In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volonta’ dei contraenti – e’ un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 c.c. e segg., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volonta’ nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche puo’ formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimita’ sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto cosi’ come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 26 marzo 2019, n. 8406

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6385/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 93/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 31/01/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 4.4.2007 (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Dolo, allegando il loro inadempimento al contratto preliminare di compravendita sottoscritto inter partes il 20.9.2004 in relazione ad un immobile sito in territorio del Comune di (OMISSIS) ed invocando l’emissione di sentenza costitutiva ex articolo 2932 c.c. e la riduzione del prezzo pattuito per la compravendita, in proporzione della capacita’ edificatoria del bene, risultata inferiore a quella oggetto delle aspettative dell’attore.

Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda ed invocando) in via riconvenzionale, la declaratoria della legittimita’ dell’esercizio, da parte loro, del diritto di recesso comunicato con lettera del 19.2.2007 ovvero, in subordine, l’annullamento del contratto preliminare per errore essenziale sul bene che ne costituiva oggetto.

In particolare, sotto quest’ultimo profilo i convenuti allegavano di aver ignorato senza colpa che la presenza di una stalla nel fondo confinante avrebbe comportato la limitazione della capacita’ edificatoria del terreno oggetto della progettata compravendita; negavano di aver convenuto una specifica capacita’ edificatoria del bene predetto; e sostenevano che, a tutto voler concedere, l’errore in cui erano caduti entrambi i contraenti poteva condurre – per l’appunto – all’annullamento del preliminare.

All’esito dell’istruttoria il Tribunale, con sentenza n. 14/2011, rigettava la domanda di parte attrice ed accoglieva quella riconvenzionale, dichiarando legittimo l’esercizio del diritto di recesso da parte dei convenuti e il loro diritto di trattenere la caparra a suo tempo ricevuta.

In particolare il primo giudice riteneva che con il preliminare oggetto di causa i convenuti si erano obbligati a cedere al (OMISSIS) un terreno edificabile; che la stalla esistente sul terreno confinante imponeva il rispetto di una distanza minima per le costruzioni da erigere sul suolo di cui e’ causa, con conseguente limitazione della sua potenzialita’ edificatoria, che tuttavia non era risultata esclusa; che l’attore non aveva invocato, inizialmente, l’annullamento del contratto, ma si era rifiutato sic et simpliciter di addivenire alla stipula, risultando in tal modo inadempiente e legittimando l’esercizio del diritto di recesso da parte dei promittenti venditori.

Interponeva appello avverso detta decisione il (OMISSIS). Si costituivano i convenuti – con la sola eccezione di (OMISSIS), rimasta contumace – invocando il rigetto del gravame principale e spiegando comunque appello incidentale in relazione alla domanda subordinata di annullamento per errore da loro proposta, in via riconvenzionale, in prime cure.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 93/2014, la Corte di Appello di Venezia rigettava l’appello, valorizzando in particolare il contenuto letterale del contratto preliminare del 20.9.2004 e ritenendo che con esso i promittenti venditori si fossero impegnati a trasferire al promissario acquirente un lotto di terreno senza specificare una particolare potenzialita’ edificatoria o cubatura minima da realizzare, ne’ menzionando una perizia di stima del bene compromesso.

Ricorre per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) affidandosi ad un unico motivo, articolato in sei diversi profili.

Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). L’altra intimata (OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva nel presente giudizio.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Con procura speciale depositata il 18.12.2018 si sono costituiti per il ricorrente, in sostituzione dei procuratori in precedenza nominati, gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con i primi quattro profili il ricorrente lamenta la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale previsti dagli articoli 1362 c.c. e segg., innanzitutto perche’ la Corte di Appello avrebbe errato nel dare rilievo al solo tenore letterale delle clausole del contratto preliminare oggetto del giudizio, senza considerare la comune intenzione delle parti ne’ indagare la loro effettiva volonta’.

Ad avviso del ricorrente, le parti avevano infatti compromesso un terreno edificabile, sul presupposto che su di esso fosse consentita la realizzazione della potenzialita’ edificatoria indicata nel certificato di destinazione urbanistica, ed avevano espressamente pattuito che il bene avrebbe dovuto essere trasferito libero da vincoli pregiudizievoli; in tal modo, secondo il ricorrente le parti avevano fatto riferimento, anche nella determinazione del valore del bene compravenduto, all’intera sua potenzialita’ edificatoria.

Inoltre, con il secondo profilo il ricorrente sostiene che la Corte di Appello avrebbe dovuto tener conto anche del comportamento complessivo delle parti: anche se nel contratto preliminare non era stata fatta menzione della perizia di stima del terreno, tuttavia essa era stata eseguita prima della firma del contratto, e questo elemento avrebbe dovuto essere valorizzato dalla Corte territoriale come elemento confermativo del fatto che le parti avevano, anche nella fissazione del prezzo del bene, considerato la sua totale potenzialita’ edificatoria.

Ancora, con il terzo profilo il ricorrente lamenta che la Corte veneziana abbia errato nel non tener conto da un lato della sua qualita’ di imprenditore edile, e dall’altro lato del fatto che il 27.12.2005, in attuazione degli impegni assunti con il preliminare di cui e’ causa, i promittenti venditori avevano presentato al Comune un’istanza per il rilascio di concessione edilizia per la realizzazione di n. 7 unita’ abitative sul terreno compromesso in vendita.

Ad avviso del ricorrente, questi elementi avrebbero dovuto condurre la Corte lagunare a ravvisare la comune intenzione delle parti, rispettivamente, di vendere ed acquistare un terreno edificabile privo di qualsivoglia vincolo.

Infine, con il quarto profilo il ricorrente lamenta la violazione, da parte del giudice di appello, del criterio di interpretazione secondo buona fede, in quanto non sarebbe stato considerato l’affidamento incolpevole del promissario acquirente circa la liberta’ del terreno da vincoli; affidamento che, ad avviso del ricorrente, sussisterebbe e sarebbe dimostrato dalla condotta delle parti nella fase delle trattative prenegoziali; dal fatto che prima della firma del preliminare le parti avessero incaricato un tecnico di fiducia comune di eseguire una stima di valore del bene di cui e’ causa; dal fatto che in sede contrattuale il prezzo era stato determinato considerando l’intera vocazione edificatoria del terreno, come emergente dal certificato di destinazione urbanistica, che a sua volta non faceva menzione dell’esistenza di limitazioni derivanti dall’esistenza della stalla sul terreno confinante; dal fatto che in sede esecutiva i promittenti venditori avessero presentato domanda per il rilascio di titolo idoneo all’edificazione di n. 7 unita’ residenziali.

Le doglianze, che per la loro connessione possono essere trattate congiuntamente, sono inammissibili in quanto tese a sollecitare un nuovo giudizio di merito, precluso in questa sede (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Ne’ e’ consentito a questa Corte il sindacato sull’interpretazione del contratto preliminare indicata dalla Corte territoriale, posto il principio secondo cui “In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volonta’ dei contraenti – e’ un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 c.c. e segg., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volonta’ nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche puo’ formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimita’ sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto cosi’ come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv. 646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv. 586972).

Nel caso di specie le censure mosse dal ricorrente concernono tutte la prima fase dell’operazione logica di ricostruzione della comune volonta’ delle parti e sono quindi inammissibili; non e’ infatti in discussione la natura dell’operazione progettata da queste ultime, che si sostanzia nella compravendita di un terreno a vocazione edificatoria, e quindi non si profilano questioni relative all’inquadramento della volonta’ contrattuale nello schema legale corrispondente.

Con il quinto profilo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 1497 c.c., perche’ la Corte di Appello non avrebbe ravvisato che il terreno compromesso in vendita non aveva le qualita’ promesse.

Anche questa doglianza, che presuppone la configurabilita’ in concreto di una comune volonta’ delle parti di compromettere in vendita un terreno dotato della vocazione edificatoria risultante dalla perizia di stima fatta eseguire prima della firma del preliminare e dal certificato di destinazione urbanistica, si risolve in un’istanza di revisione del giudizio di merito ed e’ – di conseguenza – inammissibile.

Con il sesto profilo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 329 c.p.c., perche’ la Corte di Appello avrebbe ritenuto ininfluente ai fini della decisione, e quindi non avrebbe esaminato, il motivo di impugnazione relativo alla pronuncia sulla legittimita’ dell’esercizio del diritto di recesso da parte dei promittenti venditori.

Secondo il ricorrente, nelle conclusioni da lui formulate nell’atto di appello era stata espressamente eccepita la natura strumentale, e quindi illegittima, dell’esercizio del diritto di recesso, onde la Corte territoriale avrebbe dovuto pronunciarsi anche su tale punto della controversia.

La doglianza e’ inammissibile per difetto di interesse concreto all’impugnazione, posto che – come esattamente rilevato dalla Corte lagunare – il (OMISSIS) aveva invocato, in appello, l’accoglimento delle domande svolte in prime cure, e quindi l’emissione della sentenza ex articolo 2932 c.c. e la riduzione del prezzo fissato nel preliminare rimasto inadempiuto, e non anche la riforma della sentenza di prime cure nella parte in cui essa aveva accolto la domanda riconvenzionale dei convenuti.

Ne consegue che, una volta respinto il gravame in relazione alle due domande proposte dal (OMISSIS), costui non aveva interesse ad ottenere alcuna ulteriore pronuncia.

In definitiva, stante l’inammissibilita’ di tutti i motivi, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza in relazione al rapporto processuale instauratosi tra il ricorrente ed i controricorrenti. Nulla, invece, per l’intimata (OMISSIS), che non ha svolto attivita’ difensiva nel presente giudizio.

Poiche’ il ricorso per cassazione e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ dichiarato inammissibile, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione in favore dei controricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tra loro in solido, che liquida in Euro 5.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in ragione del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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Avv. Umberto Davide

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