolgimento del processo, non più prevista dall’art. 132, n. 4, c.p.c., in seguito alle modifiche apportate dall’art. 45, comma 17, L. n. 69 del 2009, e si procede alla concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, ai sensi degli artt. 132, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.

Con atto di citazione ritualmente notificato, parte attrice – premesso quanto accertato nel procedimento di istruzione preventiva n. 3839/2011 RG – evocava in giudizio i convenuti chiedendone, per i motivi specificamente indicati in atto di citazione, qui da intendersi integralmente richiamati, la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalle infiltrazioni di acqua provenienti dall’immobile di proprietà dei convenuti.

Si costituivano separatamente in giudizio i convenuti deducendo – per i motivi specificamente indicati nelle rispettive comparse di costituzione e risposta, qui da intendersi integralmente richiamati – l’infondatezza delle domande attoree, chiedendone il rigetto e proponendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni cagionato da alcune opere di riparazione effettuate dall’attrice sulla scala di loro proprietà.

Espletata attività istruttoria mediante produzione documentale e disposizione di due c.t.u., nonché acquisizione delle consulenze tecniche espletate nel procedimento di ATP, in seguito al mutamento del giudice assegnatario la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe, previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e di replica.

Risulta dagli atti e non è circostanza contestata in giudizio che l’attrice ed i convenuti sono proprietari di diverse porzioni di una villa veneta (…) sita nel Comune di Pasiano di Pordenone.

Tale villa è composta da diversi appartamenti di proprietà di soggetti diversi (v. doc. 1 di parte attrice, relazione dell’arch. (…) e documenti allegati).

Lamenta parte attrice che nel mese di ottobre del 2011, in seguito a precipitazioni piovose, la sua proprietà veniva interessata da numerose infiltrazioni d’acqua, provenienti dal primo piano della villa di proprietà degli odierni convenuti.

L’attrice instaurava pertanto un procedimento per accertamento tecnico preventivo nei confronti degli odierni convenuti (proc. RG 3839/2011, acquisito al presente fascicolo), finalizzato ad accertare natura, estensione e causa delle infiltrazioni d’acqua, con quantificazione delle opere e delle spese necessarie per eliminare detti danni, nonché per l’accertamento dei danni alla salute lamentati in ricorso.

Il CTU ing. Bi. depositava relazione di perizia dd. 29.6.2012 con cui, accertato lo stato di disabitazione dell’immobile posto al piano superiore (pag. 8: “dai sopralluoghi eseguiti nel corso delle operazioni peritali è emerso che l’unità abitativa (…) – (…) è disabitata da qualche tempo e pertanto il suo stato ne risente dal punto di vista delle manutenzioni ordinarie e straordinarie”), evidenziava la presenza di due problematiche principali: una, strutturale, consistente nella fessurazione sulle murature e flessione di alcune travi del solaio della proprietà degli odierni convenuti (…) – (…) e nel soggiorno dell’attrice (…); un’altra, relativa alle infiltrazioni di umidità presenti sia nella proprietà dell’attrice sia in quella dei convenuti (pag. 12).

Premesso che le infiltrazioni riscontrate nei soffitti e nelle pareti provenienti dai piani superiori e/o dalla proprietà confinante erano da considerarsi non più attive e prive di conseguenze pregiudizievoli in danno della proprietà della sig.ra (…), il consulente tecnico accertava che l’accumulo nel pavimento del salone di entrata della proprietà degli odierni convenuti, nonché la perdita dell’impianto idraulico nella paretina di divisione tra bagni e salotto e le infiltrazioni attraverso la scala esterna di accesso, “hanno comportato conseguenze nei soffitti della proprietà (…)” (pag. 13-14).

E’ pertanto limitatamente a tali infiltrazioni che va accertata l’allegata responsabilità dei convenuti.

Ciò che rileva in questa sede, in relazione agli accertamenti svolti in sede di ATP, è pertanto che proprietà (…) – (…) risultava da tempo disabitata e quindi priva di manutenzione e che le infiltrazioni lamentate dall’odierna attrice avevano origine nella proprietà degli odierni convenuti (accumulo d’acqua nel pavimento del salone di entrata e perdita dell’impianto idraulico nella paretina di divisione tra bagni e salotto, oltre che infiltrazioni attraverso la scala interna; pag. 14).

In tale fase, infine, il consulente tecnico indicava i costi necessari a porre riparo a tale situazione, in Euro 6.403,00 (pag. 21).

Nel corso del presente giudizio di merito, il precedente g.i. conferiva nuovo incarico al consulente tecnico ing. (…), volto ad indicare “i costi ripristino relativi ai danni individuati e riferibili direttamente alla proprietà dei convenuti”, nonché a chiarire se l’intervento riparatorio eseguito dalla sig.ra (…) sia stato inadeguato ovvero causativo dei danni lamentati dai convenuti medesimi.

Il CTU, richiamati, gli accertamenti già svolti in sede di perizia di a.t.p., ha indicato i costi di ripristino relativi ai danni individuati riferibili direttamente alla proprietà dei convenuti (pag. 9 e ss,), specificando, per ciascuna delle voci di danni, quelle riferibili ai convenuti, quantificando il danno in Euro 4.271,25 (pag. 15). Il c.t.u. ha poi quantificato il costo per il ripristino degli interventi eseguiti dalla sig.ra (…) sulla scala di proprietà dei convenuti in Euro 650,00 (pag. 18).

Il perito ha rilevato inoltre che la vetustà e la conformazione della scala favoriscono le infiltrazioni di acqua piovana e che l’intervento eseguito dalla (…) non è stata causa dei danni lamentati dall’attrice (pag. 17).

Le conclusioni di cui alla predetta perizia, rassegnate in esito ad accurate indagini svolte in contraddittorio coi c.t.p., sono sorrette da motivazione congrua ed esente da vizi logici e vanno pertanto in questa sede condivise.

Irrilevante è invece, ai fini della decisione (fatta eccezione per la decisione sulle spese), quanto accertato e deciso nel procedimento cautelare proposto in corso di causa dall’attrice, essendo il ricorso stato respinto dal precedente g.i. con ordinanza confermata in sede di reclamo.

Inoltre, parte attrice ha ammesso che le “sofferenze” emerse nel corso del procedimento cautelare non sono oggetto della presente causa di merito e si è riservata di agire in separata sede (pag. 11-12 della comparsa conclusionale).

Ciò premesso, la domanda di risarcimento danni formulata dall’attrice è solo in parte fondata e va accolta nei limiti appresso indicati.

La responsabilità dei convenuti, proprietari dell’immobile posto al piano superiore in corrispondenza di quello degli attori, discende dalla disposizione di cui all’art. 2051 c.c., il quale configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva.

I proprietari dell’immobile dal quale provengono le infiltrazioni ne rispondono ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto custodi tenuti al controllo ed alla manutenzione dei propri impianti, nonché, eventualmente, anche ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver omesso adeguati controlli sul proprio immobile e per non aver adottato le precauzioni necessarie ad evitare il danno (ad esempio, curando la manutenzione dell’immobile, tenendo chiuse porte e finestre dello stesso in caso lo stesso sia disabitato, ecc.).

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, risolvendo un precedente contrasto giurisprudenziale in materia di natura della responsabilità per danni di infiltrazioni in materia di condominio, ha affermato – fra l’altro – i seguenti importanti principi: “la responsabilità per danni da infiltrazioni prodotte dal lastrico solare o dal terrazzo di proprietà o di uso esclusivo va attratta all’ambito di operatività dell’art. 2051 c.c., avuto riguardo alla posizione del soggetto che del lastrico o della terrazza abbia l’uso esclusivo” e “nell’ambito di tale tipo di responsabilità, poi, deve ritenersi che le fattispecie più adeguate di imputazione del danno siano quella di cui all’art. 2051 c.c., per il rapporto intercorrente tra soggetto responsabile e cosa che ha dato luogo all’evento, ovvero quella di cui all’art. 2043 c.c., per il comportamento inerte di chi comunque fosse tenuto alla manutenzione del lastrico” (Cassazione Sezioni Unite n. 9449/2016).

Osserva, ancora, la Suprema Corte in motivazione di detta sentenza: “In proposito, si è affermato che per la sussistenza di una simile responsabilità è sufficiente la prova del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, mentre non assume rilievo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone, nè implica, uno specifico obbligo di custodia analogo a quello previsto per il depositario, responsabilità a chi, di fatto, si trova nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa. La speciale responsabilità ex art. 2051 c.c., va ricercata nella circostanza che il custode “ha il potere di governo sulla cosa”” (Cassazione Sezioni Unite n. 9449/2016; cfr. anche, richiamate in sentenza, Cass. 3676/2006; Cass. 5848/2007; Cass.4596/2012).

Nel caso che ci occupa, alla luce di quanto emerso dalla c.t.u., è pertanto evidente la responsabilità dei convenuti per i danni sofferti dall’attrice.

I danni possono quantificarsi sulla scorta degli accertamenti di cui alla perizia espletata dal c.t.u. nel corso del presente giudizio e pertanto liquidati in complessivi euro sul 4.271,25, ai quali vanno aggiunti gli interessi legali dalla domanda al saldo.

Non si ritiene invece vada accolta la domanda relativa agli ulteriori danni non patrimoniali lamentati in atto di citazione.

Da un lato, la c.t.u. medico legale espletata dal dott. (…) nel corso del procedimento di istruzione preventiva n. 3839/2011 RG ha escluso qualsiasi danno biologico conseguente ai fatti oggetto del presente giudizio (rilevando, in particolare, che “non è stato possibile identificare e documentare un incremento temporaneo e/o permanente di patologia per le cause sopravvenute oggetto dell’attuale indagine ed in particolare per la dichiarata situazione di invivibilità ed inabilità cui fa riferimento il ricorso”).

Dall’altro, dalle stesse allegazioni di parte non emergono elementi che consentano di ritenere esistente una lesione del diritto di proprietà dell’attrice in misura da eccedere un’apprezzabile e consistente soglia di offensività, sì da rendere il pregiudizio lamentato tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che, oggi, come rilevato dalla stessa attrice, impone un grado minimo di tolleranza, motivo per cui correttamente il precedente g.i. non ha ammesso le prove orali richieste dall’attrice, risultando l’assenza di tale requisito essenziale dalle stesse allegazioni di parte.

Invero, condivisibile giurisprudenza subordina la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona alla presenza di tre condizioni: l’interesse leso deve avere rilevanza costituzionale; la lesione deve essere grave, ovvero tale da superare una soglia minima di tollerabilità; il danno non deve essere futile e quindi consistere in meri disagi o fastidi (cfr., ex multis, Cass. 1361/2014).

Va infine accolta la domanda riconvenzionale svolta dai convenuti, avendo il c.t.u. accertato che per ripristinare le riparazioni effettuate dall’attrice sulla scala di proprietà dei convenuti (intervento effettuato d’urgenza ma non risolutivo del problema), è prevedibile una spesa di Euro 650,00.

Invero, l’attrice ha effettuato l’intervento sul bene di proprietà dei convenuti senza richiedere una preventiva autorizzazione, né in via bonaria né in via giudiziaria, e gli interventi non sono stati effettuati a regola d’arte, per come emerge dalla relazione del CTU (il quale parla di ‘estemporaneo intervento’, ‘non adeguato alla risoluzione del problema’; pag. 16).

La quantificazione del danno può essere fatta, in via equitativa, facendo riferimento ai costi per il ripristino indicati dal c.t.u. in Euro 650.00.

Parte attrice va pertanto condannata a corrispondere ai convenuti la somma complessiva di Euro 650.00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

L’esito complessivo della controversia, con riferimento al presente giudizio di merito (in cui la domanda attorea è stata accolta solo in parte e per un importo sostanzialmente inferiore a quello indicato in citazione ed è stata accolta la domanda riconvenzionale), nonché al procedimento di a.t.p. relativo al danno da infiltrazioni di acqua (con riferimento al quale deve ritenersi la sostanziale soccombenza di parte convenuta) ed al danno alla salute prospettato dall’attrice (con riferimento al quale deve ritenersi la sostanziale soccombenza di parte attrice), nonché infine al procedimento cautelare in corso di causa e relativo reclamo (in cui parte attrice ricorrente è da ritenersi soccombente), giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali, con riferimento a tutti i predetti procedimenti.

In applicazione dei predetti criteri, le spese delle c.t.u., già liquidate, vanno così suddivise: le spese di c.t.u. relative alle infiltrazioni, espletate dall’ing. (…) nel corso del procedimento di accertamento tecnico preventivo nonché nel giudizio di merito vanno poste definitivamente a carico dei convenuti; le spese della c.t.u. espletata nel procedimento cautelare in corso di causa vanno poste definitivamente a carico di parte attrice; le spese di c.t.u. medico legale del procedimento di a.t.p. (espletata dal dott. (…)) vanno poste definitivamente a carico di parte attrice.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando nella causa n. 1026/2013 R.G., ogni diversa domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

accoglie in parte le domande attoree e, per l’effetto, condanna i convenuti in solido al pagamento, in favore di parte attrice, della somma di Euro 4.271,25, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

in accoglimento delle domande riconvenzionali proposte dai convenuti, condanna parte attrice al pagamento in loro favore della somma complessiva di Euro 650.00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

compensa integralmente tra le parti le spese processuali relative al procedimento di a.t.p. n. 3839/2011, del procedimento cautelare espletato in corso di causa, nonché del presente giudizio di merito;

pone gli oneri di c.t.u. definitivamente a carico delle seguente parti: a) spese delle c.t.u. relative alle infiltrazioni, espletate dall’ing. Bi. nel corso del procedimento di accertamento tecnico preventivo nonché nel giudizio di merito, a carico dei convenuti; b) spese della c.t.u. espletata nel procedimento cautelare in corso di causa a carico di parte attrice; c) spese della c.t.u. medico legale espletata dal dott. De. nel corso del procedimento di a.t.p. a carico di parte attrice.

Così deciso in Pordenone il 15 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2018.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.