l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che “taggano” le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia (…) il pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network.

Tribunale Rieti, civile Sentenza 7 marzo 2019

TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI

SEZIONE CIVILE

Il Giudice

A scioglimento della riserva che precede;

LETTO il ricorso presentato, in data 12.12.2018, da (…) al fine di ottenere, in danno di (…) un provvedimento cautelare;

LETTA la memoria difensiva depositata dalla resistente (…) costituitasi, all’udienza del 19.02.2019, a seguito di notifica del ricorso di cui sopra;

CONSIDERATO che con il ricorso di cui in epigrafe l’odierna ricorrente assumeva:

1. Che in data 10.06.2000 contraeva matrimonio con (…)

Dall’unione nascevano i figli (…) coniugi si separavano con separazione consensuale omologata il 19.12.2012 e successivamente divorziavano con sentenza del Tribunale di Roma del 16.11.2018. I figli erano affidati congiuntamente ai genitori con collocazione presso la madre;

2. Che già prima del divorzio l’attuale compagna di (…) era solita pubblicare, sul suo profilo (…) e su altri social networks, le foto dei figli minorenni della ricorrente e dell’ex marito nonché dei commenti indirizzati, seppure senza farne il nome, alla prima;

3. Che, quindi, essendo risultati vani gli inviti per le vie brevi effettuati dalla (…) sia alla medesima che allo (…), la ricorrente inoltrava formale diffida a mezzo di lettera raccomandata del 24.01.2018, solo a seguito della quale la (…) rimuoveva le foto e i commenti;

4. Che, tuttavia, in un secondo momento, la pubblicazione delle foto dei minori riprendeva, seppur con il viso coperto, seguita da commenti offensivi sia della (…) sia delle cognate della medesima;

5. Che, quindi, in sede di divorzio congiunto la ricorrente pretendeva

l’inserimento della seguente condizione: “la pubblicazione di fotografie dei figli minori sui social network sarà consentita esclusivamente ai genitori e non a terze persone, salvo consenso congiunto di entrambi”;

6. Che, tuttavia, dopo il divorzio la pubblicazione riprendeva, sia su Facebook

sia su (…), senza alcun oscuramento nemmeno del viso;

7. Che, dunque, la pubblicazione senza scopo di lucro di immagini dei minori integrebbe la violazione dell’art. 10 c.c., nonché degli artt. 4, 7, 8 e 145 del D.lgs. 196/2003, e degli artt. 1 e 16, 1 comma, della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo;

8. Che il pregiudizio per un minore sarebbe insito nella diffusione della sua

immagine, in quanto l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi, determinando la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini, non potendosi trascurare il pericolo che qualcuno, con procedimenti di fotomontaggi ne tragga materiale pedopornografico da far circolare in rete;

9. Che il periculum in mora deriverebbe dal tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, potendo comportare, per i minori, un pregiudizio imminente ed irreparabile.

PRESO ATTO che con la propria comparsa di costituzione e di risposta (…) assumeva:

– che il periculum deve essere presente non solo al momento della proposizione del ricorso ma anche in corso di causa, dovendosi reputare insussistente in caso di tardiva proposizione della domanda cautelare, ossia quando il ricorrente invochi la tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c. dopo che sia trascorso (dall’evento lesivo) un periodo di tempo pari a quello che sarebbe stato occorrente per tutelare il diritto controverso per mezzo di un ordinario giudizio di merito;

– che, quanto alla pubblicazione delle foto, la medesima sosterrebbe che le foto dei minori sono state rimosse sin dal gennaio 2018, in seguito a diffida inoltrata alla resistente. Ne discenderebbe l’insussistenza del periculum, stante la condotta adempiente della confermata ufficialmente dalla stessa difesa della ricorrente;

– che, quanto ai commenti, trattasi di presunti commenti offensivi da parte di soggetti terzi, sui quali la non poteva e non può avere alcun preventivo controllo, peraltro in assenza di un espresso riferimento alla ricorrente;

– che, dunque, la fattispecie in esame denoterebbe la totale assenza di qualsivoglia elemento (quantomeno il periculum) che giustifichi il ricorso alla tutela in via d’urgenza, atteso che dal gennaio 2018 la spontaneamente dava seguito alle richieste della ricorrente spiegate in via di diffida, come affermato dalla difesa della stessa (…) in sede di ricorso introduttivo.

Alla prima udienza del 19.02.2019, il Giudice concedeva temine per note di replica a parte ricorrente, riservando all’esito la decisione.

OSSERVA

In via preliminare, deve rilevarsi l’ammissibilità ed utilizzabilità della documentazione fotografica depositata da parte ricorrente, in uno alle note autorizzate.

In primo luogo, tale documentazione è la medesima già prodotta in sede di ricorso introduttivo (sub. All. nn. 7 e 8 fascicolo di parte ricorrente), con l’unica differenza che le copie prodotte in sede di note recano evidenziata la data della pubblicazione dei posts sui relativi social networks.

Tali coordinate temporali risultano, peraltro, già indicate in sede di ricorso introduttivo, laddove a pagina 2 si legge “dopo il divorzio (quindi, dopo la data del 16.11.2018) la pubblicazione è ripresa sia su Facebook sia su Instagram senza alcun oscuramento nemmeno degli occhi (doc. n/ri 7 e 8)”.

In secondo luogo, si osserva brevemente come, in sede cautelare, l’istruzione probatoria della causa sia sommaria e semplificata, essendo rimessa al giudice la possibilità di ammettere le prove senza rispettare le forme ed i limiti imposti dalla legge per la cognizione piena, purché rilevanti e funzionali allo scopo, in coerenza con le esigenze di speditezza tipiche dei procedimenti cautelari (cfr. Tribunale di Bologna, 04.10.2005; Tribunale di Arezzo, 15.03.2002).

Ciò premesso, si osserva, in via generale, come la concessione del provvedimento d’urgenza presuppone una cognizione necessariamente semplificata rispetto a quella del giudizio di merito, pur nella necessaria ricorrenza dei requisiti fumus boni iuris e del periculum in mora. Nella fattispecie, il c.d. fumus boni iuris è la “probabile sussistenza del diritto soggettivo” di cui il ricorrente chiede la tutela, in quanto teme che un pregiudizio possa incidere negativamente nella propria sfera giuridica.

Quanto, poi, al secondo requisito, ai fini della concessione del provvedimento occorre che il diritto del ricorrente sia seriamente soggetto al rischio di subire, per il tempo occorrente a farlo valere in via ordinaria, un danno grave capace di arrecare un pregiudizio definitivo tale da rendere inutile la successiva sentenza che ne accertasse la sussistenza, laddove detto pregiudizio non deve essere solo “grave ed irreparabile” ma anche “imminente”, cioè concretamente incombente al momento della presentazione della istanza e tale da richiedere un intervento preventivo immediato (cfr. Trib. Milano 28.2.96, Trib. Pistoia 22.4.00, Trib. Nola 26.2.03).

Tutto ciò chiarito quanto ai presupposti della tutela d’urgenza, si osserva che, dalla documentazione prodotta in atti e dalle allegazioni delle parti, le prospettazioni della ricorrente appaiono fondate, stante l’abbondante documentazione fotografica allegata – con specifico riguardo agli all. nn. 3, 4 (laddove è dimostrata la pubblicazione di immagini dei bambini – seppure con il volto coperto – successivamente alla diffida, nell’agosto dello scorso anno), 7, 8 del ricorso e le medesime immagini depositate con le note autorizzate (dalle quali risulta la pubblicazione di ulteriori posts, contenenti immagini dei bambini senza il volto coperto, nel dicembre dello scorso anno, successivamente alla sentenza di divorzio).

A fronte delle allegazioni e della produzione documentale della ricorrente, la difesa resistente si è limitata ad insistere in ordine alla insussistenza del requisito del periculum, stante il fatto che – come affermato dalla medesima ricorrente – in seguito alla diffida la (…) spontaneamente dava seguito alle richieste della (…).

Tuttavia, parte resistente non ha specificamente contestato le ulteriori circostanze evidenziate nell’atto introduttivo, ovvero che:

(I) successivamente alla diffida ed alla rimozione delle immagini, la riprendeva la pubblicazione sui propri profili social, seppure coprendo il volto dei minori (cfr. all. n. 4 al ricorso);

(II) per tale motivo, la (…) pretendeva l’inserimento, tra le condizioni di divorzio, del previo consenso di entrambi i genitori per la pubblicazione, a mezzo social networks, di fotografie ritraenti i minori (cfr. all. nn. 5 e 6 al ricorso);

(III) in seguito al divorzio, la (…) riprendeva a pubblicare foto dei bambini, senza neanche coprirne il viso (cfr. all. n. 8 al ricorso e foto allegate alle note). Né parte resistente ha provveduto a contestare le immagini depositate in atti sopra indicate (ovvero la relativa contestualizzazione temporale) e richiamate nella narrazione dei fatti contenuta nel ricorso medesimo, limitandosi a richiedere lo stralcio della documentazione prodotta in sede di note autorizzate.

Di talché le eccezioni della difesa resistente – in ordine alla insussistenza del requisito del periculum in mora, stante la risalenza nel tempo della condotta lamentata e la non attualità della lesione – non possono essere accolte.

Passando, quindi, all’esame del merito della questione, onde verificare la sussistenza dei presupposti dello strumento cautelare nel particolare ambito della pubblicazione e divulgazione, a mezzo social networks, di immagini e dati afferenti soggetti minori.

Con la necessaria premessa che i requisiti del fumus e del periculum andranno valutati tenendo conto di elementi quali l’a – territorialità della rete, che consente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immagini e conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con un pubblico potenzialmente mondiale e globalizzato, per un tempo non circoscrivibile.

Al riguardo, si osserva che la tutela della vita privata e dell’immagine dei minori ha trovato tradizionalmente cittadinanza, nel nostro ordinamento, nell’art. 10 c.c. (concernente la tutela dell’immagine); nel combinato disposto degli artt. 4,7,8 e 145 del d. lgs. 30.06.2003 n. 196 (riguardanti la tutela della riservatezza dei dati personali) nonché negli artt. 1 e 16 I co. della Convenzione di New York del 20-11-1989, ratificata dall’Italia con legge 27-5-1991 n. 176 (laddove, in particolare, l’art. 16 stabilisce che: “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”).

Con l’evoluzione dei sistemi di diffusione delle immagini legate allo sviluppo del web, lo scenario normativo è mutato, adattandosi alle nuove realtà digitali, laddove:

– Il Considerando n. 38 del regolamento UE n. 679/2016 del 27.04.2016 (entrato in vigore il 25.05.2018) dispone che: “i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali(…)”;

– L’art. 8 del citato regolamento – rubricato Condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell’informazione – prevede che “qualora si applichi l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a) (il consenso), per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”.

Pertanto, riprendendo la distinzione fra i c.d. petite enfantes e grands enfantes, già esistente nel diritto francese, la nuova disciplina comunitaria impone che il consenso necessario ai fini del trattamento dei dati personali del minore, e dunque anche per le immagini che possano identificarlo, nel caso di minori di anni sedici, sia prestato dai soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, in vece dei propri figli, concordemente fra loro e senza arrecare pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazione dell’immagine del minore (art. 97 L. n. 633/41).

In tale prospettiva, il legislatore italiano, col decreto di adeguamento del Codice Privacy (D. Lgs. 101/18 art. 2 quinquies), ha fissato il limite di età da applicare in Italia a 14 anni, espressamente prevedendo che, con riguardo ai servizi della società dell’informazione, il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a quattordici anni è lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale.

Tali considerazioni in punto di fumus boni iuris della domanda cautelare in avanzata sono, peraltro, ulteriormente rafforzate dalla circostanza che, in sede di divorzio congiunto, (…) hanno espressamente stabilito che “la pubblicazione di fotografie dei figli minori sui social network sarà consentita esclusivamente ai genitori e non a terze persone, salvo consenso congiunto di entrambi”.

Con tale previsione, dunque, i medesimi ex coniugi hanno inteso regolamentare – nell’interesse della prole – le modalità di diffusione delle relative immagini sul web, subordinandola al consenso congiunto di entrambi.

Ciò chiarito in ordine al fumus boni iuris, si osserva la sussistenza, altresì, del periculum in mora – atteso che l’inserimento di foto di minori sui social network deve considerarsi un’attività in sé pregiudizievole in ragione delle caratteristiche proprie della rete internet.

Il web, infatti, consente la diffusione dati personali e di immagini ad alta rapidità, rendendo difficoltose ed inefficaci le forme di controllo dei flussi informativi ex post. In questo senso, la più recente giurisprudenza ha evidenziato che “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che “taggano” le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia (…) il pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network” (cfr. Tribunale di Mantova, 19 settembre 2017; in senso conforme, Tribunale di Roma – Sez. I Civ. del 23 dicembre 2017).

Alla luce della considerazioni sopra svolte, quindi, ritenuta la domanda sorretta dai requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, il ricorso deve essere accolto, con conseguente condanna della resistente alla rimozione – dai propri profili social – delle immagini relative ai minori (…) ed alla contestuale inibitoria dalla futura diffusione di tali immagini, in assenza del consenso di entrambi i genitori.

Parimenti, merita accoglimento la richiesta di condanna ex art. 614 bis c.p.c..

Al riguardo, si rileva come la misura prevista dalla richiamata norma sia funzionale, innanzitutto, a favorire la conformazione a diritto della condotta della parte inadempiente e di qui ad evitare la produzione del danno ovvero a ridurre l’entità del possibile pregiudizio, assicurando anche in sede cautelare l’esigenza di garantire un serio ristoro di fronte al perdurare dell’inadempimento, in funzione deflattiva del possibile contenzioso successivo, limitato all’eventualità che si produca un danno non integralmente soddisfatto dalla statuizione giudiziale (cfr. sul punto in termini Trib. Cagliari ord. 19 ottobre 2009).

Nella presente vicenda, l’applicazione dell’astreinte è pienamente giustificata dall’esigenza di tutelare l’integrità dei minori e l’interesse ad evitare la diffusione delle proprie immagini a mezzo web nonché, in quanto collegato a questo, dell’interesse del genitore a cui spetta pretendere il rispetto degli obblighi sopra sanciti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Rieti, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta a R.G. n. 2008/2018, e vertente tra le parti di cui in epigrafe, così provvede:

– Accoglie il ricorso;

– Per l’effetto, dispone che (…) provveda, entro il 31 marzo 2019, alla rimozione di immagini, informazioni, dati relativi ai minori (…) inseriti su social networks, comunque denominati;

– Inibisce dal momento della comunicazione del presente provvedimento a (…) la diffusione in social networks, comunque denominati, e nei mass media delle immagini, delle informazioni e di ogni dato relativo ai minori (…) in assenza del consenso di entrambi i genitori;

– Determina ex art. 614-bis c.p.c., nella misura di Euro 50,00, la somma dovuta da (…), per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rimozione nonché per ogni episodio di violazione dell’inibitoria, in favore dei minori in solido tra loro, da versarsi su conto corrente intestato ai minori medesimi;

– Condanna (…) a rifondere alla ricorrente (…) le spese del presente giudizio, che liquida nella somma di Euro 1.500,00 per compensi, Euro 316,37 per esborsi, oltre rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA come per legge.

Si comunichi.

Così deciso in Rieti il 6 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.