l’articolo 63 disp. att. c.c. attribuisce all’amministratore compiti, poteri e doveri quale rappresentante dei partecipanti al condominio, alla tutela dei cui interessi di gruppo egli deve indirizzare la sua attività e la violazione di siffatti doveri, funzionali alla cura degli interessi della compagine condominiale, si esaurisce dunque nel rapporto con il condominio, al di fuori del quale è il condominio a rispondere per il fatto dell’amministratore nei confronti dei terzi rimasti danneggiati: né potrebbe ricavarsi dalla regola di cui all’art. 63 citato una diretta responsabilità dell’amministratore, nei confronti del terzo creditore, per il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione dei dati personali dei condomini, poiché l’obbligazione imposta dall’art. 63 a carico dell’amministratore si colloca, pur sempre, nell’ambito del rapporto contrattuale di mandato che lega l’amministratore stesso al condominio, in forza del quale soltanto egli è in possesso dei dati dei condomini morosi. L’articolo 63 disp. att. c.c. disciplina l’operato dell’amministratore del condominio in relazione alla riscossione dei contributi nei confronti dei condomini morosi ponendo in stretta correlazione il potere di agire in giudizio – senza autorizzazione dell’assemblea – nei confronti di costoro e il dovere di comunicare ai creditori che lo richiedano i dati dei condomini morosi: dovere sancito non soltanto nell’interesse dei creditori, per consentire loro di agire a tutela delle loro ragioni, ma anche degli stessi condomini virtuosi (e, quindi, in definitiva, del condominio), perché possano invocare il beneficio di escussione di cui al secondo comma. E, se l’azione contro il condomino moroso è certamente esercitata dall’amministratore non in nome proprio ma del condominio, il primo comma dell’articolo 63, nel menzionare l’amministratore medesimo come soggetto di due coordinate proposizioni normative, lo identifica, evidentemente, in entrambi i casi come rappresentante del condominio. A tal proposito, la circostanza che l’adempimento del dovere di cooperazione verso i creditori sia rispondente all’interesse dello stesso condominio conferma, anziché smentire, l’ipotesi che egli agisca nella sua veste di mandatario di questo e, di conseguenza, debba essere convenuto in tale qualità, da parte dei terzi. Dell’eventuale comportamento illecito, consistente nel rifiuto di ottemperare alla richiesta del creditore di avere i dati dei condomini morosi, l’amministratore risponde in proprio nell’ambito del suo rapporto di mandato con il condominio, così come nel caso in cui si renda inadempiente rispetto agli ulteriori obblighi imposti dalla legge o dal contratto, anche eventualmente in rivalsa rispetto alle pretese dei terzi contro il condominio. All’esterno, invece, l’amministratore, nell’esercizio dei suoi doveri, si pone come rappresentante del condominio e, pertanto è in tale qualità che deve essere convenuto in giudizio da parte dei terzi. In definitiva, deve ritenersi che legittimato passivo nel procedimento instaurato ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. sia il condominio, in persona dell’amministratore pro tempore.

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Corte d’Appello|Napoli|Sezione 6|Civile|Sentenza|28 giugno 2022| n. 3015

Data udienza 10 giugno 2022

Repubblica Italiana

In nome del popolo italiano

La Corte di appello di Napoli, sesta sezione civile, così composta: dott.ssa Assunta d’Amore presidente

dott. Antonio Quaranta consigliere

dott. Giorgio Sensale consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile n.4394/18 R.G., di appello contro la sentenza del Tribunale di Napoli Nord n.361/18 del 5 febbraio 2018

tra

l’avvocato (…) (nato a Napoli il (…)), difensore di se stesso, con studio in Napoli alla Via (…), e domicilio digitale (…)

e

il Condominio (…), 1A Traversa, Giugliano in Campania (C.F. (…)), in persona dell’amministratore in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato (…) (con studio in Melito alla Via (…), e domicilio digitale (…))

Conclusioni

Nelle note di trattazione scritta depositate il 4 marzo 2022 (in sostituzione dell’udienza dell’11 marzo 2022) l’avvocato (…) si riportava alle conclusioni, anche istruttorie, contenute nell’atto di appello, e l’avvocato (…), per il Condominio (…), in persona dell’amministratore in carica, si riportava alla comparsa di risposta e alle conclusioni anche istruttorie ivi rassegnate.

Ragioni di fatto e di diritto della decisione I.

Il giudizio di primo grado

Con atto di citazione notificato il 24 aprile 2017 l’avvocato (…) conveniva il Condominio (…), in persona dell’amministratore in carica, innanzi al Tribunale di Napoli Nord per sentirlo condannare, previo accertamento dell’inadempimento della tenuta del registro di anagrafe condominiale come previsto dall’articolo 1130, 1° comma, numero 6, c.c. nonché dell’obbligo di comunicazione al creditore ex articolo 63, 1° comma, delle disposizioni di attuazione al codice civile, dei dati relativi ai condomini morosi, a fornirgli l’anagrafe completa di tutti i nominativi dei condomini, con l’indicazione delle generalità complete, del codice fiscale, della residenza o domicilio, delle quote di comproprietà e quote millesimali, al fine di consentire di azionare il proprio credito, nonché a comunicargli se il pagamento delle somme dovutegli fosse stato messo all’ordine del giorno dell’assemblea dei condomini per l’approvazione e, in caso affermativo, se fosse stato richiesto ai singoli condomini il pagamento pro quota.

Il condominio non si costituiva in giudizio.

Con sentenza del 5 febbraio 2018 il Tribunale di Napoli Nord, in persona del giudice unico designato, dott.ssa Viviana Criscuolo, rigettava le domande motivando come segue la propria decisione:

“Ritiene il tribunale, conformemente alla giurisprudenza di merito ed in particolare alle ordinanze del 5 settembre 2016 e del 1 febbraio 2017 del tribunale di Napoli, che “in tema di condominio negli edifici, la domanda volta a conseguire l’ordine di comunicare al creditore non soddisfatto i dati dei condomini morosi ai sensi dell’articolo 63 comma primo disp. att. c.c. deve essere rivolta nei confronti dell’amministratore e non del condominio trattandosi di obbligo posto dalla legge a carico del primo con la conseguenza che non sussiste al riguardo la legittimazione passiva del condominio”. Nel caso di specie viene, infatti in rilievo l’obbligo di comunicare ai creditori del condominio i nominativi dei condomini morosi che la legge pone a carico dell’amministratore e della cui inosservanza egli solo risponde. Il tribunale condivide la riflessione dell’attore quando afferma che l’amministratore è il rappresentante del condominio e gli effetti dell’attività che realizza nello svolgimento del suo incarico sono direttamente imputabili al condominio predetto, tuttavia, con riferimento alla comunicazione dei nominativi dei condomini morosi, l’amministratore è però destinatario di un comando previsto dalla legge a tutela dei creditori del condominio. Il testo dell’articolo 63 co 1 disp. att. c.c. è infatti inequivoco nel senso che la comunicazione dei dati dei condomini morosi è un dovere imposto all’amministratore del tutto esulante dagli obblighi interni al rapporto di mandato che intercorre con i condomini tanto che egli è tenuto a fornire al terzo, soggetto estraneo mandato, il nome e le quote del debito dei propri mandanti.

Secondo la dottrina, la disposizione sopra richiamata configura un obbligo legale di cooperazione col terzo creditore che viene posto direttamente in capo alla persona dell’amministratore e non costituisce adempimento e/o incombenza che gli spetti in attuazione del programma obbligatorio interno in adempimento del contratto di amministrazione; ritenuto quindi che la consegna dei dati dei morosi al terzo creditore non rientri tra le attribuzioni dispositive e nei poteri rappresentativi dell’amministratore riferibili al condominio ex articoli 1130 e 1131 c.c., quando egli non provvede tempestivamente o non provvede affatto alcuna responsabilità può ricadere nella sfera giuridica del condominio e la condanna deve essere emessa in danno dell’amministratore iure proprio. A fronte della lesione del diritto di credito, commessa non dal soggetto passivo del rapporto obbligatorio (il condominio) ma dal mandatario incaricato del suo pagamento, ben può essere invocata la tutela aquiliana ex articolo 2043 c.c. per la risarcibilità di un danno prodotto purché sia possibile configurare una connessione oggettiva tra l’evento imputabile all’amministratore e la lesione del credito oltre all’imputabilità al medesimo amministratore di una condotta dolosa o colposa direttamente produttiva del pregiudizio. D’altronde se il credito non è contestato dal condominio e al contempo si è in presenza della morosità di alcuni condomini – presupposti che condizionano l’operatività dell’obbligo di comunicazione dell’amministratore – l’interesse del condominio – che si identifica con l’interesse dei condomini virtuosi – è di trasmettere i nominativi dei condomini morosi, con la conseguenza di esser coincidente con quello dei creditori; ne deriva che l’inerzia dell’amministratore deve essere imputata solo quest’ultimo a carico del quale va impartito l’ordine e sono poste le spese di giudizio. Tanto premesso deve dichiararsi il difetto di legittimazione passiva del condominio citato e conseguentemente rigettarsi la domanda proposta dall’attore nei suoi confronti”.

II. L’appello

Con citazione notificata mediante spedizione postale del 4 settembre 2018 l’avvocato (…) ha proposto appello, sostenendo – in contrasto con le ragioni espresse dal tribunale – di avere correttamente rivolto le proprie domande nei confronti dell’amministratore in rappresentanza del condominio, e dolendosi altresì della mancata autorizzazione all’estensione della domanda nei confronti dell’amministratore in proprio. Il Condominio (…), in persona dell’amministratore pro tempore, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello (ai sensi del novellato articolo 342 c.p.c. e dell’articolo 348-bis c.p.c.) e, nel merito, la sua infondatezza, tenuto conto della ratio dell’articolo 63 disp. att. c.c. (che pone a carico dell’amministratore un obbligo di cooperazione con il terzo creditore posto direttamente dalla legge in capo all’amministratore, che esula dal contenuto del programma interno al rapporto di mandato corrente tra lui ed i condomini) e dei compiti dell’amministratore in ordine all’anagrafe condominiale. In punto di fatto, ha aggiunto di avere comunicato le generalità dei condomini morosi già prima dell’introduzione del giudizio di primo grado: l’amministratore, con e-mail del 21 dicembre 2016, avrebbe informato l’avvocato (…) di avere sottoposto all’assemblea del condominio l’atto di precetto intimato (doc. e); quindi il 17 gennaio 2017 avrebbe comunicato via PEC la lista dei condomini morosi con i relativi indirizzi di residenza, nonché i millesimi della tabella generale (doc. a); il 22 febbraio 2017, non avendo rinvenuto le schede raccolta dati dei singoli condomini, avrebbe incaricato un tecnico per le visure catastali di tutti gli appartamenti con l’impegno di comunicarle a controparte non appena ne avesse avuto la materiale disponibilità, (doc. b), adempimento prontamente eseguito; con PEC del 12 luglio 2018 avrebbe comunicato all’odierno appellante la riscossione di parte delle quote relative al pagamento del credito azionato (doc. c); con PEC del 16 luglio 2018 avrebbe ritrasmesso l’anagrafe condominiale, le tabelle millesimali già inoltrate, il file delle visure catastali già inoltrato, e la specifica delle somme incassate per la sentenza n. 18890/16 del giudice di pace e il pedissequo precetto (doc. e); con PEC del 31 luglio 2018 avrebbe comunicato la lista dei condomini che avevano adempiuto al versamento delle quote dovute, e con PEC del 18 settembre 2018 comunicato le ulteriori quote incassate anche in virtù di precetti notificati ai singoli condomini (doc. f).

Pertanto, il creditore sarebbe stato in possesso già precedentemente al giudizio di tutti i dati occorrenti per procedere al recupero del proprio credito pro quota, come di fatto stava già avvenendo.

Quanto al secondo motivo di gravame, la doglianza dell’avvocato (…) sarebbe inammissibile, poiché solo nelle note autorizzate egli aveva chiesto di poter estendere il contraddittorio anche nei confronti dell’attuale amministratore del condomino e, quindi, tardivamente, posto che alla precedente udienza del 4 ottobre 2017 la causa era stata già trattenuta in decisione senza termini, così come richiesto dallo stesso attore, e che l’udienza del 17 gennaio 2018 era stata fissata al solo scopo di consentire all’attore di interloquire sulla questione di legittimazione passiva del condominio convenuto, sì da non poter essere considerata come prosieguo della prima udienza.

Infine, il condominio ha eccepito l’inammissibilità della domanda di accertamento dell’inadempimento del condominio in proprio ovvero in via gradata quale mandante, perché nuova rispetto al giudizio di primo grado, nonché la pretestuosità della domanda di condanna a fornire l’anagrafe completa dei condomini e comunque l’elenco dei morosi, come pure quella volta a ottenere notizia della sottoposizione all’assemblea dei condomini del debito da estinguere, trattandosi di comunicazioni trasmesse ancor prima della proposizione del gravame (quanto all’anagrafe condominiale) e fin dal 21 dicembre 2016 (circa la sottoposizione della questione all’assemblea). Ciò premesso, l’eccezione d’inammissibilità ex 342 c.p.c. va disattesa, giacché pur dopo la riformulazione legislativa dell’articolo anzidetto è sufficiente che il giudice di grado superiore sia posto in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta e che l’appellante dimostri di aver compreso le ragioni del primo giudice e indichi il perché queste siano censurabili, senza che sia preteso il rispetto di particolari forme sacramentali o comunque vincolate (cfr. Cass. S.U. 27199/17). Nella specie, l’appellante ha sottoposto a chiara e adeguata critica le argomentazioni del giudice di primo grado riguardo all’affermata carenza di legittimazione passiva del condominio, spiegando perché esse debbano ritenersi errate. Nel merito, l’appello è fondato, per quanto di ragione.

Com’è noto, i creditori del condominio non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l’escussione degli altri condomini e, a tal fine, l’articolo 63 disp. att. c.c. impone all’amministratore di comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

Sulla titolarità dell’obbligo in questione la giurisprudenza di merito è divisa e non risulta che vi sia stata alcuna pronuncia di legittimità. La tesi affermata dal giudice di primo grado è stata già sostenuta dal Tribunale di Napoli (nelle sentenze del 5 settembre 2016 e del 1° febbraio 2017 già richiamate dal primo giudice, edite in Arch. Loc. Cond. e Imm. 2017, fasc. 3, 325) e si fonda, essenzialmente, sul tenore letterale della disposizione citata, che individua lo stesso amministratore come destinatario del comando fissato dalla legge a tutela dei creditori del condominio, e sulla sua ratio, in forza della quale se il credito non è contestato dal condominio e si è in presenza della morosità di alcuni condomini, l’interesse del condominio, che s’identifica con quello dei condomini virtuosi, coincide con quello dei creditori. In altre pronunce, invece, la condanna a fornire i dati ai creditori è stata disposta nei confronti dell’amministratore in qualità di rappresentante del condominio e non in proprio.

Si è affermato, infatti, che l’articolo 63 disp. att. c.c. attribuisce all’amministratore compiti, poteri e doveri quale rappresentante dei partecipanti al condominio, alla tutela dei cui interessi di gruppo egli deve indirizzare la sua attività e la violazione di siffatti doveri, funzionali alla cura degli interessi della compagine condominiale, si esaurisce dunque nel rapporto con il condominio, al di fuori del quale è il condominio a rispondere per il fatto dell’amministratore nei confronti dei terzi rimasti danneggiati: né potrebbe ricavarsi dalla regola di cui all’art. 63 citato una diretta responsabilità dell’amministratore, nei confronti del terzo creditore, per il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione dei dati personali dei condomini, poiché l’obbligazione imposta dall’art. 63 a carico dell’amministratore si colloca, pur sempre, nell’ambito del rapporto contrattuale di mandato che lega l’amministratore stesso al condominio, in forza del quale soltanto egli è in possesso dei dati dei condomini morosi (così App. Palermo, 23 dicembre 2021 n. 2047). Tale secondo orientamento appare condivisibile.

L’articolo 63 disp. att. c.c. disciplina l’operato dell’amministratore del condominio in relazione alla riscossione dei contributi nei confronti dei condomini morosi ponendo in stretta correlazione il potere di agire in giudizio – senza autorizzazione dell’assemblea – nei confronti di costoro e il dovere di comunicare ai creditori che lo richiedano i dati dei condomini morosi: dovere sancito non soltanto nell’interesse dei creditori, per consentire loro di agire a tutela delle loro ragioni, ma anche degli stessi condomini virtuosi (e, quindi, in definitiva, del condominio), perché possano invocare il beneficio di escussione di cui al secondo comma.

E, se l’azione contro il condomino moroso è certamente esercitata dall’amministratore non in nome proprio ma del condominio, il primo comma dell’articolo 63, nel menzionare l’amministratore medesimo come soggetto di due coordinate proposizioni normative, lo identifica, evidentemente, in entrambi i casi come rappresentante del condominio. A tal proposito, la circostanza che l’adempimento del dovere di cooperazione verso i creditori sia rispondente all’interesse dello stesso condominio conferma, anziché smentire, l’ipotesi che egli agisca nella sua veste di mandatario di questo e, di conseguenza, debba essere convenuto in tale qualità, da parte dei terzi. Dell’eventuale comportamento illecito, consistente nel rifiuto di ottemperare alla richiesta del creditore di avere i dati dei condomini morosi, l’amministratore risponde in proprio nell’ambito del suo rapporto di mandato con il condominio, così come nel caso in cui si renda inadempiente rispetto agli ulteriori obblighi imposti dalla legge o dal contratto, anche eventualmente in rivalsa rispetto alle pretese dei terzi contro il condominio. All’esterno, invece, l’amministratore, nell’esercizio dei suoi doveri, si pone come rappresentante del condominio e, pertanto è in tale qualità che deve essere convenuto in giudizio da parte dei terzi.

Solo tale soluzione, del resto, consente di ritenere irrilevante l’ipotesi che, medio tempore, il destinatario dell’azione giudiziale sia sostituito da un nuovo amministratore.

In definitiva, deve ritenersi che legittimato passivo nel procedimento instaurato ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. sia il condominio, in persona dell’amministratore pro tempore.

Nel caso in esame, l’avvocato (…), creditore del condominio convenuto in virtù della sentenza del giudice di pace di Napoli n. 18890/2016 del 3 luglio 2016, per competenze professionali dovutegli per la difesa in un precedente giudizio, dopo avere intimato ex art. 480 c.p.c. al condominio debitore il pagamento del dovuto e avere agito in via esecutiva (con pignoramento presso terzi notificato il 27 gennaio 2017), senza esito favorevole, ha chiesto all’amministratore in carica i dati dei condomini morosi, ottenendo (mediante PEC del 17 gennaio 2017) la lista completa dei condomini, coi relativi indirizzi e i millesimi della tabella generale, risultante parzialmente illeggibile e priva dei dati necessari per la corretta identificazione delle persone. Con e-mail del 22 febbraio 2017 l’amministratore ha comunicato di non possedere altre informazioni perché, subentrato alla precedente gestione, non avrebbe rinvenuto la documentazione necessaria, sì da avere incaricato un tecnico per eseguire visure catastali per tutti gli appartamenti. Il condominio convenuto, nel costituirsi in grado di appello, ha prodotto l’ulteriore corrispondenza informatica avutasi tra l’amministratore e l’avvocato (…), da cui si evince l’avvenuta trasmissione a quest’ultimo dell’anagrafe condominiale (v. e-mail del 16 luglio 2018), residuando la sola richiesta della residenza di un singolo condomino, per la mancata indicazione del civico nell’anagrafe trasmessa (v. e-mail del 17 settembre 2018), l’indicazione dei condomini che avevano provveduto al versamento delle proprie quote, da cui, evidentemente, desumere a contrario quella dei morosi (v. e-mail del 31 luglio 2018), oltre che la riscossione da parte del creditore di parte del dovuto (e-mail del 30 luglio 2018).

Tale documentazione si è formata dopo il maturare delle preclusioni istruttorie in primo grado (e la stessa pubblicazione della sentenza del tribunale) e, pertanto, è utilizzabile, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., in virtù del principio per cui in appello possono prodursi nuovi documenti (così come ammettersi nuovi mezzi di prova) che non si sia potuto produrre in primo grado.

Di conseguenza, pur affermato il diritto dell’avvocato (…), quale creditore del condominio, a ricevere la comunicazione pervista dall’articolo 63, comma 1°, disp. att. c.c. agendo in giudizio contro il condominio medesimo e non l’amministratore in proprio, occorre dare atto in dispositivo dell’avvenuto adempimento dell’obbligo in corso di causa. Occorre poi aggiungere: a) che oggetto del diritto del creditore sono le informazioni previste dall’articolo 63 disp. att. c.c., rispetto alle quali le ulteriori notizie richieste dall’avvocato (…) assumono valenza solo strumentale, sì da non doversi esaminare come capi autonomi di domanda; b) che le istanze istruttorie riproposte nell’atto di appello sono irrilevanti, poiché i fatti descritti (relativi alla circostanza che alla data d’instaurazione del giudizio l’amministratore non fosse in possesso dei dati richiesti né avesse ancora convocato l’assemblea per deliberare sul debito da estinguere) sono incontestati e, comunque, superati dagli eventi successivi, così come è irrilevante che l’amministratore non abbia promosso alcuna azione nei confronti dei morosi, disponendo ormai il creditore delle informazioni necessarie per agire autonomamente.

L’adempimento solo in corso di causa dell’obbligo informativo ex art. 63 disp. att. c.c. non esclude la soccombenza del condominio convenuto, dovendosi tener conto, nella determinazione del valore effettivo della controversia (corrispondente all’interesse perseguito dalla parte attrice), dell’entità del credito vantato.

P.Q.M.

La Corte di appello di Napoli così provvede:

a) in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli Nord n. 361/2018, dichiara il diritto dell’avvocato (…) nei confronti del Condominio (…), riguardo all’obbligo del suo amministratore di comunicare i dati dei condomini morosi (rispetto al debito condominiale di cui alla sentenza del giudice di pace di Napoli n. 18890/2016) e dà atto dell’avvenuto adempimento dell’obbligo in corso di causa;

b) condanna il Condominio (…), in persona dell’amministratore pro tempore, al pagamento in favore dell’avvocato (…) delle spese di lite, liquidate per il primo grado in Euro 2.825,00 (di cui Euro 755,00 per spese, compresa la registrazione della sentenza, Euro 1.800,00 per compensi ed Euro 270,00 per spese forfettarie) e per l’appello in Euro 3.276,00 (di cui Euro 401,00 per spese, Euro 2.500,00 per compensi ed Euro 375,00 per spese forfettarie), oltre agli accessori fiscali e previdenziali dovuti per legge.

Così deciso il 10 giugno 2022.

Depositata in Cancelleria il 28 giugno 2022.

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