Ai sensi dell’articolo 2923 c.c., comma 3, l’acquirente della cosa pignorata puo’ liberarsi dall’obbligo di rispettare la locazione stipulata anteriormente al pignoramento ove dimostri che il canone locativo e’ inferiore di un terzo al giusto prezzo, oppure a quello risultante da precedenti locazioni; nello scrutinio del primo tra i due suddetti parametri, in particolare, il giudice ben puo’ far ricorso a qualsiasi argomento di prova offerto dalle parti, compresi le presunzioni, nonche’ gli elementi ricavabili dal raffronto del canone della locazione con quello di una successiva sublocazione del medesimo immobile, stipulata dal conduttore, se del caso procedendo ad una comparazione in termini percentuali e comunque coerente con i criteri di estimo, soprattutto ove l’immobile sia stato sublocato in estensione diversa rispetto a quella della locazione originaria.

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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|27 luglio 2022| n. 23508

Data udienza 19 maggio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso N. 29484/2019 R.G. proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), che la rappresentano e difendono come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, come da procura a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e nei confronti di:

(OMISSIS) s.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5599/2019 della CORTE di APPELLO di ROMA, depositata il 12.9.2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza “cameralizzata” del 19.5.2022 dal Consigliere relatore Dott. Salvatore Saija;

viste le conclusioni scritte rassegnate dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni Battista Nardecchia, che ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) s.r.l., creditrice assegnataria ex articolo 590 c.p.c. di un immobile pignorato, in forza del conseguente decreto di trasferimento intimo’ precetto per rilascio dell’immobile stesso a (OMISSIS) s.r.l., che lo deteneva, a suo dire, senza titolo. La societa’ (OMISSIS) s.r.l. – anch’essa destinataria del precetto-, conduttrice dell’immobile stesso ad uso affittacamere, che lo aveva a sua volta sublocato a (OMISSIS) s.r.l., propose opposizione ex articolo 615 c.p.c., comma 1, con atto notificato il 2.2.2012, dinanzi al Tribunale di Roma. Intervenuta la stessa (OMISSIS) s.r.l. e nel contraddittorio con la precettante – che aveva chiesto dichiararsi l’inopponibilita’ del contratto di locazione del 2.4.2002, nonche’ di quello di sublocazione del 29.2.2003, in quanto non trascritti prima della trascrizione del pignoramento e comunque perche’ stipulati a canone “vile” ex articolo 2923 c.c., comma 3, – l’adito Tribunale, preso atto che l’immobile era stato rilasciato alla (OMISSIS) dalla sublocataria in data 11.3.2013, dichiaro’ cessata la materia del contendere, compensando integralmente le spese di lite ed escludendo la responsabilita’ aggravata dell’intimante.

Nel prosieguo, la Corte d’appello di Roma respinse il gravame proposto dalla (OMISSIS) con sentenza n. 5976/2015, che venne pero’ cassata da questa Corte di cassazione con ordinanza n. 20924/2017, con rinvio dinanzi alla stessa Corte capitolina: cio’ in quanto il rilascio dell’immobile era avvenuto non gia’ spontaneamente o per accordo tra le parti, ma a seguito dell’esecuzione per rilascio frattanto avviata da (OMISSIS) s.r.l., sicche’ non era possibile dichiarare la cessazione della materia del contendere, occorrendo invece pronunciarsi sul merito dell’opposizione. Nel giudizio di rinvio, la Corte romana, con sentenza n. 5599/2019, accolse quindi l’appello di (OMISSIS) s.r.l., dichiarando l’inesistenza del diritto di (OMISSIS) s.r.l. di procedere ad esecuzione forzata per rilascio dell’immobile in questione e condannando la stessa al risarcimento del danno patito dall’intimata, liquidato in Euro 553.316,36, comprensivi di interessi maturati, oltre gli ulteriori maturandi e le spese del procedimento. In particolare, il giudice del rinvio accerto’ che il contratto di locazione tra (OMISSIS) s.r.l. (societa’ riconducibile ai debitori esecutati (OMISSIS), gia’ proprietari dell’immobile) e (OMISSIS) s.r.l. era opponibile all’assegnataria (OMISSIS) s.r.l. ai sensi dell’articolo 2923 c.c., giacche’ esso: 1) aveva data certa anteriore al pignoramento; 2) s’era automaticamente rinnovato ex lege, alla prima scadenza del 31.8.2011, per un ulteriore novennio, senza necessita’ di autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex articolo 560 c.p.c., ne’ di trascrizione nei RR.II.; ed infine 3) non poteva comunque dirsi regolato da prezzo inferiore di un terzo a quello giusto o a quello risultante da precedenti locazioni, di cui peraltro non v’era traccia nel processo; di conseguenza, la Corte accerto’ e dichiaro’ anche l’insussistenza del diritto di (OMISSIS) di procedere ad esecuzione forzata per rilascio dell’immobile sito in (OMISSIS), condannandola al risarcimento ex articolo 96 c.p.c., comma 2, nei termini suddetti, per non aver usato la necessaria prudenza.

Avverso detta sentenza ricorre ora per cassazione (OMISSIS) s.r.l., sulla base di sei motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, che propone anche ricorso incidentale, affidato ad un motivo, anch’esso resistito con controricorso dalla ricorrente principale; (OMISSIS) s.r.l. non ha svolto difese. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

RICORSO PRINCIPALE.

1.1 – Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 615, 605 ss. e 81 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Rileva la ricorrente principale che, nel giudizio di rinvio, avrebbe dovuto porsi in primo luogo la questione – rilevabile d’ufficio e comunque sollevata da essa ricorrente – della legittimazione attiva della (OMISSIS), giacche’ il precetto le era stato notificato solo ad abundantiam, l’esecuzione per rilascio essendo stata invece minacciata nei confronti (a parte gli esecutati (OMISSIS), questione che qui non rileva) della sola (OMISSIS) s.r.l., che deteneva ed occupava, in via esclusiva, l’immobile. Solo quest’ultima, quindi, avrebbe potuto proporre l’opposizione all’esecuzione, contrariamente a quanto – erroneamente e contraddittoriamente – ritenuto dalla Corte territoriale, che ha valutato come la notifica del precetto anche alla conduttrice Residence l’abbia legittimata a tanto, cosi’ violando il disposto dell’articolo 81 c.p.c. ed i principi in tema di legittimazione.

1.2 – Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2923 c.c., comma 2, nonche’ della L. n. 392 del 1978, articoli 28 e 29 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che, posto che ne’ la locazione, ne’ la sublocazione erano state trascritte prima del pignoramento, le stesse non avrebbero comunque potuto eccedere, ai fini dell’opponibilita’, il novennio dall’inizio della locazione, giacche’ la giurisprudenza di legittimita’ che esclude la necessita’ dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 560 c.p.c., configurando l’automaticita’ del rinnovo ai sensi della L. n. 392 del 1978, articoli 28 e 29 presuppone che, in realta’, si sia al cospetto di una locazione originariamente ultranovennale, che solo eccezionalmente puo’ ridursi sul piano temporale. Pertanto, una locazione del genere deve essere necessariamente trascritta, con ogni conseguenza, in termini di inopponibilita’, ove cio’ non sia avvenuto.

1.3 – Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2923 c.c., comma 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva ancora la ricorrente che la prima locazione tra l’originaria locatrice (societa’ riconducibile agli esecutati, proprietari dell’immobile) e la (OMISSIS) prevedeva un canone annuo di Euro 46.481,16, mentre la sublocazione tra quest’ultima e la (OMISSIS) s.r.l. ne prevedeva uno di Euro 120.000,00 annui; conseguentemente, il primo canone era inferiore di due terzi rispetto a quello della sublocazione, ma la Corte d’appello, pur avendo correttamente escluso che il canone locativo fosse inferiore di un terzo in relazione al secondo criterio dettato dalla disposizione in epigrafe (ossia, quello che richiama precedenti locazioni, non note), non altrettanto ha fatto rispetto al primo criterio (canone inferiore di un terzo rispetto a quello “giusto”): detto parametro di raffronto, infatti, emergeva in modo palese dal contratto di sublocazione, pressoche’ coevo a quello originario, giacche’ il relativo canone era pari a quasi tre volte quello del primo contratto; ne’ poteva diversamente opinarsi, come invece ha fatto la Corte d’appello, a cagione del fatto che la sublocazione aveva ad oggetto una estensione piu’ ampia dell’appartamento (una camera in piu’), non essendosi proceduto ad alcuna valutazione parametrica o proporzionale, ed ancora non necessariamente occorrendo dimostrare aliunde la “vilta’” del canone.

1.4 – Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 342 e 394 c.p.c., nonche’ dell’articolo 324 c.p.c. e articolo 2909 c.c. e dei principi del giudicato interno, e ancora dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Secondo la ricorrente, la Corte del merito ha violato il principio per cui il giudizio di rinvio e’ un giudizio “chiuso”, in cui le parti conservano la loro originaria posizione processuale e non possono introdurre nuovi temi d’indagine. Sostiene, infatti, la societa’ che, a seguito della cassazione della sentenza d’appello, la Corte territoriale avrebbe nuovamente dovuto decidere l’appello e, quindi, la questione della pretesa propria responsabilita’ processuale aggravata ex articolo 96 c.p.c., comma 2, per aver ingiustamente ed imprudentemente intrapreso l’esecuzione, ma sulla base delle originarie allegazioni. Al contrario, la Corte ha tenuto conto della prospettazione radicalmente nuova offerta dalla (OMISSIS), che con l’originario appello aveva solo censurato la prima decisione per aver il Tribunale parametrato il requisito soggettivo della responsabilita’ alla colpa grave piuttosto che alla colpa lieve, nonche’ per aver accertato la manifesta assenza di normale prudenza in capo alla (OMISSIS), avendo questa fatto eseguire il rilascio subito prima che si svolgesse l’udienza per la decisione sull’opposizione all’esecuzione; in sede di rinvio, invece, era stato valorizzato un fatto mai dedotto prima, ossia che nell’esecuzione immobiliare in cui la (OMISSIS) s’era resa assegnataria dell’immobile in questione, il giudice dell’esecuzione aveva ridotto il prezzo del bene in considerazione dell’opponibilita’ della locazione per cui e’ processo. Inoltre, la Corte avrebbe dovuto rilevare la formazione del giudicato interno circa l’assenza di colpa di (OMISSIS), attesa l’opinabilita’ e la peculiarita’ delle questioni trattate.

1.5 – Con il quinto motivo, in subordine, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 96 c.p.c., comma 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare, la ricorrente principale evidenzia che l’ingiustizia dell’esecuzione e la correlata mancanza di prudenza del procedente, ai fini del risarcimento previsto dalla disposizione rubricata, vadano correlati alla esecuzione concretamente minacciata o intrapresa, nonche’ al relativo destinatario. Al contrario, la Corte d’appello ha ritenuto di dover parametrare il danno in relazione alla posizione di un soggetto estraneo all’esecuzione minacciata, ossia a (OMISSIS), laddove invece il precetto era stato intimato ai Sigg. (OMISSIS) (gia’ proprietari dell’immobile) e a (OMISSIS) s.r.l., che lo deteneva.

1.6 – Con il sesto motivo, infine, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 96 c.p.c., comma 2, articoli 2056, 1223 e 1227 c.c., articolo 41 c.p., comma 2, ed ancora omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 La ricorrente principale si duole della decisione d’appello nella parte in cui ha ritenuto sussistente il nesso causale tra l’opposizione minacciata e il danno asseritamente subito da (OMISSIS), pari alla differenza tra i canoni che avrebbe dovuto ricevere da (OMISSIS), se questa non fosse stata costretta al rilascio, e i canoni che essa avrebbe dovuto versare alla neo-proprietaria (OMISSIS) (e quindi, Euro 73.518,84 annui, con decorrenza dalla data di rilascio spontaneo, avvenuta l’11.3.2013, fino alla seconda scadenza contrattuale, ossia al 2.4.2020). Senonche’, quest’ultima societa’, nella comparsa di costituzione in appello, in sede di rinvio, aveva eccepito l’inesistenza del danno, come prospettato, in quanto la (OMISSIS) aveva risolto il contratto di sublocazione con (OMISSIS) ben prima del rilascio dell’immobile da parte di quest’ultima, stante la morosita’ della subconduttrice, come risultante dalla lettera racc. del 12.10.2012, con cui le si comunicava la risoluzione di diritto. La Corte non ha tuttavia tenuto conto di tanto, cosi’ violando le disposizioni in tema di nesso causale, al contempo incorrendo nell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.

RICORSO INCIDENTALE.

1.7 – Con l’unico motivo (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2924 c.c. e articolo 324 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente incidentale si duole della decisione impugnata per non essere stato rilevato il giudicato interno sulle eccezioni sollevate da (OMISSIS) nel giudizio di primo grado (ed oggetto dei primi tre motivi del ricorso principale), tutte disattese dal Tribunale e non oggetto ne’ di impugnazione incidentale, ne’ di riproposizione ex articolo 346 c.p.c. Tutto cio’, per quanto dette eccezioni siano state comunque disattese dal giudice del rinvio, in quanto infondate.

2.1 – Deve preliminarmente rilevarsi che, benche’ nel ricorso principale, nel controricorso al ricorso incidentale e nella memoria ex articolo 378 c.c., si assuma che la (OMISSIS) sia rappresentata e difesa, sia congiuntamente che disgiuntamente, dagli avvocati (OMISSIS), dalla procura a margine del ricorso stesso (che costituisce l’unica fonte del potere rappresentativo, ex articolo 365 c.p.c., dichiarata dalla stessa societa’) risulta che essa venne rilasciata soltanto ai primi due legali, sicche’ deve escludersi che il predetto avvocato Rasile sia abilitato al compimento di qualsiasi attivita’ processuale in questo giudizio di legittimita’, per conto della societa’ stessa.

Peraltro, ciascuno degli atti difensivi citati, nonche’ la relativa attivita’ notificatoria (eccetto, per quest’ultima, la memoria, che tanto non necessita) e l’autentica della stessa procura speciale, risultano a firma di almeno uno tra gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), sicche’ non puo’ porsi alcun dubbio sulla loro validita’ e regolarita’, anche dal punto di vista formale.

3.1 – Cio’ posto, deve anzitutto esaminarsi, nell’ordine logico, il ricorso incidentale di (OMISSIS), afferente alla pretesa formazione del giudicato interno sulle questioni oggetto dei primi tre motivi del ricorso principale (ossia, la legittimazione attiva di essa societa’, nonche’ l’opponibilita’ del primo contratto di locazione da potere della (OMISSIS) s.r.l., societa’ riconducibile, come detto, agli originari proprietari dell’immobile poi assegnato, ex articolo 590 c.p.c., a (OMISSIS)). Il ricorso e’ infondato.

Infatti, il Tribunale di Roma, con la sentenza poi confermata dalla Corte d’appello, aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere, per effetto del rilascio dell’immobile eseguito dalla subconduttrice (OMISSIS) in favore della (OMISSIS).

Tuttavia, e’ noto che la dichiarazione di cessazione della materia del contendere e’ una pronuncia in rito, giacche’ con essa si constata il venir meno dell’interesse delle parti ad una decisione sul merito (per tutte, Cass., Sez. Un., n. 1048/2000), ed e’ insuscettibile di determinare il giudicato circa le questioni controverse (tanto da non precluderne la riproposizione in un diverso giudizio: Cass. n. 17312/2015; Cass. n. 1695/2018), che solo si consolida in relazione alla questione del venir meno dell’interesse, ex articolo 100 c.p.c.. Ne discende che nessuna preclusione puo’ ipotizzarsi in relazione all’esame delle stesse questioni controverse, ove in seguito la pronuncia di cessazione della materia del contendere venga riformata o cassata, come appunto avvenuto nella specie, riguardo alla prima sentenza d’appello; cio’ anche in considerazione del fatto che la disamina delle questioni in discorso si pone in via strumentale all’adozione delle statuizioni sulle spese di lite, secondo il criterio della soccombenza virtuale, sicche’ neppure e’ prospettabile il tema dell’onere di proposizione dell’appello incidentale (non essendo configurabile, al riguardo, alcuna soccombenza), ne’ tampoco di riproposizione ex articolo 346 c.p.c.

Le stesse eccezioni originariamente sollevate dalla (OMISSIS), dunque, sono state correttamente esaminate, nel merito, dal giudice del rinvio a seguito della cassazione della prima sentenza d’appello, perche’ al riguardo non s’era formata, ne’ operava alcuna preclusione.

4.1 – Venendo al ricorso principale, il primo motivo e’ infondato, per quanto la motivazione della qui gravata sentenza debba essere integrata o corretta ex articolo 384 c.p.c., u.c., risultando conforme a diritto il dispositivo. Al riguardo, la Corte del rinvio ha desunto la sussistenza della legittimazione attiva dell’opponente dalla circostanza che il precetto le fosse stato notificato ad istanza della (OMISSIS).

Ora, a parte l’implicita affermazione della legittimazione attiva di Residence che puo’ desumersi – con ogni conseguenza – dalla gia’ citata ordinanza n. 20924/2017 (come pure osserva la controricorrente), ritiene comunque la Corte di dover esplicitamente respingere la doglianza di (OMISSIS) sul punto, essenzialmente corretta essendo la valutazione del giudice del rinvio: l’odierna controricorrente e’ legittimata attiva alla proposizione dell’opposizione ex articolo 615 c.p.c., comma 1, perche’ la stessa (OMISSIS) le ha tout court notificato il precetto, senza alcuna specificazione circa la sua limitazione ad una pretesa litis denuntiatio (come invece sostenuto dalla stessa ricorrente principale); e’ quindi irrilevante che la stessa Residence non sia stata contemplata nella pag. 2 del precetto stesso (v. ricorso principale, p. 10, nota 2).

Da cio’ discende che (OMISSIS), con la notifica del precetto, ha minacciato di portare ad esecuzione il titolo esecutivo (ossia, il decreto di trasferimento ex articolo 586 c.p.c.) non solo nei confronti del detentore effettivo dell’immobile, cioe’ (OMISSIS), ma anche nei confronti di chi aveva titolo per ottenerne la restituzione dal subconduttore, alla cessazione del contratto di sublocazione, e quindi del detentore mediato; cio’ e’ tanto vero che l’avviso di rilascio ex articolo 608 c.p.c. e’ stato poi notificato dall’ufficiale giudiziario alla stessa (OMISSIS) (v. il controricorso di questa, p. 17), sicche’ il successivo avvio dell’azione esecutiva s’e’ svolto in piena coerenza con l’atto prodromico.

E’ quindi evidente che – come anche correttamente osservato dal Procuratore Generale – (OMISSIS) e’ pienamente legittimata ad opporsi all’esecuzione per rilascio a suo tempo prospettata dalla (OMISSIS), al fine di far accertare la prevalenza e l’opponibilita’ del proprio titolo personale (ossia, l’originario contratto di locazione tra (OMISSIS) ed essa (OMISSIS)) rispetto all’acquisto dell’immobile da parte dell’assegnataria; e cio’ anche – almeno, al momento della proposizione dell’opposizione stessa – per mantenere gli effetti della ulteriore vicenda negoziale da quel contratto derivata, ossia il contratto di sublocazione con (OMISSIS).

Che poi, nella specie, occorra necessariamente far riferimento alla posizione soggettiva della stessa (OMISSIS), risulta palese dal contegno processuale della stessa ricorrente principale, che ha sempre dedotto l’inopponibilita’ del contratto di locazione originario e che, proprio su tale presupposto, ha agito in executivis. Non e’ casuale che detta questione tutt’ora occupi anche in questa sede, il che finisce col confermare tutto quanto precede. 5.1 – Il secondo motivo e’ del pari infondato.

Esso, infatti, si fonda sulla tesi per cui – posto che il contratto di locazione ad uso diverso, L. n. 392 del 1978, ex articoli 28 e 29 si rinnova automaticamente alla prima scadenza novennale, salve bene specifiche eccezioni, non collegate alla mera volonta’ negoziale delle parti – nella specie si sarebbe al cospetto non gia’ di due distinti periodi di locazione novennali (come accertato dal giudice del rinvio), bensi’ di una unica locazione della durata di diciotto anni, suscettibile di ridursi in dette eccezionali ipotesi. Da cio’ conseguirebbe, in tesi, la necessita’ che la locazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) venisse trascritta, ai sensi dell’articolo 2923 c.c., comma 2, (e quindi, dell’articolo 2643, n. 8), c.c.); non essendo cio’ avvenuto, com’e’ pacifico, ne discenderebbe l’inopponibilita’ del contratto e, dunque, l’erroneita’ del pronunciamento della Corte d’appello.

5.2 – La tesi non e’ condivisibile.

Infatti, e’ la stessa L. n. 392 del 1978 (articoli 27-29) a stabilire, claris verbis, che il contratto di locazione di immobile adibito ad uso alberghiero ha la durata minima di nove anni, che alla scadenza esso si rinnova di ulteriori nove anni, salvo disdetta, e che alla prima scadenza, in particolare, il locatore puo’ manifestare il diniego di rinnovazione in determinate ed eccezionali ipotesi. Va quindi escluso trattarsi di un unitario contratto della durata doppia rispetto a quella minima, che cesserebbe anticipatamente allo spirare del primo periodo.

Gia’ sul piano dell’interpretazione letterale, dunque, la tesi propugnata dalla (OMISSIS) e’ insostenibile, perche’ la rinnovazione del contratto (benche’ automatica – Cass., Sez. Un., n. 11830/2013) presuppone pur sempre la preesistenza di un contratto da rinnovare, all’evidenza perfetto in tutti i suoi elementi, durata novennale compresa, come appunto correttamente accertato dal giudice del rinvio.

D’altra parte, questa Corte ha gia’ affrontato nel passato la specifica questione, condivisibilmente affermando che “Il contratto di locazione di immobili adibiti ad attivita’ alberghiera, di durata non inferiore a nove anni e tacitamente rinnovabile per un eguale periodo di tempo, ancorche’ alla prima scadenza contrattuale il locatore possa esercitare la facolta’ di diniego soltanto per i motivi indicati dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 29 non puo’ essere considerato contratto di durata superiore a nove anni, posto che la durata ultranovennale e’ solo eventuale (…)” (Cass. n. 11771/1993).

In definitiva, non puo’ configurarsi alcuna violazione dell’articolo 2923 c.c., comma 2, giacche’ il contratto tra G Costruzioni e (OMISSIS) aveva durata novennale e s’era rinnovato automaticamente alla prima scadenza. La sentenza impugnata, dunque, resta esente da ogni censura al riguardo.

6.1 – Il terzo motivo e’ invece fondato.

La Corte d’appello ha ritenuto che non sussista neanche la condizione di inopponibilita’ di cui all’articolo 2923 c.c., comma 3, che prevede che “In ogni caso l’acquirente non e’ tenuto a rispettare la locazione qualora il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni”. Ha infatti osservato il giudice d’appello che, esclusa la ricorrenza del secondo parametro (non essendosi avuta notizia di precedenti locazioni dell’immobile in questione, nel corso del giudizio), non sussistesse neanche il primo, ossia quello del giusto prezzo: “non e’ evidentemente utilizzabile come parametro il prezzo contenuto nella locazione successiva, la quale comunque aveva una estensione piu’ ampia perche’ comprendeva anche una camera che nel precedente contratto il locatore aveva riservato per se’; ne’ sono stati offerti elementi di prova attestanti il giusto prezzo della locazione di immobili con caratteristiche simili e aventi la medesima destinazione all’epoca in cui fu stipulato il contratto in questione” (cosi’ la sentenza, pp. 6-7).

6.2 – Ebbene, la ricorrente censura dette affermazioni perche’ in violazione o falsa applicazione dell’articolo 2923 c.c., comma 3, sotto almeno tre profili:

a) il primo, laddove si sostiene erroneamente la non utilizzabilita’ tout court della (sub)locazione successiva, posto che la norma fa soltanto riferimento a quella precedente;

b) il secondo, laddove – in relazione al medesimo immobile – si nega comunque la comparabilita’ tra la locazione originaria (che prevedeva un canone annuo di Euro 46.481,16) e la successiva sublocazione (con cui si pattui’ un canone di Euro 120.000,00 annui), per il solo fatto che quest’ultima era comprensiva di una camera in piu’ (dapprima rimasta nella disponibilita’ della locatrice, (OMISSIS) s.r.l.), senza pero’ effettuare, al contempo, alcuna valutazione sulla congruita’ del canone in termini di corrispondente proporzionalita’;

c) il terzo, laddove si evidenzia che non sono stati offerti elementi di prova circa il giusto prezzo di locazione di immobili similari ed aventi la medesima destinazione alberghiera, appunto obliterando l’utilizzabilita’, a tal fine, dello stesso contratto di sublocazione.

6.3 – Ora, il primo profilo (sub a)) attiene senz’altro ad una palese violazione dell’articolo 2923 c.c., comma 3, in cui e’ incorsa la Corte del rinvio, perche’ quello della locazione precedente e’ solo uno dei concorrenti parametri legali di raffronto, ma non certo l’unico: ai sensi della citata disposizione, l’acquirente di immobile pignorato e’ infatti tenuto a rispettare la locazione qualora il relativo canone sia inferiore di un terzo o (i) al giusto prezzo, ovvero (ii) a quello di precedente locazione.

Gia’ da questo punto di vista, nessun ostacolo puo’ dunque prospettarsi circa l’utilizzo del contratto di sublocazione successivo ai fini della verifica del giusto prezzo della prima locazione, come pure erroneamente ritenuto dalla Corte del merito, laddove ha affermato che “non e’ evidentemente utilizzabile come parametro il prezzo della locazione successiva” (benche’ comunque immediatamente proseguendo nell’analisi, come gia’ detto). Infatti, si tratta di un elemento comunque idoneo a dar conto della giustezza del prezzo della locazione, benche’ successivo – e di poco – a quest’ultimo, se adeguatamente considerato e rapportato al contesto in cui e’ avvenuta la prima stipula.

6.4 – Anche il terzo profilo (sub c)) – qui da esaminarsi immediatamente per comodita’ espositiva, e salvo quanto si dira’ nel par. successivo – attiene ad una chiara ed ulteriore violazione del citato disposto normativo da parte della Corte d’appello, perche’ essa ha imputato alla (OMISSIS) il deficit probatorio in cui questa sarebbe incorsa, nulla avendo dimostrato in relazione al giusto prezzo desumibile dalla locazione di altri immobili, aventi caratteristiche simili e medesima destinazione rispetto a quello per cui e’ processo. Nella sostanza, il giudice del merito ha rilevato che l’odierna ricorrente principale, al fine di dimostrare che, nella specie, il contratto di locazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) era stato stipulato in misura inferiore di un terzo al giusto prezzo, avrebbe dovuto produrre uno o piu’ contratti di locazione afferenti ad altri e diversi immobili simili a quello di Via Veneto n. 183, destinati ad uso alberghiero, avuto riguardo all’epoca del contratto stesso (2002).

Si tratta, all’evidenza, di affermazione errata in iure, giacche’ l’articolo 2923 c.c., comma 3, non pone alcuna limitazione al riguardo, detta prova ben potendo essere offerta dall’acquirente anche mediante presunzioni (Cass. n. 16243/2005), o con qualunque altro elemento. E’ dunque del tutto ovvio che l’acquirente stesso possa far ricorso, in proposito, a qualsiasi argomento di prova, non esclusa anche la produzione di contratti di locazione di immobili similari, ma cio’ non implica affatto che solo questa debba essere la fonte della necessaria dimostrazione della “vilta’” del canone, come di fatto ha ritenuto la Corte.

In tal modo, la gravata sentenza ha scorrettamente ed indebitamente svalutato la portata della principale prova offerta al riguardo dalla (OMISSIS), ossia proprio il contratto di sublocazione con (OMISSIS); cio’ benche’ detto ultimo contratto concernesse non gia’ altri immobili (da cui la necessita’ di procedere a valutazione comparativa), ma addirittura proprio quello in discorso, con ogni conseguenza sul piano della stessa attendibilita’ e congruenza del dato da esso emergente, quand’anche da rapportare adeguatamente al contesto della prima stipula. Di cio’ si dira’ meglio nell’immediato prosieguo.

6.5.1 – Il secondo profilo (sub b)), ed anche il gia’ esaminato terzo profilo (ove lo si voglia intendere nel senso che la Corte abbia affermato, tout court, che (OMISSIS) non ha fornito prova alcuna circa la “vilta’” del canone), manifestano invece, prima facie, i caratteri tipici dell’ambito motivazionale, la Corte d’appello avendo in tal guisa espresso una tipica valutazione di norma riservata al giudice del merito. Proprio per tale ragione, il Procuratore Generale ha propugnato l’inammissibilita’ del mezzo in esame, peraltro osservando che la (OMISSIS) non ha proposto la relativa e specifica censura, nei limiti in cui essa e’ ancora proponibile (il riferimento e’, chiaramente, all’insegnamento di Cass., Sez. Un., n. 8053/2014, Rv. 629830-01, cui si rinvia per brevita’), neanche sussistendo i presupposti per una pertinente riqualificazione del mezzo.

6.5.2 – Tuttavia, ritiene la Corte che la censura ut supra proposta attinga specificamente al vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 La stessa ricorrente, con il mezzo in esame, non propugna una diversa ricostruzione della fattispecie (che infatti e’ incontroversa, nei suoi elementi essenziali), ne’ si limita a meramente criticare la valutazione circa la “giustizia” del canone, come operata dal giudice d’appello, ma censura invece il criterio attraverso cui si e’ giunti ad una tale valutazione, che si assume non conforme al disposto dell’articolo 2923 c.c., comma 3.

In altre parole, viene dunque in rilievo, nella specie, un angolo prospettico che attiene al malgoverno della disposizione normativa, da parte della Corte romana. Del resto, la censura in esame investe, nei termini gia’ detti, la valutazione del giudice d’appello circa la “vilta’” del canone (nella specie esclusa), il cui parametro e’ racchiuso in una clausola generale; al riguardo, si osserva che l’ammissibilita’, nel giudizio di cassazione, di una simile critica, ove adeguatamente veicolata (v. supra), e’ stata piu’ volte vagliata in senso favorevole da questa stessa Corte: a mero titolo esemplificativo, puo’ qui richiamarsi la giurisprudenza sulla valutazione della gravita’ dell’inadempimento ex articolo 1455 c.c., apprezzamento di norma riservato al giudice del merito (si rinvia, al riguardo, alla recente Cass. n. 7187/2022, in motivazione, parr. 5.3.1 ss., in particolare, ed ivi richiami).

6.5.3 – Pertanto, ritiene questa Corte che l’operato del giudice d’appello sia errato in iure, anche sotto i profili in esame, perche’:

aa) il contratto di sublocazione e’ certamente utilizzabile (anche quale unica fonte del convincimento del giudice) ai fini che interessano, ossia quale parametro per giungere alla valutazione circa la giustizia o meno del canone della prima locazione, contrariamente a quanto dalla Corte opinato, sia pure una volta adeguatamente rapportato al contesto in cui e’ avvenuta la prima stipula; bb) la comparazione deve essere effettiva e non superficiale od apparente (come invece ha comunque fatto la Corte d’appello) e deve procedere o coeteris paribus, oppure (ove cio’ non sia possibile, come nella specie) con i necessari adeguamenti, occorrendo approfondire la relativa valutazione anche al lume dei principi di estimo: non solo, dunque, mediante raffronto meramente percentuale (riferito cioe’, riguardo al caso che occupa, alla metratura della camera in piu’, oggetto del contratto di sublocazione, in rapporto con l’estensione dell’immobile come originariamente locato), ma in termini prospettici sulla incidenza della diversa estensione, ai fini dell’impiego dell’immobile secondo l’uso contrattuale pattuito (nella specie, a destinazione alberghiera).

6.6 – Puo’ quindi pronunciarsi il seguente principio di diritto, al quale il giudice di rinvio e’ tenuto ad attenersi, come disposto dall’articolo 394 c.p.c.:

“Ai sensi dell’articolo 2923 c.c., comma 3, l’acquirente della cosa pignorata puo’ liberarsi dall’obbligo di rispettare la locazione stipulata anteriormente al pignoramento ove dimostri che il canone locativo e’ inferiore di un terzo al giusto prezzo, oppure a quello risultante da precedenti locazioni; nello scrutinio del primo tra i due suddetti parametri, in particolare, il giudice ben puo’ far ricorso a qualsiasi argomento di prova offerto dalle parti, compresi le presunzioni, nonche’ gli elementi ricavabili dal raffronto del canone della locazione con quello di una successiva sublocazione del medesimo immobile, stipulata dal conduttore, se del caso procedendo ad una comparazione in termini percentuali e comunque coerente con i criteri di estimo, soprattutto ove l’immobile sia stato sublocato in estensione diversa rispetto a quella della locazione originaria”.

7.1 – I restanti motivi, relativi all’accessoria condanna per responsabilita’ aggravata, travolta dalla cassazione disposta in accoglimento del terzo motivo ed impregiudicata la sua rivalutazione alla stregua dell’esito complessivo e finale della controversia, restano conseguentemente assorbiti.

8.1 – In definitiva, sono rigettati il ricorso incidentale, nonche’ il primo e il secondo motivo del ricorso principale; di questo e’ accolto il terzo motivo, restando assorbiti i restanti. La sentenza impugnata e’ dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che applichera’ il principio di diritto sopra enunciato e provvedera’ sulle spese anche di questo giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso incidentale e il primo e secondo motivo del ricorso principale, accoglie il terzo e dichiara assorbiti i restanti; cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvedera’ sulle spese anche di questo giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

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