ai fini del computo di questo limite minimo di fallibilità si deve avere riguardo al complesso dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare  e accertati non gia’ alla data della proposizione dell’istanza di fallimento, ma a quella in cui il Tribunale decide sulla stessa.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 25 giugno 2018, n. 16683

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8532/2014 proposto da:

(OMISSIS), quale titolare dell’omonima ditta individuale, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS), in persona del curatore Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 10/2014 della Corte d’Appello di Napoli depositata il 16/1/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/4/2018 dal consigliere Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. con sentenza depositata in data 6 agosto 2013 il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi dichiarava il fallimento di (OMISSIS).

2. La Corte d’Appello di Napoli, nel respingere il reclamo presentato dal fallito con sentenza depositata il 16 gennaio 2014, riteneva che il debitore, iscritto all’albo dei promotori finanziari, avesse svolto anche una irregolare attivita’ bancaria, constatava che i suoi debiti scaduti superavano ampiamente il limite previsto dall’articolo 15, u.c., legge fall., riconosceva la sussistenza di uno stato di insolvenza del medesimo e ravvisava il superamento dei requisiti dimensionali previsti dall’articolo 1, comma 2, legge fall..

3. Ha proposto ricorso per cassazione contro questa pronuncia (OMISSIS) al fine di far valere quattro motivi di impugnazione.

Hanno resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), quali creditori che hanno sollecitato la dichiarazione di fallimento.

CONSIDERATO

che:

4.1 il primo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione fra le parti: la corte territoriale, in tesi di parte ricorrente, avrebbe fatto ricorso a un artificioso sdoppiamento dell’attivita’ esercitata dal ricorrente ritenendo che lo (OMISSIS) avesse svolto una presunta attivita’ irregolare di finanziamento; il collegio d’appello, nell’operare una simile ricostruzione, aveva pero’ considerato solo parzialmente l’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi del 9 ottobre 2012, il cui integrale contenuto imponeva invece di ricondurre gli atti posti in essere dal (OMISSIS) nell’ambito dell’unica attivita’ formalmente iscritta, per la quale era stata disposta la cancellazione dal registro camerale oltre il terminale annuale previsto dall’articolo 10 legge fall..

4.2 Il motivo, regolato dal piu’ recente disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ inammissibile.

Cio’ non tanto in ragione del limite previsto dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 4, non applicabile al procedimento di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento in ragione del peculiare effetto devolutivo che caratterizza questo giudizio, nel quale – differentemente che nel giudizio d’appello – e’ sempre ammessa l’allegazione di fatti nuovi idonei a sovvertire l’esito del procedimento davanti al tribunale fallimentare, il che esclude, altresi’, un’applicazione analogica della disciplina dell’appello in assenza della necessaria identita’ di ratio (Cass. 6/3/2017 n. 5520), ma piuttosto perche’ la doglianza non e’ riconducibile al paradigma normativo evocato.

Il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione si sostanzia solamente nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche l’omesso esame di determinati elementi probatori, essendo sufficiente che il fatto sia stato esaminato, senza che sia necessario dare conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (si vedano in questo senso Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, Cass., 29/9/2016, n. 19312 e Cass. 19/1/2017 n. 1274).

Il vizio di motivazione non conferisce infatti al giudice di legittimita’ il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.

Nel caso di specie la sentenza impugnata da’ conto che il fatto storico in questione, relativo alla natura dell’attivita’ svolta dal debitore ed al fatto che questa riguardasse anche la raccolta del risparmio fra il pubblico, e’ stato preso in considerazione da parte del collegio d’appello, tramite l’esame delle evidenze emergenti dalle indagini della Guardia di Finanza e del contenuto dell’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi.

Cio’ accertato, non e’ sindacabile in questa sede sotto il profilo dedotto la valutazione compiuta dal giudice di merito in ordine alla rilevanza delle varie risultanze istruttorie disponibili e, in particolare, rispetto al significato probatorio da attribuire al provvedimento del giudice della cautela personale.

5.1 Il secondo mezzo lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 10 legge fall. e articolo 2697 cod. civ.: la corte distrettuale avrebbe confuso l’attivita’ in se’ irregolare con l’attivita’ regolare connotata da irregolarita’ di esercizio, applicando a quest’ultima le regole dettate dalla giurisprudenza in relazione alla prima.

5.2 Il motivo e’ inammissibile.

La corte territoriale ha spiegato che le fonti acquisite accreditavano lo svolgimento di una irregolare attivita’ bancaria avente a oggetto la raccolta del risparmio e la concessione del credito e ha ritenuto che rispetto a questa attivita’, diversa da quella di promotore finanziario per la quale il (OMISSIS) era iscritto al registro delle imprese, non fosse stata data prova della data di conoscenza da parte dei terzi dell’effettiva cessazione ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 10 legge fall..

Il motivo di ricorso adduce in diritto una doglianza disancorata dalla valutazione in fatto operata dal giudice di merito.

Il ricorso per cassazione deve pero’ necessariamente contenere motivi riferibili alla decisione impugnata (Cass. 14/3/2017 n. 6587; Cass. 5/6/2007 n. 13066); la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata e’ percio’ assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con la conseguente inammissibilita’ del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (Cass. 7/9/2017 n. 20910).

6.1 Il terzo motivo di ricorso sostiene la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 10 legge fall. e articolo 2687 c.c. (rectius 2697): la corte territoriale, pur essendo chiamata a verificare ex actis l’esistenza di crediti scaduti e non pagati in misura superiore al limite previsto dall’articolo 15, u.c., legge fall., avrebbe erroneamente ritenuto che il debitore dovesse dimostrasse che il suo indebitamento fosse inferiore a tale limite e comunque avrebbe ravvisato il superamento della soglia in questione sulla base di presunzioni per nulla gravi, precise e concordanti.

6.2 Il motivo non e’ fondato, nei termini che si vanno a illustrare. L’articolo 15, u.c., legge fall. prevede che non si faccia “luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare e’ complessivamente inferiore a Euro trentamila”.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che ai fini del computo di questo limite minimo di fallibilita’ si deve avere riguardo al complesso dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare (Cass. 19/7/2016 n. 14727) e accertati non gia’ alla data della proposizione dell’istanza di fallimento, ma a quella in cui il Tribunale decide sulla stessa (Cass. 27/5/2015 n. 10952).

Occorre aggiungere – allo scopo di correggere sul punto la motivazione del giudice di merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 4, che questo limite di rilevanza fallimentare e’ stato individuato dal legislatore in un’ottica deflattiva al fine di esentare dal concorso le crisi d’impresa di modeste dimensioni oggettive.

Trattandosi di una condizione per la dichiarazione del fallimento e non di un fatto impeditivo il superamento del limite non e’ oggetto di un onere probatorio a carico del fallendo a mente dell’articolo 2697 c.c., comma 2, ma deve essere riscontrato d’ufficio dal Tribunale sulla base del complessivo contenuto degli atti dell’istruttoria prefallimentare.

Ne consegue che ogni eventuale incertezza in merito al ricorrere di questa condizione non risolvibile sulla base dagli atti dell’istruttoria prefallimentare non nuoce al convenuto – come ritenuto dalla corte territoriale, seppur in termini non rilevanti ai fini del decidere – ma impedisce la declaratoria di fallimento.

Cio’ chiarito e’ sufficiente poi constatare come il giudice di merito – il quale anche sotto questo profilo non deve verificare l’esistenza di un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, ne’ l’esecutivita’ del titolo, ma e’ chiamato a compiere un accertamento incidentale della sussistenza della condizione necessaria per la dichiarazione di fallimento – abbia riscontrato, con accertamento non rivedibile in questa sede, l’esistenza di debiti scaduti per un ammontare ampiamente superiore al limite in questione.

7.1 Con il quarto motivo la sentenza impugnata e’ censurata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 legge fall. e articolo 2697 cod. civ., poiche’ il fallimento sarebbe stato dichiarato in mancanza della prova dell’esistenza di un credito effettivo in capo all’unica parte che aveva assunto l’iniziativa processuale.

7.2 Il motivo e’ inammissibile.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte il vizio di violazione di legge dedotto con ricorso per cassazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale e’ sottratta al sindacato di legittimita’ (Cass. 13/10/2017 n. 24155) se non sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 28/9/2017 n. 22707; Cass. 11/1/2016 n. 195).

Nel caso di specie il ricorrente ha sostenuto che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente individuato l’effettiva sussistenza del credito di chi aveva sollecitato la dichiarazione di fallimento pur in mancanza di alcuna prova al riguardo.

In questo modo il ricorso ha chiaramente allegato un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ponendosi al di fuori dei limiti propri del mezzo di impugnazione utilizzato.

8. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200, di cui Euro 200 per esborsi, in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.