il tratto distintivo tra la locazione immobiliare ed il comodato (anche quello cd. “modale”) consiste nel fatto che, soltanto nella prima, l’obbligazione posta a carico del soggetto immesso nella detenzione dell’immobile, ponendosi come corrispettivo del godimento della cosa ed assumendo quindi la natura di una controprestazione, conferisce al contratto natura onerosa.

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1037

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12773-2016 proposto da:

(OMISSIS) SPA, in persona del Presidente del suo Consiglio d’amministrazione dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA;

– intimata –

Nonche’ da:

(OMISSIS) SPA in liquidazione e in concordato preventivo, in persona del liquidatore giudiziario dott.ssa (OMISSIS) e del liquidatore sociale arch. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 674/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

FATTI DI CAUSA

1. La societa’ (OMISSIS) S.p.a. ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 674/16 depositata il 25 febbraio 2016 dalla Corte di Appello di Milano, che – in accoglimento del gravame principale proposto da (OMISSIS) S.p.a. in liquidazione e concordato preventivo (d’ora in poi, ” (OMISSIS)”) contro la sentenza n. 123/12 del 20 maggio 2012, resa dal Tribunale di Como, sezione distaccata di Cantu’ – ha condannato l’odierna ricorrente a pagare a (OMISSIS) la somma in Euro 457.500,40, ponendo a carico della prima anche le spese di entrambi i gradi di giudizio.

2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essere stata convenuta in giudizio da (OMISSIS), gia’ allora in liquidazione e concordato preventivo, sul presupposto di avere la disponibilita’ di due immobili di proprieta’ di quest’ultima, e cio’ in forza di un rapporto contrattuale denominato “Contratto di cessione di azienda” della durata di 24 mesi a decorrere dal 31 dicembre 2004 (ma costituente, secondo la ricorrente, una vera e propria locazione, cosi’ diversamente qualificata al fine di sottrarla alla durata sessennale di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 27).

Nel rammentare che, ai sensi di specifica clausola contrattuale (articolo 6.4), il mancato rilascio degli immobili alla data del 31 dicembre 2006 avrebbe comportato “il pagamento di una penale” pari a “Euro 2.500,00 per ogni giorno di ritardo, salvo il maggior danno”, (OMISSIS) riferisce di aver manifestato – con raccomandata a mano del 5 luglio 2006 – la propria volonta’ di “prorogare il termine di occupazione e d’uso degli immobili (…) fino al 31 dicembre 2007”, e cio’ dietro corresponsione della somma di Euro 500.000,00 anche per l’anno 2007.

Nondimeno, (OMISSIS), assumendo che il rilascio degli immobili – risalente al 30 giugno 2007 – fosse avvenuto oltre il termine contrattualmente stabilito, nonche’ disconoscendo l’esistenza di proroghe in forza di successive intese, conveniva in giudizio l’odierna ricorrente innanzi al Tribunale di Como, sezione distaccata di Cantu’, affinche’ fosse condannata, in forza della clausola penale suddetta, al pagamento dell’importo di Euro 457.500,40.

Riferisce, inoltre, (OMISSIS) di aver chiesto il rigetto della domanda, non essendo dovuta – a suo dire – alcuna penale, giacche’ il termine di rilascio dei beni era stato oggetto di proroga, ancorche’ non formalizzata per iscritto. In subordine, peraltro, essa opponeva in compensazione un proprio maggior credito pari a Euro 549.087,55.

L’adito Tribunale canturino, quantunque avesse disatteso la tesi relativa all’avvenuta proroga del termine di rilascio degli immobili, rigettava la domanda attorea, in accoglimento dell’eccezione di compensazione.

Esperito gravame principale dalla (OMISSIS) ( (OMISSIS) proponendo, invece, appello incidentale solo quanto alle statuizioni sulle spese di lite), la Corte di Appello di Milano disconosceva, a propria volta, che il termine per il rilascio degli immobili fosse stato prorogato, ritenendo, nel contempo, che la compensazione non potesse essere eccepita contro (OMISSIS) in quanto fondata su credito sorto prima (al contrario del diritto da essa vantato) che quella societa’ fosse ammessa al concordato preventivo, condannando, pertanto, su tali basi l’odierna ricorrente a pagare la somma in Euro 457.500,40, oltre le spese di entrambi i gradi di giudizio.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), sulla base di quattro motivi.

3.1. Con il primo motivo – formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), – e’ dedotta “violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, comma 1”.

Assume la ricorrente che il contratto intercorso con (OMISSIS) – a dispetto delle espressioni adoperate – dovesse essere “qualificato come una vera e propria locazione di immobili”, sicche’ il termine di durata del rapporto, fissato dalle parti al 31 dicembre 2006, risultava sostituito di diritto (ex articolo 1419 c.c., comma 2) da quello, sessennale, previsto dalla norma sopra richiamata, precisando come tale qualificazione, e con essa il richiamo alla L. n. 392 del 1978, fossero “molto chiari anche nelle difese” da essa ricorrente svolte nei due gradi di giudizio di merito.

Orbene, se la Corte di Appello avesse considerato tale dato avrebbe dovuto concludere – si legge nel ricorso – che essa (OMISSIS) “poteva a buon titolo detenere gli immobili”, poiche’ il termine di rilascio “era destinato a scadere soltanto dopo sei anni dall’inizio del rapporto (1 gennaio 2006)”.

3.2. Il secondo motivo – proposto con riferimento all’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3) e 4) – ipotizza “violazione dell’articolo 111 Cost., comma 6 e dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4)”.

La ricorrente si duole del fatto che sarebbe “totalmente assente” la motivazione – da parte della Corte milanese – in ordine alla tesi difensiva secondo cui sarebbe intervenuta una tacita adesione di (OMISSIS) alla propria richiesta di proroga, al 31 dicembre 2006, del termine di rilascio degli immobili, e cio’ a dispetto dei diversi elementi da essa indicati a comprovare siffatta adesione.

Rileverebbe, infatti, in questa prospettiva – innanzitutto – la circostanza che, a fronte di tale richiesta di proroga, non sia intervenuto alcun diniego, almeno fino alla “tardiva comunicazione del 1 marzo 2007” di rilasciare gli immobili. Del pari, altro elemento rilevante sarebbe costituito dalla comunicazione a mezzo email del 30 novembre 2006, inviata al Commissario Giudiziale e poi Liquidatore Giudiziario del concordato preventivo della (OMISSIS) (e dal medesimo positivamente riscontrata).

Nella stessa, infatti, si evidenziava la necessita’, per essa (OMISSIS), di procedere – in relazione al contratto concluso “ed alla proroga in allegato” – “alla registrazione ed al pagamento della relativa imposta di registro”. Analogo discorso varrebbe, poi, per il pagamento delle fatture relative ai primi tre trimestri dell’anno 2007 a titolo di “indennita’ di occupazione” degli immobili detenuti in forza del contratto suddetto, nonche’, soprattutto, per la circostanza che nel decreto di omologazione del concordato preventivo della (OMISSIS) si indicasse un credito verso l’odierna ricorrente per Euro 650.000,00, con causale “indennita’ occupaz. Immobili”, e dunque (secondo la ricorrente) relativo “proprio a quanto dovuto da (OMISSIS) per la detenzione dei due immobili sino al 31 dicembre 1987”.

Del pari, nessuna motivazione vi sarebbe circa la mancata ammissione di prova per testi volta a dimostrare, nuovamente, l’avvenuta adesione all’istanza di proroga.

3.3. Con il terzo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), – si ipotizza “vizio di motivazione”.

Nel chiedersi se, a fronte di una sentenza di appello che riformi un capo della decisione di primo grado impugnata (nella specie, quello relativo all’eccezione di compensazione), confermandone altri, ricorra l’ipotesi di inammissibilita’ del motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), prevista dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, la ricorrente ritiene che, ove questa Corte pervenga ad una risposta positiva, la mancata valutazione, da parte della Corte milanese, delle fatture gia’ richiamate e del gia’ citato decreto di omologazione, integrerebbe il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione tra le parti.

3.4. Infine, con il quarto motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3) e 4) nonche’ sul presupposto che, pur dopo la riformulazione del testo del n. 5) del medesimo comma di quello stesso articolo, permane la possibilita’ di censurare la motivazione della sentenza – si deduce l’esistenza di una motivazione “insufficiente ed illogica” in relazione alla valutazione delle circostanze meglio illustrate, con riferimento al secondo motivo e tese a, dimostrare che fosse stata “concordata, anche se non formalizzata per iscritto, una proroga del termine di rilascio dei beni”.

4. Ha resistito con controricorso (OMISSIS) chiedendo la declaratoria di inammissibilita’, ovvero in subordine il rigetto, dell’avversaria impugnazione, in quanto infondata in ogni suo motivo.

Propone, altresi’, con il medesimo atto, ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo.

In particolare, si duole – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), – di “violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 cod. proc. civ.”, lamentando che la Corte di Appello avrebbe “omesso di pronunciarsi su un capo di domanda”, vale a dire quello relativa al pagamento degli interessi legali ex articolo 1283 cod. civ. e della rivalutazione monetaria dalla data del 5 luglio 2007, sulla somma dovuta a titolo di penale e liquidata in Euro 457.500,40.

5. Ha insistito nelle proprie tesi la ricorrente, con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso principale va rigettato.

6.1. Il primo motivo di ricorso non e’ fondato.

In via preliminare, peraltro, va disattesa l’eccezione di “novita’” della questione, sollevata dalla controricorrente, atteso che – qualora si riconoscesse in quello intercorso tra le parti un contratto di locazione – la clausola che ha previsto un termine di durata biennale, e non sessennale, sarebbe affetta da nullita’ parziale, essendo “destinata ad essere sostituita di diritto, ex articolo 1419 c.c., comma 2, dalla norma imperativa di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 27, comma 4, senza che ne resti travolto l’intero contratto” (Cass. Sez. 3, sent. 21 novembre 2014, n. 24843, Rv. 633586-01), non risultando preclusa siffatta operazione neppure innanzi a questa Corte, poiche’, anche rispetto alle nullita’ parziali e pure nella fase di legittimita’, “il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullita’ contrattuale, ha sempre facolta’ di procedere ad un siffatto rilievo” (Cass. Sez. Un., sent. 12 dicembre 2014, n. 26242, Rv. 633509-01).

Cio’ detto, ferma l’ovvia premessa che il tratto distintivo tra la locazione immobiliare ed il comodato (anche quello cd. “modale”) consiste nel fatto che, soltanto nella prima, l’obbligazione posta a carico del soggetto immesso nella detenzione dell’immobile, “ponendosi come corrispettivo del godimento della cosa ed assumendo quindi la natura di una controprestazione”, conferisce al contratto natura onerosa (cfr., ex multis, Cass. Sez. 3, sent. 28 giugno 2005, n. 13920, Rv. 582709-01; Cass. Sez. 3, sent. 11 febbraio 2010, n. 3087, Rv. 611464-01), deve osservarsi come, nel caso di specie, il ricorrente – mentre riproduce il testo della clausola contrattuale che, per l’ipotesi di mancato rilascio dei beni alla scadenza pattuita, prevedeva il versamento di una somma pari a Euro 2.500,00 al giorno – taccia nell’indicare quale fosse il corrispettivo pattuito per il godimento degli immobili asseritamente condotti in locazione.

A tale rilievo, che potrebbe indurre a ritenere il motivo inammissibile per violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), va aggiunta la constatazione che da uno dei documenti riprodotti nel testo del ricorso (la richiesta di proroga del 5 luglio 2006) emerge come “la detenzione degli immobili” da parte di (OMISSIS) fosse consentita “soltanto per permettere alla stessa di trovare un altro immobile ove svolgere la propria attivita’”, senza che nello stesso si faccia, nuovamente, menzione della previsione di un corrispettivo. Il medesimo documento da’ conto solo della previsione di un’indennita’ di occupazione per l’anno 200.7 – cioe’ quello lungo il quale si chiedeva di prorogare la durata del contratto – di Euro 500.000,00 (da suddividere in quattro rate trimestrali di Euro 125.000,00) senza che sia dato comprendere se tale fosse il regime anche per il biennio precedente.

6.2. Il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili.

Va, peraltro, premesso che gli stessi possono esaminati congiuntamente, in quanto ripropongono la questione relativa alla supposta adesione tacita di (OMISSIS) alla richiesta di proroga di un anno del termine di rilascio degli immobili, denunciando un difetto di motivazione sul punto, ipotizzando la nullita’ della sentenza anche per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4).

I motivi, come detto, sono inammissibili.

Sul punto, infatti, e’ sufficiente osservare che, dopo la “novellazione” del testo dell’articolo 360 cod. proc. civ., ovvero per effetto dell’avvenuta riduzione del sindacato di legittimita’ sulla parte motiva della sentenza entro il “minimo costituzionale” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonche’ – ex multis -Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01), il vizio di motivazione e’ configurabile solo quando essa sia “meramente apparente”, fattispecie ricorrente, oltre che nell’ipotesi di “carenza grafica” della stessa, quando essa, “benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” e tali da renderla “perplessa ed incomprensibile”, (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01), ovvero quando sia inficiata da “irriducibile contraddittorieta’” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01).

Ma tale evenienza, pero’, non ricorre nel caso di specie, avendo la Corte milanese motivato, ancorche’ stringatamente, sul punto.

E cio’, innanzitutto, muovendo dalla constatazione che la rinnovazione tacita tanto della locazione quanto dell’affitto a tempo determinato “e’ desumibile dall’univoco comportamento delle parti consistente nella continuazione del godimento della cosa” di una parte nell’inerzia dell’altra, per poi osservare che, nella specie, il tempo trascorso fino al 1 marzo 2007 senza che (OMISSIS) abbia richiesto il rilascio degli immobili “non risulta di per se’ sufficiente a dimostrare assenso tacito alla proroga del termine precedentemente pattuito”, qualificando lo stesso come “semplice tolleranza finalizzata a fornire a (OMISSIS) S.p.a. il tempo necessario per poter individuare una soluzione alternativa agli immobili da rilasciare”.

Si tratta di motivazione che e’ lungi dal poter essere tacciata di “radicale contraddittorieta’”, non potendo condurre ad un esito diverso neppure il tentativo della ricorrente di valorizzare la documentazione prodotta nelle fasi di merito del presente giudizio, lamentando l’apprezzamento (o meglio, il non apprezzamento) che di essa avrebbe fatto la Corte meneghina.

Difatti, al netto dei rilievi che si svolgeranno – appena di seguito circa l’inammissibilita’, nel caso di specie, del motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), deve ribadirsi che in materia di ricorso per cassazione, “l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito – e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare – non e’ mai sindacabile in sede di legittimita’”, giacche’ solo “l’errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, e’ sindacabile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’articolo 115 c.p.c., norma che vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realta’ mai offerte”. (Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, n. 9356, Rv. 644001-01).

6.3. Infine, il terzo motivo del ricorso principale e’ inammissibile.

Risalendo la richiesta di notificazione dell’appello contro la decisione del primo giudice a data successiva all’il settembre 2012, trova applicazione “ratione temporis” la disciplina recata dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, che, in caso di cd. “doppia conforme”, esclude possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., n. 5), la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cfr. Cass. Sez. 5, sent. 18 dicembre 2014, n. 26860, Rv. 633817-01; Cass. 5, ord. 11 maggio 2018, n. 11439, Rv. 648075-01).

Che detta evenienza, in relazione alla questione – gia’ proposta (e respinta) in ambo i gradi di merito – sulla esistenza di una proroga tacita della data di rilascio degli immobili, sussista nel caso di specie non e’, come assume invece la ricorrente, compito di questa Corte stabilirlo.

Al riguardo, infatti, trova applicazione il principio secondo cui, nella “ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’articolo 348-ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 5) deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. Sez. 2, sent. 10 marzo 2014, n. 5528, Rv. 630359-01, nonche’, da ultimo, Cass. Sez. 1, sent. 22 dicembre 2016, n. 26774, Rv. 643244-03).

7. Il ricorso incidentale e’, invece, fondato.

7.1. La Corte milanese, effettivamente, nulla ha disposto sulla domanda di (OMISSIS) relativa al pagamento – sulla somma dovuta a titolo di penale e liquidata in Euro 457.500,40 – degli interessi legali ex articolo 1283 cod. civ. e della rivalutazione monetaria dalla data del 5 luglio 2007.

Tanto basta per l’accoglimento del motivo, alla stregua del principio secondo cui “il vizio di omessa pronuncia, su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex articolo 112 cod. proc. civ., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volonta’ di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto” (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 6-5, ord. 27 novembre 2017, n. 28308, Rv. 646428-01).

8. L’accoglimento del ricorso incidentale, con conseguente cassazione “in parte qua” della sentenza impugnata comporta il rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione perche’ decida in merito a tale domanda e perche’ provveda in relazione alla regolamentazione delle spese dell’intero giudizio.

9. A carico della ricorrente principale sussiste l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale ed accoglie quello incidentale, cassando, per l’effetto, la sentenza impugnata a rinviando alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.