l’accertamento degli elementi costitutivi della novazione costituisce compito proprio del giudice del merito e non e’ sindacabile in questa sede se logicamente e correttamente motivato. Appare pertanto incensurabile la pronuncia d’appello nella parte in cui ha escluso l’animus novandi ed ha ritenuto che la nuova pattuizione integrasse una mera modifica della prima, senza sostanziale novazione del contenuto dell’accordo.

 

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di locazioni, si consiglia la Raccolta di massime delle principali sentenza della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 27 settembre 2018, n. 23181

LOCAZIONE – CONTRATTO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4372/2015 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PARROCCHIA (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 2536/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/05/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per l’inammissibilita’ del 1 motivo e della seconda parte del 2 motivo e comunque rigetto.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), in qualita’ di legale rappresentante e amministratore pro tempore della parrocchia di (OMISSIS), intimo’ a (OMISSIS) lo sfratto per finita locazione in relazione ad un appezzamento di terreno limitrofo, concesso in locazione al padre, (OMISSIS), con contratto del 1/7/1998 in scadenza alla data del 30/6/2004, rinnovatosi per altri sei anni fino al 30/6/2010; nelle more, a seguito del decesso di (OMISSIS), era subentrato nell’originario contratto il figlio, (OMISSIS), il quale aveva avuto in locazione anche un’altra particella contigua con aumento del canone di locazione previsto da una apposita pattuizione del 10/1/2005. La disdetta fu inoltrata in data 12-19/5/2009. Il (OMISSIS) eccepi’ l’intervenuta novazione del primo contratto a seguito della seconda pattuizione intercorsa nel 2005 tra le parti, con la quale erano stati modificati, rispetto all’originario contratto di locazione, sia il soggetto conduttore, sia il bene locato, sia l’importo del canone, di guisa che l’accordo intercorso doveva necessariamente intendersi come novativo. Per effetto della novazione, la decorrenza del nuovo contratto era da individuarsi nella data del 10/1/2005 e la prima scadenza andava a porsi alla data del 10/1/2011, con la conseguenza che, alla data dell’intimazione di sfratto – 30/6/2010 – il contratto non era ancora scaduto.

Il Tribunale rigetto’ la tesi della intervenuta novazione del contratto, ritenendo che, in presenza di una modifica parziale delle precedenti obbligazioni, non potesse essersi verificato l’effetto estintivo-novativo tipico della novazione; dichiaro’ la risoluzione del contratto alla data del 30/6/2010 ritenendo che, dovendo mantenere per ferma la data di scadenza del contratto di cui alla prima scrittura, la disdetta intimata fosse idonea a produrre l’effetto risolutivo dell’efficacia del contratto.

Il (OMISSIS) propose appello lamentando l’erroneita’ della pronuncia nella parte in cui aveva respinto l’eccezione di nullita’ della pattuizione del 10/1/2005. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 2014, ha statuito che la seconda pattuizione, lungi dal costituire novazione, doveva intendersi quale integrazione transattiva del contratto gia’ esistente, del quale restavano validi tutti gli altri patti e condizioni diversi da quello interessato dalla transazione. La Corte d’Appello ha ritenuto assente l’animus novandi ed ha pertanto confermato le pattuizioni del contratto originario, ivi compresa la data di scadenza, rimasta immutata.

Avverso quest’ultima decisione (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Non e’ svolta alcuna attivita’ difensiva per resistere al ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo (violazione o falsa applicazione di norme di legge per errata e falsa interpretazione della L. n. 392 del 1978, articoli 1 e 79, nonche’ per violazione e falsa applicazione degli articoli 1338 e 1419 c.c. e per violazione e falsa applicazione dell’articolo 1322 c.c.; nonche’ mancata applicazione del disposto di cui alla L. n. 932 del 1978, articolo 29, per non aver dichiarato la nullita’ della disdetta senza l’indicazione dei motivi specifici, il tutto comunque in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver omesso di dichiarare la nullita’ parziale del contratto per violazione della durata minima legale, con sostituzione automatica della durata legale) il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui non ha pronunciato la nullita’ del secondo contratto, avente un termine di durata inferiore a quello previsto per legge, non avvedendosi il giudice dell’evidente relazione esistente tra i due appezzamenti di terreno, interessati dai due diversi contratti. In particolare, assume il ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe dato conto della prevalenza del secondo appezzamento sul primo, di guisa che il contenuto del secondo contratto, in quanto nullo per contrasto con la L. n. 392 del 1978, articolo 79, avrebbe dovuto essere etero-integrato automaticamente, ai sensi dell’articolo 1419 c.c., con applicazione della durata legale e conseguente inefficacia della disdetta intimata.

Peraltro le parti, stante la natura inderogabile dei termini di durata minima del contratto di locazione e la nullita’ di previsioni contrattuali derogative della suddetta durata, neppure avrebbero potuto validamente rinunciare a tale etero-integrazione e non avrebbero potuto impedire l’inefficacia della disdetta data con raccomandata AR del 13/19 maggio 2009 in relazione al secondo contratto. Con la conseguenza che il rapporto di locazione doveva intendersi automaticamente rinnovato fino alla data del 10/1/2017 con conseguente infondatezza dell’intimazione di sfratto proposta.

1.1 Il motivo e’ infondato.

Questa Corte ha gia’ in piu’ occasioni statuito che l’accertamento degli elementi costitutivi della novazione costituisce compito proprio del giudice del merito e non e’ sindacabile in questa sede se logicamente e correttamente motivato (v. di recente, tra tante, Cass. 13/06/2017 n. 14620). Appare pertanto incensurabile la pronuncia d’appello nella parte in cui ha escluso l’animus novandi ed ha ritenuto che la nuova pattuizione integrasse una mera modifica della prima, senza sostanziale novazione del contenuto dell’accordo.

2. Con il secondo motivo (violazione del disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per errata e/o falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, per mancata pronuncia di nullita’ del contratto di locazione non registrato. E comunque in violazione dell’articolo 360, comma 1, n. 5) per omesso esame circa un fatto decisivo della controversia che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla contestata inammissibilita’ ed improponibilita’ della procedura di intimazione di sfratto nella ipotesi di nullita’ e/o inefficacia della locazione dei beni di cui alla pattuizione del 10/1/2005, con conseguente nullita’ della sentenza emessa malgrado tale nullita’), il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la medesima non ha statuito sulla nullita’ della seconda pattuizione derivante dalla mancata registrazione del contratto di locazione ai sensi della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346.

2.1 Il motivo e’ infondato. La giurisprudenza di questa Corte, piu’ risalente nel tempo, si era espressa nel senso di escludere l’applicazione – della norma relativa all’omessa registrazione – ai contratti di locazione di immobili ad uso non abitativo, stante la perentorieta’ e tassativita’ della norma tributaria, la cui violazione determina la nullita’ del negozio ai sensi dell’articolo 1418 c.c. (Cass. nn. 132 e 20369 del 2016).

La piu’ recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 23601 del 2017) ha, invece, esteso la nullita’ del contratto di locazione per omessa registrazione anche ai contratti ad uso diverso da quello abitativo. Se dunque la questione potrebbe dirsi, in astratto, fondata, non lo e’ in concreto ratione temporis, in quanto l’ambito di applicazione della norma che sancisce la nullita’ e’, ovviamente, definito dall’entrata in vigore della stessa norma, non potendosi, invece, la medesima applicare ai contratti, quale quello di cui e’ causa, risalente al luglio 1998, stipulati in data anteriore.

La sentenza, pertanto, nell’escludere l’applicazione della norma al contratto de quo, ha inteso dare continuita’ alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “La previsione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, a tenore del quale i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unita’ immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati – si applica solo ai contratti stipulati dopo la sua entrata in vigore, giusta il criterio generale di cui all’articolo 11 preleggi e considerata l’assenza nella norma di una previsione che imponga la registrazione dei contratti in corso (Cass., 3, n. 27169 del 28/12/2016)”.

Da cio’ consegue l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso.

3. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, mentre sussistono le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Da’ atto della sussistenza delle condizioni per porre, a carico del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello gia’ versato per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.