Gli obblighi informativi posti a carico degli ntermediari finanziari, hanno ad oggetto, da un lato, l’acquisizione delle notizie necessarie per la ricostruzione del profilo di rischio dell’investitore (c.d. informazione passiva: articolo 28, comma 1, lettera a, del Regolamento) e, dall’altro, la fornitura di informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione (c.d. informazione attiva: articolo 28, comma 2) e mirano a consentire all’intermediario d’individuare e proporre le forme d’investimento piu’ appropriate al profilo dell’investitore, senza tuttavia dispensare quest’ultimo dall’onere di valutare autonomamente le soluzioni proposte, ma assicurando anzi che egli sia posto nelle condizioni migliori per effettuare una scelta “consapevole”. L’inadeguatezza dell’operazione comporta un alleggerimento dell’onere probatorio gravante sull’investitore, ai fini dell’esercizio dell’azione risarcitoria (non nel senso che il danno derivante dall’inadempimento degli obblighi informativi possa considerarsi in re ipsa, ma in quello, piu’ limitato, di consentire l’accertamento, in via presuntiva, del nesso di causalita’): anche in presenza di operazioni adeguate, la mancata fornitura di informazioni esaurienti ed appropriate in ordine alla tipologia ed alle caratteristiche dell’impiego suggerito costituisce un indice dell’avvenuta effettuazione di una scelta non consapevole da parte dell’investitore, i cui effetti pregiudizievoli non sono pertanto ascrivibili alla sua volonta’.

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 18 gennaio 2019, n. 1460

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14255/2017 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti in proprio e quali eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procure a margine ed in calce del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 311/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 24/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/10/2018 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto;

udito, per il ricorrente, l’avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’accoglimento;

udito, per il controricorrente, l’avvocato (OMISSIS), con delega, che si e’ riportato agli atti.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 311/2016, – pronunciata in un giudizio promosso, dinanzi al Tribunale di Gorizia, da (OMISSIS) e (OMISSIS) (ed, a seguito della morte di quest’ultimo, proseguito dagli eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), nei confronti della (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS) spa e quale soggetto succeduto alla (OMISSIS) spa), per sentire dichiarare la nullita’ o l’annullamento o la risoluzione, per violazione degli obblighi informativi, di alcuni contratti per la prestazione di servizi di investimento, stipulati tra il novembre 1995 ed il marzo 1998 (rapporti estinti nell’agosto 2000), e degli ordini di acquisto, eseguiti in attuazione dei primi, tra il giugno 1999 ed il marzo 2000, di azioni “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”, e sentire condannare la convenuta al risarcimento dei danni, – ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto tutte le domande attoree.

In particolare, con riguardo al profilo della responsabilita’ dell’intermediario per asserita inadeguatezza delle operazioni di investimento, la Corte d’appello, sia pure all’esito di una disposta consulenza tecnica, ha condiviso le conclusioni del Tribunale di Gorizia, rilevando che, malgrado il consulente tecnico nominato avesse ritenuto non adeguate le operazioni sotto il profilo della dimensione degli investimenti, perche’ non diversificati, tuttavia il giudizio di adeguatezza, espresso in primo grado, poteva essere confermato, tenuto conto delle circostanze relative alle informazioni sulle caratteristiche dei due investitori (i quali, pur non rientrando nel novero degli “operatori qualificati”, avevano scelto di avvalersi della clausola di riservatezza, non fornendo alla banca informazioni circa il loro profilo), che la banca, al momento degli acquisti, possedeva (il frequente ricorso, da parte degli stessi, anche anteriormente, all’investimento in titoli azionari, a tratti costituente il 100% del loro portafoglio, il titolo di studio – laurea – e la professione svolta dai medesimi, la solidita’ ed il rating delle societa’ emittenti).

Avverso la suddetta sentenza, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione, affidato a venti motivi, nei confronti della (OMISSIS) (che resiste con controricorso). Entrambe le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti lamentano, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, articolo 30 Regol. Consob n. 11522/1998, Decreto Legislativo n. 415 del 1996, articoli 1321, 1325, 1326, 1335, 1350, 1418, 1423 c.c., con riferimento alla statuizione inerente al rigetto della domanda di nullita’ degli accordi-quadro per difetto di forma scritta, stante la mancata sottoscrizione da parte di entrambe le parti negoziali.

2. La censura e’ infondata.

In tema, sono recentemente intervenute le Sezioni Unite, le quali hanno chiarito che, con riguardo ad un rapporto di intermediazione finanziaria, “il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullita’ (azionabile dal solo cliente) dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalita’ di protezione dell’Investitore assunta dalla norma, sicche’ tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed e’ sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben puo’ desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti” (Cass. SSUU nn. 898-1200-1201-1653/2918).

E’ stato dunque chiarito che il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, e’ rispettato allorquando, come nella fattispecie in esame, sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente (come risulta dalla copia prodotta in giudizio), ed e’ sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non essendo necessaria anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben si puo’ desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti.

La decisione della Corte d’appello si presenta, sul punto, perfettamente conforme al predetto principio di diritto.

3. Con il secondo motivo, si lamenta la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 111 Cost., articolo 132, comma 2, n. 4 e/o articolo 118 disp. att. c.p.c., in relazione alla mancata separata motivazione in ordine alle due domande, scindibili, proposte da diversi soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), per distinte operazioni in titoli azionari, con conseguente motivazione apparente.

4. La censura e’ infondata. Non vi e’ alcun vizio di omessa motivazione nella pronuncia impugnata, avendo la Corte distrettuale proceduto, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerita’ del giudizio, all’esame congiunto delle domande, cumulativamente proposte dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), stante l’identita’ delle prospettazioni difensive e dei presupposti giuridici e fattuali.

5. Con il terzo motivo, li ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 21-23, articoli 26-28-29 Regol. Consob n. 11522/1998, articolo 2697 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto assolti gli obblighi informativi in capo alla Cassa, avendo gli investitori deciso di avvalersi della clausola di riservatezza.

6. La censura e’ inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Invero, la Corte d’appello non ha ritenuto che, per effetto della condotta dei due investitori (i quali avevano scelto di avvalersi della c.d. “clausola di riservatezza”, rifiutando di fornire all’intermediario notizie utili per delineare il rispettivo “profilo”), fossero venuti meno gli obblighi prescritti dagli articoli 28 e 29 del Regolamento Consob vigente, ma soltanto che l’osservanza dei suddetti obblighi risultava attenuata ovvero “fortemente condizionata”, essendo l’obbligo di assumere le informazioni dagli investitori (informazione passiva) circoscritto alle informazioni disponibili (eta’, professione, propensione al rischio desumibile dai precedenti investimenti).

Questa Corte ha precisato (Cass. 5250/2016) che “in tema di intermediazione mobiliare, l’intermediario finanziario, convenuto nel giudizio di risarcimento del danno per violazione degli obblighi informativi, non e’ esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione di investimento nel caso in cui l’investitore, nel contratto-quadro, si sia rifiutato di fornire le informazioni sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al rischio, nel qual caso l’intermediario deve comunque compiere quella valutazione, in base ai principi generali di correttezza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui egli sia in possesso (come, ad esempio, l’eta’, la professione, la presumibile propensione al rischio alla luce delle operazioni pregresse e abituali, la situazione di mercato)” (conf. Cass. n. 18039/2012).

La sentenza impugnata non si e’ discostata da tali principi.

Ed i ricorrenti nell’articolazione dei plurimi motivi ricorrono ad una tecnica di “scomposizione”, pressoche’ atomistica, del ragionamento espresso dalla Corte territoriale nella motivazione, laddove invece deve darsi rilievo all’intera motivazione, globalmente considerata, al fine di comprendere il senso logico delle affermazioni e soprattutto il peso di ciascuna rispetto al decisum.

7. Con il quarto motivo, si lamenta la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 111 Cost., articolo 132, comma 2, n. 4 e/o articolo 118 disp. att. c.p.c., in relazione alla mancanza di motivazione in ordine alle informative concrete date agli investitori sulle specifiche operazioni di investimento.

8. Il motivo e’ infondato. La sentenza non risulta, infatti, affetta da un vizio di radicale carenza di motivazione o motivazione apparente. Invero, la Corte d’appello ha ritenuto che fosse stata fornita dall’intermediario prova di avere assolto agli obblighi informativi richiesti dalla tipologia degli investimenti (trattandosi di investimenti azionari riguardanti due tra le societa’ a maggiore capitalizzazione del listino di Borsa italiana, che, come confermato dalla consulenza tecnica espletata, avevano un elevato rating).

9. Con il quinto motivo, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 21-23, articoli 26-28-29 Regol. Consob n. 11522/1998, articoli 1453, 1455 e 2697 c.c., in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento della Cassa, consistito nella mancata consegna del documento sui rischi in generale degli investimenti finanziari, ritenuta di scarsa importanza.

10. La doglianza e’, del pari, infondata.

I ricorrenti si dolgono della valutazione di scarsa importanza dell’inadempimento consistente della mancata consegna del documento sui rischi generali degli investimenti, ma non articolano la censura in modo pertinente.

Per quanto, con riferimento a tale documento informativo, si delineasse indubbiamente la necessita’, da parte della banca, di procedere all’incombente prescritto dall’articolo 5, comma 1, lettera b), reg. Consob n. 10943/1997 e articolo 28, comma 1, lettera b), reg. Consob n. 11522/1998 – cio’ nel quadro della richiamata necessita’ di adeguamento dei contratti, conclusi nel 1996 e nel marzo 1998, – ricorrenti non fanno discendere dal denunciato inadempimento specifiche conseguenze in ordine alla risoluzione dei contratti ed al risarcimento del danno.

In particolare, il predetto documento (previsto, appunto, dall’articolo 28 del Reg. Consob del 1998) deve essere consegnato agli investitori “prima della stipulazione del contratto di gestione”, rispetto al quale assolve una funzione strumentale e propedeutica.

Esso consiste in una informativa doverosa ma preliminare e sommaria che serve a rendere il cliente piu’ consapevole rispetto ai rischi dell’investimento e del mandato gestorio conferito alla banca (senza assolvere quest’ultima dalle conseguenze del compimento di operazioni inadeguate: v. articolo 29 del medesimo Regolamento, cfr. Cass. 3889/2014).

Ora, la Corte di merito ha escluso che ricorresse un grave inadempimento della banca, rilevante ai fini della pronuncia di risoluzione, atteso che la stessa banca, a fronte del rifiuto dei clienti di fornirle informazioni riguardo al loro profilo di investitori, aveva dato corso ad operazioni che, in ragione delle indicazioni in loro possesso, apparivano pienamente adeguate.

Per aggredire detta ratio decidendi i ricorrenti avrebbero dovuto dedurre che proprio in ragione della mancata consegna del documento sui rischi generali degli investimenti essi erano stati indotti a porre in atto operazioni da cui, in caso contrario, si sarebbero astenuti: ma la censura qui in esame non e’ articolata in tal modo e non si fonda, come invece dovrebbe, sugli effetti del denunciato inadempimento.

Quanto al profilo risarcitorio, la Corte ha escluso la stessa esistenza dei danno.

11. I ricorrenti lamentano, poi, con il sesto motivo, la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 111 Cost., articolo 132, comma 2, n. 4 e/o articolo 118 disp. att. c.p.c., stante la motivazione apparente e/o manifestatamente contraddittoria in ordine all’addebito alla banca della mancata consegna del documento sui rischi in generale, e, con l’undicesimo motivo, la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 111 Cost., articolo 132, comma 2, n. 4 e/o articolo 118 disp. att. c.p.c., per avere, con motivazione apparente e/o manifestatamente contraddittoria, escluso la sussistenza in concreto del nesso di causalita’ tra il danno lamentato e la condotta inadempiente della banca, consistita nella mancata consegna del documento sui rischi in generale negli investimenti finanziari.

12. Le censure, da trattare unitariamente, in quanto connesse, sono infondate.

La sentenza non risulta, infatti, affetta da un vizio di radicale carenza di motivazione o motivazione apparente. Invero, la Corte d’appello ha ritenuto che il solo inadempimento dell’obbligo di consegnare agli investitori il documento sui rischi in generale degli investimenti in strumenti finanziari non avesse carattere di gravita’ o di rilievo decisivo sotto il profilo del nesso di causalita’, al fine di fondare una pronuncia di risoluzione o anche solo di condanna al risarcimento del danno valutata “la vicenda nel suo complesso” (anche dunque con riguardo alla tipologia degli investimenti azionari) e considerata la condotta degli investitori “di ostacolo”, per avere rifiutato gli stessi di fornire informazioni sul proprio profilo di rischio.

Come osservato dalle S.U. di questa Corte (Cass. S.U. 22232/2016) “La motivazione e’ solo apparente, e la sentenza e’ nulla perche’ affetta da “error in procedendo”, quando, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le piu’ varie, ipotetiche congetture”.

In realta’, i motivi sottendono una censura di insufficienza motivazionale che non puo’ essere piu’ avanzata, in sede di legittimita’, attesa la nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.

Si tratta di una motivazione che non puo’ considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione, proprio criticando la congruita’ del criterio di rideterminazione dei maggiori ricavi non dichiarati, operato dall’Ufficio, in rapporto alla specifica attivita’ dell’impresa.

13. Con il settimo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 21-23, articoli 26-28-29 Regol. Consob n. 11522/1998, articoli 1453, 1455 e 2697 c.c., sempre in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento della Cassa consistito nella mancata consegna del documento sui rischi in generale degli investimenti finanziari.

14. Il motivo e’ inammissibile.

In esso, i ricorrenti si dolgono sempre della statuizione di scarsa importanza dell’inadempimento dell’intermediaria consistito nella mancata consegna del documento sui rischi in generale degli investimenti in strumenti finanziaria e deducono che, con riguardo proprio al nesso causale tra inadempimento e danno, la Corte non avrebbe correttamente vagliato il rilievo che concretamente avrebbe avuto la mancata consegna del nominato documento sul prodursi del danno lamentato, atteso che, in detto documento, era evidenziato il principio di diversificazione degli investimenti, secondo cui il rischio specifico puo’ essere diminuito attraverso la suddivisione del proprio investimento tra titoli emessi da diversi emittenti.

Ora, ai fini della specificita’, i ricorrenti dovevano indicare in quale sede essi avevano prospettato tate puntuale questione nel giudizio di merito, atteso che la sentenza impugnata non contiene riferimenti a tale specifica doglianza.

15.Con l’ottavo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 21-23, articoli 26-28-29 Regol.Consob n. 11522/1998, articoli 1223 e/o 1218 c.c., articoli 1453 e/o 1455 c.c., articoli 2697, 2727, 2729 c.c., avendo la Corte d’appello ritenuto insussistente il nesso di causalita’ tra il danno lamentato e la condotta inadempiente della banca, consistita sia nella mancata consegna del documento sui rischi in generale negli investimenti finanziari sia sulla violazione degli obblighi informativi, essendo di ostacolo il fatto che gli investitori si fossero avvalsi della clausola di riservatezza.

16. La doglianza e’, in parte, infondata ed, in parte, inammissibile. Quanto al nesso eziologico tra inadempimento degli obblighi informativi e danno, vanno richiamate le considerazioni svolte sul terzo motivo. La Corte d’appello ha ritenuto non sussistente l’inadempimento lamentato agli obblighi informativi.

Quanto al nesso eziologico tra mancata consegna del documento sui rischi in generale (unico effettivo inadempimento rilevato dalla Corte territoriale) e danno, vanno richiamate le considerazioni svolte in risposta al quinto e settimo motivo.

17. Con il nono motivo, i ricorrenti lamentano l’omesso esame, e articolo 360 c.p.c., n. 5, non avendo la Corte d’appello preso in esame le plurime violazioni degli obblighi informativi da parte della banca (in punto di “perdita del monopolio della (OMISSIS), diversificazione degli investimenti perche’ concentrati su un unico titolo azionario e mancata profilatura” degli investitori), ai fini della valutazione del nesso eziologico con il danno lamentato.

18. Il motivo e’ infondato.

Invero non vi e’ stato omesso esame dei fatti storici lamentati da parte della Corte territoriale: in particolare, la Corte ha evidenziato, quanto alle carenze informative lamentate, che la perdita del 50% interesso’ unicamente le azioni (OMISSIS) e si registro’ a cavallo degli anni 20022003, allorche’ i rapporti contrattuali con la Cassa di Risparmio si erano da tempo (nell’agosto 2000) interrotti.

Quanto alla perdita del monopolio di (OMISSIS) sulla rete fissa nazionale, successivamente al primo trimestre del 2000, al di la’ di ogni valutazione sull’effettiva incidenza di tale fatto sulla perdita delle azioni per cui e’ causa (e quindi sulla decisivita’ del fatto storico stesso), la Corte ha ritenuto piu’ significativo l’elevato rating di cui godevano le azioni (OMISSIS), nel 2000 (e l’ultimo acquisto risale al marzo 2000).

19. Con il decimo motivo, e’ denunciata la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 111 Cost., articolo 132, comma 2, n. 4 e/o articolo 118 disp. att. c.p.c., non avendo la Corte d’appello motivato sulla domanda di risoluzione per inadempimento dei singoli ordini per operazioni su strumenti finanziari.

20. Il motivo e’ infondato. Invero, non vi e’ stata omessa pronuncia sulla domanda di risoluzione dei singoli ordini di investimento, avendo la Corte territoriale ritenuto comunque insussistenti i presupposti della grave inadempienza, sia in relazione ai contratti-quadro, sia alle singole operazioni di investimento attuative.

21. Quindi i ricorrenti lamentano, con il dodicesimo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 21 e 23, articoli 26-28-29 Regol. Consob n. 11522/1998, articoli 2697, 2733, 2734, 2735, 1223, 1218 c.c. e con il tredicesimo motivo, l’omesso esame, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con riferimento a due documenti acquisiti al processo (doc.ti 27-28 in primo grado), non presi in esame dalla Corte territoriale, sottoscritti da (OMISSIS), dai quali risulterebbe l’ammissione da parte della Cassa dell’inadeguatezza delle relative operazioni di investimento del 9 e 15 marzo 2000.

22. I motivi, da trattare unitariamente perche’ connessi, sono inammissibili.

Invero, la Corte territoriale ha confermato la valutazione operata dal Tribunale, che, nel ritenere adeguate le operazioni di investimento (e disinvestimento), ha escluso che dai due documenti (recanti una doppia sottoscrizione apposta dal (OMISSIS), la seconda all’interno della “dichiarazione integrativa”, relativa a varie tipologie di situazioni, non adeguatezza, collocamento di strumenti finanziari, conflitto di interessi) potesse dedursi un’ammissione della Banca sull’inadeguatezza delle operazioni, “non risultando in alcun modo specificata, mediante barra tura di una delle varie caselle, la ragione dell’eventuale inadeguatezza”.

Quanto dedotto dai ricorrenti non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, cosicche’ il riferimento alle norme speciali risulta palesemente inconferente, giacche’ quel che viene in discussione e’ unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si e’ trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della corte territoriale.

23. I ricorrenti denunciano poi, con il quattordicesimo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, Decreto Legislativo n. 53 del 1998, articoli 21-23, articoli 26-28-29 Regol.Consob n. 11522/1998, articoli 1223 e/o 1218 c.c., articolo 2697 c.c. e, con il quindicesimo, il sedicesimo ed il diciottesimo motivo, l’omesso esame, ex articolo 360 c.p.c., comma 5, di fatto decisivo, poiche’ la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto, nel giudizio di adeguatezza degli investimenti, del fatto che gli ordini erano inadeguati in relazione ai profilo di rischio degli investitori quantomeno sotto il profilo dimensionale, ne’ avrebbe considerato ai fini del giudizio di adeguatezza la composizione del portafoglio di ciascun ricorrente al momento delle operazioni per cui e’ causa ovvero la mancata diversificazione dell’investimento ovvero la deposizione del teste (OMISSIS) in primo grado in ordine profilo di rischio meramente conservativo del ricorrente (OMISSIS).

24.1 motivi sono inammissibili.

La valutazione dell’adeguatezza delle operazioni, ai sensi dell’articolo 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, ha carattere relativo, implicando un confronto tra le caratteristiche intrinseche dell’investimento proposto (tipologia, oggetto, frequenza o dimensione), cui fa riferimento il comma 1, ed il profilo di rischio dell’investitore, richiamato dal comma 2 attraverso il rinvio all’articolo 28, e puo’ quindi condurre a ritenere adeguato anche un investimento rischioso, ove dalle informazioni acquisite in ordine all’esperienza dell’investitore, alla sua situazione finanziaria, ai suoi obiettivi d’investimento ed alla sua propensione al rischio emerga che la forma d’impiego prescelta, oltre ad apparire compatibile con i mezzi economici di cui egli dispone, corrisponda effettivamente ai suoi intendimenti, nell’ambito di una scelta “consapevole” (cfr. Cass. 23417/2016).

Gli obblighi informativi posti a carico degrintermediari finanziari, hanno ad oggetto, da un lato, l’acquisizione delle notizie necessarie per la ricostruzione del profilo di rischio dell’investitore (c.d. informazione passiva: articolo 28, comma 1, lettera a, del Regolamento) e, dall’altro, la fornitura di informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione (c.d. informazione attiva: articolo 28, comma 2) e mirano a consentire all’intermediario d’individuare e proporre le forme d’investimento piu’ appropriate al profilo dell’investitore, senza tuttavia dispensare quest’ultimo dall’onere di valutare autonomamente le soluzioni proposte, ma assicurando anzi che egli sia posto nelle condizioni migliori per effettuare una scelta “consapevole” (Cass. 23417/2016).

L’inadeguatezza dell’operazione comporta un alleggerimento dell’onere probatorio gravante sull’investitore, ai fini dell’esercizio dell’azione risarcitoria (non nei senso che il danno derivante dall’inadempimento degli obblighi informativi possa considerarsi in re ipsa, ma in quello, piu’ limitato, di consentire l’accertamento, in via presuntiva, del nesso di causalita’): anche in presenza di operazioni adeguate, la mancata fornitura di informazioni esaurienti ed appropriate in ordine alla tipologia ed alle caratteristiche dell’impiego suggerito costituisce un indice dell’avvenuta effettuazione di una scelta non consapevole da parte dell’investitore, i cui effetti pregiudizievoli non sono pertanto ascrivibili alla sua volonta’.

Ora, la Corte d’appello ha ritenuto che le operazioni contestate fossero adeguate, anche sotto il profilo dimensionale (e sulla mancata diversificazione dell’investimento per ciascun ricorrente, concentrato su di un unico titolo azionario), al profilo di rischio degli investitori, in rapporto alle informazioni sugli stessi di cui disponeva la banca, considerato che non poteva ritenersi del tutto sconsigliabile, quantomeno in astratto, concentrare il 100% dell’investimento sui titoli azionari e tenuto conto comunque, nello specifico, del fatto che gli investitori avevano fatto ricorso, in precedenza, “all’investimento in titoli azionari, a tratti costituente il 100/ del loro portafoglio”, che essi possedevano un certo grado di cultura, per titolo di studio e professione, cosi’ da poter comprendere i rischi degli investimenti azionari, l’investimento aveva riguardato due societa’ “a maggiore capitalizzazione del listino di Borsa italiana e…con un elevato rating”.

Inoltre, la Corte ha rilevato che le perdite lamentate si erano verificate a distanza di anni dall’acquisto dei titoli azionari (essendo stati i dossier titoli presso la Cassa di Risparmio chiusi nell’agosto 2000).

Quanto dedotto dai ricorrenti non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, cosicche’ il riferimento alle norme speciali risulta palesemente inconferente, giacche’ quel che viene in discussione e’ unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si e’ trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della corte territoriale che il riferimento alla documentazione prodotta ed alle prove orali assunte rende adeguatamente motivata.

Ne’ puo’ parlarsi di omesso esame di fatti storici decisivi, avendo la Corte d’appello preso in esame i punti in contestazione (in primis, le risultanze documentali e della CTU espletata).

25. Con il diciottesimo motivo, si lamenta poi la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, articolo 30 Regol. Consob n. 11522/1998, articoli 1325, 1326, 1335, 1350, 1418 c.c., con riferimento alla ritenuta insussistenza di una prescrizione normativa in ordine all’obbligo di adeguamento dei contratti quadro del novembre 1996 e marze 1998 entro il 30/6/1998 alle prescrizioni di cui all’articolo 23 del TUF e articolo 30 Regol. Consob n. 11522/1998.

26. Il motivo e’ infondato.

Questa Corte, con la sentenza n. 7067/2016, ha gia’ chiarito, proprio con riferimento ad una censura di nullita’ sopravvenuta del contratto-quadro sulla base della mancata rinnovazione della volonta’ contrattuale in conformita’ alla disciplina imperativa sopravvenuta di cui al Decreto Legislativo del 1996 (c.d. Eurosim) ed all’articolo 23 TUF del 1998 e dell’articolo 30 del relativo Regolamento Consob attuativo, che l’obbligo di rinnovazione del contratto e’ stato introdotto solo nel 2004, con la direttiva MiFid, e che lo ius superveniens del Testo unico sull’intermediazione finanziaria, pur modificando in parte i presupposti ed i requisiti anche formali del contratto-quadro, non per questo ha caducato i contratti regolarmente stipulati nel vigore della L. n. 1 del 1991, in applicazione dell’ordinaria disciplina della successione delle leggi nel tempo, cosicche’ anche gli ordini di acquisto emessi nei vigore di quest’ultima legge, come pure quelli acquistati successivamente all’entrata in vigore del Testo unico di intermediazione finanziaria, restano validi in quanto conformi al contratto-quadro, non infirmato dallo ius superveniens.

La decisione impugnata risulta del tutto conforme al suddetto principio di diritto.

27. Con il diciannovesimo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, articoli 1352, 1362, 1367, 1324, 2697 e 2702 c.c., con riferimento alla statuizione inerente al rigetto della domanda di nullita’ dei singoli ordini di investimento e disinvestimento per difetto di forma scritta, malgrado quanto prescritto dai contratti quadro.

28. Anche tale doglianza e’ infondata.

Nella specie, l’assunto dei ricorrenti, in ordine alla necessita’ della forma scritta per i singoli ordini di investimento attuativi dell’accordo quadro tra banca intermediaria ed investitore, sulla base proprio di quanto stabilito negli accordi-quadro del 1996 e del 1998, non risulta fondato.

La Corte d’appello ha rilevato che ne’ la normativa in vigore ne’ i contratti-quadro prevedevano la necessita’ della forma scritta per i singoli ordini di acquisto /o di vendita di prodotti finanziari (e comunque per due operazioni vi erano in atti gli ordini sottoscritti dagli investitori (OMISSIS), doc.ti 15 e 28 fasc. Cassa di Risparmio), dando poi rilievo al fatto che gli investitori dopo avere ricevuto le lettere di conferma dell’esecuzione dei singoli ordini, dai quali si evincevano le operazioni effettuate sul loro portafoglio titoli, nulla avevano contestato (avendo avanzato le loro pretese solo nel giudizio, a distanza di moti anni), con conseguente convalida del comportamento dell’intermediario.

Ora, dalla stessa decisione impugnata, nonche’ dalla nota a pag. 71 del ricorso, nella quale sono ritrascritti, in parte, l’atto di citazione e l’atto di appello, e dalla pag. 72, si evince che gli investitori facevano riferimento a clausola degli accordi quadro nella quale era previsto che “gli ordini sono impartiti di norma per iscritto” e che, ove impartiti telefonicamente, “ne fa piena prova la relativa annotazione sui registri della Cassa di Risparmio” (nella specie non prodotti in giudizio dalla banca).

Questa Corte ha avuto gia’ modo di esprimersi nel senso che il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, secondo cui i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento debbono essere redatti per iscritto a pena di nullita’ del contratto, deducibile solo dal cliente, attiene al contratto quadro, che disciplina lo svolgimento successivo del rapporto diretto alla prestazione del servizio di negoziazione di strumenti finanziari, e non ai singoli ordini di investimento (o disinvestimento) che vengano poi impartiti dal cliente all’intermediario, la cui validita’ non e’ soggetta a requisiti di forma, non rilevando che l’intermediario abbia violato le regole di condotta concernenti le informazioni (attive e passive) nei confronti del cliente (Cass. 13 gennaio 2012, n. 384; Cass. 22 dicembre 2011, n. 28432; nel medesimo senso della non estensione dell’obbligo di forma ai singoli ordini, piu’ di recente: Cass. 2 agosto 2016, n. 16053; Cass. 29 febbraio 2016, n. 3950; Cass. 19759/2017). Questa Corte (Cass. 16053/2016) ha peraltro chiarito che “in tema di intermediazione finanziaria, la forma scritta e’ prevista dalla legge per il contratto quadro e non anche per i singoli ordini, a meno che non siano state le parti stesse a prevederla per la sua validita’ ai sensi dell’articolo 1352 c.c., assumendo, in tale ultima ipotesi, la finalita’ di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell’investitore, di garantire all’operatore la serieta’ di quell’ordine e di permettergli una piu’ agevole prova della richiesta ricevuta, sicche’ l’intermediario puo’ legittimamente rifiutare l’esecuzione di un ordine non impartito per iscritto e la nullita’ dello stesso, per carenza del requisito della forma scritta convenzionale, puo’ essere fatta valere da entrambi i contraenti” (cfr. Cass. 25335/2018, nella quale peraltro si e’ dato atto della formazione di un giudicato interno sulla statuizione del giudice di merito in ordine alla necessita’ pattizia della forma scritta per i singoli ordini, cassandosi poi la successiva statuizione della Corte territoriale relativa alla possibilita’ di ratifica o convalida per mancata contestazione da parte dell’investitore).

In tal caso, infatti, il principio di cui all’articolo 1352 c.c., secondo cui la forma convenuta dalle parti per la futura stipulazione di un contratto si presume pattuita ad substantlam, e’ estensibile, giusta il richiamo operato dall’articolo 1324 c.c., agli atti che seguono a quella stipulazione, come nell’ipotesi degli ordini suddetti, aventi natura negoziale (v. Cass. n. 3950 del 2016). Sempre questa Corte, nella pronuncia 10822/2016 (richiamata dai ricorrenti), ha affermato che, trattandosi di forma convenzionale ad substantiam, che non ammette equipollenti, non rileva che l’investitore fosse aliunde venuto a conoscenza o avesse acconsentito all’acquisto del prodotto finanziario, come invece invocato dalla banca e che “ove nel contratto quadro sia prevista una clausola che preveda per l’ordine di acquisto “di norma” la forma scritta, deve dichiararsi l’invalidita’ dell’ordine meramente verbale, fermo restando che l’ordine telefonico dev’essere registrato su supporto magnetico (vd. anche l’articolo 60 del Regol. Consob n. 11522 del 1998) e quello inviato tramite internet dev’essere specificamente attestato dalla banca”.

Nella pronuncia n. 28432/2011, tuttavia, questa Corte aveva gia’ precisato che “l’ulteriore norma dettata dal secondo comma dell’articolo 60 del regolamento Consob vigente all’epoca dei fatti di causa – n. 11522/1998 -, nel fare obbligo agli intermediari di registrare su nastro magnetico o su altro supporto equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dagli investitori, per un verso serve a ribadire la piena legittimita’ di ordini telefonici e, per altro verso, si limita a dettare una regola destinata a garantire ex post la ricostruibilita del contenuto di tali ordini”, vale a dire “una regola, cioe’, operante sul piano della prova, ma non certo volta ad introdurre una qualsivoglia prescrizione di forma ad substantiam acti” (conf. Cass. 25212/2015).

E, come rilevato nella pronuncia n. 3088/2018, non va confuso il piano della forma (che nella specie riguarda la possibilita’ degli ordini orali di acquisto e di vendita all’intermediario) con quella della prescrizione (convenzionale, dettata dal contratto quadro) sulla documentazione di tale forma (ossia, con l’annotazione della telefonata su di un apposito registro tenuto dalla banca), atteso che, per quanto oggetto di convenzione inter partes, ai sensi dell’articolo 1352 c.c., l’ordine orale (impartito dall’investitore all’intermediario) tale resta anche se di esso si prescrive un successivo adempimento formale (l’annotazione predetta) a cura del ricevente, su appositi registri, idonei ad agevolare la prova dell’esistenza e delia consistenza di quegli ordini, senza che per questo si operi una trasformazione della forma orale in altra e diversa, neppure sub specie di forma ad probationem.

In detta pronuncia si e’ pertanto affermato il seguente principio di diritto: “in tema di intermediazione finanziaria, ove la previsione contenuta nel contratto quadro richiami, ai sensi dell’articolo 1352 c.c., la possibilita’ di dare all’intermediario ordini orali inerenti alle negoziazioni in valori mobiliari impartiti telefonicamente dal cliente, imponendo alla banca intermediaria di annotare l’ordine telefonico su un apposito registro, la prescrizione relativa all’annotazione sul registro non costituisce, un requisito di forma, sia pure ad probationem, degli ordini suddetti ma uno strumento atto a facilitare la prova – altrimenti piu’ difficile – dell’avvenuta richiesta di negoziazione dei valori, con il conseguente esonero da ogni responsabilita’ quanto all’operazione da compiere”.

Ora, la clausola invocata dai ricorrenti stabiliva che gli ordini fossero conferiti “di norma per iscritto”, non dunque “necessariamente” per iscritto, con conseguente validita’ di ordini conferiti in forma verbale, prevedendo infatti che gli ordini potessero essere impartiti anche telefonicamente; di conseguenza e’ del tutto infondata la tesi dei ricorrenti circa l’esistenza, nel caso di specie, di un obbligo di forma scritta ad substantiam, essendo tale obbligo escluso dalla contemplata facolta’ di impartire ordini per via telefonica e la modalita’ di annotazione non rappresenta un requisito forma, trattandosi di adempimento dettato al solo fine di agevolare la prova della richiesta di negoziazione dei valori mobiliari.

29. Infine, con il ventesimo motivo, si lamenta la nullita’ della sentenza, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione tra il chiesto ed il pronunciato ex articolo 112 c.p.c., avendo la Corte d’appello omesso di pronunciare sul secondo motivo di gravame rubricato “disconoscimento dei documenti sub 17 (rectius, 27), 8, 16, 9, violazione e/o falsa applicazione articolo 2712 c.c. e/o articolo 2719 c.c. e/o Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 21-23 e/o articoli 26-28-29 Regol. Consob n. 11522/1998”.

30. Il motivo e’, in parte, inammissibile ed, in parte, infondato.

Non ricorre il vizio di omessa pronuncia in quanto il secondo motivo di appello e’ stato respinto dalla Corte d’appello, che ha ritenuto non necessaria la forma scritta ad substantiam per i singoli ordini di investimento, con conseguente irrilevanza dei disconoscimenti (della conformita’ all’originale delle fotocopie prodotte) degli eventuali ordini scritti prodotti in giudizio ed assorbimento della specifica doglianza (peraltro solo il doc.to 27, come si evince dalla trascrizione, nella nota 80 a pag. 73 del ricorso, dell’atto di appello, riguardava un ordine per operazione su strumenti finanziari, in data 9/3/2000, atteso che i doc.ti 16, 8 e 9 concernevano la movimentazione del deposito titoli e della gestione patrimoniale).

Ne’ ricorrono le lamentate violazioni di legge, in quanto, come chiarito da questa Corte (Cass. 24456/2011; Cass. 14950/2018), in tema di prova documentale, il disconoscimento, ai sensi dell’articolo 2719 c.c., della conformita’ tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’articolo 215 c.p.c., comma 1, n. 2, in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilita’ della scrittura, la contestazione di cui all’articolo 2719 c.c., non impedisce al giudice di accertare la conformita’ della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.

17. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 10.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonche’ rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.