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in tema di intermediazione finanziaria, il riparto dell’onere probatorio nelle azioni di responsabilita’ per danni subiti dall’investitore – in cui deve accertarsi se l’intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione, dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998 e dalla normativa secondaria impone innanzitutto all’investitore stesso di allegare l’inadempimento delle citate obbligazioni da parte dell’intermediario, nonche’ di fornire la prova del danno e del nesso di causalita’ fra questo e l’inadempimento, anche sulla base di presunzioni, mentre l’intermediario deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte, e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito “con la specifica diligenza richiesta””. L’articolo 23, comma 6 del TUF attiene dunque all’onere della prova della diligenza adoperata dall’intermediario nel fornire la propria prestazione, ma non incide sugli altri elementi costitutivi della pretesa risarcitoria e quindi, tantomeno, sull’onere di fornire la prova dell’esistenza del contratto, in relazione al quale e’ chiesta la tutela.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 6 giugno 2018, n. 14688
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6353/2013 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1344/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 26/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/04/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Torino, con sentenza n. 1344/2012 del 26/7/2012, – pronunciata in un giudizio promosso da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., al fine di ottenere la declaratoria di nullita’, per violazione di norme imperative (violazione degli obblighi informativi previsti a tutela del risparmio, in particolare dall’articolo 21 del TUF e articoli 27 e 36 del Regolamento Consob 16190/2007), ovvero di annullamento, per dolo da parte della Banca o per errore dell’attuale ricorrente su una qualita’ essenziale dell’oggetto del contratto (l’indice di rischio e la forte esposizione finanziaria del prodotto assicurativo), ovvero ancora di risoluzione, congiuntamente o alternativamente, di due contratti, dei quali uno di consulenza, concluso tra le parti in data 14 Aprile 2008, l’altro di Assicurazione sulla vita (OMISSIS), denominato ” (OMISSIS)”, proposto dall’odierna controricorrente, banca intermediaria, e stipulato dalla (OMISSIS), in data 8 Aprile 2008, con la societa’ emittente, la (OMISSIS) AG ( (OMISSIS)), per la condotta gravemente inadempiente della banca convenuta, e la condanna di quest’ultima al pagamento di una somma a titolo di risarcimento dei danni, – in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto, nel merito, anche la domanda di risarcimento danni avanzata dalla (OMISSIS).
In particolare, i giudici di secondo grado, confermate le statuizioni di primo grado in ordine al rigetto delle domande di annullamento e risoluzione del contratto di consulenza, stante la mancanza di prova circa l’esistenza del contratto avente ad oggetto il servizio di consulenza per l’operazione relativa al negozio di assicurazione (prodotto finanziario-assicurativo), e di rigetto delle domande di annullamento e risoluzione del contratto assicurativo, per carenza di legittimazione passiva dell’intermediaro finanziario convenuto, mero incaricato alla distribuzione di un prodotto riferibile alla emittente (OMISSIS) AG, hanno respinto anche la domanda di risarcimento dei danni, connessa e subordinata alla domanda di nullita’ del contratto assicurativo, non esaminata dal Tribunale, il quale aveva ritenuto fosse stata rinunciata (come pure quella di nullita’ del contratto assicurativo), in quanto non riproposta nell’istanza di fissazione di udienza, ed hanno confermato il rigetto delle domande di risoluzione e di condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla risoluzione del suddetto negozio.
Avverso tale pronuncia propone ricorso in Cassazione, con quattro motivi, (OMISSIS). La (OMISSIS) s.p.a. resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente, con il primo motivo, lamenta, in primo luogo,
l’omessa pronuncia, da parte della Corte di merito, in relazione alle domande relative al “contratto di collocamento e di intermediazione finanziaria datato 14 Aprile 2008”, con conseguente violazione degli articoli 21, 23 e 25 bis del TUF, con particolare riferimento alla domanda di nullita’ del contratto per mancanza di forma scritta, ritenuta tardiva in quanto specificata solo nella prima memoria di replica, e, in secondo luogo, l’insufficiente e contraddittoria motivazione sull’asserita rinuncia a tutti i profili di nullita’ dei contratti oggetto di causa, a seguito della precisazione svolta in udienza, con richiamo alla sentenza delle SSUU n. 26724/2007, in merito all’ipotesi di cd. “nullita’ virtuale” per violazione di norma imperative, la sola rinunciata dalla (OMISSIS), con conseguente omessa pronuncia, in relazione all’articolo 112 c.p.c., sui restanti profili di nullita’ non riconducibili alla disciplina della “nullita’ virtuale” e non specificamente rinunciate dall’attuale ricorrente.
2. La censura e’ infondata.
Per quel che attiene il vizio di omessa pronuncia, in particolare, la Corte d’appello non si e’ espressa sulle domande relative al contratto di collocamento e di intermediazione finanziaria poiche’ le predette non formavano oggetto del giudizio. Dalla sentenza gravata, infatti, emerge che i contratti in causa fossero due, in particolare, il presunto contratto di consulenza tra la (OMISSIS) e la Banca intermediaria ed il contratto assicurativo, stipulato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) AG ( (OMISSIS)). Inoltre, la domanda di nullita’ dei “contratti” oggetto di causa, per mancanza di forma scritta, specificata nella memoria di replica, dunque ritenuta tardiva dalla Corte di merito, era relativa al contratto di consulenza e non al contratto di collocamento e di intermediazione finanziaria, come precisato dalla Corte distrettuale. Ne’ la parte deduce in quali atti del giudizio di primo grado essa avrebbe introdotto tale thema decidendum, non risultante dalla sentenza impugnata.
Ad ogni modo, dagli atti emerge che la domanda di nullita’, fondata, con l’atto introduttivo di citazione del giudizio di primo grado, esclusivamente sulla violazione di norme imperative, si riferisce ai “contratti”, in particolare, “il contratto concluso tra le parti – l’asserito contratto di consulenza – e l’operazione oggetto di lite – il contratto finanziario-assicurativo (in mancanza di difese specifiche l’asserita nullita’ del contratto finanziario-assicurativo viene ritenuta dalla parte come una conseguenza della nullita’ del contratto di consulenza per la violazione di norme di legge e regolamentari che regolano l’operato degli intermediari finanziari)”, ed emerge, altresi’, che il Tribunale si era espresso in relazione al primo dei predetti contratti, la cui esistenza non era stata provata dalla (OMISSIS), ed anche in relazione al contratto assicurativo, essendo stata rilevata carenza di legittimazione passiva in capo alla Banca intermediaria.
La Corte di Appello si e’ pronunciata, poi, sui profili relativi alla richiesta di risarcimento dei danni, non esaminati in primo grado, rigettando le domande nel merito.
In relazione, infine, alla domanda di nullita’ dei contratti (consulenza ed assicurativo) oggetto del giudizio per mancanza di forma scritta (profilo che, secondo quanto e’ dato comprendere dal ricorso per cassazione, non avrebbe formato oggetto di rinuncia in primo grado, avendo la parte rinunciato alle sole domande di nullita’, originariamente avanzate, per violazioni di diverse norme imperative), dal ricorso non e’ dato comprendere se la medesima fosse stata proposta in sede di memoria di replica Decreto Legislativo n. 5 del 2003, ex articolo 6 ovvero in sede di memoria di replica alla conclusionale depositata dalla (OMISSIS) in grado di appello (come risulta dalla decisione della Corte d’appello).
Vero che questa Corte a S.U. (Cass. n. 26242/2014) ha chiarito che “il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullita’ contrattuale deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di quest’ultima diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicche’ e’ individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio” e che “il rilievo “ex officio” di una nullita’ negoziale deve ritenersi consentito, sempreche’ la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione piu’ liquida”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione), senza, per cio’ solo, negarsi la diversita’ strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, poiche’ tali azioni sono disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo, affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullita’ contrattuale”.
Nella sentenza coeva n. 26243/2014, tuttavia, le Sezioni unite hanno precisato ed aggiunto che “la domanda di accertamento della nullita’ di un negozio proposta, per la prima volta, in appello e’ inammissibile ex articolo 345 c.p.c., comma 1, salva la possibilita’ per il giudice del gravame – obbligato comunque a rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullita’, ferma la sua necessaria indicazione alle parti ai sensi dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, – di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullita’ legittimamente formulata dall’appellante, giusta il citato articolo 345, comma 2”.
Alla luce di tale indirizzo, questa Corte (Cass. 5249/2016), nel ribadire tale principio di diritto, ha affermato altresi’ (richiamando Cass. S.U. 10531/2013) che “le eccezioni in senso lato sono rilevabili d’ufficio o proponibili dalla parte interessata anche in appello, ove i fatti sui quali si fondano, sebbene non precedentemente allegati dalla stessa parte, emergano dagli atti di causa” (e la Corte ha ritenuto inammissibile una domanda nuova, di nullita’ del contratto quadro, formulata in appello, a fronte dell’originaria domanda di nullita’ dei singoli ordini di investimento in strumenti finanziari).
Nella specie, allo stesso modo, il giudice d’appello non poteva accogliere una domanda nuova di dichiarazione di nullita’ dei contratti per difetto di forma scritta ne’ poteva dichiarare d’ufficio detta nullita’. Ne’ risultava utile il rilievo d’ufficio della nullita’, sub specie di eccezione, costituendo la declaratoria di nullita’ totale la base fondante dell’accoglimento della domanda di ripetizione dell’intero importo erogato alla banca.
Ad ogni modo, quanto al contratto di consulenza e’ stato accertato, nei gradi di merito, che la (OMISSIS) non avesse provato neppure l’esistenza del contratto (ed il Tribunale aveva anche precisato che la normativa vigente all’epoca non richiedeva la forma scritta “per il contratto di consulenza in materia finanziaria”, pag.13 della sentenza impugnata) e la domanda di nullita’ per difetto di forma scritta presuppone che sia data prova del prius logico rappresentato dal venire in essere di un contratto tra le parti. Quanto invece al contratto assicurativo, nei gradi di merito e’ stata affermata la carenza di legittimazione passiva dell’intermediario convenuto e detta statuizione non risulta impugnata.
I vizi motivazionali, correlati alle domande di nullita’ sopra esposte, sono di conseguenza assorbiti.
3. La ricorrente lamenta, con il secondo motivo, l’omessa pronuncia, ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., e/o l’insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla domanda di annullamento dei contratti oggetto di causa per vizio del consenso ex articolo 1427 c.c., in quanto la (OMISSIS) sarebbe incorsa in errore circa una qualita’ essenziale dell’oggetto, peraltro, del solo contratto di assicurazione (per come riportato a pag.17, la “Polizza assicurativa sulla vita”), quale un indice di rischio tale da far considerare il negozio predetto un complesso strumento finanziario, privo di alcuna peculiarita’ previdenziale e/o assicurativa.
Ora, la Corte di appello si e’ pronunciata su tale domanda di annullamento, rilevando, al par. 4, che essendo le doglianze riferite al solo contratto di assicurazione, il motivo era comunque “infondato”, in quanto l’appellante non aveva censurato la statuizione di carenza di legittimazione passiva dell’intermediario convenuto in giudizio rispetto al suddetto contratto.
I vizi motivazionali, alla luce delle argomentazioni esaustive della Corte d’appello, sono infondati.
Per quel che attiene la domanda di annullamento dei contratti di negoziazione e di collocamento, la Corte di merito non si e’ pronunciata sul punto poiche’ i medesimi non sono mai stati oggetto di giudizio. Dalla sentenza gravata, infatti, emerge che i contratti in causa fossero due, in particolare il presunto contratto di consulenza tra la (OMISSIS) e la Banca intermediaria, ed il contratto assicurativo stipulato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) AG ( (OMISSIS)).
Si fa menzione del contratto di collocamento, ma non in quanto oggetto di un’autonoma domanda di annullamento, bensi’ solo perche’ posto, dall’appellante, a fondamento dell’esistenza del contratto di consulenza. Infatti, la Corte d’appello espressamente afferma: “La prova dell’esistenza del contratto di consulenza, inoltre, non puo’ trarsi dalla proposta del contratto di assicurazione e dal contratto di collocamento in quanto trattasi di atti negoziali che sono diversi dall’invocata consulenza (la consulenza e’ un autonomo servizio di investimento, riguardo ad una o piu’ operazioni relativa ad un determinato strumento finanziario ed e’ caratterizzata dalla “raccomandazione personalizzata”, in quanto presentata come adatta per il cliente o basata sulle caratteristiche del cliente) e non presuppongono necessariamente la consulenza”.
4. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione al principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, e delle norme sul giusto processo, in particolare gli articoli 43 e 111 Cost. e articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonche’ l’insufficiente e contradittoria motivazione circa la domanda di risarcimento dei danni a seguito di inadempimento contrattuale e/o responsabilita’ precontrattuale da riconoscersi in capo alla banca intermediaria.
I motivi non meritano accoglimento, avendo la Corte d’appello pronunciato sulle domande risarcitorie, respingendole, rilevando: 1) riguardo a quelle correlate ad inesatto adempimento ovvero a domanda di risoluzione per grave inadempimento del contratto di consulenza, che non era stata neppure fornita prova della esistenza del suddetto contratto; 2) quanto al contratto di assicurazione, la conferma della statuizione circa la carenza di legittimazione passiva della banca intermediaria convenuta, in difetto di impugnazione, implicava necessariamente il rigetto delle connesse pretese risarcitorie svolte nei confronti della medesima parte.
5. Infine, con il quarto motivo, la ricorrente lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa l’asserita mancanza/inefficacia del contratto di consulenza al momento della sottoscrizione del contratto di assicurazione/investimento, nonche’ la violazione, da parte della Corte di merito, dell’articolo 23, comma 4, del TUF, avendo ritenuto che la prova dell’esistenza del contratto scritto di consulenza dovesse essere fornita dall’investitore.
La censura e’ infondata. Come gia’ chiarito da questa Corte (Cass. 810/2016; Cass. 2949/2017) “in tema di intermediazione finanziaria, il riparto dell’onere probatorio nelle azioni di responsabilita’ per danni subiti dall’investitore – in cui deve accertarsi se l’intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione, dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998 e dalla normativa secondaria impone innanzitutto all’investitore stesso di allegare l’inadempimento delle citate obbligazioni da parte dell’intermediario, nonche’ di fornire la prova del danno e del nesso di causalita’ fra questo e l’inadempimento, anche sulla base di presunzioni, mentre l’intermediario deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte, e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito “con la specifica diligenza richiesta””. L’articolo 23, comma 6 del TUF attiene dunque all’onere della prova della diligenza adoperata dall’intermediario nel fornire la propria prestazione, ma non incide sugli altri elementi costitutivi della pretesa risarcitoria e quindi, tantomeno, sull’onere di fornire la prova dell’esistenza del contratto, in relazione al quale e’ chiesta la tutela.
Anche i vizi motivazionali sono infondati, alla luce delle argomentazioni esaustive della Corte d’appello.
6. Per questi motivi, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 7.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonche’ rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.